Il battito d'ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas.
Edward Lorenz
QUESTO E' IL PRIMO DI UNA SERIE DI ARTICOLI CHE ILLUSTRANO LE CARATTERISTICHE DELL'IMPRESA MODERNA - PER COMPLETEZZA SI RIMANDA, ANCHE, ALLA SEZIONE Glossari
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È ben noto che l'industrializzazione ha origine in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo e che si propaga rapidamente ad altri paesi. Questo periodo è passato alla storia con la denominazione di "rivoluzione industriale", a causa delle ripercussioni economiche e sociali che esso ha provocato (1).
Nel XIX secolo, l'industria inizia ad assumere caratteri ben precisi:
- la separazione tra la proprietà dei mezzi di produzione e i produttori diretti,
- l'accentramento della mano d'opera in un unico luogo di lavoro (la fabbrica),
- l'impiego intensivo di macchine azionate da motori (in successione, idraulici, a vapore, elettrici),
- la produzione di massa.
È, anche, opportuno osservare che, nella seconda metà del XIX secolo, Augusto Compte adottò il positivismo (2) per i suoi trattati di filosofia e sociologia, che si diffusero, rapidamente, in tutto il mondo occidentale; il positivismo fertilizzò il terreno per la crescita dell'industrializzazione.
Infatti, il positivismo afferma.
- La conoscenza è ricondotta alla natura e richiede un metodo per analizzare i fenomeni. Il ricorso a cause o principi che non sono riconducibili al metodo scientifico non dà origine a conoscenza.
- La scienza è garante di una conoscenza certa e accettata da tutti.
- Gli uomini hanno come fine la felicità di tutti.
- Il progresso è inarrestabile e legato alla scienza.
1. Transizione dall'impresa artigianale all'impresa fordista
Nella seconda metà del XIX secolo gran parte delle popolazioni dei paesi, oggi, industrializzati vive di agricoltura e gran parte dei bisogni delle famiglie, sia in termini di prodotti, che di servizi, viene realizzata all'interno della famiglia. Là dove non arrivano le competenze e le risorse proprie si ricorre ai piccoli commercianti o agli artigiani. Le grandi famiglie aristocratiche e la borghesia ricorrono, quasi esclusivamente, all'offerta dei grandi commercianti e artigiani che operano, per lo più, nelle città.
In quello stesso periodo, esiste già anche una grande industria manifatturiera e gli economisti dell'epoca avvertono che i vantaggi comparati (3) per il successo dell'industria sono sostanzialmente tre.
- Vicinanza alle fonti di risorse naturali.
- Abbondanza di capitali.
- Abbondanza di forza lavoro.
Alla fine del XIX secolo, a esempio, le dieci maggiori imprese statunitensi sono:
- American cotton oil company
- American steel
- American sugar refining company
- Continental tobacco
- General electric
- National leed
- Tennesse coal and iron
- People's gas
- US leather
- US rubber
tutte imprese che, ad eccezione della General Electric, godono dei vantaggi comparati succitati.
Ma anche allora valeva il principio introdotto, da Joseph Alois Schumpeter e rielaborato, recentemente, dall'economista americano Lester Thurow e cioè «Il capitalismo è un processo di distruzione creativa secondo il quale nuove imprese piccole e dinamiche sostituiscono imprese grandi e vecchie, che non sono state capaci di adattarsi a nuove condizioni».
Coerentemente con questo principio, nel primo decennio del XX secolo, delle dieci prime imprese statunitensi, sopra elencate, è sopravvissuta solo la General Electric, l'impresa fondata da Thomas Edison, l'unica che non basa il proprio vantaggio comparato sulle risorse naturali.
All'inizio del secolo, la distribuzione della ricchezza inizia a interessare un numero sempre maggiore di persone che aspirano, non solo ad elevare il proprio livello sociale, ma anche a possedere beni di consumo e beni durevoli in grado di assicurare maggiori comodità, e, pertanto, il sistema produttivo deve adattarsi a questa nuova realtà.
Per rispondere a una domanda sempre più sostenuta, sono necessari due ingredienti: una produzione di massa e prezzi accessibili a un numero sempre maggiore di persone. Hanno, pertanto, successo quelle imprese che per prime adottano i principi delle economie di scala, della parcellizzazione del lavoro (4), della produzione di serie e della standardizzazione.
L'impresa che nasce all'inizio del secolo è chiamata "impresa fordista" in ricordo dell'industria che lanciò la motorizzazione di massa negli Usa; è del 1908, infatti, la prima utilitaria costruita dalla Ford utilizzando, per la prima volta, la catena di montaggio.
2. L'impresa orientata alla produzione
È nata la grande industria che si rivolge direttamente al consumatore e la sua missione è produrre. Le caratteristiche salienti dell'impresa orientata alla produzione sono:
- il rapporto tra produttore e utilizzatore è monodirezionale, dal produttore all'utilizzatore;
- il consumatore è "prigioniero" di un sistema transazionale che non controlla;
- l'impresa è orientata a vendere ciò che produce;
- l'impresa è convinta di esistere perché produce;
- l'impresa parte da se stessa, concentra la propria attenzione sulla produzione e/o sul prodotto e si propone di conseguire il massimo profitto massimizzando i volumi di produzione.
3. L'impresa si orienta alla vendita
Ben presto, però, l'industria si accorge che non è sufficiente riempire piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere e creare sistemi di distribuzione efficaci, portare il prodotto verso il cliente; l'impresa si trasforma e quindi, si orienta alla vendita.
Gli anni precedenti la grande depressione sono la mecca dei venditori; la produzione domina e le attenzioni delle imprese sono concentrate quasi esclusivamente sui costi di produzione e di distribuzione. Con i consumatori che acquistano le merci alla velocità con cui vengono prodotte, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi di creare una relazione con il cliente, è sufficiente fare in modo che i percorsi della distribuzione, dal produttore al consumatore, funzionino efficacemente.
Una situazione analoga a quella degli anni venti si verificherà alla fine della seconda guerra mondiale.
4. L'impresa si orienta al cliente
La Ford, all'inizio della sua produzione di massa, costruisce un solo tipo di automobile il leggendario modello T; obiettivo principale dell'impresa è ridurre il più possibile il prezzo di vendita. Ford, in questa fase pionieristica della produzione di massa, è geniale poiché comprende che più del prodotto doveva essere venduto il prezzo. Grazie a questa filosofia la Ford riesce a conquistare una posizione dominante.
Ma, con il crescere del benessere, alcune imprese incominciano a rendersi conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualche centinaia di dollari in più, pur di uscire dalla standardizzazione. Una di queste, la General Motors, avvia la politica della produzione di una gamma di modelli studiati per le esigenze di una clientela differenziata.
Ottant'anni fa viene combattuta, sul mercato dell'auto, una battaglia storica. Mentre Henry Ford continua ad operare in base alla famosa battuta «Date al cliente un'auto di qualsiasi colore, a patto che sia nero», la GM adotta la strategia di «Offrire un'auto per ogni borsa, esigenza e personalità». Grazie a questa politica la GM sorpassa la Ford come primo produttore mondiale di automobili; tra il 1920 e il 1923 la produzione della Ford crolla, infatti, dal 55% al 12% del mercato statunitense.
La grande depressione dà, sostanzialmente, il via alla funzione marketing. Come è noto, è nei momenti di crisi che le imprese più vivaci attuano iniziative di tipo innovativo per superare le difficoltà.
Uno dei primi passi verso la realizzazione dei principi del marketing viene compiuto dalla General Motors, il cui Presidente Sloan afferma, nel 1933, «La preoccupazione di acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del consumatore finale diventa una preoccupazione di crescente importanza» e «... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la via più rapida per conseguire profitti ».
Questo processo di valutazione del ruolo del consumatore, rispetto alla strategia della pura vendita, subisce un passo d'arresto con la seconda guerra mondiale, quando la scarsezza dell'offerta rispetto alla domanda mette nuovamente in secondo piano le esigenze del consumatore.
Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, si assiste a un'accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing.
Si può affermare che, se negli anni '30 obiettivo del direttore commerciale era quello di massimizzare le vendite, negli anni '50-'60 obiettivo del direttore marketing, delle imprese più avanzate, diventa quello di ottimizzare il profitto dall'azione di vendita, di definire gli elementi per la realizzazione dei piani di sviluppo e di approntare iniziative atte a contrastare la concorrenza.
Nasce la customer satisfaction e, gradualmente ma costantemente, il consumatore diventa l'elemento che sempre più influenza e pilota scelte e strategie aziendali. Il responso dello scaffale è sacro e, negli anni '60-'70, viene assunto nelle aziende il principio della centralità del consumatore/cliente rispetto alla produzione.
Non è solo il sistema della produzione che adotta il criterio della customer satisfaction ma anche il settore dei servizi entra in questo tipo di logica.
5. La nascita dell'economia dei servizi
Con il graduale rivolgersi dell'impresa verso il soddisfacimento dei bisogni del cliente si assiste ad una nuova evoluzione nel mondo dell'economia: la transizione dall'era industriale a quella post-industriale.
Quando, nel 1973, Daniel Bell scrisse il famoso The coming of post-industrial society, in Usa e in Europa, l'erogazione di servizi aveva già superato la produzione di beni, diventando la prima forza trainante del capitalismo. In quell'anno, infatti, negli Usa ben 65 lavoratori su 100 erano occupati nel settore dei servizi (nel 2000 il comparto dei servizi occupa, in Usa, più del 77% della forza lavoro e contribuisce per più del 75% al valore aggiunto dell'economia).
Come, alla fine del XIX secolo, lo storico Arnold Toynbee conia il termine di "era industriale" (circa cento anni dopo il suo primo manifestarsi), così il XX secolo vede la progressiva trasformazione del capitalismo industriale nel capitalismo "post-industriale". Daniel Bell ha interpretato la caratteristica fondamentale di questa trasformazione «La società dell'era industriale qualifica la qualità della vita in base alla quantità di beni posseduti, la società dell'era post-industriale classifica la qualità della vita in termini di servizi e comodità, quali, assistenza sanitaria, educazione, tempo libero, ricreazione, turismo, arte».
6. Eccessi della customer satisfaction
Nell'evoluzione del rapporto tra offerta e domanda la centralità del cliente viene portata alle estreme conseguenze. Il produttore si trasforma in un ricevitore passivo della domanda del consumatore; è il mercato e non la produzione che stabilisce il ciclo di vita del prodotto, a prescindere dalla sua perfezione tecnologica, il valore di un prodotto perde la sua oggettività, per dipendere da un numero di variabili che sfuggono al controllo della produzione.
Nel caso di prodotti tecnologici si instaura nel consumatore una frenesia verso la novità fine a se stessa mentre, all'altro estremo, nel campo dei beni di consumo, il cliente è interessato ai buoni acquisto, ai sorteggi, ai bollini, alle vendite promozionali, alla visibilità pubblicitaria, piuttosto che alle caratteristiche e alla qualità del prodotto.
7. L'impresa moderna
L'approccio della centralità del cliente mostra i propri limiti; esso rischia, infatti, di tarpare le potenzialità di innovazione e la fantasia dei produttori. Gli esperti americani devono ammettere che l'impresa, nella rincorsa affannosa dei desideri dei consumatori/clienti, di soggetti, cioè, caratterizzati da comportamenti emotivi e chiusi nella propria limitata esperienza per rappresentare la fonte dell'innovazione, è stata la vittima di questo atteggiamento market responsive (5).
Viene riabilitato il technology push (6), ma, contestualmente, riconosciuto lo stesso livello di importanza a cliente e produttore.
Fortunatamente per il mercato, si assiste ad una significativa evoluzione del cliente; a esempio la suggestione per il nuovo, indipendentemente dai suoi contenuti, va, man mano, perdendo di attrattiva. Il consumatore ha imparato a sue spese che non sempre il nuovo risulta soddisfacente; ne sono emersi, sia un orientamento di estrema selettività verso il nuovo che viene accettato in quanto assicura un incremento di performance considerate "rilevanti" rispetto al vecchio prodotto, sia una sorta di insofferenza nei confronti di ciò che non risulti user friendly.
Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava, prevalentemente, alla qualità del prodotto all'atto dell'acquisto, oggi, nel b2b, il 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l'evoluzione dell'impresa, ma, anche, la maturazione del consumatore, portano, quindi, alla nascita dell'impresa "moderna", preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati.
8. Caratteristiche dell'impresa moderna
Le caratteristiche principali dell'impresa moderna, simmetricamente a quanto si è detto a proposito dell'impresa orientata alla produzione, sono.
- tra produttore e utilizzatore si è stabilito un rapporto bi-direzionale di informazioni;
- l'impresa è orientata a produrre ciò che é in grado di vendere;
- l'impresa è convinta di esistere in quanto si sente capace di soddisfare specifici bisogni di specifici clienti;
- l'impresa parte dal mercato, concentra la propria attenzione sull'individuazione dei bisogni dei clienti (bisogni in forma anche latente), individua i mezzi, le tecnologie e le risorse umane più appropriati per raggiungere gli obiettivi della massima soddisfazione del cliente e dell'ottimizzazione dei profitti, si impegna perché, al termine dello scambio, impresa e cliente abbiano raggiunto entrambi un livello di maggiore soddisfazione (Di Stefano, 1997).
Oggi si parla di impresa virtuale, di impresa senza confini, di impresa cava, di impresa a rete, di impresa snella, tutti modi di interpretare l'impresa:
- valorizzando prodotti e processi di natura immateriale;
- trasferendo all'esterno alcune o tutte le attività operative (in tal caso si parla di hollow enterprise) e valorizzando pertanto il ruolo della Pmi altamente specializzata. Il sub-fornitore, una volta etichettato "l'indotto", diventa uno stretto collaboratore dell'impresa committente;
- privilegiando, come risorsa principale, l'intelligenza dell'uomo. «Le imprese si contenderanno più vigorosamente i dipendenti che i clienti» (Koch, 1993);
- basando tutti i processi aziendali sulla information technology (Duse, 1998);
- puntando, nei rapporti interpersonali, sul coinvolgimento dei dipendenti, sulla forza della motivazione (Denny, 1998) e sul modello dell'open-book management (Ivancic, 1998);
- utilizzando l'automazione per lavori manuali, pesanti, routinari o rischiosi;
- sostituendo al taylorismo, che tende a ingessare l'impresa, la lean production (7), che prevede il continuo miglioramento delle mansioni affidate agli operatori, il processo di delega delle responsabilità anche ai livelli inferiori, la job rotation e l'apprendimento continuo;
- adottando processi di lavorazione a basso impatto ambientale e a basso consumo energetico.
Viene scoperto (Club de Bruxelles, 1995) il ruolo fondamentale giocato dalle Pmi, sia per la loro capacità produttiva, sia come fonte di innovazione tecnologica. Il Club de Bruxelles sostiene che in Europa e in Usa, le Pmi realizzano due volte più innovazione per impiegato e 3,5 volte più innovazione per dollaro investito, rispetto alle grandi imprese; più del 60 % delle innovazioni degli anni novanta sarebbe realizzata da persone singole o da Pmi.
La nuova impresa leggera (senza confini, senza contenuto, senza riserve, che si integra nel territorio) è completamente diversa da quella vecchia e pesante (fisicamente demarcata e compatta, caratterizzata da grandi investimenti materiali, da propri canali di distribuzione, da grande rigidità, da grandi riserve, da assoluta autonomia produttiva).
L'impresa moderna è caratterizzata da un'organizzazione reticolare (impresa a rete o impresa rete) in grado di orientare il proprio ambiente interno verso un'area sempre più vasta, espressione di un mercato operante nel cosiddetto villaggio globale.
Si pensi al successo che sta avendo negli Usa il commercio elettronico. Lo spirito pionieristico degli americani ha trovato nel villaggio globale la sua nuova frontiera. Secondo alcuni economisti, questa è la ragione perché, per la prima volta nella sua storia economica moderna, gli Usa riescono a coniugare, crescita economica, bassa inflazione e disoccupazione calante.
9. L'impresa a rete
L'impresa non è più un'isola, ma è inserita nella rete delle relazioni che la legano con i clienti, con i fornitori, con i sub-fornitori, con i consulenti, con le imprese alleate, con la concorrenza e, più in generale, con gli attori del territorio; ecco perché è anche difficile stabilirne i confini. La partecipazione a una rete esprime la capacità di un'impresa, specie se Pmi, sia di utilizzare le proprie relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche e di mercato (Ferrando, 1990) che da sola non sarebbe in grado di raggiungere, sia di migliorare, quindi, il proprio vantaggio competitivo.
In letteratura, si parla, di norma (Butera, 1988 - Zaninotto, 1990 - Grandinetti, 1993), di sei tipi di impresa a rete.
- Un'impresa ha attuato il decentramento della maggior parte delle proprie attività verso imprese sub-fornitrici.
- Si realizza una costellazione di imprese, ossia sistemi di imprese complementari e collegate tra loro in un ciclo di produzione completo. Esse possono anche non avere collegamenti societari o organizzativi, ma collaudati sistemi di cooperazione operativa.
- In Italia notevole successo ha avuto una tipologia di impresa a rete, un po' diversa ma ugualmente innovativa, il distretto industriale e l'area sistema: un insieme di soggetti produttivi "locali", caratterizzati da una comune filiera merceologica, da una diffusa competenza (in alcuni casi secolare) in quel particolare settore produttivo, dall'esistenza di strutture di servizi specifici alle imprese e dalla presenza prevalente di Pmi.
- Sistemi imprenditoriali costituiti da imprese giuridicamente autonome ma legate tra loro da forti vincoli associativi e da strutture consortili di servizi comuni (consorzi industriali, cooperative di consumo, confederazioni di artigiani).
- Si ha infine il caso di grandi imprese che si fanno piccole; imprese cioè che hanno un'unicità di struttura proprietaria e organizzativa, ma che, tuttavia, si articolano al loro interno in strutture che sono "quasi imprese" (business unit, profit centre, task force).
- Imprese che hanno adottato sistemi integrati di marketing. È il caso, ad esempio, delle imprese in franchising, quando il franchisor non si limita ad accordi di tipo commerciale, ma suggerisce una strategia di marketing comune e sinergica.
Dalle considerazioni svolte sui diversi modelli di impresa a rete appare evidente che le Pmi trovano enormi opportunità di business da questi sistemi organizzativi.
10. L'impresa pro-attiva
L'impresa moderna non può più accontentarsi di sviluppare doti di reattività, ma essa deve essere pro-attiva; il tempo diventa, infatti, un protagonista dell'analisi economico-aziendale. L'orientamento al cliente si completa solo se l'impresa riesce a comprendere il valore del tempo per ciascun cliente. Il time-to-market (8), il lead time (9), il set-up time (10) diventano elementi critici, soprattutto in relazione alla necessità di sviluppare tecnologie flessibili.
Time based competition e flessibilità, richiedono l'adozione di soluzioni organizzative più snelle e un controllo dei risultati più rapido che nel passato. L'approccio funzionale e specialistico, tipico dell'impresa fordista e post-fordista, deve integrarsi in una logica integrata e sistemica dell'impresa e dell'ambiente nel quale essa opera.
L'impresa pro attiva, non diversamente dall'impresa a rete vista prima, è permeabile, libera da confini fisici, in grado di operare con processi di scambio bi-direzionale con l'ambiente con il quale essa interagisce.
Nella guerra di movimento, che caratterizza la competizione del 2000, emerge imperativo lo sviluppo e il dominio dei fattori critici di successo dell'impresa moderna.
• Varietà.
• Velocità.
• Qualità.
• Apprendimento.
L'impresa che non possiede nel proprio dna la dote della pro-attività, sarà costretta a faticose e costose corse di inseguimento perché si troverà sempre impreparata al confronto dei competitori pro-attivi.
11. Declino del management per obiettivi
I criteri adottati per rendere efficiente ed efficace l'operatività aziendale subiscono enormi trasformazioni. La teoria del management by objectives, è superata, a favore del management by processes. Dimostra Porter, che «le fonti del vantaggio competitivo dell'impresa (Porter, 1987), derivano dall'analisi e dall'ottimizzazione della catena del valore in base alla quale l'impresa viene suddivisa nelle diverse attività che essa svolge quando progetta, produce, vende». È l'ottimizzazione delle attività dei singoli elementi che costituiscono le catene del valore e delle relative interfacce, che determina il vantaggio competitivo, non più l'ottimizzazione degli obiettivi delle singole funzioni aziendali.
È interessante notare come il sistema produttivo giapponese, già da anni, aveva optato per il management by processes, grazie al quale il cliente già figurava nella linea di processo. Molti prodotti giapponesi nascono secondo la filosofia dell'user friendly, molto prima che questo principio venga interiorizzato dal sistema anglosassone. Si pensi alla rivoluzione apportata nel mondo delle macchine fotografiche: macchine piccole, compatte, facili da usare (basta schiacciare un bottone) hanno consentito a milioni di persone di essere in grado di fabbricare immagini per la semplice documentazione di "ricordi".
12. Evoluzione del mercato
Se si affronta l'argomento dell'evoluzione dell'impresa e del cliente non si può non parlare dell'evoluzione del mercato.
Per gran parte dei secoli diciannovesimo e ventesimo il mercato è rimasto legato alla regola generale "cercare di comprare a poco per rivendere a più caro prezzo" e qualunque compratore sapeva di dover tener conto dell'antico detto latino caveat emptor (11); la logica che sottendeva questo comportamento era l'importanza che la società attribuiva alla proprietà di beni.
Oggi le basi di questo paradigma iniziano a sgretolarsi, la proprietà di beni non è considerato un asset aziendale essenziale, anzi spesso un ostacolo al pieno sviluppo dell'impresa. Oggi inizia a prevalere un modello economico che vede il fornitore mantenere il possesso di un bene che viene dato in leasing o in affitto o in uso temporaneo al cliente. Si crea, quindi, un rapporto tra un server, che concede l'accesso di un bene a un client, ove server e client operano in una logica di partnership. Grandi società di produzione industriale si stanno trasformando in server che concedono l'accesso a ogni bene, dagli aerei alle automobili, dagli impianti ai macchinari di produzione.
Il leasing sta entrando anche nell'economia delle famiglie se si pensa che in Usa un'automobile su tre è ceduta a clientela privata con contratto di leasing; l'industria automobilistica punta anche a rendere più economico il leasing poiché esso si rivela un forte strumento per la fidelizzazione del cliente.
L'aspirazione alla proprietà è stata indebolita da quella che gli studiosi chiamano la "caduta della coscienza storica" e dall'avvento della "coscienza terapeutica". L'individuo si percepisce sempre meno attore nella grande rappresentazione storica del pianeta e sempre più attore della propria storia personale, che sarà più intensa e gratificante, non tanto grazie al possesso di qualcosa, ma quanto maggiore sarà l'accesso alle opportunità offerte dai vari gateways, in particolare a stili di vita più gratificanti. Basti pensare all'aspirazione delle diciottenni, dei paesi ricchi, alla "carriera" di veline, letterine e altre opportunità offerte dai media.
Si realizza una sorta di ritorno all'era dell'uomo primitivo, la cui vita era scandita da una serie di cerimonie e riti (rappresentazioni teatrali cadenzanti il corso della vita) nei quali lui era protagonista.
Nell'era dell'accesso sempre maggiore sarà il potere dei gatekeepers, di coloro che controllano l'accesso sia alla cultura popolare sia alle reti cibernetiche. L'era della proprietà contraddistingueva gli individui tra chi possedeva beni materiali e chi no, l'era dell'accesso contraddistingue chi è dentro e chi è fuori. Nell'era della proprietà, chi deteneva il capitale poteva influenzare il destino degli altri, nell'era dell'accesso chi possiede i canali di comunicazione e controlla gli ingressi ai gateways (il gatekeeper) stabilisce chi ha l'accesso e chi no.
Jack Welch, il mitico presidente della General Electric, affermava, già dieci anni fa, che « … non è più il tempo di aspettare che la rivoluzione investa le imprese, ma di considerare Internet con priorità 1,2 3 e 4».
Internet sta giocando un ruolo importante nel sistema delle imprese e, nei prossimi anni, con l'ampliarsi della globalizzazione, la rete apporterà cambiamenti nel comportamento dei consumatori che renderanno vani molti programmi di riorganizzazione basati su paradigmi (12) economici superati.
13. Evoluzione del concetto di capitale
Se la nuova economia si sviluppa attraverso trasformazioni epocali dell'impresa, del cliente, del mercato, a maggior ragione, si caratterizza per una drastica trasformazione del capitale, l'elemento fondante dell'economia capitalista. Infatti, nella nuova economia, è il capitale intellettuale l'asset più ambito; sono le idee, i concetti, le immagini le componenti essenziali del valore, non i beni materiali.
Le imprese stanno vendendo immobili, riducendo le scorte, noleggiando gli impianti produttivi, terziarizzando le attività, in una corsa verso l'impresa virtuale o l'impresa a rete, forme organizzative più adatte a sostenere le sfide della nuova economia; questa impone, infatti, alle imprese una flessibilità che poggia sull'eccellenza di tre componenti: leadership, creatività e capacità di lanciarsi rapidamente su nuove opportunità di business.
Nella nuova economia anche il denaro si sta smaterializzando, grazie alle carte di credito, alle banche on-line, alle borse telematiche.
Capitale deriva dalla parola latina caput, ebbene, considerando che il capitale intellettuale sta progressivamente sostituendo il capitale materiale, possiamo affermare che mai, come oggi, è valida l'origine etimologica della parola, dove i capi di bestiame sono stati sostituiti dalle teste dell'uomo.
Nel mondo dell'industria e del commercio i vecchi giganti dell'era industriale stanno cedendo la leadership ai nuovi giganti del capitalismo basato sulla conoscenza. Giova ricordare lo scalpore che suscitò, qualche anni fa, il sorpasso di Microsoft nei riguardi di GE, per capitalizzazione di borsa.
14. Evoluzione del marketing
Con la trasformazione dell'impresa, anche il marketing si evolve, anzi si può affermare che è proprio il marketing che segna il tempo.
L'importanza che il marketing ha avuto nello sviluppo dell'impresa moderna la si riscontra, principalmente, nell'aver contribuito a trasformare le strutture organizzative dalla focalizzazione sul prodotto o sul servizio, alla focalizzazione sul cliente o meglio nell'aver consentito la transizione dall'orientamento interno-esterno, a quello interno-esterno-interno.
La maggior parte delle imprese opera secondo il marketing management, ove con questo termine si intende, secondo la American Marketing Association, l'insieme delle seguenti azioni:
- dirigere e controllare tutte le attività di marketing dell'impresa;
- partecipare alla formulazione di obiettivi, politiche, programmi e strategie aziendali;
- indirizzare la politica dei prodotti;
- collaborare all'organizzazione e alla formazione dei quadri;
- attuare i piani e conseguire gli obiettivi di marketing.
In molte imprese americane il marketing management è sotto la direzione di un chief executive officer (Ceo) e la responsabilità viene suddivisa tra il vertice aziendale e una struttura di marketing in linea alle dipendenze di un marketing manager
L'impresa moderna si avvia a diventare sempre più orientata al marketing; questo processo non è facile né indolore, esso si scontra, infatti, contro tre componenti,
- la resistenza ai cambiamenti,
- la prevalenza degli interessi dei dirigenti su quelli dell'impresa,
- la carenza di cultura.
Nonostante queste difficoltà, le imprese più avanzate e che meglio sanno affrontare le sfide della globalizzazione e dell'innovazione, stanno rapidamente adeguandosi a questo orientamento.
Un'indagine condotta da Kotler, presso centinaia di manager statunitensi, ha consentito all'economista di redigere una lista di problemi (vedi tab. 1), considerati, dai manager intervistati, fondamentali da superare per sviluppare una strategia ed una tattica di marketing.
L'analisi dei problemi che i manager incontrano per pianificare una strategia di marketing ci può dare uno spaccato di cosa significhi, oggi, parlare di un'impresa marketing oriented.
Tab. 1 Principali problemi da superare e risolvere perché una politica di marketing possa avere successo.
- Come definire e scegliere i segmenti di mercato più appropriati
- Come differenziare la propria offerta rispetto a quella dei concorrenti
- Come rispondere ai clienti che premono per spuntare un prezzo più basso
- Come competere con le imprese che praticano prezzi inferiori
- Fino a che punto personalizzare l'offerta per ciascun cliente
- Quali sono gli strumenti principali per sviluppare il proprio business o un nuovo business
- Come sviluppare una strategia di marca
- Come ridurre i costi per l'acquisizione di clienti
- Come fidelizzare i clienti
- Come stabilire quali sono i clienti più importanti
- Come ottenere il ritorno economico da pubblicità, promozioni, PR
- Come migliorare la produttività della forza di vendita
- Come sviluppare una strategia di vendita multicanale e, nel contempo, evitare conflitti nei canali di distribuzione
- Come ottenere un maggior grado di orientamento al cliente da parte degli altri settori dell'impresa.
Gli studi condotti da Kotler hanno, anche, messo in evidenza che molti imprenditori sono insoddisfatti dell'attività di marketing della propria impresa; essi vedono aumentare i costi del marketing ma non vedono i benefici di questi aumenti. Il motivo, il più delle volte, è di facile individuazione; si pratica un marketing vecchio e inefficace.
Questo marketing insoddisfacente poggia su alcuni paradigmi superati.
- Ritenere che marketing e vendita siano la stessa cosa.
- Enfatizzare l'acquisizione di nuovi clienti piuttosto che curarne il mantenimento.
- Cercare di realizzare un profitto su ogni singola transazione, piuttosto che puntare ad accrescere il profitto relativo all'intera durata della relazione con il cliente.
- Determinare i prezzi in base al margine sul costo, piuttosto che in funzione dell'obiettivo complessivo che si vuole conseguire.
- Pianificare ogni strumento di comunicazione separatamente, anziché secondo una visione integrata dell'intero processo di comunicazione dell'impresa.
- Vendere il prodotto invece di cercare di comprendere e soddisfare i reali bisogni del cliente.
14.1 Il web marketing
Kotler, sostiene che «Nei prossimi dieci anni il marketing sarà ristrutturato dalla a alla z. La società dell'informazione sta modificando, infatti, ogni aspetto della vita quotidiana e la rivoluzione digitale ha modificato radicalmente i concetti di spazio, tempo e massa. Un'impresa non ha bisogno di occupare uno spazio, può essere virtuale ed essere ovunque e comunicare in tempo reale con qualunque punto del pianeta».
Il cyberspazio consente di trasformare acquisti e vendite in operazioni sempre più veloci, automatizzate e senza costi o barriere legati ai limiti di spazio e di tempo. La rivoluzione digitale ha dischiuso le porte del villaggio globale a imprese di nuova costituzione, a imprese di nicchia, a imprese piccole o piccolissime.
I consumatori potranno effettuare le proprie scelte di prodotto o di servizio ed emettere i relativi ordini in modo sempre più facile. Attraverso i web sites e le chat rooms il consumatore potrà ottenere tutte le informazioni sulle caratteristiche dei prodotti e sulle loro prestazioni e modalità d'uso, di manutenzione, di riparazione e di sostituzione. I siti web degli intermediari di informazioni potranno essere consultati per confrontare i diversi prodotti disponibili sul mercato rendendo reale la pubblicità comparativa. Si svilupperanno sempre più gli intelligent agents, cioè operatori in grado di definire preferenze tra prodotti e servizi di competitors; questi nuovi soggetti imprenditoriali, in Usa, sono già operativi nei campi della musica, dei film, dei libri proponendo le "novità" personalizzate rispetto alla cultura e allo stile di vita del consumer.
Le imprese effettuano i propri acquisti medianti i propri "costosi" uffici approvvigionamenti, i quali acquistano informazioni sui possibili fornitori, li interpellano per ricevere offerte e si impegnano nella negoziazione per ottenere condizioni vantaggiose. Gli uffici approvvigionamenti, oggi, con organici drasticamente ridotti, attraverso Internet, possono ottenere una quantità di informazioni molto maggiore, e sono in grado di identificare molto meglio e, soprattutto più rapidamente, i migliori fornitori. Infatti, come già detto, grazie al web marketing, si sta costituendo un nuovo settore di operatori, gli intermediari dell'informazione, che provvedono a raccogliere, integrare e valutare le informazioni provenienti da varie fonti e a metterle a disposizione degli interessati dietro pagamento di un compenso modesto.
Internet sta modificando drasticamente lo scenario di marketing e influenzando i processi di distribuzione del valore tra i vari protagonisti economici. Oggi, i consumatori hanno maggiori possibilità di acquisire un bene o un servizio più che nel passato. La competizione tra i vari canali di distribuzione sta diventando sempre più vivace, Si consideri, a titolo di esempio, la gamma di canali che sono disponibili per un potenziale acquirente di un computer portatile.
- Punti di vendita al dettaglio.
- Vendita per corrispondenza.
- Televendita.
- Sito web del produttore.
- Intermediario elettronico.
In Usa l'acquisto elettronico sta superando decisamente l'acquisto tramite gli altri canali e, anche in Europa, si sta assistendo ad un analogo trend.
Il mercato elettronico offre, infatti, i seguenti vantaggi:
- disponibilità 24 ore su 24,
- nessuna necessità di raggiungere fisicamente il punto di vendita con risparmio di tempo, costo e fatica,
- prezzi inferiori,
che compensano lo svantaggio di non poter esaminare fisicamente il prodotto prima dell'acquisto.
Nell'ambito del web marketing, come è stato per il direct marketing, si notano, frequentemente, alcuni errori di approccio, specie nel business to consumer (b2c), errori che sono stati messi in evidenza da David Siegel, un guru della rete (Siegel, 99).
È esperienza comune quanto sia noiosa la navigazione attraverso i siti di molte imprese. Suggerisce Siegel che l'impresa cerchi di osservare il proprio sito con gli occhi del customer, perché la maggior parte delle imprese che decidono di mettersi in rete non si pongono le domande giuste e finiscono per realizzare qualcosa che non interessa.
Per realizzare uno strumento che non riporti in posizione centrale l'impresa, ma che attui la politica della pari dignità tra impresa e cliente, si dovrà fare in modo che il cliente, diventi prosumer (13) e partecipi alla realizzazione del sito, perché vi possa trovare ciò di cui ha bisogno e non ciò che il progettista del web ritiene importante inserire.
Entrando maggiormente nel merito, se un'impresa decide di utilizzare il web marketing dovrà cambiare, adattarsi ad un nuovo rapporto con gli stakeholders, forse trasformarsi in qualcosa di completamente diverso. E se dovrà cambiare sarà opportuno che l'impresa si rimodelli seguendo i suggerimenti provenienti da tutti gli stakeholders. Sarà necessario aprire delle chat-line con le quali i clienti possano raggiungere molti dipendenti dell'impresa e i manager dovranno abituarsi a rispondere alle e-mail trasmesse dai clienti; inoltre l'impresa dovrà far sì che anche i clienti si parlino tra di loro in modo che dalle loro discussioni possano nascere interessanti stimoli. Nello stesso modo dovrebbero partecipare alle discussioni, i fornitori, i collaboratori esterni, le associazioni di categoria e quanti ritengono di potersi relazionare con l'impresa. Così facendo la vision della nuova impresa potrà nascere dal forte coinvolgimento tra gli stakeholders, ognuno dei quali avrà dato un contributo mirato per il conseguimento di una coevoluzione sinergica di tutti i soggetti coinvolti.
Mentre sto scrivendo questo articolo una mia amica mi informa di aver risolto un disturbo fisico che l'assillava da anni avendo contattato un sito di intermediari dell'informazione medica e, tramite loro, uno specialista di un noto ospedale che è stato in grado di capire ed eliminare la causa del suo problema.
15. La mercificazione delle relazioni
Nell'era del capitalismo materiale l'enfasi era posta sulla vendita di beni e servizi, nell'era della nuova economia la mercificazione di beni e servizi è secondaria rispetto alla trasformazione delle relazioni umane in merce.
Le imprese che per prime saranno in grado di sostituire la logica del prodotto con quella del marketing relazionale, concentrandosi, più che sulla vendita, sulla creazione di rapporti a lungo termine saranno quelle che per prime si adegueranno ai principi della nuova economia.
Peraltro nell'ambiente del marketing si sta affermando il lifetime value (Ltv), parametro che sottolinea la transizione da un ambiente regolato da transazioni discrete ad uno regolato dalla costruzione di una relazione a lungo termine con il cliente, relazione alla quale può essere associato un valore. Per calcolare il Ltv di un cliente le imprese prendono in considerazione l'età, la stima dei ricavi futuri attualizzati e i costi di marketing per mantenere la relazione; non è un caso che le grandi imprese adottino politiche di marketing studiate appositamente per realizzare una sorta di imprinting del proprio marchio in "clienti" in tenera età.
Lo spostamento delle priorità dalla fabbricazione e dalla vendita di prodotti, alla creazione di lifetime value pone il marketing al centro della vita aziendale e la produzione, imperativo della prima impresa fordista, viene considerata sempre più una funzione accessoria del marketing. Quando i beni si trasformano in piattaforme per gestire servizi e i servizi diventano il motore dell'economia, il marketing diventa l'asse portante delle imprese il cui imperativo è diventato, necessariamente, quello di stabilire rapporti di lunga durata, esattamente nella logica della partnership.
Lo spostamento di prospettiva dalla produzione al marketing rappresenta uno fra gli eventi più importanti della storia del capitalismo; il marketing è lo strumento che la nuova economia usa per trasformare norme, pratiche e attività culturali in merci.
Attraverso le tecnologie della comunicazione i professionisti del marketing attribuiscono valori culturali a prodotti, servizi ed esperienze, e fanno in modo che i consumatori siano convinti che i loro acquisti siano intrisi di significati culturali (Rifkin, 2000). I professionisti del marketing sono arrivati ad attribuirsi il ruolo di interpreti, creatori e consolidatori culturali, ruolo un tempo spettante alla scuola, alla chiesa, alla famiglia.
16. Ruolo della leadership nell'impresa
Nel parlare di evoluzione delle risorse umane di un'impresa moderna non si può fare a meno di sottolineare la necessità di leadership che tale impresa richiede.
Giova osservare che la leadership è cosa diversa dal management; leadership e management sono due funzioni aziendali distinte e complementari, entrambe necessarie per il successo della grande come della piccola impresa.
Al management è affidata la gestione della complessità, alla leadership è affidato il cambiamento.
Secondo Daniel Goleman la leadership si caratterizza per essere dotata di "intelligenza emotiva" e questa sarebbe la combinazione di cinque ingredienti.
- L'autoconoscenza: la capacità di riconoscere e comprendere le proprie emozioni e il loro effetto sugli altri.
- L'autocontrollo: la capacità di controllare i propri impulsi distruttivi.
- La motivazione: l'esistenza di un progetto personale da realizzare nel contesto professionale e non solo l'interesse per il denaro e lo status.
- L'empatia: la capacità e sensibilità nel comprendere le motivazioni emotive delle persone.
- Le competenze sociali: l'eccellenza nel costruire reti e relazioni dentro e fuori l'impresa.
Goleman afferma che pochi manager possiedono queste qualità, ma coloro che riconoscono l'importanza dell'intelligenza emotiva possono intraprendere un percorso per migliorare se stessi e i propri collaboratori e diventare dei leader.
E' interessante osservare come, anche nella revisione 2000 delle norme sulla Qualità, venne riconosciuto alla leadership un nuovo ruolo, non più basato sul comando e controllo, ma orientato all'assunzione delle seguenti responsabilità.
- La definizione della vision aziendale.
- La comunicazione agli stakeholder degli obiettivi relativi alla vision.
- La promozione del cambiamento.
- La promozione e la motivazione della crescita professionale dei collaboratori.
- La definizione, la stesura e la diffusione delle politiche e degli obiettivi della Qualità.
Non vengono ancora riconosciute in pieno le doti legate all'intelligenza emotiva e all'imprenditorialità, ma è già un notevole passo avanti rispetto al vecchio ruolo del comando e controllo.
17. La Qualità totale
Degli strumenti dell'impresa moderna un discorso a parte, sia pur sintetico, merita il cosiddetto Total Quality Management. La Qualità totale è, oggi, infatti, una filosofia trasversale a tutte le funzioni aziendali (per questo motivo la indichiamo con la q maiuscola). Essa è, infatti, la metodologia con la quale deve essere affrontata la vita nell'impresa.
Il concetto di Qualità ha subìto una grande evoluzione; nei primi anni '50, i giapponesi utilizzarono le teorie di Deming (il padre della qualità) e soci per la ricostruzione della loro struttura industriale puntando, sostanzialmente, al miglioramento dei processi di produzione. Particolare cura veniva rivolta ai controlli effettuati per ridurre il numero di difetti che si presentavano nell'arco del processo di produzione, dalla materia prima o dal semilavorato al prodotto finito.
In Italia, la Qualità diventa la parola d'ordine degli anni '80, quando le imprese, anche le Pmi, si rendono conto che l'attenzione ai dettagli genera affidabilità e quindi vantaggio competitivo e iniziano a farsi certificare secondo le norme Iso 9000.
Mentre l'Occidente rincorreva i giapponesi nell'adottare i principi della Qualità, questi avevano posto gli obiettivi della Qualità più avanti, adottando il metodo di produzione just-in-time.
Il metodo consiste in una procedura organizzativa in grado di consegnare il prodotto finito, prelevandolo direttamente dalla catena di montaggio, invece di mandarlo ad ampliare il livello delle scorte in attesa della vendita. L'industria automobilistica Toyota fu la prima a convincersi della validità di due principi: la Qualità resta un'arma competitiva molto potente, ma la possibilità di una consegna immediata di un prodotto ordinato quasi "su misura" può diventare fonte di notevole vantaggio competitivo.
La Qualità, subisce un'importante evoluzione e, oggi, abbraccia tutti gli aspetti operativi di un'impresa, si parla, infatti, di Qualità totale, ed essa non è più monopolio del sistema produttivo giapponese. Con l'evoluzione dei principi della Qualità, cambia anche il rapporto tra management e dipendenti: dall'organizzazione basata sul "controllo" del lavoro si è passati, oggi, al principio del "consenso".
La Qualità totale, meglio nota come il Total Quality Management (Tqm), è una disciplina che, oggi, abbraccia l'intera organizzazione, dalle relazioni tra gli stakeholder, alla produzione. Con l'introduzione della parola total (Chiarini, 1997) nel concetto di Qualità è stato introdotto un aspetto olistico della gestione, inoltre, dai criteri e dai metodi d'impostazione della Qualità, attraverso l'autodiagnosi organizzativa, ogni impresa può seguire un percorso metodologico per conseguire l'eccellenza del business.
La Qualità totale ha comportato l'immissione nell'organizzazione aziendale di gerarchie flessibili, lavoro di squadra, auto-regolamentazione dei lavoratori, utilizzo di strumenti per quantificare il successo e per realizzare un continuo miglioramento dei compiti e dei processi. Il Total quality management dovrebbe essere l'obiettivo finale d'ogni impresa, che dovrà essere però consapevole che il processo d'attuazione richiede tempo, impegno e risorse.
Negli Usa il Tqm è diventato oramai un must per tutte le imprese, tanto che il Malcom Baldrige National Quality Award, istituito nel 1987 e consegnato ogni anno dallo stesso Presidente degli Usa alle sei imprese distintesi nel campo della Qualità totale, è per ogni impresa l'oggetto del desiderio. La stessa ambizione mostrata dalle imprese giapponesi nei confronti del premio sulla Qualità, istituito negli anni '50 e dedicato all'americano Edwards Deming.
Giova, comunque, osservare che il Tqm rappresenta l'insieme delle procedure adottate avendo come obiettivo principale l'orientazione al marketing management; infatti, il Tqm è andato evolvendosi, partendo dalla riconversione dei processi produttivi, per arrivare al riconoscimento della coevoluzione sinergica del sistema delle relazioni. D'altra parte, l'uomo di marketing sa perfettamente che se un'impresa vuole, ad esempio, rivedere la propria adeguatezza organizzativa in termini di marketing dovrà rifarsi agli strumenti d'autodiagnosi messi a punto dalle tecniche della Qualità.
È necessario, comunque, sottolineare la situazione di ritardo dell'Ue rispetto ad Usa e Giappone nell'applicazione della Qualità come strumento di competitività dell'apparato produttivo. La Commissione dell'Ue ha analizzato alcuni elementi di comparazione e sono emerse le seguenti considerazioni:
- manca una "cultura omogenea" della Qualità e quindi un'immagine europea della Qualità;
- ciò penalizza nella competizione poiché la Qualità potrebbe diventare l'asse orizzontale di una politica industriale europea, tesa al mantenimento o all'acquisizione di quote di mercato;
- siamo in ritardo, circa il ruolo della Qualità quale elemento di management;
- stiamo perdendo occasioni per una maggiore partecipazione del personale interno e quindi per una sua maggiore soddisfazione e una migliore qualità della vita;
- non si aiutano sufficientemente le Pmi;
- siamo in ritardo nell'introduzione della Qualità nei servizi pubblici.
D'altra parte, non si può dimenticare l'importanza che ha avuto l'introduzione della Qualità nello sviluppo dell'impresa moderna, specialmente dal 1994, quando è stata effettuata una prima importante revisione delle norme Iso.
Le esigenze poste dalla revisione del 1994 pongono, infatti, in evidenza quattro aspetti innovativi.
- Il baricentro passa dalla qualità del prodotto alla qualità dell'organizzazione.
- La qualità non interessa solo la produzione, ma si rivolge anche al settore dei servizi, nell'accezione più ampia.
- Ci si è resi conto che nella logica per processi è necessario coinvolgere tutta la struttura degli stakeholder.
- L'attenzione si è spostata dal "sistema di Qualità" alla "gestione del sistema di Qualità", ponendo l'accento, quindi, più che sul controllo sul miglioramento continuo.
Dopo questa revisione delle norme, le imprese che non avevano colto il senso e il significato della Qualità e che avevano vissuto la certificazione come un fatto cogente che aveva richiesto l'introduzione di procedure e di burocratizzazioni, iniziano ad avere la percezione dei vantaggi ottenibili in termini di efficienza, efficacia, competitività e customer satisfaction.
E' interessante notare che le nuove norme sulla Qualità (le Iso 9001:2000) stimolano, ancor più delle revisione del 1994, l'adozione dell'approccio per processi, come mezzo di facile identificazione e gestione delle opportunità di miglioramento delle imprese di produzione e di servizio. Per la prima volta viene riconosciuto il ruolo centrale della leadership, non più chiamata a svolgere un ruolo basato su comando e controllo, ma investita di precise responsabilità.
18. La gestione ambientale dell'impresa
La scelta di trattare per ultimo questo argomento, nell'ambito dell'analisi dell'evoluzione dell'impresa, non è stata motivata da una scarsa importanza data alle problematiche ambientali, ma piuttosto dal fatto che la gestione ambientale nelle imprese è una "scienza" non ancora sufficientemente consolidata, così come non ancora consolidati sono i valori e gli effetti dell'impatto delle diverse attività antropologiche sull'ambiente.
Ciò detto occorre subito affermare che l'ambiente è un contesto verso il quale l'impresa moderna, dovrà concedere sempre maggiore attenzione, in termini non solo di pura e semplice protezione, ma anche di solide opportunità di business.
Immaginando l'impresa come un'aggregazione di soggetti che collaborano verso un fine comune, come una struttura caratterizzata da un proprio ambiente interno in costante interazione con quello esterno (e perciò in grado di influenzarlo ed esserne influenzata), come un'organizzazione reticolare in grado di orientare il proprio "territorio" verso un'area sempre più vasta, possiamo dedurre che in ogni nodo (soggetto) di questa rete si realizzino delle interfacce con l'ambiente. Il modo di gestire queste interfacce caratterizza il management ambientale dell'impresa.
Per cercare di definire cosa si intende per ambiente possiamo, innanzitutto, rifarci alla legge istitutiva del ministero italiano dell'ambiente, la quale stabilisce che "è compito del ministero assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall'inquinamento". Un concetto ampio al quale sono state attribuite tre valenze:
- culturale;
- sanitaria;
- urbanistica.
La stretta correlazione tra le diverse componenti e la necessità d'approcci sistematici e intersettoriali alle problematiche ambientali portano verso una concezione unitaria del bene ambientale, inteso come tutto ciò che circonda l'uomo: la natura e i sistemi antropogenici materiali e immateriali. Qualsiasi attività umana lascia un segno sull'ambiente (impatto ambientale) è, pertanto, necessario che tali impatti vengano individuati, analizzati e sottoposti a valutazioni di compatibilità e accettabilità.
È fuori discussione che la questione ambientale era stata sollevata dai movimenti ambientalisti molti dei quali portatori di una carica anti-sistema e anti-industriale. Di fronte a questo tipo d'impostazione molte imprese si erano chiuse a riccio paventando esclusivamente minacce politiche e aggravio dei costi; inoltre la logica del "comando e controllo", adottata da parte delle istituzioni, non aiutava certo i soggetti imprenditoriali ad affrontare il problema in modo razionale ma, bensì, conflittuale.
Storicamente, a partire dalla rottura della contrapposizione tra i blocchi capitalista e comunista, il rapporto dell'impresa con le problematiche ambientali inizia a modificarsi.
L'impresa percepisce il raggiungimento degli obiettivi ambientali non più come minaccia, ma come un investimento ai fini, sia di una maggiore coerenza con le nuove condizioni del mercato, sia di un miglioramento della cultura ambientale del consumatore.
Contestualmente, le istituzioni operano nella direzione di rendere effettivamente compatibili economia e ambiente e alcuni movimenti ambientalisti ribaltano la propria impostazione, adeguando la posizione ideologica alla realtà.
Grazie a questo nuovo clima, la questione ambientale entra in modo strutturale tra gli obiettivi della gestione aziendale. Gli investimenti per ridurre l'impatto ambientale dei processi produttivi, la minimizzazione dell'uso delle materie prime, la riduzione dei consumi elettrici e il risparmio energetico, il miglioramento della compatibilità ambientale dei prodotti, l'attenzione volta allo smaltimento finale sono sempre più presenti nei bilanci aziendali. L'ambiente ha perso, per l'impresa, quelle componenti di drammaticità e incertezza, per diventare una delle tante variabili, spesso, anche, una variabile strategica capace di migliorare la "strategia competitiva".
Contestualmente, gran parte dei movimenti ambientalisti ha perso la carica anti-sistema e l'atteggiamento di contrapposizione alla tecnologia. Come conseguenza, è andato formandosi tra la gente un atteggiamento che non cerca, né l'eliminazione, né la demonizzazione della tecnologia, ma l'obiettivo di piegarla alla necessità di garantire alle generazioni future le nostre stesse opportunità attraverso una grande mobilitazione della progettualità umana (Sassoon, 1998).
Diverse analisi condotte da importanti Istituzioni nazionali, su un ampio spettro d'imprese, hanno mostrato che è oramai in atto un nuovo modo di gestire le imprese, per quanto riguarda il rapporto con l'ambiente. Se fino a qualche anno fa la normativa e la sensibilità nell'impresa richiedevano al produttore di farsi carico essenzialmente degli impatti delle emissioni sull'ambiente, oggi l'area delle responsabilità si è ampliata notevolmente.
L'impresa è chiamata a rivedere il rapporto con l'ambiente dalle prime fasi dell'attività fino alla destinazione finale del prodotto e agli smaltimenti e, cioè, ad analizzare gli input di energia, materie prime e componenti vari, riprogettare il prodotto in funzione dello smaltimento finale, controllare le emissioni, garantire la qualità del prodotto presso il consumatore, eventualmente ritirare il prodotto a fine vita, preoccuparsi della raccolta differenziata, del riciclaggio interno di materiali e componenti di scarto, della produzione d'energia da rifiuti, della produzione di prodotti "secondari" da materiali riciclati, di dare informazioni al pubblico.
Rispetto al succitato elenco di azioni si possono identificare tre livelli di gestione ambientale, quello passivo, quello adattivo e quello pro-attivo, che comportano tre modalità diverse della gestione ambientale dell'impresa, come indicato nella tab. 2.
Tab. 2 Tre tipologie di gestione ambientale
Fasi |
Passiva |
Adattiva |
Pro-attiva |
Livello di integrazione |
Soluzioni end-of-pipe |
Innovazione di processo-prodotto |
Via (14) interna ed esterna |
Livelli di responsabilità |
Specialisti di settore |
Medio management |
Top management con responsabili di funzioni |
Obiettivo perseguito |
Minimizzazione dei costi |
Adattamento e/o ottimizzazione del business |
Modifiche rilevanti di obiettivi e missioni dell'impresa |
Si può comunque affermare che:
- la ricerca della compatibilità ambientale da parte delle imprese si traduce, di norma, in uno sforzo di investimento e di innovazione di processo e/o di prodotto simile a quello perseguito normalmente nelle strategie competitive;
- l'obiettivo dell'eco-efficienza si trova sempre più spesso a coincidere con gli obiettivi del Total Quality Management;
- l'obiettivo dello "sviluppo compatibile", interpretato nell'ottica dell'efficienza industriale, consiste nel perseguire gli obiettivi aziendali con il minor dispendio possibile di energia e di materie prime, oltre che di manodopera e di capitale, nel minor tempo possibile, minimizzando sprechi e scarti. È quindi comprensibile che l'obiettivo dell'efficienza produttiva e organizzativa possa coincidere con quello dell'efficienza ambientale.
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NOTE
1. Obiettivo del sistema economico capitalistico è la massimizzazione del profitto e il suo reimpiego per l'allargamento delle attività produttive, mentre nelle società precapitaliste il sovrappiù non era investito ma utilizzato per il consumo delle classi proprietarie.
2. Il termine fu introdotto da Saint-Simon per designare il metodo esatto delle scienze; Saint-Simon indicò, anche, la sua applicabilità alla filosofia.
3. Oggi diremmo vantaggi competitivi.
4. Taylor fu il fondatore dello scientific management, meglio noto come taylorismo. I principi operativi del taylorismo sono a) Il processo di produzione industriale viene ridotto a singole semplici operazioni. b) Si cronometra il tempo standard di ogni operazione. c) Il lavoratore deve essere istruito per arrivare allo standard. d) Il lavoratore deve concentrarsi sullo sviluppo delle sue capacità manuali. e) Il lavoratore acquisisce le necessarie capacità, anche stimolato da incentivi economici.
5. Market responsive è la predisposizione dell'industria a porsi in posizione subalterna rispetto al consumatore/cliente. La risposta dello scaffale è sacra affermano i responsabili di marketing.
6. Il technology push è la predisposizione dell'industria a spingere il proprio prodotto, forzando la volontà espressa o latente del consumatore/cliente.
7. La lean production è stata introdotta dalla Toyota; è un sistema di produzione che impiega una modesta quantità di risorse aziendali, combina i vantaggi della produzione artigianale con quella di massa, consente di produrre un'ampia varietà di prodotti, impiega squadre di dipendenti multi-specializzati, è fortemente automatizzata, opera con un gran numero di sub-contractors, responsabilizza i lavoratori, che sono stimolati ad individuare eventuali anomalie nel processo di produzione. Alla squadra è affidato il compito della manutenzione di macchinari e impianti posti sotto la sua responsabilità.
8. È il tempo intercorrente tra il momento dell'ideazione di un nuovo prodotto e la sua commercializzazione.
9. È il tempo intercorrente tra l'inizio della prima attività e la fine dell'ultima attività di un ciclo di produzione di un prodotto.
10. È il tempo necessario per cambiare prodotto su un ciclo di produzione.
11. Stia in guardia chi compra.
12. Con paradigma si intende un insieme di regole, generalmente condivise, che servono da riferimento per una corretta interpretazione di una situazione, relativamente ad un determinato fenomeno. Thomas Kuhn dà dei paradigmi economici la seguente definizione «Una costellazione di concetti, percezioni, consuetudini e valori che creano una particolare visione della realtà economica».
13. Produttore e consumatore sfumano l'uno nell'altro creando il prosumer.
14. Valutazione di impatto ambientale.
29 aprile 2008
Eugenio Caruso
Per una panoramica più ampia sull'impresa moderna si rimanda a E. Caruso, L’impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove 2003