“[…] la distinzione tra passato, presente e futuro è soltanto un’illusione, anche se ostinata”. Einstein
Fino a qualche anno fa, eravamo in grado
di ricordare una quantità di numeri di telefono, ma anche le date dei compleanni e gli indirizzi dei nostri amici; osavamo persino guidare basandoci sul nostro GPS interno,
e non su un’applicazione. Quei giorni sembrano
così lontani… È come se avessimo progressivamente abbandonato la nostra memoria a favore
di quella del telefono, del computer o di qualsiasi altro strumento tecnologico. Paradossalmente,
è come se l’accesso sempre più facile a una moltitudine di informazioni su server esterni fosse
accompagnato da una difficoltà sempre maggiore a codificare, immagazzinare e ricordare quelle informazioni all’interno della nostra memoria.
È come se l’aumento delle dimensioni di questa
memoria esterna andasse di pari passo con la riduzione del volume e della qualità della nostra
memoria interna.
Che cosa è successo ai nostri ricordi per renderli meno affidabili e meno utili dei dati memorizzati su hard disk esterni o addirittura nel
cloud? Codificate con noncuranza, archiviate
senza alcun legame con ciò che conosciamo, organizzate male, mai cercate, le tracce della nostra
memoria si rivelano a volte del tutto inutilizzabili. E tutto questo sembra sempre più frequente.
I consulti per verificare le capacità di memoria non sono mai stati così richiesti: non solo da
persone anziane, come accadeva in passato, ma
anche da giovani intorno ai trent’anni e addirittura da bambini, che lamentano di non riuscire
a memorizzare nuove conoscenze o di non essere in grado di evocare vecchi ricordi. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi si tratta solo di un’impressione soggettiva, senza una reale
perdita della capacità di memoria, e le valutazioni rivelano la presenza di una facoltà intatta, ma
che fatica a essere utilizzata. Il motivo è semplice. Una buona memoria è quella che ci permette
di codificare, immagazzinare e richiamare le informazioni su richiesta. Allora perché abbiamo
la sensazione che da qualche tempo la nostra memoria non funzioni più?
Inoltre dai racconti degli antichi sappiamo che Iliade e Odissea vennero tenutti in vita grazie al racconto orale di giovani e vecchi, che i discepoli dei grandi filosofi erano in gardo di raccontare intere discussioni avvenute nelle varie scuole, che molti capolavori dei grandi filosofi sono stati salvati grazie al ricordo, che tra i mesopotani l'epopea di Gilgamesh veniva tramandata oralmente, e che anche Dante si lamentava che nel racconto orale della sua commedia i narratori a volte sbagliavano qualche verso, improvvisando con versi propri. D'altra parte questa capacità non è del tutto scomparsa. Ricordo che all'università un mio compagno di corso sapeva ricordare a memoria un libro appena letto; il fenomeno era talmente raro e inusuale che quel compagno lo chiamavamo GENIO.
L’effetto Google
La prima causa è probabilmente il fatto che,
di fronte alle nuove tecnologie, riteniamo che
la nostra memoria non sia all’altezza del compito. Convinti che non sia efficiente come lo smartphone o il computer, tendiamo a sottoutilizzarla.
Gli specializzandi in medicina vi diranno che
Google è il loro migliore alleato. Perché memorizzare l’intera anatomia del corpo se con un clic
si può trovare il nome di un muscolo o di un osso sul motore di ricerca del telefono? Il problema è che, esternalizzando in modo permanente
la nostra memoria, perdiamo la capacità di usarla in modo rapido ed efficiente. Provate a ricordare
l’ultimo evento a cui avete partecipato. È difficile? Probabilmente perché l’avete seguito attraverso lo schermo del telefono e non con gli occhi.
E forse davanti a voi c’era un mare di schermi con
braccia identiche alle vostre. La conseguenza? La
vostra memoria non ha fatto il lavoro di costruzione della scena che avete vissuto, con tutto ciò
che questo comporta in termini di dettagli visivi,
sonori, emotivi e affettivi. Peggio ancora, sapendo che tutto è stato memorizzato nel vostro telefono, potreste non aver nemmeno ricordato quel
momento in seguito, e la vostra memoria non ha
fatto il suo lavoro di ricostruzione del ricordo,
cruciale per ancorare definitivamente nella nostra mente ciò che viviamo.
Bisogna ricodificare!
La memoria è speciale: un ricordo viene immagazzinato e ricordato tanto meglio quanto più
viene evocato. Mentre prima pensavamo che per
ricordare bene un’informazione fosse necessario codificarla più volte, oggi sappiamo che per
ancorare bene un ricordo nella memoria e recuperarlo facilmente dobbiamo andare a cercarlo
il più spesso possibile. Infatti, oggi consideriamo
ogni ricordo come una rete di nuove connessioni, un percorso specifico tra diversi neuroni.
Ogni volta che si va a recuperare un ricordo, si
ripercorre l’intero percorso che lo costituisce e si
attraversano le fasi di codifica, memorizzazione e
richiamo, proprio come il primo giorno in cui si
è creato quel ricordo. E, ricordo dopo ricordo, la
strada che si percorre diventa sempre meglio lastricata, sempre più ampia e praticabile. Mentre
il recupero della conoscenza di un’informazione
(per esempio, leggendola per l’ennesima volta)
stimola solo la sua codifica, il recupero di questa
conoscenza dalla memoria, cioè la rievocazione
di un ricordo, richiede di rifare esattamente l’intero processo che ha presieduto alla creazione di
questo ricordo, e quindi stimola tutte le fasi della
memoria: codifica, immagazzinamento e recupero. Da qui l’importanza di sforzarsi a usare la memoria prima di correre al telefono per cercare informazioni. Ecco il primo consiglio pratico di un
elenco di dieci modi per preservare la memoria
(si veda sotto).
Il consiglio più generale è di continuare a imparare e imparare a imparare. Per il semplice motivo che più padroneggiamo i processi di memorizzazione, meglio siamo in grado di usare le
nostre capacità. Lungi dal considerare la nostra
memoria una pallida versione di quella del computer o dello smartphone, pensiamo a ciò che ha
di straordinario. A differenza della memoria di
una macchina, la nostra è capace di selezionare, scartare, conservare, abbellire e sublimare gli
eventi che viviamo. È quindi cruciale valorizzarla, usarla, fidarsi di essa, per non vederla svanire di fronte a una memoria tecnologica, generica
e standardizzata, che non ci permetterebbe più
di arricchire il nostro presente con le esperienze
già vissute e con quelle che verranno.
Dieci consigli per una memoria migliore
1. Usatela. Fidatevi della vostra memoria invece che di una
memoria esterna. Costringetevi a trovare un nome, una
data, un numero di telefono a memoria prima di controllare
il telefono.
2. Quando dovete ricordare qualcosa per un certo periodo di
tempo, imparatelo una volta e riprovate nove volte invece
che rileggere le informazioni dieci volte. Agli studenti
viene detto che invece di leggere un testo più volte per
memorizzarlo è molto più efficace leggerlo una volta
e sottoporsi al test dieci volte. In effetti, più cerchiamo
un’informazione nella nostra memoria più vi ancoriamo
questa traccia perché, ogni volta che la richiamiamo, il
cervello compie la stessa operazione della prima volta:
codifica, memorizza e richiama.
3. Per recuperare facilmente le informazioni apprese,
ponetevi domande in momenti incongrui: sotto la doccia,
mentre camminate, a tavola, al risveglio, e così via.
In questo modo si attivano meccanismi automatici di
richiamo della memoria e ci si assicura di poter recuperare
le informazioni molto rapidamente e in modo quasi
meccanico.
4. Collegate sempre una nuova informazione ad altre già
presenti nella vostra memoria. Se vengo a sapere che la
temperatura sulla superficie di Venere è di 200 gradi e che
questo è il risultato di un gigantesco effetto serra, sarà
molto efficace collegare questa informazione a ciò che so
sull’effetto serra e sul riscaldamento globale sulla Terra. In
questo modo si darà un senso al nuovo apprendimento e
sarà molto più facile trovare l’informazione ricordando tutto
ciò che è collegato a essa.
5. Cercate di ricordare il contesto in cui state apprendendo
le informazioni. In seguito, quando cercherete queste
informazioni nella memoria, sarà sufficiente evocare il
contesto in questione (la musica che stavate ascoltando,
il colore delle pareti della stanza in cui vi trovavate, le
persone che erano presenti e così via).
6. Cercate di associare emozioni ai ricordi, perché il
contenuto emotivo agisce da stimolatore della memoria.
7. Trovate una motivazione (qualunque essa sia) per
l’apprendimento da fare, perché i circuiti cerebrali della
memoria e della motivazione si sovrappongono in una
certa misura e memorizziamo meglio se le informazioni
sono rilevanti e motivanti per noi. Immaginare quale uso
potremo fare in seguito della nuova abilità o conoscenza
acquisita si rivela spesso un potente moltiplicatore.
8. Esercitatevi nell’apprendimento per migliorare le vostre
capacità di «meta-memoria», cioè la conoscenza che
abbiamo della nostra memoria. A volte ci sorprendiamo
quando confrontiamo ciò che pensiamo di aver
memorizzato con ciò che abbiamo effettivamente
conservato. La differenza varia da persona a persona.
Se tendiamo a sopravvalutare la nostra memoria, è
importante esserne consapevoli per rafforzare la dose di
ripetizione.
9. Migliorate la qualità della vostra attenzione quando
codificate le informazioni che volete ricordare. Percepire
con attenzione è il primo passo per la memorizzazione,
e ci assicura di codificare la traccia nel modo più
efficiente, perché venga immagazzinata nel miglior modo
possibile e ricordata. A tal fine, è possibile sviluppare la
consapevolezza della qualità della propria attenzione al
momento dell’apprendimento, in particolare attraverso le
tecniche di meditazione mindfulness.
0. Migliorate la qualità della codifica. Quanto migliore è
la qualità delle informazioni che codifichiamo, tanto
più efficiente è la loro memorizzazione. Per questo
motivo gli studenti preparano tabelle con colori
piacevoli, paragrafi grandi e piccoli e cercano di usare
le mnemotecniche durante l’apprendimento. In questo
modo si assicurano che le informazioni siano codificate in
modo molto efficiente e che abbiano tutte le possibilità di
immagazzinarle nella memoria e di ritrovarle quando ne
hanno bisogno.
1
L'ippocampo è una preziosa struttura cerebrale, che contribuisce alla memoria a breve e a lungo termine, alla memoria spaziale e all'orientamento. Morfologicamente simile al cavalluccio marino, l'ippocampo corrisponde a una piega interna della corteccia cerebrale costituente la porzione mediale del lobo temporale. Derivato embriologico del prosencefalo, l'ippocampo si compone di almeno 3 elementi: l'ippocampo proprio, la circonvoluzione dentata e il subicolo.
L'ippocampo stabilisce numerose connessioni, sia tra le sue componenti interne sia con aree encefaliche. Le lesioni dell'ippocampo sono connesse a condizioni come l'amnesia anterograda, l'amnesia retrograda, l'epilessia del lobo temporale e la schizofrenia.
Localizzazione dell'ippocampo nell'encefalo umano, evidenziato in rosso
I neuroni comunicano scambiandosi sostanze chimiche attraverso le sinapsi: il neurone a monte quando si attiva rilascia un neurotrasmettitore, cioè una molecola usata come segnale di comunicazione tra i neuroni, nel cosiddetto vallo sinaptico, cioè lo spazio tra le due cellule, e questo, quando captato dai recettori sulla membrana del neurone a valle, causa in quest’ultimo una serie di reazioni metaboliche che fanno sì che l’informazione venga passata nello stesso modo al neurone successivo e così via.
Una caratteristica fondamentale delle sinapsi è che non sono fisse. Mentre creare nuovi neuroni è un processo lento, tanto da farci pensare, fino a poco tempo fa, che non si creassero più nuovi neuroni dopo la nascita, le sinapsi sono in continua evoluzione. Ogni neurone crea e cancella sinapsi in continuazione con tutti i neuroni vicini in risposta agli stimoli che arrivano in ogni momento.
Le sinapsi tra neuroni, il modo in cui sono organizzate, create, cancellate, sono a tutti gli effetti i nostri ricordi.
Esempio di sinapsi interneuronale asso-somatica. All'arrivo del potenziale d'azione, la depolarizzazione della membrana del terminale sinaptico determina la fusione delle vescicole sinaptiche con la membrana presinaptica. Il mediatore viene rilasciato nello spazio sinaptico, interagisce con recettori presenti sulla membrana postsinaptica del secondo neurone e determina effetti p. es. apertura di canali ionici, risposte metaboliche, ecc. Il mediatore viene rimosso dallo spazio sinaptico e la sinapsi è pronta a un nuovo ciclo.
Tante intelligenze, tante capacità cognitive
Le intelligenze animali sono tante quante sono le nicchie ecologiche. Ogni specie ha le proprie capacità, frutto di un adattamento biologico,
con cui conosce l’ambiente circostante e per agire in esso con flessibilità ed efficacia.
Eppure, guardando a ogni singola specie,
quindi a parità di quei fattori ecologici e sociali
cui spesso si fa riferimento negli studi comparati, la grande variabilità individuale nelle capacità cognitive è sotto gli occhi di tutti. Per noi esseri umani, poi, è anche motivo di gran cruccio
e spesso ci interroghiamo su quali siano le abilità più utili da possedere per sopravvivere nella nostra società. Ma questa variazione intraspecifica nella cognizione può esserci di aiuto per
studiare i processi evolutivi che ne sono all’origine, argomento tanto affascinante quanto arduo da indagare. (Nella mia esperienza lavorativa ho scoperto che un'ottima memoria è un vantaggio indispensabile per emergere e che un'ottima memoria aiuta molto nel problem solving. NDR).
Un modo di procedere è proprio quello di individuare eventuali associazioni tra il possesso
di una o più capacità, come la memoria o il problem solving, e la longevità dell’esemplare in questione. Infatti, per essere selezionate,
individualmente o insieme, visto che spesso lavorano di concerto, tali abilità devono risultare in prestazioni che avvantaggino l’individuo
in termini di fitness e fare la differenza per la sopravvivenza o il successo riproduttivo.
Il comportamento esplorativo
Ebbene, si è visto che una certa associazione
c’è: gli esemplari più smart sono anche i più longevi. Ma a cavarsela bene sono anche quelli dal
comportamento esplorativo. Lo mostra una lunga osservazione di 198 microcebi murini (Microcebus murinus), piccoli lemuri del Madagascar
abitanti la Foresta di Kirindy, da parte di un team
del German Primate Center, autore dell’unico altro studio del genere sempre sui microcebi. Questa volta ne ha catturati 198 complessivamente,
tenendoli in gabbia per un massimo di tre notti consecutive, il tempo di sottoporli ad alcuni
test riguardanti quattro tipi di abilità:
- la
risoluzione dei problemi (prendere una leccornia intrappolata in una scatola a più settori),
- la
memoria (ricordare la posizione del cibo nascosto),
- il controllo inibitorio (fare una deviazione per accedere al cibo)
e la comprensione causale (recuperare il cibo tirando una corda).
Oltre a ciò, nella valutazione degli animali era
incluso anche il peso corporeo, rilevante per la
sopravvivenza, e due tratti caratteriali, il comportamento esplorativo e la neofilia, nella consapevolezza che essi possono influire sulle prestazioni cognitive.
Compromessi vantaggiosi
Nei piccoli lemuri è emersa un’associazione
tra personalità e stili cognitivi, in linea con quanto sostenuto già molti anni fa dallo psicologo evoluzionista Marco del Giudice: in natura, gli animali più esplorativi e audaci agiscono in modo
più rischioso e ottengono più guadagni a breve
termine degli altri; i più lenti, che impiegano più
tempo in deduzioni e decisioni accurate, sono
meno azzardati, ma nell’immediato ottengono
di meno. Il team ha visto che i lemuri più esplorativi riescono peggio nei test cognitivi, ma hanno una maggiore massa corporea, probabilmente
per la loro maggiore capacità di trovare del cibo.
Insomma, per quanto riguarda il compromesso
tra tratti singolarmente vantaggiosi ma in conflitto tra loro, si conferma quello tra rapidità e accuratezza, che nei lemuri portano tutto sommato a simili benefici.
Ancora sappiamo molto poco dei processi evolutivi che danno forma alle variazioni cognitive,
ma questi risultati suggeriscono che per questi
piccoli lemuri ci sono due possibili strategie per
la lunga vita, l’avere migliori prestazioni cognitive o adottare comportamenti esplorativi avendo
delle buone condizioni fisiche. Tornando a noi,
in che misura questo sia vero anche nelle nostre
società è tutto un altro discorso.
I lemuri sono spesso oggetto di studi per la loro elevata socialità
Nicla Pamciera
MIND DI AGOSTO 25-08-2023