Una nebulosa (dal latino nebula, nuvola) è un agglomerato interstellare di polvere, idrogeno e plasma. Originariamente il termine nebulosa veniva impiegato per indicare un qualsiasi oggetto astronomico di grandi dimensioni di natura non stellare né planetaria né cometaria, quindi comprendeva anche quelle che oggi sono note come galassie (per esempio, la Nebulosa di Andromeda faceva riferimento alla Galassia di Andromeda prima che le galassie venissero scoperte da Edwin Hubble).
Nebulosa NGC 604 ripresa dal telescopio HUBBLE
NGC 604 è una regione H II all'interno della Galassia del Triangolo (M33). È stata scoperta da William Herschel l'11 settembre del 1784. La nebulosa è un enorme "incubatoio" in cui si formano nuove stelle, al suo interno ci sono più di 200 stelle appena nate che ionizzano i gas della nebulosa. NGC 604 è una delle più grandi regioni H II del gruppo Locale. Considerando la distanza stimata della galassia in cui risiede (2,7 milioni di anni luce), si ottiene un diametro di 1.500 anni luce (460 parsec) per la parte più larga. È quindi oltre 40 volte più grande della parte visibile della nebulosa di Orione, ed è anche 6300 volte più luminosa. Se NGC 604 fosse alla stessa distanza della nebulosa di Orione, sarebbe più luminosa di Venere.
Alcune nebulose sono caratterizzate dall'ospitare al loro interno fenomeni di formazione stellare, come le nubi molecolari, le nebulose oscure e le regioni H II; altre, come le nebulose a riflessione, brillano della luce emessa da una stella che transita al loro interno, come NGC 1435 che circonda la stella Merope delle Pleiadi. Altre nebulose ancora si originano a seguito della morte di una stella, come le nebulose planetarie o i resti di supernova.
Molte nebulose si formano grazie al collasso gravitazionale del gas presente nel mezzo interstellare. Mentre la materia collassa sotto il proprio peso, al centro si possono formare stelle massive che ionizzano il gas circostante con la loro radiazione ultravioletta, creando del plasma (il quarto stato della materia). Un esempio di questo tipo di nebulosa sono la Nebulosa Rosetta o la Nebulosa Pellicano. Le dimensioni di queste nebulose variano in base alla grandezza originaria della nuvola di gas.
Alcune nebulose sono il risultato dell'esplosione di una supernova. La materia scagliata via dall'esplosione viene ionizzata dai residui della supernova. Il migliore esempio di questo tipo di nebulosa è la Nebulosa del Granchio nella costellazione del Toro. È il risultato della supernova SN 1054, registrata nel 1054. il centro della nebulosa è una stella di neutroni creata durante l'esplosione.
Altre nebulose possono diventare nebulose planetarie. Questo è l'ultimo stadio della vita di una stella di bassa massa come il nostro Sole. Le stelle con una massa di 8-10 masse solari, si evolvono in gigante rossa e lentamente perdono i loro strati esterni durante le pulsazioni nella loro atmosfera. Quando una stella ha perso una quantità sufficiente di materia, la sua temperatura aumenta e la radiazione ultravioletta emessa è capace di ionizzare la nebulosa circostante che è stata spazzata via precedentemente.
Le Pleiadi (conosciute anche come le Sette sorelle, la Chioccetta o con la sigla M45 del catalogo di Charles Messier) sono un ammasso aperto visibile nella costellazione del Toro. Questo ammasso, piuttosto vicino (440 anni luce), conta diverse stelle visibili a occhio nudo; anche se dagli ambienti cittadini solo quattro o cinque delle stelle più brillanti sono visibili, da un luogo più buio se ne possono contare già dodici. Tutte le sue componenti sono circondate da leggere nebulose a riflessione, osservabili specialmente in fotografie a lunga esposizione prese con telescopi di dimensioni ragguardevoli.
Notevole è che, a differenza di quanto succede nella maggior parte delle costellazioni, le stelle delle Pleiadi sono realmente vicine tra loro, hanno un'origine comune e sono legate da forza di gravità.
Data la loro distanza, le stelle visibili tra le Pleiadi sono molto più calde del normale, e ciò si riflette nel loro colore: sono delle giganti blu o bianche; l'ammasso conta in realtà centinaia di altre stelle, la gran parte delle quali sono troppo lontane e fredde per essere visibili a occhio nudo. Le Pleiadi sono in effetti un ammasso giovane, con un'età stimata di circa 100 milioni di anni, e una vita prevista di soli altri 250 milioni di anni, dato che le stelle sono troppo lontane tra loro.
A causa della loro brillantezza e vicinanza fra loro, le stelle più luminose delle Pleiadi sono note dall'antichità: sono state citate per esempio già da Omero e Tolomeo. Il Disco di Nebra, un manufatto di bronzo del 1600 a.C. trovato nell'estate del 1999 a Nebra, in Germania, è una delle più antiche rappresentazioni note del cosmo: in questo disco le Pleiadi sono il terzo oggetto celeste chiaramente distinguibile dopo il Sole e la Luna.
Da quando si scoprì che le stelle sono corpi celesti simili al Sole, si iniziò a ipotizzare che alcune stelle fossero in qualche modo legate fra loro; grazie allo studio del moto proprio e con la determinazione scientifica delle distanze degli astri, divenne chiaro che le Pleiadi sono realmente legate gravitazionalmente e che hanno persino un'origine comune.
Nebulose diffuse.
La maggior parte delle nebulose è diffusa e ciò significa che sono molto estese e che non hanno dei confini ben definiti. Nella luce visibile queste nebulose possono essere suddivise in nebulose a emissione e in nebulose a riflessione in base a come viene creata la luce che vediamo. Le nebulose a emissione contengono gas ionizzato (per la maggior parte idrogeno ionizzato) che produce linee spettrali di emissione. Spesso vengono denominate Regioni H II che deriva dal linguaggio professionale degli astronomi riferendosi all'idrogeno ionizzato. A differenza delle nebulose a emissione, quelle a riflessione non producono propria luce visibile a sufficienza, ma riflettono invece la luce delle stelle nelle vicinanze.
La nebulosa oscura è simile alla nebulosa diffusa, ma non è visibile grazie alla propria luce emessa oppure grazie alla luce riflessa. Esse si manifestano come delle nuvole nere di fronte a stelle più distanti o nebulose a emissione.
Nonostante queste nebulose sembrino diverse viste nelle varie lunghezze d'onda ottiche, esse brillano tutte se osservate nell'infrarosso. Questa radiazione arriva dalla polvere della nebulosa.
Oltre alle nebulose diffuse che non hanno confini ben definiti, esistono alcune nebulose che possono essere descritte come degli oggetti con confini identificabili.
Nebulosa planetaria
Le nebulose planetarie sono nebulose che si formano dal gas espulso dalle stelle a bassa massa quando si trasformano in nane bianche. Queste nebulose sono a emissione con radiazione spettrale simile a quella trovata nelle regioni di formazione stellare. Tecnicamente, esse sono delle regioni H II in quanto la maggior parte dell'idrogeno sarà ionizzato. Tuttavia, le nebulose planetarie sono più dense e più compatte delle nebulose a emissione. I primi astronomi che osservarono questi oggetti pensarono che le nebulose somigliassero ai dischi di pianeti, nonostante non siano per niente relazionati ai pianeti. Da qui l'origine del nome nebulosa planetaria.
La nebulosa protoplanetaria è un oggetto astronomico che si presenta durante il breve stadio delle ultime fasi dell'evoluzione stellare, quando la stella generatrice si trova tra il ramo asintotico delle giganti e la fase di nana bianca. Le nebulose protoplanetarie emettono una forte radiazione infrarossa e costituiscono un tipo particolare di nebulosa a riflessione. Si tratta della penultima fase evolutiva ad alta luminosità nel ciclo vitale delle stelle di massa intermedia.
Resto di supernova
Una supernova si forma quando una stella di grande massa raggiunge la fine della sua vita. Al termine della fusione nucleare che avviene nel nucleo, la stella collassa su se stessa. Il gas che sta cadendo può rimbalzare oppure si può surriscaldare espandendosi verso l'esterno, causando l'esplosione della stella. L'espansione del gas forma un Resto di supernova che è un tipo speciale di nebulosa diffusa.
La Nebulosa Granchio (nota anche come Nebulosa del Granchio o con le sigle di catalogo M 1 e NGC 1952) è un resto di supernova visibile nella costellazione del Toro. Scoperta nel 1731 da John Bevis, la nebulosa è il primo oggetto del catalogo di oggetti astronomici pubblicato da Charles Messier nel 1774.
La nebulosa, oggi vasta più di sei anni luce, è formata dai gas in espansione espulsi durante l'esplosione della Supernova 1054; i gas si stanno espandendo alla velocità di 1500 km/s e possiedono una massa totale di circa 4,6±1,8 M?. La supernova che la produsse fu osservata per la prima volta il 4 luglio 1054 e venne registrata dagli astronomi cinesi e arabi dell'epoca; la sua luminosità era tale che la magnitudine apparente dell'evento fu compresa tra -7 e -4,5 tale da renderla visibile ad occhio nudo durante il giorno, sorpassando la luminosità apparente di Venere. La Nebulosa Granchio si trova a circa 6.500 al dal sistema solare; perciò l'evento che l'ha prodotta è in realtà avvenuto 6 500 anni prima del 1054, cioè circa nel 5400 a.C.
Al centro della nebulosa si trova la pulsar del Granchio (nota anche come PSR B0531+21), una stella di neutroni con un diametro di circa 28-30 chilometri, scoperta nel 1968: fu la prima osservazione di un'associazione tra pulsar e resti di supernova, una scoperta fondamentale per l'interpretazione delle pulsar come stelle di neutroni.
La Nebulosa Granchio è spesso usata come calibrazione nell'astronomia a raggi X: è molto luminosa in questa banda, e il suo flusso è stabile, eccetto la pulsar vera e propria: quest'ultima infatti fornisce un forte segnale periodico che può essere usato per controllare le temporizzazioni dei sensori a raggi X. Nell'astronomia a raggi X, "Crab" (parola inglese che significa "Granchio") e "milliCrab" sono a volte usate come unità di flusso. Pochissime sorgenti a raggi X hanno una luminosità superiore ad 1 Crab.
La Nebulosa di Orione (nota anche come Messier 42 o M 42, NGC 1976) è una delle nebulose diffuse più brillanti del cielo notturno. Chiaramente riconoscibile ad occhio nudo come un oggetto di natura non stellare, è posta a sud del famoso asterismo della Cintura di Orione, al centro della cosiddetta Spada di Orione, nell'omonima costellazione.
Posta ad una distanza di circa 1270 al dalla Terra, si estende per circa 24 anni luce ed è la regione di formazione stellare più vicina al Sistema solare. Vecchie pubblicazioni si riferiscono a questa nebulosa col nome di Grande Nebulosa, mentre più anticamente i testi astrologici riportavano lo stesso nome della stella Eta Orionis, Ensis (la spada), che però si trova in un'altra parte della costellazione. Si tratta di uno degli oggetti più fotografati e studiati della volta celeste, ed è sotto costante controllo a causa dei fenomeni celesti che hanno luogo al suo interno; gli astronomi hanno scoperto nelle sue regioni più interne dischi protoplanetari, nane brune e intensi movimenti di gas e polveri.
La Nebulosa di Orione contiene al suo interno un ammasso aperto molto giovane, noto come Trapezio. Le osservazioni con i più potenti telescopi (specialmente il Telescopio spaziale Hubble) hanno rivelato molte stelle circondate da anelli di polveri, probabilmente il primo stadio della formazione di un sistema planetario.
La nebulosa è stata riconosciuta come tale nel 1610 da un avvocato francese, Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637), anche se, date le dimensioni e la luminosità, era certamente conosciuta anche in epoche preistoriche. Tolomeo la identificava come una stella della spada di Orione, di magnitudine 3.
La Nebulosa tarantola fu ritenuta in un primo tempo una stella, poi chiamata 30 Doradus; nel 1751, Nicolas-Louis de Lacaille riconobbe la sua natura nebulare.
La Nebulosa Tarantola ha una magnitudine apparente pari ad 8; considerando la sua distanza di 160.000 anni luce, si tratta di un oggetto estremamente luminoso. Infatti, si tratta della regione di formazione stellare più attiva del Gruppo Locale di galassie; al suo centro, un ammasso estremamente compatto di stelle calde e giovani produce la maggior parte dell'energia che rende visibile la nebulosa. La reale dimensione della Nebulosa Tarantola è di circa 1.000 anni luce; se fosse posta alla stessa distanza della Nebulosa di Orione (un'altra regione di formazione stellare, visibile ad occhio nudo) sarebbe 60 volte più grande della luna piena. Nelle aree centrali della nebulosa si trova un ricchissimo e compatto ammasso di stelle, noto come R136a, il quale è il principale responsabile dell'illuminazione e dell'eccitamento dei gas della nebulosa. Un altro ammasso è Hodge 301.
La Nebulosa Tarantola è stata la sede di un'esplosione di supernova, la cui luce è giunta a noi nel 1987: la supernova SN 1987a, una delle più studiate, data la sua relativa vicinanza (fu visibile anche ad occhio nudo, con una magnitudine apparente pari a 4,0).
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IMPRESA OGGI - 29 ottobre 2020