Savoia e Verduzio creano l'Ansaldo Avio. Io lavoro sempre con la convinzione che non esista, in fondo, nessun problema irrisolvibile.
INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei grandi capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia e del made in Italy. Anche con riferimento alle piccole e medie imprese che hanno contribuito al progresso del Paese. Biografie precedenti A - Abarth - August Abegg - Adamoli - Giovanni Agnelli - Franco Angeli - Agusta - Alemagna - Amarelli - Amato - Angelini - Ansaldo - Aponte - Richard Arkright - Auricchio - Savoia e Verduzio crearono il settore aeronautico in Ansaldo Gli Ansaldo S.V.A. erano una famiglia di biplani da ricognizione e bombardamento italiani, sviluppati nella seconda fase della prima guerra mondiale. Protagonisti di diverse imprese, come il volo su Vienna con Gabriele D'Annunzio nel 1918 o il raid Roma-Tokyo di Arturo Ferrarin e Guido Masiero nel 1919, ottennero un discreto successo nell'esportazione, venendo utilizzati da 11 paesi, tra i quali Francia e Stati Uniti, e furono costruiti in circa 2 000 esemplari.
Il progetto di questo biplano iniziò nel 1916 ad opera di Rodolfo Verduzio e Umberto Savoja, due dei pionieri dell'aeronautica italiana. Il nome del velivolo, S.V.A, era appunto un acronimo delle iniziali dei cognomi dei due progettisti e della ditta costruttrice: Savoia, Verduzio, Ansaldo. Partecipò al progetto anche il giovane Celestino Rosatelli, il futuro padre dei biplani Fiat C.R.32 e C.R.42. La sua iniziale non compariva nel nome del velivolo, ma esso presentava quella che diventerà la sua firma inconfondibile: i montanti a W (controventatura a trave di Warren) tra l'ala superiore e l'ala inferiore.
I progettisti, utilizzando un motore in linea SPA da 220 CV, miravano a realizzare un aereo da caccia dalle prestazioni superiori a quelle dei velivoli contemporanei. Per poter arrivare a un simile risultato utilizzarono un approccio piuttosto moderno, impostando il progetto secondo un attento calcolo strutturale fin dall'inizio, e ciò in un'epoca in cui la progettazione aeronautica si basava ancora su un approccio empirico.
Gli S.V.A.: da S.V.A.1 a S.V.A.10La famiglia degli Ansaldo S.V.A. rappresentò sostanzialmente l'evoluzione di uno stesso velivolo, anche se i diversi velivoli vennero utilizzati per ruoli diversi con diversi equipaggiamenti. Ad essere impiegato come propulsore era lo SPA a 6 cilindri in linea, sostituito dall'Isotta Fraschini V.6 in alcuni degli ultimi sviluppi; comunque vennero sperimentati anche altri propulsori. Complessivamente, fino alla seconda metà degli anni venti furono realizzati circa 2.000 esemplari dei diversi modelli di S.V.A., dei quali circa 1.200 realizzati durante il conflitto. Fra i produttori che contribuirono a tali numeri, un ruolo di rilievo fu assunto dalle Officine Moncenisio. S.V.A.1
I primi 4 prototipi vennero denominati inizialmente S.V. , poi S.V.A.1; essi si distinguevano dagli esemplari successivi per l'assenza di parabrezza e per una differente contreventatura ala superiore-fusoliera e sistemazione degli scarichi.
S.V.A. 1 con motore SPA 1918 S.V.A.2Lo S.V.A.2 fu il primo esemplare di serie. Fin dall'inizio vennero modificati le controventature e gli scarichi. Successivamente vennero introdotti nuovi accorgimenti.
S.V.A.3
Lo S.V.A.3 era un derivato dello S.V.A.2 destinato alla caccia. Armato con due mitragliatrici Fiat Mod. 14 tipo Aviazione sull'ala, presentava un'apertura alare ridotta di circa 1,35 m. S.V.A.4
Lo S.V.A.4 rappresentò il modello di transizione tra lo S.V.A.2 e lo S.V.A.5. Destinato alla ricognizione, presentava una deriva maggiorata per migliorare la stabilità dell'aereo. S.V.A.5Lo S.V.A.5 fu la principale versione di serie prodotta durante il conflitto. Versione migliorata dello S.V.A.4 e capace di una maggiore autonomia, venne impiegata principalmente come ricognitore/bombardiere, ma anche come caccia di scorta per i trimotori Caproni, CA33, CA40, CA42, CA44 er CA45 . L'armamento era di due mitragliatrici fisse anteriori e di due bombe da 25 kg ciascuna, montate sui fianchi della fusoliera. Il carico offensivo, modesto, era compensato dalla buona autonomia del velivolo, che consentiva profonde penetrazioni in territorio nemico.
S.V.A.5 S.V.A.6Lo S.V.A.6 era uno sviluppo da bombardamento che presentava un più capace serbatoio a gravità nell'ala superiore. S.V.A.8Poco si sa dello S.V.A.8, che venne realizzato in unico esemplare. S.V.A.9Lo S.V.A.9 era uno S.V.A. biposto, destinato all'addestramento. L'installazione di un secondo abitacolo comportò la modifica delle controventature tra ala e fusoliera. Il primo prototipo era destinato a Gabriele D'Annunzio per il Volo su Vienna, ma rimase distrutto in un incidente. Sette esemplari di S.V.A.9 furono utilizzati per il Raid Roma-Tokyo del 1920, ma solo l'apparecchio di Arturo Ferrarin, già utilizzato per una trasvolata alpina, e quello di Guido Masiero giunsero a destinazione in Giappone; gli altri, insieme ai quattro Caproni impiegati dal resto degli equipaggi imbarcatisi nell'impresa, furono costretti a rinunciare per vari problemi ed uno di essi fu coinvolto in un incidente mortale. S.V.A.10
Lo S.V.A.10 fu l'ultimo sviluppo della famiglia. Destinato alla ricognizione, era un biposto. Il pilota, nell'abitacolo anteriore, disponeva di una mitragliatrice anteriore fissa sul lato sinistro. L'osservatore, nell'abitacolo posteriore, aveva una mitragliatrice Lewis brandeggiabile. Il velivolo era equipaggiato con macchine fotografiche, nelle prime versioni installate sotto le ali e poi sostituite da macchine montate in fusoliera, verso coda. Su alcuni S.V.A.10 vennero installati anche impianti radio. Gli S.V.A.10 erano equipaggiati sia con il classico motore SPA a 6 cilindri in linea, che con il più potente Isotta Fraschini V6. Uno S.V.A.10 venne modificato per realizzare il biposto destinato a Gabriele d'Annunzio per il Volo su Vienna. Sugli S.V.A. 10 di serie il pilota sedeva nel posto anteriore. Per permettere a d'Annunzio di sedere davanti, si invertì la disposizione dei posti. L'inversione rese necessario lo spostamento dei comandi motore tramite leveraggi esterni, coperti dalla caratteristica carenatura metallica sul lato sinistro della fusoliera. Il serbatoio principale, sagomato in modo da contornare il seggiolino anteriore, venne definito "sedia incendiaria" dall'illustre passeggero. Oltre la variante Tipo Vienna fu progettato anche il Tipo Berlino con un ulteriore serbatoio da 50 litri sotto il sedile del pilota. Terminata la guerra, il velivolo venne riconosciuto come di valore storico e se ne organizzò la conservazione. Nel 1921 fu custodito presso la Cooperativa Nazionale Aeronautica, passando poi al Vittoriale, da cui uscì solo per eventi eccezionali ed era esposto appeso nella cupola dell'auditorium del Vittoriale. Nel 1988, in occasione del 50º anniversario della scomparsa di d'Annunzio e dei 70 anni del volo su Vienna, i volontari del Gruppo amici velivoli storici di Torino e Alessandria condussero una prima serie di attività di restauro, calando a terra l'aereo per la prima volta dal 1963, smontando e ripulendo tutti i particolari del velivolo. Furono inoltre effettuati numerosi rilievi e misurazioni. Con l'occasione venne restaurato il motore SPA 6A, conservato a parte, e l'elica dell'aereo. Solo in quella occasione venne identificata l'esatta versione dell'aeroplano conservato al Vittoriale, confermando trattarsi di un Ansaldo SVA 10 con numero di immatricolazione 12736. L'operazione si svolse con il supporto dell'Aeritalia (oggi Alenia Aermacchi) che fornì i materiali occorrenti per i lavori. Le officine che produssero lo SVA sono infatti parte del nucleo industriale torinese dell'attuale azienda. Si trattò di un esempio di collaborazione tra un gruppo spontaneo come il GAVS ed una istituzione museale pubblica, nonché di dimostrare la possibilità di coinvolgere sponsor qualificati in un progetto volto alla conservazione del patrimonio storico-aeronautico. L'anno successivo, il 1989, proseguirono le attività di restauro da parte dei volontari del GAVS che nell'occasione installarono uno pneumatico originale rigenerato e montarono i tiranti di controventatura alare sino ad allora assenti: per la loro realizzazione vennero utilizzati come modello di riferimento i tiranti originali dello SVA 9 da poco acquisito negli Stati Uniti dalla Aeritalia. Con l'installazione dei tiranti il velivolo riacquistò la corretta geometria dei piani alari. Venne inoltre smontato dal velivolo il serbatoio supplementare del liquido refrigerante: questo particolare conosciuto con il termine “nourrice” era installato sull'estradosso dell'ala superiore e funzionava per gravità; costruito in rame risultava notevolmente danneggiato ed incompleto e venne portato a Torino per essere sottoposto ad un impegnativo restauro. Una nuova campagna di restauro fu svolta dai volontari della stessa associazione nel 2012. Era infatti terminato il restauro del serbatoio supplementare di liquido refrigerante “nourrice” e con lo scopo di completare il velivolo con il particolare, i volontari proposero al Museo del Vittoriale di eseguire le complesse operazioni necessarie per abbassare al suolo l'aereo e con l'occasione effettuare un ulteriore ciclo di interventi conservativi sul velivolo; la direzione del Museo aderì entusiasticamente alla proposta sostenendo i costi vivi dell'operazione. L'aereo venne quindi sottoposto ad un controllo generale dello stato di conservazione, una pulizia completa; e furono praticate piccole riparazioni, applicando prodotti specifici per la conservazione. È stata inoltre realizzata ed installata una replica della porzione mancante della carenatura dei comandi motore presente sul lato sinistro della fusoliera che caratterizza il velivolo differenziandolo da tutti gli altri Ansaldo SVA 10 costruiti. I S.V.A.L'I S.V.A. era una versione idrovolante, derivata dagli S.V.A.4 e S.V.A.5. La variante idrovolante venne sviluppata con la collaborazione di Alessandro Guidoni ed il primo prototipo venne collaudato da Mario Stoppani alla fine del 1917. I primi esemplari realizzati avevano una coppia di semplici galleggianti tubolari, poi sostituiti da più moderni galleggianti chigliati. Sui galleggianti tubolari vennero provate anche alette idroplane, simili a quelle degli aliscafi, un'intuizione dello stesso Guidoni. Della versione idrovolante, ne venne prodotta anche una versione biposto per la Regia Marina, Denominato S.V.A. AM (Ansaldo Marino), esso aveva galleggianti di tipo chigliato. Tre I SVA arrivano entro febbraio 1918 alla 260ª Squadriglia (che al 1º giugno ha in carico quattro idro SVA che non vengono usati per scarsa affidabilità. In luglio gli SVA vengono rinviati in ditta.) ed un I SVA nell'estate successiva alla 272ª Squadriglia. A.P.L'A.P. (Ansaldo Postale) venne derivato come aereo postale nei primi anni venti. Esso presentava un'apertura alare maggiorata ed utilizzava un motore Isotta Fraschini V.6, già montato in alcune versioni dello S.V.A.10. Per il raffreddamento dell'unità motrice, esso abbandonava il tradizionale radiatore frontale per un radiatore tubolare Lamblin, montato tra le gambe del carrello.
Lo S.V.A. modificato utilizzato per il volo su Vienna è conservato al Vittoriale
Eugenio Caruso - 21 giugno 2022
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