Crisi del gas, tasse e provocazioni alla Cina


Altre tasse

Vogliono rifilarci altre tasse con la scusa del caro energia. Il prezzo fuori controllo del gas e la sua mancanza, perché di questo iniziano a lamentarsi molte imprese, sta diventando la cartina di tornasole di come una buona fetta della politica e dei burocrati reagiscono alle emergenze economiche: aumentare le tasse e ridurre gli spazi di libertà economica.
Da Bruxelles era arrivata l’incredibile proposta di impedire la locazione e la vendita degli immobili senza una buona efficienza energetica. Sembra una barzelletta, ma è solo la punta dell’iceberg. D’altronde, negli sfortunati cartelloni pubblicitari digitali di Enrico Letta, si mettono in alternativa i combustibili fossili con le rinnovabili: come a dire che chi usa i primi è un malfattore.
I reduci del comunismo italiano hanno aggiornato i loro slogan: non più far piangere i ricchi, ma abolire i jet privati. Potremmo anche vietare auto sopra a una certa cilindrata e yacht di lusso. A sinistra, Fratoianni trova una buona scusa, il prezzo alle stelle del gas, per proporre una nuova patrimoniale. E il segretario della Cgil Landini chiede di tassare il cento per cento degli extraprofitti, e non solo delle imprese energetiche. Il governo stesso ha provato a scovare questi super utili e prevedeva di incassare dieci volte più di quanto è riuscito a racimolare, visto come ha scritto male la norma.
La morale è la medesima: tassiamo a più non posso, vietiamo, aboliamo il lusso, impediamo ai privati facoltosi di spendere (e, per questa via, ridistribuire liberamente il proprio patrimonio) per risolvere il problema delle bollette. In Italia solo l’1 per cento degli introiti delle cosiddette tasse ambientali è effettivamente usato per l’ambiente. Le tasse green sono solo la foglia di fico per giustificare maggiori imposte che, altrimenti, non verrebbero tollerate.
Chissà perché non si impiega la medesima forza per trovare soluzioni più di mercato. In modo bipartisan, come avvenne per il Tap in Puglia, si sta provando a bloccare un rigassificatore a Piombino. A settembre i tedeschi metteranno in opera il primo di quattro impianti in un porto vicino a una centrale nucleare. Che peraltro hanno deciso di non chiudere, pur avendo i Verdi al governo. In tutto il mondo si stanno sfruttando meglio le centrali a carbone e noi ce ne vergogniamo. Si trivella in Adriatico, ma alle aziende italiane non è concesso.
L’Europa è l’unica area del mondo a pagare per la produzione di energia elettrica un sovrapprezzo, una tassa ambientale e variabile chiamata Ets. E nessuno chiede di abolirla. Persino l’Economist dice che le sanzioni ai russi rischiano di danneggiare più noi che loro. Ma, a ragionarci sopra, si passa per filoputiniani. Il presidente di Nomisma, Tabarelli, massimo esperto del settore, da mesi sostiene che l’apertura del nuovo tubo, già pronto, dalla Russia, Nord Stream 2, comporterebbe un’immediata riduzione dei prezzi. Il mercato è fatto anche di speculazioni e balzi apparentemente illogici, ma è niente rispetto alle scelte folli di chi ci governa.
Nicola Porro, Il Giornale 29 agosto 2022

Oltre all'incongruenza delle sanzioni alla Russia, si aggiungono ora le provocazioni alla Cina

La promessa che la candidata premier inglese fa ai suoi alleati suona come un’ulteriore possibile motivo di tensione nello scenario tra Occidente e Oriente. Dopo la visita della statunitense Nancy Pelosi a Taiwan il clima, tra l'occidente e la Cina, si è scaldato e questo passo potrebbe essere la scintilla in grado di allontanare, ancora una volta, le risoluzioni diplomatiche. Favorendo così i giochi di forza geopolitici. Liz Truss pare intenda infatti “riaprire la revisione integrata che tratta di quali dovrebbero essere le priorità britanniche in termini di diplomazia e difesa nel prossimo decennio”. Un tentativo, quello della Truss, per reprimere gli sforzi del Tesoro di rafforzare la cooperazione economica con Pechino. La Cina è infatti per il Regno Unito un “concorrente sistemico” e un paese con cui andrebbero approfondite le relazioni commerciali. Nella revisione, che Truss promette di modificare, si legge infatti: “Le economie commerciali aperte come il Regno Unito dovranno impegnarsi con la Cina a rimanere aperte al commercio e agli investimenti cinesi, ma devono anche proteggersi dalle pratiche che hanno un effetto negativo sulla prosperità e sulla sicurezza”. Ma non per la conservatrice che ha sostenuto che la priorità deve essere quella nazionale e non quella economica. L’avversario politico di Truss e l’ex cancelliere Sunak hanno infatti tentato l’avvicinamento ad accordi commerciali nella speranza che il Regno Unito diventi il mercato preferito per le aziende cinesi, come rivelava sempre il Times lo scorso mese. Ma Truss ha gelato i rivali: “Non ci saranno più partnership economiche. Tutto questo doveva essere sospeso dopo Hong Kong”. Una fonte della campagna elettorale targata Truss racconta al Times: “Liz ha rafforzato la posizione ostile del Regno Unito su Pechino da quando è diventata ministro degli Esteri e continuerà ad assumere questa posizione da falco come primo ministro. È stata attiva nel denunciare la coercizione economica della Cina”. La presa di posizione della ministra inglese ricalca quella del segretario di stato americano Blinken che, solo qualche mese fa, ha definito la Cina “la più grande minaccia all’ordine internazionale”. In un’atmosfera mondiale in bilico è chiara la polarizzazione tra alleati Occidentali e non e, se sulla carta si continua a parlare di diplomazia, promesse come quelle di Liz Truss sembrerebbero dimostrare le sempre più frequenti provocazioni in campo geopolitico.

Bianca Leonardi, 29 agosto 2022

Eugenio Caruso - 30-08-2022

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