Geoffrey Chaucer, il padre della letteratura inglese.

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio)

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti che ci hanno donato momenti di grande felicitrà.

ARTICOLI PRECEDENTI. Omero - Dante - Virgilio - Boccaccio - Petrarca - Geoffrey Chaucer -

Geoffrey Chaucer

Geoffrey Chaucer ( Londra, 1343 – Londra, 25 ottobre 1400) è stato uno scrittore, poeta, burocrate e diplomatico inglese. Viene spesso riconosciuto come il padre della letteratura inglese. Benché abbia scritto diverse opere importanti, viene di solito ricordato in particolare per il suo capolavoro, pervenutoci incompleto, I racconti di Canterbury. Alcuni studiosi sostengono inoltre che Chaucer sia stato il primo autore ad aver dimostrato la legittimità letteraria del volgare-inglese. Giova notare che mentre il volgare-italiano delle opere dantesche è perfettamernte leggibile ai nostri giorni, il volgare-inglese riesce di difficile lettura, anche al sottoscritto che legge facilmente testi in inglese; Dante precede Chaucer di una generazione. In un'epoca nella quale in Inghilterra la poesia veniva scritta prevalentemente in latino, francese e anglo-normanno, Chaucer fece uso della lingua volgare (middle English, evoluzione dell'old English parlato dagli Anglosassoni) elevando la lingua inglese del suo tempo a lingua letteraria. Le informazioni biografiche su Geoffrey Chaucer sono molto scarse. Sappiamo che egli nacque nel 1343 a Londra da un mercante di vini, e visse al servizio di tre re (Edoardo III, Riccardo II ed Enrico IV). È noto inoltre che tra il 1368 e il 1378 egli venne in Italia, dove conobbe i testi di Petrarca, Dante e Boccaccio; quest'ultimo, con il suo Decameron, avrebbe poi dato a Chaucer un'ispirazione fondamentale per la scrittura dei Racconti di Canterbury.
Il padre e il nonno erano entrambi dei viticoltori e, prima di questa attività, la famiglia aveva gestito dei commerci ad Ipswich per diverse generazioni. Il suo nome ha origini francesi (chausseur) e significa "calzolaio". Nel 1324 John Chaucer, padre di Geoffrey, fu rapito da una zia nella speranza che questi, allora dodicenne, ne sposasse la figlia, in modo da mantenere il possesso sulle attività commerciali ad Ipswich. La zia venne imprigionata e le £250 di sanzione amministrativa, pagate per il reato, suggeriscono che la famiglia fosse benestante, se non addirittura di alto rango. John sposò infine Agnes Copton, che nel 1349 ereditò le proprietà dello zio, inclusi ventiquattro negozi a Londra. Benché non ci sia pervenuto alcun documento certo sulla sua adolescenza e sulla sua educazione, si può supporre che Geoffrey Chaucer avesse una profonda conoscenza del latino e del francese, come dimostrano le sue traduzioni; si noti anche che lo studio di queste lingue era consueto nell'educazione dei giovani alto-borghesi.
La prima volta che si ha menzione del nome di Chaucer è nel 1357, in un documento di contabilità domestica presso l'abitazione di Elisabetta de Burgh, contessa di Ulster, quando il padre riuscì a farlo diventare paggio della nobildonna. Lavorò anche a corte come diplomatico e impiegato statale: in particolare ebbe da parte del re l'incarico di raccogliere e inventariare i rifiuti metallici. Nel 1359, nei primi anni della Guerra dei cent'anni, Edoardo III d'Inghilterra invase la Francia e Chaucer viaggiò con Lionello di Anversa, marito di Elisabetta, insieme all'esercito inglese. Un anno più tardi, nel 1360, fu catturato durante l'assedio di Reims e trattenuto come prigioniero di guerra. Edoardo III pagò £16 di contributo al riscatto e Chaucer venne rilasciato. Dopo la cattura, i documenti riguardo alla vita di Chaucer sono incerti: sembra infatti che il giovane abbia viaggiato in Francia, Spagna e Fiandre, presumibilmente come messaggero e forse anche come pellegrino. Si parla di un possibile pellegrinaggio a Santiago di Compostela; forse proseguì intanto gli studi presso la Inner Temple.

chaucer 1

Ritratto di Chaucer del XVII secolo


Intorno al 1366, Chaucer sposò Philippa Roet, damigella della regina, moglie di Edoardo III, Filippa di Hainault, e sorella di Katherine Swynford, futura moglie di Giovanni di Gand, Duca di Lancaster. Non è ancora stato stabilito con precisione il numero dei figli avuti da Chaucer e Philippa Roet, ma le opinioni più diffuse e accreditate sostengono la nascita di tre o quattro figli. Uno di essi, Thomas Chaucer, avrebbe avuto un'illustre carriera: ufficiale di quattro re, inviato in Francia e infine Oratore della Camera dei Comuni. Altri figli furono probabilmente Elisabetta Chaucy (che prese poi i voti), Agnes Chaucer (addetta all'incoronazione di Enrico IV) e Lewis Chaucer. Vi sono poi documenti che attestano la sua presenza nella corte reale di Edoardo III come valletto, yeoman o Esquire il 20 giugno 1367. Viaggiò all'estero diverse volte, almeno come valletto, e prese parte, a Milano, presso la corte viscontea, al matrimonio tra Lionello di Anversa e Violante Visconti, figlia di Galeazzo II. Alla cerimonia erano presenti due altri grandi letterari dell'epoca, Jean Froissart e Francesco Petrarca. Si ritiene inoltre che intorno a questo periodo Chaucer abbia scritto Il libro della duchessa, in onore di Bianca di Lancaster, l'ultima moglie di Giovanni di Gand morta nel 1369.
Chaucer intraprese altri numerosi viaggi, tra cui una spedizione militare in Piccardia, una visita a Genova per questioni commerciali, a Firenze per chiedere un prestito alla banca dei Bardi (di cui erano soci Boccaccio e suo padre, Boccaccino di Chellino) in favore del re, e probabilmente a Padova nel 1373. Fu proprio in questo viaggio italiano che Chaucer entrò in contatto con la cultura italiana medioevale, le sue strutture e le sue tematiche, che si ritrovano facilmente nelle sue opere. Nel periodo compreso tra il 1372 e il 1376 inoltre è databile la traduzione parziale in Middle English del Roman de la Rose. Si ipotizza un altro viaggio, intrapreso nel 1377, ma avvolto nel mistero: solo ultimi documenti suggeriscono che si tratti di una missione, insieme a Jean Froissart, per combinare un possibile matrimonio tra il futuro Riccardo II e una principessa francese, così da porre termine alla sanguinosa Guerra dei cent'anni. Se questo era davvero lo scopo del viaggio, non ebbe successo, in quanto non si celebrò alcun matrimonio. Nel 1378, Riccardo II lo inviò presso la corte viscontea e in seguito presso Sir John Hawkwood, soldato e mercenario d'Inghilterra: il Cavaliere chauceriano dei Canterbury Tales ricorda infatti per molti tratti questo personaggio.
Una possibile indicazione che la sua opera di scrittore fosse apprezzata già all'epoca viene da Edoardo III che accreditò a Chaucer un gallone di vino al giorno, vita natural durante, come ricompensa di certi servigi. Questo genere di pagamento era inusuale, ma venne dato il 23 aprile 1374, nel giorno della celebrazione di San Giorgio, in occasione della quale venivano premiate le opere artistiche: si ipotizza dunque trattarsi del premio al lavoro di Chaucer. Il poeta continuò a ricevere questo compenso fino alla salita al trono di Riccardo II, il 18 aprile 1378, quando lo stipendio fu convertito in denaro. In seguito all'entrata in servizio presso la corte riccardiana, Chaucer venne nominato ispettore del dazio presso il porto di Londra, 1382. Nel 1386 entrò a far parte del Parlamento inglese nel ruolo di rappresentante della contea del Kent: in questo periodo, considerato della maturità, si presuppone vengano scritti i poemi allegorici de Il parlamento degli uccelli e del Troilo e Criseide. Quest'ultima opera fu verosimilmente scritta tra il 1383 e il 1385, a differenza de La leggenda delle donne eccellenti, datata 1386. Lo stesso anno Chaucer divenne Giudice di pace nella contea del Kent.
Nel 1387 morì la moglie Filippa e per Chaucer iniziò un periodo di crisi economica, data dai cattivi rapporti con i potenti: la crisi fu superata probabilmente con il ritorno di Giovanni di Gand nel 1390. È in questo periodo di crisi che alcuni studiosi pongono l'inizio del suo capolavoro, I racconti di Canterbury. Dei documenti attestano che nel settembre dello stesso anno il poeta fu derubato, e forse ferito, durante un suo pattugliamento e che poco dopo, il 17 giugno 1391, smise di ricoprire questa carica. Quasi immediatamente dopo, il 22 giugno 1391, in seguito al ritorno di Giovanni, venne nominato sovraintendente alle acque del Tamigi presso la parte meridionale del porto di Londra, svolgendo anche l'incarico di controllore delle gabelle sulle lane e sui pellami e vice-intendente forestale di North Petherton Park, Somersetshire. Nello stesso periodo tra il 1389 e il 1391, svolse anche l'incarico di sovraintendente alle costruzioni reali nella regione.
Gli ultimi scritti sono traduzioni e trattati, il Boezio e il Trattato sull'astrolabio (scritto per il figlio Lewis), datati 1392. Il nuovo re Enrico IV rinnovò il contratto con Chaucer, fatto in precedenza da re Riccardo, ma ne la Lamentela di Chaucer per il suo Borsello il poeta accenna al mancato rispetto del pagamento da parte del nuovo sovrano: l'ultima testimonianza scritta del poeta è del 5 giugno 1400, quando compare una somma di denaro che gli fu data. Si presuppone anche che abbia avuto luogo in quest'anno l'ultima revisione dei Canterbury Tales, prima della morte che lo colse il 25 ottobre 1400. Geoffrey Chaucer fu sepolto nell'abbazia di Westminster, in un'ala che prenderà in seguito il nome di Angolo dei poeti.
Opere
Geoffrey Chaucer rappresenta il fondatore della letteratura inglese moderna. L'antico inglese del primo Medioevo aveva dato vita a tanti testi letterari, ma questa tradizione fu interrotta bruscamente dopo l'invasione dei Normanni nel 1066. In seguito, fu il francese (o meglio l'anglo-normanno) la lingua delle classi colte ed elevate. Soltanto nel XIV secolo l'inglese riconquistò prestigio, e Chaucer fu uno dei primi ad impiegare la propria madrelingua come lingua letteraria. Le sue opere sono fortemente marcate dai modelli antichi, francesi e italiani, e contengono tuttavia anche innovazioni metriche, stilistiche e di contenuto, divenute poi le fondamenta dell'autonomia della prima letteratura inglese. Solitamente si distinguono tre fasi produttive, ognuna delle quali rispecchia i suoi influssi letterari e infine l'emancipazione dai suoi modelli letterari: le prime opere di Chaucer sono conosciute quindi come le "francesi", quelle dopo il 1370 come quelle appartenenti alla fase "italiana"; The Canterbury Tales furono scritti in maggior parte dopo il 1390, durante la sua fase "inglese".
Il periodo francese (fino al 1372)
La prima opera letteraria di Chaucer è ritenuta Il Romanzo della Rosa, una traduzione del Roman de la Rose, con i suoi 22.000 versi l'opera poetica francese più lunga e più influente del tardo Medioevo. Tale opera è rimasta conservata solo in parte e non è chiaro se Chaucer sia mai riuscito a terminarne la traduzione. La scrittura stampata (apparsa per la prima volta nel 1532) di alcune edizioni viene suddivisa in tre frammenti, che linguisticamente si differenziano profondamente l'uno dall'altro; la paternità di Chaucer è certa soltanto riguardo al frammento A (righe 1-1705), mentre riguardo al frammento C essa è discussa e riguardo al frammento B è confutata. Il Romanzo della Rosa è metricamente e linguisticamente ancora piuttosto ineguale, benché Chaucer ne trasse molti motivi (soprattutto, per esempio, quello del sogno come elemento di cornice) che più tardi avrebbero impresso le sue poesie. Anche ABC è una traduzione dal francese. La poesia, di Guillaume de Deguileville, è una lode alla Santa Vergine; il titolo corrisponde alle lettere iniziali delle strofe. Il libro della duchessa è la prima poesia propria di Chaucer. Si tratta di un encomio a Bianca, la prima moglie di Giovanni di Gaunt, morta nel 1368; presumibilmente la poesia ebbe origine in occasione di una commemorazione che il principe faceva preparare ogni anno. Questa poesia onirica di modello francese racconta la storia di una donna che, per amore, dovette soffrire. Le tematiche cortesi sono popolari nella prima parte della vita letteraria di Chaucer, in quanto egli viaggiava molto a nome della famiglia reale inglese, con la quale aveva ottimi rapporti.
Il periodo italiano (1372-1380)
La casa della fama è datata intorno al 1380 ed è anch'essa una poesia onirica, il cui contenuto però si distingue nettamente dalla poesia precedente di Chaucer. Esso sembra perdersi in meandri senza punto d'arrivo, trattando nei suoi numerosi excursus diversi temi, tra cui quelli del senso e dello scopo dell'arte, della verità e delle menzogne della storiografia, fino ad arrivare ad argomentazioni di carattere scientifico sulla natura del suono e dell'aria. Il poeta Geoffrey si ritrova nel suo sogno in un tempio vitreo dedicato a Venere, dove sta leggendo la storia della conquista di Troia incisa su una tavola d'ottone. Un'aquila alquanto loquace lo trasporta da quel luogo nella casa della dea Fama, dove apprende come costei distribuisca la celebrità tra i postulanti in modo del tutto arbitrario; per ultimo entra nella casa delle voci, costruita con rami d'albero, dove un «uomo di alta considerazione» (non ben descritto) viene messo alle strette da figure strane. A questo punto s'interrompe la poesia. Alcune immagini, come l'aquila, sono tratte dalla Divina Commedia; inoltre tale poesia è contornata pienamente con rimandi più o meno parodistici e frecciate ad autori antichi, in particolar modo all'Eneide virgiliana, alle Metamorfosi di Ovidio e a Boezio, cosicché la poesia è stata letta dai critici come un trattato di teoria letteraria. Col titolo Boece, Chaucer tradusse in inglese, intorno al 1380, il De consolatione philosophiae di Severino Boezio, dal quale ha appreso l'arte della concretezza espositiva. Di tale testo è conservato un manoscritto del primo Cinquecento. Anelida e Arcite racconta invece l'infelice amore della regina armena Anelida per il nobile tebano Arcite: la parte centrale di questa poesia incompiuta è costituita dal lamento di Anelida; il monologo drammatico rappresenta la situazione della regina in modo molto eloquente ed è strutturato simmetricamente, con introduzione, strofa, contro-strofa ed epodo. Alcune parti dell'Anelida and Arcyte, come il mito dei Sette contro Tebe, sono riprese dalla Thebais di Stazio. Il lamento d'amore è piuttosto di genere francese, mentre il racconto mostra notevolmente l'influsso della Teseide di Boccaccio. La storia in sé è comunque opera di Chaucer. Il parlamento degli uccelli è un altro poema onirico. Le cento strofe, tenute in rima reale, sono una delle prime prove del giorno di san Valentino come festività dell'amore. Come ne La casa della fama, il narratore è un poeta che tenta inutilmente di studiare l'amore da vecchi libri. Egli s'addormenta piegato sul Somnium Scipionis (il sogno di Scipio descritto da Cicerone nella parte finale del De re publica) e nel sogno viene condotto da Scipio in persona nel giardino dell'amore, dove gli uccelli si sono riuniti in occasione della stagione degli accoppiamenti sotto la presidenza della dea Natura. La lunga esitazione di una nobildonna, che non riesce a decidere fra tre corteggiatori, viene interrotta dalla dea, la quale dà così inizio alle trattative per la scelta del partner. In queste le colombe si battono per la fedeltà eterna, mentre il cuculo al contrario elogia la promiscuità. La gaia allegoria di Chaucer viene spesso interpretata come poesia d'occasione dello sposalizio tra Riccardo II d'Inghilterra e Anna di Boemia.
Nel Troilo e Criseide l'amore non viene trasfigurato in modo allegorico, bensì illustrato in modo assolutamente moderno nella sua complessità psicologica. Questo poema epico in versi, anch'esso tenuto in rima reale, racconta dell'amore del principe troiano Troilo per Criseide. Lo zio di lei, Pandero, aiuta Troilo a conquistarne l'amore, ma alla fine questa s'innamora del guerriero greco Diomede. Chaucer conclude il poema con un consiglio ai giovani innamorati di dedicarsi all'amore celeste verso Dio invece che a quello sulla Terra: questa affermazione è chiaramente impregnata, come d'altronde il resto del poema, della filosofia di Boezio; il modello diretto di Chaucer era però Il Filostrato (1340) di Boccaccio. Ne La leggenda delle donne eccellenti Chaucer commemora le donne abbandonate della storia e della mitologia e il "santo" Cupido. Questa tematica è ripresa dall'Epistulae heroidum di Ovidio: in particolare vengono raccontate le storie di Cleopatra, Tisbe, Didone, Medea e di Ipsipile, Lucrezia, Filomela, Filide ed Ipermnestra. Il prologo rappresenta probabilmente la prima poesia epica della letteratura inglese a essere composta ininterrottamente in distici ecoici. Chaucer impiegò questo verso anche nella maggior parte delle sue Canterbury Tales.

chaucer 2

Chaucer pellegrino, dal manoscritto di Ellesmere.

Il periodo inglese: I racconti di Canterbury
I racconti di Canterbury sono una raccolta di novelle, scritte in gran parte dopo il 1388, durante la fase inglese della produzione chauceriana. Tuttavia il suo modello letterario è il Decameron del 1353, dalla quale Chaucer adottò soprattutto il principio organizzativo della trama a cornici, mentre le singole vicende sono opera originale di Chaucer. Il celebre prologo fa da cornice all'avvenimento: il poeta è intenzionato ad andare in pellegrinaggio alla tomba di san Tommaso Becket a Canterbury, e in una taverna alle porte di Londra incontra una schiera di ventinove pellegrini con le sue stesse intenzioni, a cui si aggrega. L'oste propone a ogni pellegrino di raccontare due storie all'andata e due al ritorno del viaggio, anche col secondo fine di mantenere i clienti con la voglia di bere; la storia migliore sarebbe stata premiata e ci sarebbe stata una penalità per chi non avesse raccontato le sue due storie. Nel prologo, Chaucer ritrae ognuno dei pellegrini, in modo breve ma molto realistico e pieno di dettagli. Ne deriva così un'immagine della società borghese del tempo, l'autore può in tal modo rappresentare ogni ceto sociale, dal cavaliere alla suora fino al contadino; solo i nobili e i mendicanti non sono rappresentati: infatti i nobili non avrebbero mai viaggiato con la plebe e i mendicanti non avrebbero mai avuto il denaro per il pellegrinaggio.
Dei centoventi racconti inizialmente previsti, Chaucer riuscì a completarne solo ventidue, mentre altri due sono rimasti incompiuti. Alcuni rimandano nel contenuto ad altri racconti, ciò nonostante la successione originaria dei racconti non può essere ricostruita con certezza. Ma la vera forza d'attrazione dei Racconti di Canterbury è la loro varietà: Chaucer dotò ognuno dei suoi pellegrini di un linguaggio caratteristico e di una storia adeguata, di modo che una moltitudine di generi possono coesistere uno accanto all'altro e, allo stesso tempo, tramite la trama a cornici, formare un'unità. Il poeta seppe accostare l'agiografia delle devote leggende di santi, la poesia cortese e storielle grossolane con eleganza e senza contraddizioni. Recentemente si sono dimostrate fondate alcune interpretazioni che vedono nei Canterbury Tales una satira degli strati sociali. Il poema è scritto in pentametri alternando sillabe accentate a sillabe atone.
Opere scientifiche
Chaucer redasse presumibilmente per suo figlio una sorta di guida all'uso di un astrolabio (Trattato sull'astrolabio). Questo testo è dunque una prova delle sue conoscenze anche tecniche e scientifiche. Un'altra opera tecnica, ad argomento astronomico, dal titolo Equatorie of the Planetis, scoperta nel 1952 da Derek de Solla Price, segue la descrizione di alcuni oggetti contenuti nel Trattato, al quale è tra l'altro linguisticamente molto simile. È comunque ancora incerto che si tratti davvero di un'opera di Chaucer. «[...] se Shakespeare e Milton sono i più grandi figli del loro Paese, Chaucer ne è comunque il padre.» (Gilbert Keith Chesterton)
Chaucer scrisse la maggior parte delle sue opere in un metro accentuativo, uno stile sviluppato circa nell'XI secolo come alternativo all'antico metro anglosassone allitterativo. L'innovazione di Chaucer risiede proprio nella metrica: egli inventa la cosiddetta rima reale, divenendo uno dei primi poeti inglesi a utilizzare il pentametro giambico. La collocazione di questi cinque piedi giambici nel distico ecoico si trova per la prima volta ne La leggenda delle donne eccellenti, ed è utilizzato in seguito in numerose altre opere, divenendo un canone della poesia inglese. Importante è inoltre la sua influenza nella satira inglese, con l'utilizzo delle comuni tecniche dell'umorismo e dell'accento dialettale: la sua prima comparsa si ha nel Racconto del Fattore, come ad esempio la dissacrante trovata finale dell'inversione bocca-ano, tipica della tradizione carnevalesca del racconto popolare.
La poesia inglese antica si rifà al metro accentuativo germanico, che si ritrova alcune volte nelle opere di Chaucer. Costui riprese la rima finale dalla tradizione letteraria delle lingue romanze, sperimentò diverse forme poetiche francesi e italiane e le adattò alle caratteristiche grammaticali e ritmiche della lingua inglese. Iniziò dapprima col verso in ballate francesi, perfezionato da Guillaume de Machaut: queste ballate sono composte da otto versi con lo schema rimato ABA BB CBC, e ogni tre strofe successive vengono riprese le stesse rime; Chaucer si attenne strettamente a questa regola in poemi più corti come Truth o Gentilesse. In italiano la strofa in ballate corrispondeva all'ottava rima impiegata da Boccaccio: mentre in francese i versi erano composti piuttosto da otto sillabe, in italiano le sillabe erano undici (endecasillabo). Chaucer si servì soprattutto del pentametro giambico, introducendo così nella poesia inglese la forma metrica che più sarà usata in seguito. Tramite l'eliminazione del settimo verso tipico dell'ottava rima, Chaucer creò una forma poetica, chiamata in seguito rima reale, che ebbe molti imitatori nella letteratura inglese. Si consideri, come esempio, la prima strofa de Il parlamento degli uccelli:
«The lyf so short, the craft so long to lerne,
Th'assay so hard, so sharp the conquerynge,
The dredful joye alwey that slit so yerne:
Al this mene I by Love, that my felynge
Astonyeth with his wonderful werkynge
So sore, iwis, that whan I on hym thynke
Nat wot I wel wher that I flete or wynke.»
(Geoffrey Chaucer, Il parlamento degli uccelli)
Gli ultimi due versi formano un cosiddetto distico ecoico, ossia due pentametri giambici uniti in una coppia rimata. Questi costituiscono la base metrica del maggior numero dei Canterbury Tales e di gran parte della poesia epica inglese successiva a Chaucer.
La poetica Folio di apertura del manoscritto di Hengwrt Ciò che caratterizza in maggior misura lo stile poetico di Chaucer è il distacco dall'allegoria e dalle norme della letteratura cavalleresca del Medioevo: egli si configura infatti, con i suoi Canterbury Tales, come il precursore della logica laico-borghese che andrà sviluppandosi nel corso dei secoli. Questo non significa che Chaucer si sia distaccato del tutto dalla letteratura medievale contemporanea, ma che l'evoluzione partita da lui culminerà con il romanzo realistico-borghese: nelle sue opere infatti convergono tutti i motivi principali della letteratura medievale: il filone cortese-cavalleresco, il filone religioso e per ultimo il filone realistico-borghese. Inoltre, per la vastità della sua commedia umana e l'acuta capacità di conoscere gli uomini e di descriverli nella sua opera più importante, Canterbury Tales, si può già riconoscere in lui il precursore del romanzo psicologico che sarà lo splendore dell'Inghilterra del XVIII secolo.
La poetica di Chaucer, insieme a quella di altri scrittori dell'epoca, è considerata come un forte incentivo e aiuto per uniformare il dialetto londinese medioevale, combinazione dei dialetti del Kent e del Midlands. L'influenza della corte, della cancelleria e della burocrazia — di cui fece parte Chaucer — rimane probabilmente fondamentale nello sviluppo dell'inglese standard, anche se l'inglese moderno è in qualche modo distante dal linguaggio delle opere di Chaucer, soprattutto a causa del Great Vowel Shift (grande spostamento vocalico) i cui effetti si affermarono in tutto il Regno Unito dopo la morte del poeta. Questo cambiamento di pronuncia, infatti, non ancora del tutto compreso, è alla base delle difficoltà nella lettura dei testi di Chaucer.
«And so bifel, whan comen was the tyme
Of Aperil, whan clothéd is the mede
With newe grene, of lusty Veer the pryme,
And swote smellen floures white and rede,
In sondry wises shewed, as I rede,
The folk of Troie hir observaunces olde,
Palladiones feste for to holde.»

(Geoffrey Chaucer, Troilo e Criseide.)
La desinenza -e in questi versi, come nella maggior parte degli altri, è ancora sconosciuta: sembra probabile che durante il periodo di Chaucer l'uso colloquiale dei vocaboli prevedesse la -e finale, ma nonostante ciò l'uso risulta comunque irregolare. La versificazione del poeta suggerisce inoltre che la finale -e verrebbe alcune volte pronunciata, altre invece rimarrebbe silenziosa. A prescindere dall'irregolarità della pronuncia, molte parole del vocabolario chauceriano sono riconoscibili da un moderno madrelingua: l'Oxford English Dictionary infatti definisce Chaucer come il primo autore ad aver utilizzato un gran numero di parole comuni inglesi all'interno dei propri scritti, e Milton lo definirà in seguito, a buon diritto, padre della letteratura inglese proprio per il vasto dizionario chauceriano presente nella lingua moderna. Probabilmente questi vocaboli comuni erano già presenti nella lingua parlata, ma Chaucer è il primo autore di cui si siano conservati e trovati documenti scritti: acceptable, alkali, altercation, amble, angrily, annex, annoyance, approaching, arbitration, armless, army, arrogant, arsenic, arc, artillery o aspect sono solo alcuni dei vocaboli utilizzati da Chaucer e ritrovati nel moderno inglese. Benché il linguaggio di Chaucer sia molto più prossimo rispetto al testo del Beowulf, l'inglese chauceriano differisce per alcuni versi dal moderno inglese, tanto che molte versioni delle sue opere sono pubblicate in prosa o con una vera e propria traduzione letterale. Di seguito è riportato un esempio che mette a confronto il testo di Chaucer con una moderna parafrasi: nella prima colonna il testo di Chaucer, nellaq seconda la traduzione in inglese standard.

1672 This frere bosteth that he knoweth helle, This friar boasts that he knows hell,
And God it woot, that it is litel wonder; And God knows that it is little wonder;
Freres and feendes been but lyte asonder. Friars and fiends are seldom far apart.
1675 For, pardee, ye han ofte tyme herd telle For, by God, you have ofttimes heard tell
How that a frere ravyshed was to helle How a ravished friar went to hell
In spirit ones by a visioun; In spirit, once by a vision;
And as an angel ladde hym up and doun, And as an angel led him up and down,
To shewen hym the peynes that the were, To show him the pains that were there,
1680 In al the place saugh he nat a frere; In the whole place he saw not one friar;
Of oother folk he saugh ynowe in wo. He saw enough of other folk in woe.
Unto this angel spak the frere tho: To the angel spoke the friar thus:
Now, sire, quod he, han freres swich a grace "Now sir," said he, "Are friars in such good grace
That noon of hem shal come to this place? That none of them come to this place?"
1685 Yis, quod this aungel, many a millioun! "Yes," answered the angel, "many a million!"
And unto sathanas he ladde hym doun. And the angel led him down to Satan.
--And now hath sathanas,--seith he,--a tayl He said, "And Satan has a tail,
Brodder than of a carryk is the sayl. Broader than a large ship's sail.
Hold up thy tayl, thou sathanas!--quod he; Hold up your tail, Satan!" he ordered.
1690 --shewe forth thyn ers, and lat the frere se "Show your arse, and let the friar see
Where is the nest of freres in this place!-- Where the nest of friars is in this place!"
And er that half a furlong wey of space, And before half a furlong of space,
Right so as bees out swarmen from an hyve, Just as bees swarm from a hive,
Out of the develes ers ther gonne dryve Out of the devil's arse there drove
1695 Twenty thousand freres on a route, Twenty thousand friars on a route,
And thurghout helle swarmed al aboute, And they swarmed all over hell,
And comen agayn as faste as they may gon, And came again as fast as they had gone,
And in his ers they crepten everychon. And every one crept back into his arse.
1699 He clapte his tayl agayn and lay ful stille. He clapped his tail again and lay very still.

Già quando Chaucer era ancora in vita le sue opere furono elogiate, nel suo paese e all'estero, ad esempio da John Gower, Thomas Usk ed Eustache Deschamps. Dopo la sua morte ebbe inizio la sua canonizzazione come massimo punto di riferimento della poesia inglese, soprattutto per merito del poeta di corte John Lydgate. Lo stile di Chaucer fu spesso imitato, al punto che opere di alcuni suoi imitatori furono ritenute sue originali fino al XX secolo. Le sue opere vennero copiate in manoscritti e in ogni copia si presentavano errori, cambiamenti o variazioni dialettali, cosicché alla fine circolavano diverse versioni, soprattutto dei Canterbury Tales, ma la base di ogni edizione odierna è il cosiddetto manoscritto Ellesmere, apparso intorno al 1410. Il manoscritto Hengwrt, custodito nella Biblioteca Nazionale di Aberystwyth, si suppone sia essere di data anteriore (intorno al 1400), e fu probabilmente steso dallo stesso copista del manoscritto Ellesmere, anche se presenta irregolarità, dovute forse a censura: ad esempio Il racconto della donna di Bath qui risulta essere notevolmente sdrammatizzato. La passione per Chaucer perdurò immutata per tutto il XV secolo, tanto che I racconti di Canterbury furono uno dei primi libri ad essere stampati in Inghilterra: la prima edizione uscì da William Caxton nel 1478. Anche due drammi di Shakespeare si rifanno direttamente a Chaucer: il Troilo e Cressida e la tragicommedia apocrifa Two Noble Kinsmen (Due nobili cugini) (quest'ultima s'ispira al Racconto del cavaliere).

Chaucer 3

Chaucer. Ritratto da Hoccleve che lo conobbe di persona.


Nel XVI e XVII secolo la celebrità di Chaucer svanì, soprattutto perché il Medio inglese divenne per i lettori sempre più incomprensibile a causa delle notevoli mutazioni consonantiche e di altri sviluppi linguistici. John Dryden elogiò Chaucer come «padre della poesia inglese» e tradusse alcuni Tales in neo-inglese. Le opinioni su Chaucer dei Romantici differirono. Molti lo stimavano per la presunta primordialità della sua poesia, Lord Byron lo riteneva «osceno e spregevole». Nel XIX e XX secolo le sue opere divennero oggetto della scienza letteraria moderna. La Chaucer Society (dal 1978 New Chaucer Society) pubblica annualmente dal 1868 un'antologia di saggi, che oggi porta il nome di Studies in the Age of Chaucer. La poesia più famosa dell'inglese moderno, The Waste Land (Thomas Stearns Eliot, 1922) comincia con un riferimento alle prime parole del prologo dei Racconti di Canterbury: nella prima colonna è riportato il prologo dei Racconti di Canterbury, nella seconda The Waste Land.

1 Whan that Aprill with his shoures soote; April is the cruellest month, breeding;
The droghte of March hath perced to the roote, Lilacs out of the dead land, mixing
And bathed every veyne in swich licour Memory and desire, stirring
Of which vertu engendred is the flour; Dull roots with spring rain.
5 Whan zephirus eek with his sweete breeth Winter kept us warm, covering
Inspired hath in every holt and heeth Earth in forgetful snow, feeding
The tendre croppes, and the yonge sonne A little life with dried tubers.
Hath in the ram his half cours yronne,

I Racconti di Canterbury sono stati adattati più volte per il teatro, rappresentati anche come musical e filmati tra l'altro da Pier Paolo Pasolini (I racconti di Canterbury, 1972). La prima posizione canonica di Chaucer contribuì in modo determinante alla standardizzazione dapprima del linguaggio burocratico londinese e, in base a questo, della lingua inglese. La lista delle opere di Chaucer è in ordine cronologico, anche se ancora oggi molti critici dibattono sull'esatta collocazione temporale di alcuni lavori. Le raccolte probabilmente sono state realizzate in un lungo arco di tempo.

Opere maggiori
Titolo originale Traduzione Note
The Romaunt of the Rose Romanzo della Rosa Traduzione del Roman de la Rose, il titolo è incerto.
The Book of Duchess Il libro della duchessa Prima importante opera, scritta tra il 1369 e il 1372
The House of Fame La casa della fama *
Anelida and Arcite Anelida e Arcite *
The Parliament of Fowls Il parlamento degli uccelli *
Boece Boezio Probabile traduzione del De consolatione philosophiae
Troilus and Criseyde Troilo e Criseide *
The Legend of Good Women La leggenda delle donne eccellenti *
Treatise on the Astrolabe Trattato sull'astrolabio *
The Canterbury Tales I racconti di Canterbury L'opera più celebre di Chaucer: pervenutaci frammentaria.
Opere minori, testi brevi
  • An ABC
  • Chaucers Wordes unto Adam, His Owne Scriveyn
  • The Complaint unto Pity
  • The Complaint of Chaucer to his Purse
  • The Complaint of Mars
  • The Complaint of Venus
  • A Complaint to His Lady
  • The Former Age
  • Fortune
  • Gentilesse
  • Lak of Stedfastnesse
  • Lenvoy de Chaucer a Scogan
  • Lenvoy de Chaucer a Bukton
  • Proverbs
  • To Rosemounde
  • Truth
  • Womanly Noblesse
  • Escape

I RACCONTI DI CANTERBURY

IL RACCONTO DEL CAVALIERE

Il prologo
Nella parte conclusiva del prologo, dopo aver presentato accuratamente il periodo (tra l'11 e il 18 aprile), il luogo (Tabard Inn e strada verso Canterbury), ciò che si stanno accingendo a fare (un pellegrinaggio verso Canterbury, dove è sepolto St. Thomas Becket), perché (per purificare le loro anime) ed aver presentato tutti i personaggi della brigata, l'oste propone di raccontare delle novelle e spiega le "regole del gioco": ogni personaggio dovrà raccontare, durante il viaggio, due novelle all'andata e altre due al ritorno, per rendere più piacevole il cammino (le novelle avrebbero dovuto essere 120 in tutto, ma l'opera è rimasta incompiuta con solo 24 novelle); chi racconterà la novella più significativa e divertente sarà ricompensato al ritorno con una cena offerta dai compagni, mentre chi si rifiuterà di rispettare i patti dovrà pagare le spese di viaggio a tutti gli altri. Tutti i pellegrini accettano con entusiasmo e l'oste si offre di essere moderatore e giudice. Il giorno seguente la brigata intraprende il viaggio e con questo iniziano i racconti. A chi toccherà essere il primo novellatore viene lasciato stabilire dalla sorte, attraverso il gioco di tirare le paglie: la paglietta più corta è quella del cavaliere, che accetta di buon grado e inizia a raccontare.
La figura del cavaliere
La figura del cavaliere ci era stata presentata nel prologo nei suoi due aspetti salienti: il valore militare: vengono elencate le numerose battaglie alle quali aveva preso parte con successo, divise tra quelle contro i saraceni (Spagna e Nord Africa), quelle nel Mediterraneo orientale e Asia minore e quelle nell'Europa orientale (Prussia, Russia e Lettonia); la gentilezza e la nobiltà d'animo: "and of his port as meeke as is a mayde", "he nevere yet no vileynye ne sayde". Sintesi di questi due aspetti è il suo arnese (array), che è di ottima qualità ma senza essere sfarzoso e porta ancora i segni dell'ultima battaglia (il giuppone è macchiato dal chiazzerino). Nel curato polilinguismo realistico di Chaucer, la novella di un simile personaggio non può non rispecchiarne la personalità e l'ambiente.
Rapporti tra Chaucer e Boccaccio
La storia raccontata dal cavaliere è molto simile a quella della "Teseida delle nozze di Emilia" del Boccaccio, opera conosciuta dallo scrittore inglese, così come il Filostrato, mentre probabilmente, nonostante le somiglianze con i Canterbury Tales, non ha conosciuto il Decameron. C'è da precisare inoltre che non è certo che Chaucer attribuisse queste opere a Boccaccio, poiché alcuni manoscritti gli sono pervenuti anonimi o erroneamente attribuiti al Petrarca, scrittore di maggior fama internazionale.
Riassunto
PRIMA PARTE

Il duca Teseo, signore di Atene, è il più grande conquistatore di tutti i tempi: ha vinto tutto il Regno di Amazzonia e ne ha sposato la regina. Mentre Teseo è di ritorno ad Atene, con la moglie Ippolita e la sorella della moglie, la bellissima e giovane Emilia, trova per caso un corteo di donne vestite a lutto, che un tempo avevano goduto di ottima posizione ma che adesso sono disperate per l'oltraggio subito dai loro mariti: essi hanno perso la vita durante l'assedio di Tebe e Creonte, nuovo signore della città, non permette le onoranze funebri, anzi lascia tutti i loro corpi accatastati in pasto ai cani. A queste parole Teseo decide immediatamente di invertire la rotta per vendicare le donne e, senza sostare neanche un secondo nella sua città, si dirige a Tebe con tutto il suo esercito, lasciando andare ad Atene le due donne. In aperto combattimento Teseo uccide Creonte, diventando così padrone di Tebe, e restituisce alle donne i corpi dei loro mariti. Dopo la battaglia i soldati ateniesi trovano, tra le numerose vittime che stavano spogliando, due giovani tebani feriti ma ancora in vita: Arcita e Palemone, figli di due sorelle appartenenti alla famiglia reale. Teseo dispone di portarli ad Atene, dove avrebbero passato tutto il resto della loro vita in prigione. Quando Teseo torna ad Atene, accolto da tantissimi onori, i due giovani vengono rinchiusi in una torre, senza possibilità di riscatto. Anni dopo, in un mattino di maggio, Palemone vede dalla finestra la bellissima Emilia, che passeggia nel giardino sottostante la torre e ne resta così colpito che grida. Arcita, preoccupato per il cugino, chiede cos'abbia visto e Palemone gli risponde che non sa se si trattasse di donna o di dea. Anche Arcita si affaccia e resta così fulminato da tale bellezza che se ne innamora subito. I due cugini iniziano così a contendersi la donna amata da entrambi: Palemone accusa Arcita di essere un traditore e questo ribatte sostenendo di essere lui il primo ad essersene innamorato, poiché l'altro inizialmente non sapeva neanche di che cosa si trattasse, ma aggiunge anche che questo litigio è inutile, dal momento che sono entrambi destinati a trascorrere tutta la vita in quella cella.
Il duca Piritoo, vecchio amico sia di Arcita che di Teseo, durante una visita a quest'ultimo intercede per la liberazione del primo. Teseo concede la libertà ad Arcita senza alcun riscatto, ma a patto che questi non metta più piede su un suo territorio, pena la morte. In seguito alla liberazione e al conseguente esilio, Arcita è ancora più disperato di prima, perché si trova distante dalla donna amata ed arriva ad invidiare Palemone, che stando in cella ha comunque più possibilità di lui di conquistare Emilia. Allo stesso tempo Palemone si dispera invidiando il compagno libero e pensando che egli stia già raccogliendo un esercito per muovere guerra ad Atene ed avere in sposa Emilia. Su quale delle due situazioni sia la più sventurata il narratore non prende parte ma pone la domanda al pubblico.
SECONDA PARTE
Dopo un paio d'anni tormentatissimi, Arcita vede in sogno Mercurio, che lo esorta a prendere in mano la situazione e a recarsi ad Atene a rivedere la sua donna, costi quel che costi. Poiché Arcita nota che, in seguito al lungo dolore, la propria fisionomia è cambiata, pensa che non sia troppo rischioso tornare ad Atene e così fa, vestito da povero operaio e accompagnato solo da un misero scudiero. Va a palazzo dicendo di chiamarsi Filostrato e si offre come uomo di fatica; passa poi a servizio di un ciambellano addetto proprio all'appartamento di Emilia e si dimostra così valido che, dopo un paio d'anni, Teseo stesso lo vuole come scudiero (assume questo ruolo per tre anni). La notte del 3 maggio, dopo aver trascorso altri sette anni in cella, Palemone evade, grazie all'aiuto di un amico. Quando sta per sorgere il sole, si rifugia in un bosco, per continuare la propria fuga verso Tebe durante la notte. In quello stesso bosco si reca Filostrato, che, passeggiando, prima canta gioioso le lodi alla primavera, poi passa al lamento delle proprie sventure, riepilogando tutto ciò che è successo. Palemone, nascosto in un cespuglio, viene così a sapere che ne è stato di Arcita e, in un impeto di rabbia, balza fuori e lo aggredisce accusandolo di essere un traditore non solo nei propri confronti, perché cerca di sottrargli la donna amata, ma anche nei confronti di Teseo, perché gli ha mentito sulla sua identità. I due cavalieri non si fronteggiano subito, perché Palemone è disarmato, ma si accordano per duellare il giorno seguente in quello stesso bosco, dove Arcita porterà armi, da mangiare e da bere anche per il compagno. Durante il duello sopraggiunge in quella stessa radura Teseo, che sta andando a caccia: quando vede i due cavalieri combattere così violentemente senza alcun giudice, fa sospendere la battaglia; Palemone gli spiega i motivi della loro contesa e il duca, scoperta la verità su entrambi, decreta che si meritino la morte. A queste parole le donne presenti (tra le quali Ippolita ed Emilia) implorano pietà per i due cavalieri e Teseo le esaudisce, comprendendo che la colpa delle loro azioni era in realtà da attribuire non a loro ma alla potentissima forza di Amore. Per decidere a chi dei due andrà in sposa Emilia, Teseo propone di fare un duello: fra cinquanta settimane precise i due contendenti dovranno trovarsi in quel medesimo luogo, dove lui avrà fatto costruire uno stadio, con cento cavalieri forniti di tutto il necessario per il combattimento; chi dei due riuscirà ad uccidere o a catturare l'altro, sarà il vincitore e avrà quindi Emilia. Palemone e Arcita apprezzano molto la soluzione proposta dal duca e partono per Tebe.
TERZA PARTE
Teseo fa costruire un anfiteatro grandioso, scolpito e affrescato magistralmente: la porta a oriente è interamente dedicata a Venere, dea dell'amore, quella a occidente a Marte, dio della guerra, e quella a nord a Diana, dea della castità. Intanto a Tebe tutti i più valorosi cavalieri vogliono entrare a far parte delle schiere di Arcita e di Palemone, per combattere in un torneo così prestigioso; Palemone è affiancato da Licurgo, re di Tracia e Arcita da Emetrio, re dell'India, ed entrambi hanno al loro seguito cento cavalieri magnificamente bardati. Quando giungono ad Atene vengono tutti accolti da Teseo e accomodati in ogni agio. Due ore prima dell'alba del giorno del grande duello, Palemone si reca al tempio di Venere, presso lo stadio, e qui implora la dea affinché egli possa avere Emilia: non domanda né la gloria né la vittoria del duello, ma solo di soddisfare il suo amore. La dea mostra di aver accolto la preghiera con un tremito della sua immagine. Tre ore dopo Emilia si reca al tempio di Diana, alla quale chiede di preservare la sua verginità o, se questo non fosse possibile, di farla andare in sposa a colui che più l'ama. La dea le appare e le spiega che lei dovrà sposare uno di quei due cavalieri ma che non le sa dire quale. Infine, nell'ora consacrata a Marte, Arcita si reca al tempio di questo dio e lo prega di aiutarlo per vincere il duello; la risposta che ottiene è inequivocabile. Dopo le promesse fatte, scoppia in cielo una lite furibonda tra Venere e Marte, poiché nessuno dei due vuole deludere le preghiere del proprio devoto; la questione viene risolta da Saturno, che riesce a soddisfare entrambi.
QUARTA PARTE
Il mattino del gran torneo tutta la città è in gran fervore. Teseo annuncia un mutamento nelle regole, per evitare inutili spargimenti di sangue. Il torneo ha inizio: i due schieramenti sono perfettamente pari e sia Palemone sia Arcita si scagliano l'uno contro l'altro con la violenza di un leone e di una tigre. Il combattimento prosegue per tutto il giorno, ma poco prima del tramonto re Emetrio ferisce Palemone con un colpo di spada; nondimeno Palemone si difende con tutte le sue forze e viene anche aiutato dal re Licurgo, ma a niente vale: Palemone viene portato allo steccato nemico e Arcita vince il torneo. Ma proprio mentre Arcita si sta dirigendo a cavallo, tra la folla festante, verso la sua Emilia, una furia infernale mandata da Plutone su richiesta di Saturno si sviluppa da terra, travolge il cavaliere e lo disarciona. Nonostante ciò Teseo invita tutti a esser lieti, poiché il torneo non ha causato alcuna vittima e nessuna delle due parti può realmente ritenersi sconfitta. Inizialmente i medici sostengono che Arcita sia curabile, ma ben presto le sue condizioni si rivelano essere disperate. In punto di morte Arcita convoca Emilia e Palemone, saluta la sua donna dicendole quanto lo addolori morire proprio adesso che l'aveva conquistata e le raccomanda, se un giorno dovesse sposarsi, di ricordarsi di quanto sia virtuoso Palemone, suo nemico tanto amato in passato. Non appena detto questo muore e tutta la città viene coinvolta nel lutto. Emilia è inconsolabile, così come Teseo, il quale dispone subito per fare dei funerali solenni per rendere ogni onore a questo prode cavaliere e fa porre il rogo proprio nel bosco in cui Arcita aveva tanto sofferto per amore. Anni dopo, cessato il lutto, si costituisce ad Atene un parlamento, in una seduta del quale Teseo convoca sia Palemone sia Emilia e parla loro dicendo che tutto è stato posto per avere un inizio e una fine e che deve cessare il lutto per Arcita, poiché egli è passato a miglior vita con ogni onore alla sua memoria; esorta quindi Emilia a prendere per sposo Palemone, che tanto le è stato devoto. Emilia concede la propria mano, i due si sposano e si amano per tutta la vita.

Eugenio Caruso - 30 - 12 - 2021

LOGO



www.impresaoggi.com