Edmund Spenser e il suo capolavoro, La regina delle fate."Il destino della farfalla" di Edmund Spenser GRANDI PERSONAGGI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i più grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi letterati una nuova stella che nasce nell'universo.
Blatant Beast (Bestia palese) Blatant Beast è un epiteto con cui Spenser si riferiva agli schiamazzi ignoranti e diffamatori della plebe. Comunque l'espressione usata in The Faerie Queene indica la maldicenza in generale e Spenser mostra come essa rovini il mondo, nascendo dapprima dalla Corte (non dai villaggi o dai bassifondi) e causando rovina dovunque essa vada, finché addirittura penetra nei monasteri. Soltanto Calidoro, il più cortese dei cavalieri, è in grado di domare, incatenare e imprigionare la Blatant Beast, che alla fine riesce però a liberarsi e tuttora causa rovina nel mondo.
Edmund Spenser nacque a Londra nel 1552. Nel 1576 si laureò all’università di Cambridge e fu al servizio di uomini autorevoli, come il vescovo di Rochester. Partecipò alla colonizzazione di una parte dell’isola ma fu poi allontanato dai ribelli che incendiarono la sua dimora. Nelle sue opere cantò la supremazia del governo inglese su quello feudale irlandese. Si ispirò a Virgilio e alle sue “Bucoliche”, componendo dodici ecloghe che perlopiù descrivono il mondo di corte. Tutte le ecloghe comprendono una “glossa”, cioè un commento a margine (di Spencer o di un suo anonimo amico) che serve a chiarire parti oscure dovute al lessico arcaico. “The Faerie Queen” (il capolavoro di Spenser) è dedicato alla regina, designata “Regina delle fate”. L’epica è quel genere che rievoca le imprese fondatrici della cultura di un popolo: proprio per questo possiamo affermare che “The Faerie Queen” costituisce il primo poema epico inglese. L’opera doveva essere composta da dodici libri suddivisi a loro volta in dodici canti. Il “dodici” rappresentava sia il numero delle virtù istituite da Aristotele nell’ “Etica Nicomachea”, sia il numero dei giorni di festeggiamento per l’ascesa al trono di Elisabetta (impersonata da Gloriana, regina delle fate). Il ritmo melodioso è accompagnato dalla rima ABABBCBC più un esametro finale. Il poema è all’altezza non solo di prodotti epici come l’ “Eneide”, ma anche di opere come l’ “Orlando Furioso” o la “Gerusalemme Liberata”. Per questo “The Faerie Queen” può essere considerata insieme epica e romanzo, dove il nucleo centrale è costituito da Gloriana-Elisabetta, attorno al quale agiscono i cavalieri. Nel VI libro Calidore si arrampica sul monte Acidale, dove ha l’occasione di assistere, non visto, alla danza di cento ninfe che si muovono al suono del piffero di Colin Clout. Tra le cento fanciulle vi sono tre donne, le tre Grazie, che offrono i doni del corpo e della mente e rappresentano l’offerta, il gradimento e la restituzione dei benefici. Tali donne possono essere evocate solo attraverso il suono allettante della poesia, qui trasfigurata nella musica del piffero. Al centro delle tre Grazie vi è un’altra donna, che rappresenta l’amore o probabilmente il potere di Elisabetta. Gli sfondi di Spenser sono perlopiù scenari fantastici, come castelli incantati e foreste fatate. Nelle dimore incantate i cavalieri incontrano fate ed affrontano streghe e draghi. In questi luoghi nulla indica una cosa sola e per vincere un cavaliere deve interpretare bene i “segni” che incontra lungo il suo cammino. “Amoretti” è una raccolta di ottantanove sonetti dedicata da Spenser alla seconda moglie, Elizabeth Boyle. L’omonimia con il nome della regina consentiva all’autore di parlare contemporaneamente di amore privato e amore politico. Nel Sonetto 73 egli loda addirittura le tre Elisabetta che hanno valorizzato la sua vita: la moglie, la madre e la regina. Nell’opera si sviluppa una storia d’amore che trabocca di desiderio ardente. “Epithalamion” è un’opera che esalta la felicità coniugale raggiunta attraverso il matrimonio. Secondo l’etimologia greca, infatti, l’ “epithalamion” è una canzone cantata davanti la porta d’ingresso della camera nuziale. (Claudia Mercia) Elenco delle opere
POESIE One day I wrote her name
The Shepheardes Calender To his book Goe little booke: thy selfe present Prima egloga. Gennaio Shepeheards boye (no better doe him call)when Winters wastful spight was almost spent, All in a sunneshine day, as did befall, Led forth his flock, that had bene long ypent. So faynt they woxe, and feeble in the folde, That now vnnethes their feete could them vphold. All as the Sheepe, such was the shepeheards looke, For pale and wanne he was, (alas the while,) May seeme he loud, or els some care he tooke: Well couth he tune his pipe, and frame his stile. Tho to a hill his faynting flocke he ledde, And thus him playnd, the while his shepe there fedde. Ye Gods of loue, that pitie louers payne, (If any gods the paine of louers pitie:) Looke from aboue, where you in ioyes remaine, And bowe your eares vnto my dolefull dittie. And Pan thou shepheards God, that once didst loue, Pitie the paines, that thou thy selfe didst proue. Thou barrein ground, whome winters wrath hath wasted, Art made a myrrhour, to behold my plight: Whilome thy fresh spring flowrd, and after hasted Thy sommer prowde with Daffadillies dight. And now is come thy wynters stormy state, Thy mantle mard, wherein thou mas-kedst late. Such rage as winters, reigneth in my heart, My life bloud friesing with vnkindly cold: Such stormy stoures do breede my balefull smart, As if my yeare were wast, and woxen old. And yet alas, but now my spring begonne, And yet alas, yt is already donne. You naked trees, whose shady leaues are lost, Wherein the byrds were wont to build their bowre: And now are clothd with mosse and hoary frost, Instede of bloosmes, wherwith your buds did flowre: I see your teares, that from your boughes doe raine, Whose drops in drery ysicles remaine. All so my lustfull leafe is drye and sere, My timely buds with wayling all are wasted: The blossome, which my braunch of youth did beare, With breathed sighes is blowne away, & blasted, And from mine eyes the drizling teares descend, As on your boughes the ysicles depend. Thou feeble flocke, whose fleece is rough and rent, Whose knees are weake through fast and euill fare: ayst witnesse well by thy ill gouernement, Thy maysters mind is ouercome with care. Thou weake, I wanne: thou leane, I quite forlorne: With mourning pyne I, you with pyning mourne. A thousand sithes I curse that carefull hower. Wherein I longd the neighbour towne to see: And eke tenne thousand sithes I blesse the stoure, Wherein I sawe so fayre a sight, as shee. Yet all for naught: such sight hath bred my bane. Ah God, that loue should breede both ioy and payne. It is not Hobbinol, wherefore I plaine, Albee my loue he seeke with dayly suit: His clownish gifts and curtsies I disdaine, His kiddes, his cracknelles, and his early fruit. Ah foolish Hobbinol, thy gyfts bene vayne: Colin them giues to Rosalind againe. I loue thilke lasse, (alas why doe I loue?) And am forlorne, (alas why am I lorne?) Shee deignes not my good will, but doth reproue, And of my rurall musick holdeth scorne. Shepheards deuise she hateth as the snake, And laughes the songes, that Colin Clout doth make. Wherefore my pype, albee rude Pan thou please, Yet for thou pleasest not, where most I would: And thou vnlucky Muse, that wontst to ease My musing mynd, yet canst not, when thou should: Both pype and Muse, shall sore the while abye. So broke his oaten pype, and downe dydlye. By that, the welked Phœbus gan availe, His weary waine, and nowe the frosty Night Her mantle black through heauen gan ouerhaile. Which seene, the pensife boy halfe in despight Arose, and homeward droue his sonned sheepe, Whose hanging heads did seeme his carefull case to weepe.
21 dicembre 2023 - Eugenio Caruso
|
www.impresaoggi.com |