Questa lettera è più lunga del solito perché non ho avuto il tempo di farla più corta.
Blaise Pascal
Philip Kotler è stato indicato come il quarto "guru del management" di tutti i tempi dal Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e acclamato come "il maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing" dal Management Centre Europe. Kotler ha dato un contributo importante alla strutturazione del marketing come disciplina scientifica, orientando la formazione di moltissimi studenti e manager in tutto il mondo. La sua opera principale è Marketing Management (prima edizione nel 1967), che viene generalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli testi sul marketing, ed è il più diffuso nelle università e nelle business school di tutto il mondo, con una percentuale di adozioni vicina al 60%. Kotler ha pubblicato numerose altre opere e più di cento articoli su diversi aspetti del marketing. Inoltre ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti. Attraverso la sua società di consulenza, la Kotler Marketing Group (KMG), Kotler ha collaborato con molte grandi imprese multinazionali, tra cui Ibm, General Electric, AT&T, Honeywell, Bank of America, Merck e Motorola.
Nei vari articoli della sezione Gestione d’impresa – Marketing di questo Sito, le teorie di Kotler sono un riferimento importante e imprescindibile. Nel seguito sono elencate le principali innovazioni introdotte da Kotler nella teoria e nela pratica del marketing.
Da funzione a processo
In Marketing Decision-making, pubblicato nel 1971, Kotler sostiene la necessità di fondare il processo decisionale di marketing su basi di maggiore scientificità. Impostando lo studio del marketing da un punto di vista manageriale, anziché merceologico o funzionale come avveniva prima di lui, lo fa evolvere da funzione d’impresa a processo di gestione dell'intera impresa.
Orientamento al mercato
Kotler sposta la focalizzazione dell'impresa dal prodotto al mercato, o ancor meglio al cliente, ribaltando la direzione tradizionale del processo di marketing: non più dall'interno dell'impresa verso l'esterno, ma al contrario. Con lui si sancisce il passaggio da un'impresa production oriented (dove la cosa più importante è organizzare la produzione in modo che il prodotto finale derivante sia efficiente e di qualità accettabile), a un'impresa marketing oriented, capace di ascoltare e comprendere il mercato, individuare bisogni ancora insoddisfatti e rispondere con un'offerta di valore adeguata e competitiva. Per Kotler il marketing non è un processo lineare ma circolare, in cui ascolto, comprensione dei bisogni e delle forze che agiscono sui mercati, progettazione di prodotti o servizi in grado di rispondere alle nuove opportunità individuate, comunicazione del vantaggio proposto e distribuzione si susseguono, interagendo e modificandosi continuamente.
Concetto di marketing ampliato
Kotler fornisce una definizione più ampia e generale dell'attività di marketing, come "strumento per comprendere, creare, comunicare e distribuire valore". In questo modo ne estende il campo d'azione oltre il limite della gestione d'impresa. Pubblica diversi lavori su temi come il marketing dei luoghi, delle nazioni, delle idee, delle persone e delle professioni.
Modello delle quattro P
Contrariamente a quanto spesso si crede, il noto modello delle quattro P del marketing mix non è stato introdotto da Philip Kotler ma dal professor Jerome McCarthy nei primi anni sessanta. A Kotler se ne deve, comunque, in gran parte, la diffusione. In sintesi, il modello organizza tutte le attività di marketing operativo sotto quattro elementi:
- Product
- Price
- Placement
- Promotion.
Con lo sviluppo della ricerca sul marketing, sono state proposte varie integrazioni al modello, a esempio l'aggiunta del Packaging, della vendita personale (Personal selling), o del servizio (concetto di prodotto-servizio). In questo modo il modello diventerebbe delle "cinque P", delle "sei P" e così via. In una sua opera recente Kotler attualizza il concetto di marketing mix, sostenendo che in realtà molte delle proposte di integrazione avanzate negli anni non appaiono necessarie: il packaging è a tutti gli effetti un aspetto del prodotto, la vendita personale fa parte integrante della promozione, mentre il servizio è parte costitutiva del prodotto (che andrebbe meglio definito come offerta). D'altra parte, Kotler suggerisce due possibili espansioni del marketing mix:
- Le relazioni istituzionali (rapporti delle imprese con il mondo delle istituzioni per gestire le conseguenze di leggi, provvedimenti, orientamenti della politica verso le attività imprenditoriali che possono influenzare i mercati)
- Le relazioni pubbliche (organizzazione di campagne che cercano di modificare gli atteggiamenti negativi dell'opinione pubblica verso determinate categorie di prodotti).
Modello delle "quattro C
Nella stessa opera, Kotler accoglie invece un'altra critica al modello, che sostituisce o associa alle "quattro P" altrettante "C":
- Customer value (valore per il cliente)
- Costo per il cliente
- Convenienza
- Comunicazione
Questa impostazione vuole evidenziare l'importanza di pensare prima in termini di valore per il cliente, e solo successivamente definire le corrispondenti attività di marketing dell'impresa (le quattro P).
Trecento risposte sul marketing
Recentemente la casa editrice Tecniche Nuove ha pubblicato di Philip Kotler 300 risposte sul marketing. Estraiamo da questo libro le Domande/Risposte che riteniamo più interessanti.
Prefazione
«Nel corso degli anni clienti, studenti, imprenditori e giornalisti mi hanno posto migliaia di domande sul marketing, in qualche caso ripetute più volte. Alcune erano domande brillanti che mi hanno spinto a pensare bene le risposte, altre erano ingenue, ma spesso hanno stimolato nuove riflessioni. Poiché si tratta di quesiti che vengono riproposti costantemente, un collega mi ha suggerito di raccoglierli in un libro per soddisfare le curiosità di chi avrebbe voluto pormi le stesse domande, ma non ha mai avuto la possibilità di farlo.»
I mercati e il marketing
D. Quali sono le macrotendenze che si profilano per il futuro?
R. Il paesaggio economico è stato modificato in maniera sostanziale dalla tecnologia e dalla globalizzazione. Oggi imprese di tutto il mondo possono competere ovunque, grazie a Internet e alla maggiore libertà degli scambi. La principale forza economica è la "ipercompetizione": le imprese sono in grado di produrre più beni di quanti ne possano vendere; come risultato si hanno forti pressioni sui prezzi e una tendenza sempre più pronunciata alla differenziazione. Tuttavia, gran parte della differenziazione è psicologica, più che reale. Anche così, il vantaggio competitivo di un’impresa non permane a lungo, in un’economia dove qualsiasi vantaggio può essere copiato rapidamente. Le imprese devono prestare attenzione al fatto che i clienti sono sempre più istruiti e dispongono di strumenti migliori, come Internet, per scegliere tra una gamma più ampia di alternative. Il potere, che dal produttore era passato al distributore, ora sta passando al cliente.
D. Come descriverebbe, in sintesi, i processi fondamentali del marketing e la loro importanza?.
R. I processi fondamentali del marketing sono i seguenti: (1)individuazione di opportunità, (2) sviluppo di nuovi prodotti, (3) acquisizione di clienti, (4) mantenimento e fidelizzazione del cliente, (5) evasione di ordini. Un’impresa che gestisce con efficacia tutti questi processi di norma otterrà buoni risultati, ma se è carente in una sola di queste funzioni, non riuscirà a sopravvivere.
D. Il marketing è lo stesso per i beni di consumo, i servizi e il business-to-business?
R. In origine molti strumenti e concetti di marketing sono nati a partire dai problemi incontrati da imprese di beni di consumo particolarmente dinamiche. Altri strumenti sono nati dalle industrie dei beni durevoli (di consumo e industriali), delle materie prime e dei servizi. Il modello di marketing STP (segmentazione, targeting e posizionamento) e le quattro "P" (product, price, placement, promotion) aiutano nell’attività di analisi e pianificazione per qualsiasi mercato, prodotto e servizio. Ogni mercato, naturalmente, ha le proprie caratteristiche specifiche, che di solito richiedono ulteriori idee e strumenti. Gli operatori del settore dei servizi, a esempio, prestano una notevole attenzione ad altre tre "P" (personale, procedure e prove fisiche) nel formulare i piani di marketing. Tuttavia, non ritengo affatto che ogni tipo di mercato (beni di consumo, industria e servizi) richieda un quadro di riferimento completamente nuovo e differente. Altrimenti bisognerebbe parlare di marketing 1, marketing 2 e marketing 3 e dare per scontato che nessun settore possa imparare da un altro.
D. Qual è la missione del marketing?
R. A questa domanda sono state date almeno tre risposte diverse.
All’inizio si riteneva che la missione del marketing fosse quella di vendere tutti i prodotti di un’impresa a chiunque. Una seconda risposta, più sofisticata, è che il marketing si prefigge la missione di creare prodotti che rispondano alle esigenze insoddisfatte di mercati-obiettivo.
Una terza risposta, più filosofica, è che la missione del marketing è quella di innalzare il livello di vita materiale e la qualità della vita in tutto il mondo. Il ruolo del marketing è quello di percepire i bisogni insoddisfatti delle persone e di proporre nuove soluzioni allettanti. Una cucina moderna con le sue attrezzature offre un esempio concreto della possibilità di liberare le donne dalla schiavitù di noiosi lavori di casa, affinché possano dedicare più tempo allo sviluppo della sfera intellettuale.
D. Quali sono i punti centrali dei suoi discorsi sulla natura del marketing?
R. Molti vedono il marketing solo nei suoi aspetti tattici, vale a dire molta pubblicità e promozione vendite. Ma così vedono solo la punta dell’iceberg. Il marketing strategico è meno evidente, ma più potente. Mi sono sempre posto l’obiettivo di spiegare come funzioni veramente il mercato, per infondere concretezza alle teorie degli economisti. La mia tesi è che le imprese vincenti trasformano in vincenti anche i propri clienti. Le imprese più accorte creano costantemente nuovo valore per i clienti, sono profondamente orientate al cliente e alla soddisfazione delle sue esigenze. Inoltre, ho cercato di promuovere l’idea che il marketing sia una scienza, che le spese di marketing in parte siano investimenti, che il comportamento dell’acquirente possa essere compreso e modellato, e che aspetti quali caratteristiche e posizionamento del prodotto, prezzo, pubblicità, promozione delle vendite, servizi e sistemi di distribuzione si possano plasmare e ottimizzare grazie a rigorose analisi di marketing.
D. Che cos’è il marketing olistico, e in che cosa si differenzia dal marketing tradizionale? Potrebbe spiegarci brevemente in che modo il marketing olistico consente alle imprese di formulare offerte di mercato vincenti?
R. Nel libro Il marketing che cambia io e i miei colleghi sosteniamo che il marketing dovrebbe svolgere un ruolo guida nella strategia di business e rappresentare la forza che garantisce che la promessa del marchio venga mantenuta. Il marketing olistico presenta quattro componenti.
- Occorre che l'impresa allarghi la propria visione delle esigenze e degli stili di vita della clientela. Non dovrebbe più considerare il cliente solo come consumatore dei suoi prodotti attuali, e cominciare a visualizzare modi più completi di servire la clientela.
- Occorre che l'impresa valuti in che modo i vari reparti incidano sulla soddisfazione del cliente. La consegna ritardata o il danneggiamento dei prodotti, la fatturazione poco accurata, un’assistenza carente o altri disguidi provocano reazioni negative nei clienti. Il compito del marketing è quello di indurre tutti i membri dell’impresa a “orientarsi al cliente” e a mantenere la promessa del marchio.
- Occorre che l'impresa valuti l’effetto delle sue azioni su tutti i suoi stakeholder e non solo sugli azionisti. Il fatto di trascurare un gruppo di stakeholder può risultare devastante per i piani e i progressi aziendali. Il marketing olistico impone di coinvolgere dipendenti, fornitori e distributori in un lavoro di squadra per fornire la migliore offerta di valore ai clienti-obiettivo.
- Occorre che l'impresa consideri in una prospettiva più ampia il settore in cui opera, i suoi attori e la sua evoluzione. Oggi molti settori stanno convergendo e presentano nuove opportunità e nuove minacce ai vari operatori economici.
Sostanzialmente il marketing olistico è uno spostamento dall'orientamento al prodotto verso l'orientamento al cliente, dal vendere prodotti al soddisfare i clienti. È un cambiamento già in atto da qualche tempo, che si sta rafforzando. Il marketing olistico è una fase dell'evoluzione dell'architettura dell'impresa intesa a conferire un ruolo trainante al concetto di orientamento al cliente. Il marketing può funzionare solo con un approccio olistico.
Le strategie di marketing
D. Quali strategie di marketing funzionano meglio nel mercato attuale?
R. La formula per il successo del marketing strategico comprende tre elementi: focalizzazione, posizionamento e differenziazione. L’impresa deve definire con attenzione il proprio mercato-obiettivo, individuare e comunicare una posizione originale e differenziare offerte e servizi affinché i concorrenti incontrino delle difficoltà nel copiarne l’insieme. In tempi recenti, i fattori chiave per il successo competitivo erano la qualità e l’assistenza, perché molte imprese non le offrivano. Oggi però qualità e assistenza stanno diventando caratteristiche comuni. Se non offre qualità e assistenza, un’impresa è destinata a perdere, ma se le offre, non necessariamente avrà successo. Questi sono aspetti ormai scontati. Oggi le imprese devono imparare a competere in modi innovativi, che comprendono la capacità di realizzare e consegnare i prodotti con maggiore rapidità, di migliorare il design e lo styling dei prodotti, di arricchire l’offerta con maggiori vantaggi e di instaurare con i clienti un rapporto di lungo termine reciprocamente vantaggioso. Ecco i tre tipi di strategie che ammiro di più.
- Trovare modi innovativi di abbassare il costo della vita: IKEA, Southwest Airlines, Wal-Mart, Home Depot, Dollar General e Aldi’s.
- Puntare alla massima qualità: Sony, Lexus, Intel, Starbucks.
- Avere una coscienza sociale: The Body Shop, Ben & Jerry’s, Avon, Kraft.
D. Qual è il miglior modo di segmentare un mercato?
R. L’obiettivo è quello di suddividere il mercato in diversi gruppi, in base a determinate caratteristiche comuni. I metodi di segmentazione si sono evoluti in diverse fasi. Inizialmente i ricercatori hanno optato per la segmentazione demografica, data l’immediata disponibilità di dati demografici. Il presupposto era che diversi gruppi di persone, costituiti in base all’età, all’occupazione, al reddito e all’istruzione, avessero modelli di consumo diversi. In seguito i ricercatori sono passati alla segmentazione geodemografica, aggiungendo variabili relative al luogo di residenza dei consumatori, al tipo di abitazione e alle dimensioni dei nuclei famigliari. Una volta appurato che le persone all’interno dei segmenti demografici non mostravano necessariamente i medesimi modelli di consumo, i ricercatori hanno adottato la segmentazione per gruppi di comportamento, classificando le persone in base a elementi quali la disponibilità all’acquisto, la motivazione e l’atteggiamento. Un esempio è la segmentazione per vantaggi, che raggruppa i consumatori in base al principale vantaggio che si aspettano dal prodotto. Un altro esempio è la segmentazione psicografica, che raggruppa le persone in base alle caratteristiche del loro stile di vita. Recentemente i ricercatori si stanno orientando verso la segmentazione per fedeltà, che presta maggiore attenzione ai clienti potenzialmente più durevoli e redditizi di altri. Detto questo, la segmentazione è un’analisi finalizzata alla comprensione dei clienti, e può essere fonte di notevole gratificazione per gli esperti che per primi identificano nuove variabili per classificare i clienti stessi.
D. Alcuni ritengono che il posizionamento sia la fase cruciale del marketing. Lei è d’accordo?
R. Il posizionamento è solo una fase di un’attività di marketing efficace, che comincia con un’analisi del mercato locale per individuare i segmenti che potrebbero essere insoddisfatti delle offerte di prodotto attuali. A questo punto l’impresa sceglie dei segmenti-obiettivo ai quali proporre un’offerta superiore. Il posizionamento è la fase successiva, nella quale l’impresa comunica la propria offerta ai segmenti di mercato individuati. Va notato che, per posizionarsi, l’impresa deve prima effettuare la segmentazione e il targeting.
D. Quali sono, oggi, i modi più efficaci per ottenere un vantaggio competitivo?
R. In passato i fattori chiave per il successo competitivo erano la qualità e l’assistenza, perché molte imprese non le offrivano. Oggi però qualità e assistenza stanno diventando caratteristiche comuni. Un’impresa è sicuramente perdente se non offre qualità e assistenza, ma se le offre, non avrà necessariamente successo. Questi fattori sono ormai scontati. Oggigiorno le imprese partecipano agli stessi seminari, dove apprendono il valore dell’analisi comparativa (benchmarking), dell’esternalizzazione (outsourcing) e della capacità di superare le offerte dei concorrenti. Tuttavia lo scenario non è mai statico, perché ciascun concorrente parte da un diverso patrimonio di risorse e opportunità. Le imprese più pronte scoprono e realizzano rapidamente dei vantaggi competitivi. Le quote di mercato si spostano a seconda dell’inventiva dei diversi attori. Prendiamo a esempio l’industria automobilistica. Henry Ford ha fatto del costo il suo vantaggio competitivo, mentre la GM l’ha individuato nella varietà e nello stile; in seguito, Europei e giapponesi hanno individuato il loro vantaggio competitivo nella qualità. Oggi il Giappone sta lavorando alla progettazione di automobili “sensoriali”: i proprietari dovrebbero provare una sensazione piacevole semplicemente aprendo o chiudendo la portiera, o accendendo la radio. Le imprese americane e alcuni rivenditori stanno riscoprendo il potere di un’assistenza adeguata. Nessuna piattaforma competitiva funziona per sempre o per tutti i compratori. Le imprese devono imparare a competere in modi nuovi, che comprendono la capacità di realizzare e consegnare i prodotti con maggiore rapidità, di migliorare il design e lo styling dei prodotti, di arricchire l’offerta con maggiori vantaggi e di instaurare con i clienti un rapporto di lungo termine che sia reciprocamente vantaggioso. Caratteristiche nuove, un design di prim’ordine, un’estetica migliore, prodotti personalizzati, servizi più completi ed efficaci e rapporti più amichevoli con i clienti sono tutti aspetti da prendere in considerazione. Giova ricordare che il vantaggio competitivo è stato descritto ampiamente in E. Caruso, Come vincere le sfide della concorrenza, Tecniche Nuove.
D. Qual è il ruolo dell’innovazione nel marketing?
R. Come ha detto Peter Drucker «... Il business ha solo due funzioni fondamentali: il marketing e l’innovazione. Il marketing e l’innovazione producono risultati: tutto il resto rappresenta costi.» Ne consegue che la formula vincente è data da una grande capacità di innovazione abbinata a una grande capacità di marketing. Innovare non significa solo creare prodotti nuovi e migliori, ma anche migliorare i sistemi e introdurre nuovi concetti aziendali. Società come Ikea, Southwest Express, Virgin e Home Depot hanno inventato modi nuovi di gestire vecchie industrie, raggiungendo una posizione di leader in termini di profitti.
D. In che modo si può promuovere l’innovazione?
R. Nella maggior parte delle imprese le buone idee circolano nell’aria, ma non ci sono reti per catturarle. Per questo motivo auspico l’istituzione di un sistema di gestione delle idee, diretto da un manager di alto livello in collaborazione con un comitato multidisciplinare, che disponga di fondi da spendere per le idee più promettenti. Tutti i dipendenti e i partner dell’impresa (a esempio distributori, dettaglianti e fornitori) dovrebbero conoscere l’indirizzo e-mail del manager responsabile e sentirsi liberi di suggerire interventi migliorativi in fatto di mercato o di costi, sapendo che le idee in grado di produrre risparmi consistenti saranno premiate.
Gli strumenti di marketing (le quattro "P")
D. Le quattro “P” sono ancora uno strumento utile per l’attività decisionale nel marketing?
R. Certamente le quattro “P” forniscono ancora un utile quadro di riferimento per la pianificazione del marketing. Tuttavia, rappresentano più la prospettiva del venditore che quella dell’acquirente. Per questo si è pensato di convertirle nelle quattro “C”, come segue:
Prodotto = Customer value (valore per il cliente)
Price = Customer cost (costo per il cliente)
Placement = Customer convenience (convenienza per il cliente)
Promotion = Customer communication (comunicazione al cliente)
Le quattro “C” ricordano che i clienti vogliono valore, costi bassi, convenienza elevata e comunicazione, non promozione. Sono state proposte altre “P”, tra cui packaging, personalizzazione della vendita, passione e altre ancora. Effettivamente il packaging è già compreso nello schema, sotto prodotto o promozione, mentre personalizzazione della vendita e passione rientrano nella promozione. Riguardo al marketing dei servizi sono state proposte altre tre “P”: la prima è personale, e riguarda l’impressione lasciata da chi fornisce il servizio; la seconda è procedure, in quanto uno stesso servizio può essere fornito in molti modi diversi: a esempio, un ristorante può offrire pasti al tavolo, al buffet o con consegna a domicilio. La terza, prove fisiche, si riferisce al fatto che i fornitori di servizi cercano di conferire un carattere tangibile alle proprie offerte ricorrendo a certificati, biglietti, logo e altro. Quanto a me, ho suggerito di includere politica e pubblica opinione (che ho definito “strumenti di megamarketing”) poiché il marketing dipende in gran parte da un governo e da un pubblico ricettivi. A esempio, se il governo opera discriminazioni nei confronti delle multinazionali, queste ultime saranno meno efficaci; quindi le multinazionali devono adottare tecniche di persuasione mettendo in evidenza i vantaggi offerti e i potenziali contributi forniti all’economia del paese ospitante.
D. Quanti canali di distribuzione dovrebbe utilizzare un’impresa?
R. Il numero di canali di vendita si sta moltiplicando. È possibile fare acquisti presso il punto vendita, per posta, per telefono e online. Un’impresa che utilizza un unico canale di marketing per la distribuzione dei propri prodotti dovrà affrontare la concorrenza di tutti gli altri canali. Inoltre, i prezzi possono essere molto differenti a seconda del canale. Per questo un’impresa deve scegliere con attenzione il canale che intende utilizzare per consolidare la propria presenza sul mercato. Quanto più numerosi sono i canali, tanto maggiori sono le risorse manageriali richieste e la possibilità che nascano conflitti di distribuzione e confusione. In ogni caso, è fondamentale che un’impresa sviluppi la coerenza del marchio e ne rispetti la promessa, ovunque venda i propri prodotti.
D. Alcuni analisti prevedono che le pubbliche relazioni cresceranno di importanza rispetto alla pubblicità. Lei è d’accordo?
R. Sì. In passato si è fatto un uso eccessivo della pubblicità, soprattutto quella di massa e di scarsa qualità, mentre si sono trascurate le pubbliche relazioni. Questo veicolo di comunicazione è come un palazzo con tante stanze, che ho definito Pencils (matite) delle PR, acronimo di pubblicazioni (publications), eventi (events), notizie (news), attività sociali (community involvement), strumenti di identità (identity tools), lobbying e responsabilità sociale (social responsability). Quando un cliente vede un annuncio, sa che si tratta di una pubblicità e sempre più spesso evita di guardarla. È evidente che i clienti hanno sempre meno tempo e attenzione. Con le pubbliche relazioni aumentano le possibilità di far passare il messaggio, che può anche risultare più fresco e credibile. Le pubbliche relazioni sono più adatte per spargere la voce su un nuovo prodotto o servizio. L’interesse per le pubbliche relazioni è in aumento, come testimonia il titolo di un recente libro di Al e Laura Ries, The Fall of Advertising and the Rise of PR.
D. La promozione vendite si presenta in una grande varietà di forme, quali sconti ai consumatori e promozioni ai rivenditori e alla forza di vendita. Come dovrebbe essere ripartito il budget tra questi tre filoni?
R. Lasciamo da parte le promozioni rivolte alla forza di vendita (come gare di vendita e altri incentivi), poiché rappresentano un costo limitato rispetto alle altre due forme. Le promozioni ai rivenditori (sconti commerciali, omaggi, forniture extra e così via) servono a garantire una migliore collocazione sugli scaffali e una migliore esposizione presso il punto vendita, oltre a una maggiore collaborazione del rivenditore. I rivenditori se le aspettano, anzi le esigono. Le misure volte a tagliare queste iniziative promozionali portano come conseguenza, spesso, un minor sostegno del settore. Perché? Il fatto è che gli esercenti traggono profitti notevoli dalle promozioni effettuate dai produttori. Le imprese controllano meglio la programmazione del bilancio per le promozioni a favore dei consumatori. Anche in questo caso occorre analizzarne l’efficacia. Le promozioni peggiori sono quelle a cui rispondono solo i clienti già acquisiti. Supponiamo che una promozione dei pannolini Pampers induca solo le mamme che già acquistano questa marca a comprarne di più: ciò significa offrire un incentivo inutile a clienti già acquisiti. Un altro caso negativo si ha quando la promozione attira alcuni clienti nuovi, prevalentemente a caccia di affari, che con tutta probabilità non acquisteranno più il prodotto al prezzo normale; l’aumento delle vendite è momentaneo e probabilmente la promozione non è neppure redditizia, considerando i costi sostenuti per lanciarla. Il caso più positivo, e molto meno frequente, si verifica quando la promozione attira nuovi clienti, che sperimentano il prodotto e decidono di continuare ad acquistarlo. Questo accade soprattutto quando si scopre che il prodotto è veramente migliore di quelli dei concorrenti. Considerando tutte queste possibilità, non deve sorprendere il fatto che la maggior parte delle promozioni rappresenti una perdita di denaro per l’impresa.
La pianificazione del marketing
D. I piani di marketing devono avere tutti lo stesso formato? Quale?
R. Sono favorevole all’utilizzo di un formato standard per la pianificazione, poiché ciò consente all’alta direzione di confrontare agevolmente i diversi piani e produce una riflessione sistematica sul marketing efficace. Un piano di marketing comprende sei componenti: analisi della situazione, obiettivi, strategia, tattiche, budget e controlli.
- Analisi della situazione. In questa fase l’impresa prende in esame le forze macroambientali (economiche, politico-giuridiche, socioculturali, tecnologiche) e gli attori (impresa, concorrenti, distributori e fornitori) dell’ambiente in cui opera, ed effettua un’analisi SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats, ossia punti di forza, punti deboli, opportunità e minacce). In realtà questa analisi dovrebbe essere definita TOWS (ossia minacce, opportunità, punti deboli e punti di forza), invertendo l’ordine precedente per andare dai fattori esterni a quelli interni, anziché dai fattori interni a quelli esterni. Questo perché l’analisi SWOT potrebbe indebitamente porre l’accento sui fattori interni e individuare soltanto le minacce e le opportunità che trovano corrispondenti punti di forza aziendali. Questa fase si dovrebbe concludere
- Obiettivi. Una volta identificate le migliori opportunità sulla base dell’analisi della situazione, l’impresa le dispone in ordine di importanza, definisce i mercati-obiettivo e stabilisce gli obiettivi e una tabella di marcia per realizzarli. Inoltre stabilisce gli obiettivi con riferimento agli stakeholder, alla reputazione dell’impresa, alla tecnologia e ad altre questioni rilevanti
- Strategia. Qualsiasi traguardo può essere perseguito in molti modi. Spetta alla strategia scegliere la linea d’azione più efficace per raggiungere gli obiettivi stabiliti.
- Tattiche. Occorre specificare nei minimi dettagli la strategia riguardante le quattro “P” e le azioni che dovranno intraprendere nel corso dell’anno i singoli soggetti responsabili dell’attuazione del piano.
- Budget. Le azioni e le attività pianificate comportano dei costi che vanno ad aggiungersi al budget necessario per realizzare gli obiettivi aziendali.
- Controlli. L’impresa deve fissare dei momenti di verifica e stabilire dei parametri per valutare i progressi compiuti rispetto agli obiettivi previsti. Se le prestazioni risultano carenti, l’impresa deve rivedere obiettivi, strategie e azioni.
D. Come si valuta se un piano di marketing è valido?
R. In base alla mia esperienza, la maggior parte dei piani di marketing è inadeguata. Alcuni sono strapieni di cifre passate e di enunciati, ma sono privi di una strategia convincente. Oppure la strategia c’è, ma sembra non avere alcun rapporto con le tattiche. Oppure gli obiettivi sono poco realistici, o richiedono un budget poco realistico. O ancora, i controlli non sono adeguati per un feedback efficace e una revisione del piano. Una volta l’IBM mi incaricò di valutare una serie di piani di marketing. Nel complesso erano buoni, ma sollevai qualche dubbio in merito a una serie di ipotesi e di dati, cosicché i piani furono rispediti al mittente per alcuni interventi di miglioramento. Non esiste la garanzia che un piano di marketing funzioni, ma è quasi certo che quelli scadenti non produrranno risultati positivi.
L'organizzazione del marketing
D. In che modo le imprese possono adottare un’impostazione più "orientata al cliente"?
R. L’orientamento al cliente è il risultato di un processo organico, gestito dal CEO e articolato nelle seguenti fasi.
1. Convincere l’alta direzione in merito alla necessità di focalizzarsi maggiormente sul cliente.
2. Nominare un alto responsabile del marketing e una task force di marketing.
3. Ottenere aiuti e consulenze esterne.
4. Modificare il meccanismo di valutazione e il sistema di retribuzione.
5. Assumere personale di talento per il marketing.
6. Promuovere validi programmi interni di formazione nel marketing.
7. Definire un moderno sistema di pianificazione di marketing.
8. Istituire un premio annuale per risultati di marketing eccellenti.
9. Spostare l’accento dal reparto al processo-risultato.
10. Responsabilizzare i dipendenti.
D. Quali sono le caratteristiche di una leadership valida?
R. Tutti i manager dovrebbero essere dei leader, mentre nella maggior parte dei casi sono semplici amministratori. Se dedicano la maggior parte del tempo a bilanci di previsione, costi e organigrammi, sono degli amministratori. Per essere un leader, occorre trascorrere del tempo con le persone all’interno dell’impresa per ricercare opportunità, formulare strategie e sostenere le rispettive missioni. Un vero leader è qualcuno che ha conquistato il rispetto del personale, che condivide la sua visione. Un CEO che è anche un leader adotta un punto di vista da stakeholder, e non solo da azionista, sulla gestione vincente dell’impresa; altrimenti finisce per fare come “Chainsaw Al” (Al Dunlop): tagliare senza pietà costi e posti di lavoro e raggirare fornitori e distributori per spremere ulteriori utili a breve termine, al prezzo di rovinare l’impresa nel lungo periodo. Un leader sa che l’organizzazione è forte quanto lo sono i suoi anelli più deboli. L’insoddisfazione di fornitori, dipendenti, distributori, rivenditori o utilizzatori finali può fare affondare la nave. Un numero crescente di CEO gestisce le rispettive imprese, come Hewlett-Packard, Xerox, GE e così via, in base a uno schema equilibrato che tiene conto dei livelli di soddisfazione dei partner aziendali. Molti ritengono che i leader debbano avere carisma. Tuttavia, per essere efficaci non occorre carisma. Molti grandi leader non si affannano a costruirsi un’immagine carismatica; sono amabili, spesso semplici, e mostrano un reale interesse per clienti e dipendenti.
D. Qual è il modo migliore per promuovere un’impresa che sia (a) redditizia e (b) un buon posto dove lavorare?
R. La redditività è certamente più compatibile con un ambiente operativo piacevole. In passato prevaleva l’idea che un produttore potesse guadagnare il massimo pagando il minimo indispensabile a fornitori, dipendenti e distributori. Il risultato, però, erano forniture e prodotti scadenti e un elevato tasso di avvicendamento di dipendenti e partner. Oggi le imprese più illuminate considerano come partner (il sistema degli stakeholder) i propri fornitori, dipendenti e distributori, che così sono motivati a fornire un valore superiore. La filosofia della collaborazione positiva prevarrà sulla filosofia dello scontro. Fatalmente, la recente tendenza al ridimensionamento ha minato la fedeltà dei dipendenti, che non si fidano più dei propri capi, pensano sempre di più a sé stessi e coltivano competenze da poter vendere ad altre imprese. Per un CEO è una grossa sfida ricostruire una cultura di fedeltà distrutta da operazioni di ridimensionamento. I capi, se non adegueranno anche i propri stipendi ai tagli imposti ai dipendenti, perderanno la loro fiducia. In effetti gli stipendi immorali di alcuni CEO e i vari scandali sono stati duri colpi alla fedeltà dei dipendenti. Hal Rosenbluth, proprietario di un’importante agenzia di viaggi, ha scritto un best seller dal titolo sorprendente, The Customer Comes Second (William Morrow, 1992). In effetti, nelle imprese di servizi come hotel, ristoranti e banche, si può sostenere che il primo obiettivo è la soddisfazione del dipendente. Secondo Bill Marriot Jr., se l’impresa riesce a soddisfare i propri dipendenti, questi a loro volta soddisferanno i clienti, che ritorneranno negli hotel Marriot, a tutto vantaggio dei profitti degli azionisti. Così Marriott e altri leader nel settore dei servizi pongono fortemente l’accento sull’attenzione per gli interessi dei dipendenti. Si parla quindi di marketing interno, perché l’obiettivo è quello di percepire, servire e soddisfare le esigenze di un mercato interno, rappresentato dai dipendenti. I leader possono cercare di capire le esigenze dei propri “clienti interni” in diversi modi. John Welch aveva adottato l’approccio della ricerca di soluzioni (work-out): i capi delle varie divisioni ascoltavano le idee e le proposte di miglioramento dei dipendenti e fornivano delle risposte. Altre imprese distribuiscono periodicamente dei moduli dove i dipendenti esprimono una valutazione dei propri capi. Da parte mia penso che i capi imparerebbero molto sulle esigenze dei propri subalterni andando in trincea a fare il loro lavoro. Per una settimana all’anno, gli alti dirigenti di McDonald’s e Disney lasciano i propri uffici per andare a cuocere hamburger, staccare biglietti e incontrare dipendenti e clienti. I leader non devono solo formulare un piano, bensì proporre un obiettivo ispiratore, e dichiararlo non solo in termini finanziari, ma anche in termini di vantaggi sociali. Un’impresa di fertilizzanti in realtà non dovrebbe limitarsi a produrre fertilizzanti, ma aspirare a contribuire al nutrimento delle popolazioni affamate e all’eliminazione della fame nel mondo. Confermo in pieno il valore incentivante della formulazione di obiettivi nobili. I leader con una formazione di marketing hanno il vantaggio di portare in impresa un approccio “dall’esterno verso l’interno”, invece che “dall’interno verso l’esterno”. I leader con altre formazioni, ad esempio di produzione, finanza e così via, tendono a concentrarsi sul funzionamento interno dell’impresa e rischiano di non accorgersi quando quest’ultima non è più in sintonia con l’evoluzione del mercato. Gli uomini di marketing riconoscono le correnti in rapido mutamento nel mercato e percepiscono la necessità di nuove iniziative per tenersi a galla. Un compito importante del leader è quello di indurre tutti i componenti dell’impresa a considerare il cliente come il centro dell’universo. I dipendenti devono capire che non è l’impresa a pagarli, ma i clienti. L’alta direzione deve chiarire a ciascun reparto in che modo il suo operato incida sulla soddisfazione e sul mantenimento del cliente e quanto costi all’impresa perdere un cliente.
Il controllo del marketing
D. Quali parametri possono utilizzare le imprese per giudicare le prestazioni del marketing?
R. L’elaborazione dei parametri potrebbe essere un progetto comune degli uffici marketing e finanza. Se fosse di competenza esclusiva dell’ufficio marketing, sorgerebbe il sospetto che la metodologia prescelta possa essere parziale. Se fosse di competenza esclusiva dell’ufficio finanziario, i responsabili del marketing non si fiderebbero. Se invece fosse sottoscritta da entrambi gli uffici, la metodologia adottata risulterebbe più credibile. Inoltre, ne trarrebbe vantaggio l’ufficio finanziario, che in ultima analisi dovrà utilizzarla come riferimento per la distribuzione dei fondi a fronte delle richieste provenienti dall’ufficio marketing. Tra i parametri più utilizzati vi sono quota di mercato, consapevolezza del marchio, soddisfazione del cliente, qualità relativa del prodotto, valore percepito, fedeltà del cliente e tasso di perdita dei clienti.
D. Le imprese sono sufficientemente attente alla soddisfazione del cliente e prendono misure per migliorarla?
R. Per la maggior parte, le imprese prestano più attenzione alla crescita della propria quota di mercato che al grado di soddisfazione del cliente.
Questo è sbagliato. La soddisfazione del cliente e il valore percepito sono fondamentali per la redditività dell’impresa. Quanto più elevata è la soddisfazione del cliente, tanto maggiore sarà il grado di fedeltà. E i vantaggi derivanti da clienti fedeli sono molti. L’acquisizione di un nuovo cliente costa da cinque a dieci volte più di quanto costi soddisfare e mantenere i clienti attuali. Una riduzione del 5% del tasso di perdita dei clienti può significare un aumento della redditività dell’impresa tra il 25 e l’85%, a seconda del settore. Inoltre, la redditività di un cliente tende ad aumentare col tempo.
Gli ambiti di applicazione del marketing
D. È evidente che i programmi di marketing sono efficaci per le grandi imprese, ma le piccole imprese hanno meno risorse. Che uso dovrebbero fare del marketing?
R. Le piccole e medie imprese hanno la possibilità di utilizzare gli strumenti di marketing senza spendere troppo. Esistono libri sulle ricerche di mercato a basso costo (ricorrendo ai gruppi di ascolto), strumenti di promozione poco costosi (volantini, pieghevoli e pubbliche relazioni) e così via. Sono anche stati pubblicati una serie di libri sul “guerilla marketing” dove abbondano i consigli sulle tattiche di comunicazione non convenzionale per acquisire visibilità e indurre a una prova d’acquisto del prodotto. Immaginiamo che una piccola impresa abbia realizzato un nuovo prodotto e lo voglia promuovere. Non mi piace particolarmente l’idea di ingaggiare un’agenzia di pubblicità e affidarle il compito di divulgare il messaggio su vasta scala; preferisco l’idea di trasmettere il messaggio a un pubblico ristretto. Questo implica definire con cura i clienti obiettivo e scoprire il modo migliore per raggiungerli, a esempio prendendo contatti per una visita diretta, oppure con inserzioni, pubblicità, azioni di direct mail, fax o email. Personalmente propendo sempre più per una pubblicità selettiva e l’organizzazione di eventi e iniziative (event marketing), anziché spendere grandi cifre per una pubblicità a pioggia. Le piccole imprese possono anche pensare di usare Internet come veicolo pubblicitario e strumento di vendita. Le piccole imprese possono vincere contro le grandi imprese in quattro modi: (1) andando a occupare una nicchia di mercato come specialisti, (2) aumentando la flessibilità nella progettazione dell’offerta, (3) fornendo un servizio di qualità superiore e (4) personalizzando l’interazione con gli acquirenti.
D. Le imprese si sono rese conto di tutte le potenzialità presenti nella gestione delle relazioni con il cliente? Quali gli elementi che i professionisti devono tenere presenti, quando affrontano un investimento importante in quest’ambito?
R. Negli ultimi anni la gestione delle relazioni con il cliente (CRM, Customer Relationship Management) rappresenta uno dei nuovi sviluppi più promettenti del marketing. Quanto più un'impresa conosce i propri clienti acquisiti e potenziali, tanto più competitiva sarà la sua presenza sul mercato. Almeno in teoria. La gestione delle relazioni con il cliente è stata “venduta” come una rivoluzione tecnologica che avrebbe consentito una maggiore precisione nell’identificazione dei potenziali clienti e nella presentazione delle offerte. Molte imprese hanno investito milioni di dollari soltanto per scoprire che nei dati mancavano parecchie variabili importanti e, quel che è peggio, che i dipendenti non erano né orientati al cliente né organizzati in funzione di quest’ultimo. Negli ultimi anni la resa degli investimenti nella gestione delle relazioni con il cliente è stata scarsa, con risultati insoddisfacenti per una percentuale di imprese compresa tra il 40% e il 60%. Quando si introduce una nuova tecnologia in un’impresa vecchia, si ottiene semplicemente un’impresa vecchia più costosa! Prima di fare investimenti nella CRM, occorre creare una cultura imprenditoriale orientata al cliente. A quel punto il database può essere utilizzato dal personale di tutti i reparti dell’impresa per apprendere nuove informazioni sul cliente. La sfida consiste quindi nel capire quando si tratta di un investimento appropriato e come attuarlo con successo. È una scelta che ha senso soprattutto nei settori caratterizzati da una grande ricchezza di dati, come il settore bancario, delle carte di credito, assicurativo e delle telecomunicazioni; è meno sensata nei mercati dei prodotti di consumo di massa, dove si vendono merci a basso costo. Per decidere se investire in un costoso sistema CRM, proviamo a ragionare come ha fatto la Royal Bank of Canada, che ha richiesto al fornitore del sistema, la Siebel Company, di effettuare quattro stime.
1. Quanto costerà il sistema?
2. Quanto tempo occorrerà prima che il sistema sia operativo?
3. In quanti mesi l’incremento delle vendite riuscirà a coprire l’investimento iniziale nel sistema?
4. Qual è la redditività a lungo termine dell’investimento in questo sistema?
Ci sono anche un paio di citazioni sulla CRM che mi piace ricordare.
Steve Silver afferma: «La CRM non è un pacchetto software, non è un database, non è un call center e non è un sito Web. Non è neppure un programma di fidelizzazione, di assistenza, di acquisizione o di riconquista dei clienti. È una vera e propria filosofia.» Edmund Thompson del Gartner Group aggiunge: «Un programma di gestione delle relazioni con i clienti dipende per il 45% dalla leadership dei dirigenti, per il 40% dall’attuazione della gestione di progetto e per il 15% dalla tecnologia.» Questi commenti mi trovano d’accordo.
D. Secondo Lei la gestione delle relazioni con il cliente (CRM) continuerà a deludere molte delle imprese che hanno speso fior di quattrini per acquistare il sistema?
R. Il sistema della CRM è straordinario, ma non fa per tutti. È stato pubblicizzato in modo esagerato e molte imprese si pentiranno di averlo adottato. Funzionerà solo se, tanto per cominciare, l’impresa è “cliente-centrica”. La gestione delle relazioni con il cliente si basa su una logica convincente che può essere così riassunta: «Se conosci bene i tuoi clienti a uno a uno, saprai con maggior precisione che cosa offrire, quando, in che modo e a quale prezzo.» In quest’ottica, un’impresa informatica non cercherà di vendere un computer nuovo ai clienti che nel database risultano averne appena acquistato uno, ma cercherà nella banca dati tutti i clienti che hanno acquistato un computer almeno tre anni prima. Acquisire informazioni sugli acquisti effettuati in passato da un cliente e sui suoi dati anagrafici e psicografici è senza dubbio un vantaggio. Il rovescio della medaglia è che raccogliere, aggiornare e gestire queste informazioni costa molto. Molti dati, a esempio gli indirizzi e le mansioni lavorative delle persone, ogni anno diventano obsoleti, e l’impresa ha bisogno di assumere analisti esperti che si occupino di data mining. Non vale la pena di affrontare costi così alti, se l’impresa commercializza articoli di basso costo o se tratta prodotti che vengono acquistati una sola volta nella vita. Il punto è, a mio parere, che la gestione delle relazioni con il cliente può conferire un sostanziale vantaggio competitivo soltanto nelle imprese e nei settori dove ha ragione d’essere. Nelle campagne promozionali si tende spesso a presentare la CRM come il mezzo per costruire un sistema informativo che consenta di personalizzare prodotti, servizi e messaggi rivolti al singolo cliente. Per alcune imprese, a esempio nel settore bancario e delle carte di credito, ciò rappresenta una strategia praticabile e lodevole, mentre per altre assomiglia più a un campo minato. Si tratta di capire se a una certa impresa risulti più efficiente puntare sui segmenti di mercato e sui relativi bisogni, o piuttosto rivolgendosi ai singoli clienti. I segmenti sono una categoria in parte fittizia, perché anche i clienti appartenenti a uno stesso segmento presentano delle differenze; d’altra parte, costituiscono un criterio efficace per valutare e preparare le offerte di mercato. Non di rado, con un’impostazione basata sul segmento si ottengono risultati migliori che non realizzando e gestendo un costoso sistema informativo progettato per servire un cliente alla volta. La gestione delle relazioni con il cliente si addice di più al marketing B2B (business-to-business) che non al marketing dei beni di consumo.
Nel primo caso, infatti, le imprese hanno un numero di clienti più limitato e li conoscono meglio. Ciò non toglie che esistano anche imprese B2C (business-to-consumer) che hanno realizzato il proprio database clienti. Le vendite effettuate da Dell ai singoli clienti vengono registrate in un database e l’impresa sa esattamente quando proporsi a ciascun cliente con nuovi prodotti. La Kraft possiede un database nel quale sono archiviati diversi milioni di nominativi di clienti che richiedono all’impresa ricette, coupon e altri servizi. Le banche possono ottenere risultati migliori raccogliendo informazioni sui singoli clienti, per capire meglio quando un cliente potrebbe essere interessato ad acquistare un’auto, quando debba sostenere le spese per un matrimonio o quando necessiti di un finanziamento per gli studi universitari.
D. Quali sono le caratteristiche di un buon sito Web d’impresa?
R. Ogni impresa dovrebbe progettare un sito che ne esprima lo scopo, la storia, i prodotti, la vision e contenga diverse altre informazioni. Il sito Web dovrebbe rappresentare un modo semplice per entrare in contatto con l’impresa e presentare contenuti sempre nuovi per invogliare chi lo guarda a visitarlo di nuovo; deve caricarsi rapidamente a video e avere una grafica accattivante. Un sito Web può anche andare oltre l’offerta di contenuti e offrire transazioni, diventando così un sito di e-commerce.
D. In che modo le nuove tecnologie influiranno sul prodotto, sul prezzo e sulle politiche di distribuzione delle imprese tradizionali?
R. Internet sta contribuendo a rafforzare più il potere degli acquirenti che dei venditori. Oggi il cliente è sovrano. Il marketing inverso sta diventando di moda. In molti casi sono gli acquirenti che offrono un prezzo per l’acquisto di un prodotto, piuttosto che accettare il prezzo indicato dal venditore (Priceline.com). Gli acquirenti preferiscono i venditori che personalizzano l’offerta (Dell Computer). Gli acquirenti chiedono di essere pagati per guardare gli annunci pubblicitari (FreePC.com). Gli acquirenti possono collegarsi ad alcuni siti Web e chiedere buoni sconto specifici (Cool savings.com). La pubblicità tradizionale ha prosperato con il battage pubblicitario (nei mercati dei beni di consumo) e una robusta forza di vendita (nei mercati delle imprese). Oggi sono sempre più numerose le imprese che dirottano parte delle loro dotazioni di bilancio su direct mail, telemarketing, fax, messaggi di posta elettronica, pagine Web e pubblicità su Web. Di conseguenza, il ventaglio dei canali di comunicazione e di promozione si è decisamente ampliato.
Il marketing eccellente
D. La maggior parte delle imprese non dura a lungo, ma alcune sì. Qual è il segreto?
R. In media una nuova società ha una speranza di vita di 20 anni.
Un’impresa muore quando non è in grado di adeguarsi ai cambiamenti, o quando viene acquistata da un’altra società o incontra difficoltà finanziarie inattese e così via. Tuttavia, alcune imprese esistono da centinaia di anni, come Royal Dutch/Shell, DuPont, W.R.Grace, Kodak, Sumitomo e Unilever. I motivi per cui certe imprese prosperano per un lungo periodo di tempo sono spiegati in due libri eccezionali:
di James Collins, Built to Last (e il più recente Good to Great);
di Arie De Geus, The Living Company.
D. Può descrivere in maggior dettaglio alcune imprese innovative?
R. IKEA e Calyx & Corolla forniscono due validi esempi. IKEA corrisponde alla mia descrizione di impresa a forte valore aggiunto. Ingvar Kamprad non sopportava l’idea che i giovani Svedesi che mettevano su casa per la prima volta dovessero affrontare forti spese per i mobili. Così si è impegnato a fondo per ridurre i costi della fabbricazione e vendita dei mobili, puntando sui risparmi ottenibili fornendo mobili da assemblare e sui vantaggi della produzione e del marketing di massa. Ma Kamprad non si è limitato a creare mobili di qualità a buon mercato; ha aggiunto all’esperienza IKEA alcune caratteristiche che dimostrano una certa sensibilità per le modalità di questa particolare tipologia di acquisti: ha aggiunto un ristorante, sapendo che l’acquisto di mobili richiede molto tempo e che gli uomini preferiscono sedersi a mangiare mentre le mogli fanno una prima ricognizione. Ha aggiunto un’area giochi con personale di assistenza, perché i bambini diventano difficili da gestire mentre si fanno acquisti ed è meglio separarli dai genitori che devono concentrarsi sui prodotti. Ha fidelizzato la clientela introducendo una tessera e offrendo ai possessori una serie di prodotti a prezzi più bassi. A mio parere l’IKEA è una delle società appartenenti all’Olimpo del marketing. Calyx & Corolla fornisce un esempio interessante di pensiero innovativo. La fondatrice dell’impresa, Ruth M. Owades, rendendosi conto che i fiori affrontavano un viaggio di quasi dieci giorni per arrivare dal vivaio ai consumatori attraverso un labirinto di grossisti e dettaglianti, ha istituito un sistema di marketing diretto a domicilio. I clienti ordinano fiori freschi e bouquet dal catalogo, sul sito Internet o per telefono. L’ordine viene immediatamente inviato per via elettronica a uno dei 25 floricoltori collegati in rete, il quale raccoglie i fiori, li confeziona e li spedisce via FedEx. I fiori arrivano freschi, durano 10 giorni di più e soddisfano molti consumatori.
Eugenio Caruso
03/02/2008
Per un approfondimento sul marketing si rimanda a Il circolo virtuoso impresa mercato.