Iosif Brodskij, uno dei massimi poeti del XX secolo.

Esistono città a cui non c’è ritorno. Il sole batte
alle loro finestre come su specchi levigati. Cioè
non puoi penetrarci nemmeno a prezzo d’oro. Là
il fiume scorre sempre sotto i sei ponti.
Là esistono luoghi dove hai baciato labbra
con le labbra, e con la penna i fogli. La teoria di archi,
colonne, spaventapasseri di ghisa, abbarbaglia gli occhi;
la folla che assedia l’angolo dei tram là parla
nella lingua di chi è partito.

Brodskij


GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i più grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi letterati una nuova stella che nasce nell'universo.

I RUSSI

Blok - Brodskij - Bulgàkov - Bunin - Cechov - Dostoevskij - Erofeev - Esénin - Gogol - Gor'kij - Lermontov - Majakovskij - Nabokov- Pasternak - Puškin - Šolochov - Solženicyn - Tolstoj - Turgenev - Zamjatin -

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Iosif Aleksandrovic Brodskij, noto anche come Joseph Brodsky (Leningrado, 24 maggio 1940 – New York, 28 gennaio 1996), è stato un poeta, saggista e drammaturgo. Considerato uno dei maggiori poeti russi del XX secolo, fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1987 e nel 1991 fu nominato poeta laureato. Scrisse principalmente in russo, fatta eccezione per i saggi, che scrisse in inglese. Nasce a Leningrado nel 1940 nella famiglia ebraica Schorr (Shor), di antica e illustre ascendenza rabbinica. Suo antenato in linea diretta è Joseph ben Isaac Bekhor Shor, rabbino ebreo-francese, poeta ed esegeta del Tosafot, attivo nel XII secolo. I primi anni della sua vita coincidono con quelli della seconda guerra mondiale e con l'assedio di Leningrado, nel corso del quale perde uno zio a causa della fame. Il padre, fotoreporter di guerra, è quasi totalmente assente durante l'infanzia di Brodskij. Terminato l'assedio, il giovane poeta e sua madre sono evacuati a Cerepovec per poi tornare a Leningrado nel 1944 in una nuova casa sul Litejnyj prospekt.
Nel 1947 comincia la formazione scolastica che non terminerà mai. Le idee estetiche di Brodskij si formano nella Leningrado di questi anni. L'architettura neoclassica, pur parzialmente distrutta dai bombardamenti, le infinite prospettive pietroburghesi, il suo carattere di città costruita sull'acqua e i relativi riflessi colorati sono tutte impressioni che ricorrono nelle opere del Brodskij più maturo.
Non ancora sedicenne, abbandona gli studi per lavorare come apprendista tornitore nella fabbrica Arsenal di Leningrado. Brodskij nutriva già da qualche tempo, infatti, il desiderio di aiutare economicamente la famiglia. Compiuti i sedici anni vuole diventare medico e per un mese lavora in un obitorio dove fa pratica con il sezionamento dei cadaveri. L'esperienza lo segna e dopo poco tempo abbandona i suoi propositi in campo medico. Nei cinque anni successivi all'abbandono degli studi svolge i lavori più disparati: da tornitore a fuochista a guardiano di un faro fino a partecipare a spedizioni geologiche in Sacha-Jacuzia e in Siberia. Nell'estate del 1961 abbandona anche questo lavoro a causa di una crisi nervosa ottenendo il permesso di tornare a Leningrado.
Sono questi anni in cui Brodskij legge moltissimo, anche senza un ordine preciso, in particolare letteratura religiosa, filosofica e poesia e inizia a studiare inglese e polacco. Nel 1959 è già stato introdotto nell'ambiente letterario e ha collezionato conoscenze importanti del calibro di Evgenij Rejn, Anatolij Genrichovic Najman, Vladimir Ufljand, Bulat Šalvovic Okudžava e Sergej Donatovic Dovlatov. L'anno successivo a queste conoscenze in campo letterario partecipa alla sua prima grande esibizione pubblica, il Torneo dei poeti nel Palazzo della Cultura Gor'kij a Leningrado esibendosi con la lettura della sua poesia Cimitero ebreo che provoca uno scandalo.
Durante il viaggio a Samarcanda nel dicembre del 1960, Brodskij e il suo amico Oleg Šachmatov (ex pilota dell'aviazione) progettano di dirottare un aereo per fuggire all'estero. Tuttavia non hanno il coraggio di portare a termine l'idea. Più tardi Šachmatov sarà arrestato dal KGB per possesso illegale di armi e confesserà anche questo piano, oltre al progetto di uno scritto antisovietico di Michail Umanskij che Brodskij e il pilota volevano consegnare a uno statunitense incontrato per caso. Il 29 gennaio 1961 Brodskij è arrestato dal KGB ma liberato due giorni dopo.
Nell'agosto 1961 a Komarovo conosce, grazie alla mediazione di Rejn, la poetessa Anna Andreevna Achmatova, nel 1962 Nadežda Jakovlevna Mandel'štam e poco dopo, a casa dell'Achmatova, Lidija Korneevna Cukovskaja. Dopo la morte dell'Achmatova nel 1966 Brodskij e gli altri letterati a lei vicini, vengono definiti orfani di Achmatova. Nello stesso periodo conosce la giovane pittrice Marianna Basmanova. Da questo momento a lei, celata sotto le iniziali "M.B.", Brodskij dedica molte poesie. Marianna Basmanova diventerà sua moglie e nel 1967 avranno un figlio: Andrej.

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Prime poesie e influenze
Stando allo stesso Brodskij, egli comincia a scrivere poesie a 18 anni. Tuttavia esistono alcune poesie datate 1956-1957. Uno dei maggiori ispiratori della poesia di Brodskij è stato, almeno all'inizio, Boris Abramovic Sluckij. Le poesie più celebri di questo primo periodo sono sicuramente Piligrimy (I pellegrini), Pamjatnik Puškinu (Monumento a Puškin) e Roždestvenskij romans (Romanza di Natale), caratterizzate da un'accentuata musicalità, a volte addirittura tendente all'improvvisazione jazz.
Sempre secondo Brodskij, prima Marina Ivanovna Cvetaeva e poi Osip Emil'evic Mandel'štam insieme a Evgenij Abramovic Baratynskij sono stati decisivi per la sua evoluzione poetica. Tra i contemporanei lo influenzarono maggiormente Rein, Ufland e Krasovickij. Più tardi Brodskij considererà poeti sommi la Achmatova, la Cvetaeva e Auden, a seguire Konstantinos Kavafis e Robert Frost. Il canone dei massimi poeti era concluso da Rainer Maria Rilke e Boris Pasternak. La prima poesia pubblicata da Brodskij è Ballad o malen'kom buksire (in italiano: Ballata del piccolo traino) apparsa nel 1962 su un giornale per bambini.
Non passa molto dall'inizio della carriera poetica di Brodskij che iniziano anche i problemi con la censura sovietica. Le prime avvisaglie della persecuzione si manifestano con la pubblicazione di un articolo datato 29 novembre 1963 sul Vecernij Leningrad nel quale si bollava Brodskij di parassitismo sociale, adducendo come prova citazioni dalle sue poesie, stravolte ed estrapolate dal loro contesto. Brodskij si accorge delle calunnie ma è più concentrato su problemi personali e in particolare sulla separazione dalla moglie Marina Basmanova; a questo periodo risale anche il tentato suicidio. L'8 novembre 1964 viene pubblicata una raccolta delle lettere alla redazione del Vecernij Leningrad, in cui i lettori esigono una punizione per Brodskij e il 13 gennaio viene arrestato.
Il mese successivo ha il suo primo attacco di cuore che lo porterà per tutta la vita a soffrire di angina. Brodskij considererà questa malattia un costante avvertimento dell'incombere della morte, come si percepisce in molte delle sue poesie. Due sedute del processo furono stenografate da Frida Vigdorova e furono poi diffuse in samizdat.

«Giudice: Qual è la sua professione?
Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.
Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?
Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?
Giudice: Avete studiato per questo?
Brodskij: Per cosa?
Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l'università dove preparano... dove insegnano...
Brodskij: Non pensavo... Io non pensavo che ci si arrivasse con l'istruzione
Giudice: E come?
Brodskij: Io penso che...(confuso) venga da Dio...
Giudice: ?vete richieste?
Brodskij: Vorrei sapere perché mi hanno arrestato
Giudice: Questa è una domanda non una richiesta
Brodskij: Allora non ho richieste.» (dialogo tra Brodskij e il giudice stenografato da Frida Vigdorova
)

Dalle stenografie risulta che tutti i testimoni dell'accusa cominciano i propri interventi con le parole: «Io personalmente non conosco Brodskij...», frase che ricorda il famoso "Io, il romanzo di Pasternak non l'ho letto, ma lo disapprovo" pronunciata durante la persecuzione di Pasternak da parte della censura. Tra i testimoni dell'accusa si segnala un certo Nikolaev, un pensionato convocato apposta per una deposizione contro Brodskij e Voievodin, membro dell'Unione degli Scrittori che aggiungerà anche l'accusa di pornografia oltre a quelle già citate di parassitismo e infine l'accusa gravissima di assenza di amore per la patria e per il suo popolo. Brodskij fu inoltre volgarmente tacciato di essere un «pigmeo ebreo con pantaloni di velluto a coste».
Il 13 marzo 1964 Brodskij è condannato al massimo della pena prevista per il reato di parassitismo: 5 anni di lavori forzati in esilio nel distretto di Konoša. Tuttavia in un'intervista Brodskij parla del periodo dell'esilio come del più felice della sua vita in quanto può dedicarsi allo studio della poesia inglese, in maniera particolare delle opere di W. H. Auden.
Oltre alle numerose pubblicazioni poetiche per le case editrici dell'emigrazione russa all'estero (Vozdušnye puti, Novoe russkoe slovo e altre), tra agosto e settembre del 1965 vedono la luce due suoi componimenti su Prizyv, (il richiamo) rivista locale del distretto di Konoša. Il processo al poeta dà l'impulso alla nascita del Movimento in difesa dei diritti umani in URSS e attira l'attenzione dell'Occidente sulle violazioni dei diritti umani in Unione Sovietica. La stenografia del processo a opera di Frida Vigdorova viene diffusa sulle più importanti testate estere come il New leader, Le Figaro, Encounter e addirittura letta dalla BBC.
Con la partecipazione attiva dell'Achmatova fu condotta una campagna pubblica in difesa di Brodskij: figure di spicco di questa campagna compaiono la stenografa Frida Vigdorova e Lidija Cukovskaja. Per ben un anno e mezzo queste scrivono lettere e appelli in favore di Brodskij a tutti gli organi giuridici e di partito e cercano di coinvolgere nella campagna tutte le persone più influenti del sistema sovietico, quali Šostakovic, Maršak, Cukovskij, Paustovskij, Tvardovskij e German. Successivamente, sotto la pressione dell'opinione pubblica sovietica e mondiale (soprattutto dopo il discorso al governo sovietico di Jean-Paul Sartre e di altri intellettuali di fama mondiale) la durata della pena viene ridotta restringendola al periodo già scontato, consentendo così a Brodskij di tornare a Leningrado. Secondo l'opinione di Gordin:

«L'impegno dei corifei della cultura sovietica non ha avuto alcuna influenza sulla decisione del partito. Decisivo fu invece l'avvertimento dell'amico dell'URSS Jean-Paul Sartre, secondo il quale, al forum Europeo degli scrittori, la delegazione sovietica avrebbe potuto trovarsi in una situazione difficile a causa del "caso Brodskij"» (Jakov Gordin)

Nell'ottobre del 1965, su raccomandazione di Boris Bachtin e Cukovskij, entra nella sezione dei traduttori dell'Unione degli scrittori dell'URSS, il che gli evita ulteriori accuse di parassitismo. Nelle sue interviste Brodskij si è sempre dichiarato contrario all'immagine di oppositore al potere sovietico, spesso attribuitagli dai mass media occidentali. Tuttavia Volgina racconta che Brodskij:

«non amava raccontare nelle interviste delle privazioni subite negli ospedali psichiatrici sovietici e nelle carceri, abbandonando decisamente l'immagine della "vittima del regime" a favore dell'immagine del "self-made man".» (A. Volgina, Iosif Brodskij)

Brodskij stesso, inoltre, affermò in più di un'occasione:

ho avuto fortuna sotto tutti i punti di vista. Altri hanno sofferto molto più di me, hanno avuto una vita più difficile della mia. [...] Io invece ritengo di essermi meritato tutto questo.» (Conversazione tra Brodskij e B. Vajl')

Brodskij non abbandonerà mai questa posizione, neanche nel periodo di maggior successo negli Stati Uniti.
Gli ultimi anni in patria
Dopo il ritorno a Leningrado Brodskij rimane in Russia ancora sette anni. Intanto nel marzo del 1966 era morta l'Achmatova. Ancora prima aveva cominciato a disgregarsi il circolo magico di giovani poeti che la circondava. Alla fine del 1965 Brodskij consegna all'Unione degli scrittori il suo primo manoscritto: Zimnjaja pocta (La posta invernale). Dopo una sofferenza durata mesi e nonostante la moltitudine di recensioni positive interne all'Unione degli scrittori, il manoscritto è restituito all'autore. Nel 1966-1967 escono quattro componimenti del poeta (Ja obnjal eti pleci i vzgljanul, Oboz, Pamjati Eliota e V derevne Bog živët ne po uglam) oltre alle pubblicazioni presso giornali per bambini. Segue il periodo del silenzio pubblico. Ai lettori di Brodskij non rimasero che le sue traduzioni.

Anche se non pubblica quasi nulla, questi sono anni di intensa creatività poetica, che culminano nei versi inclusi più tardi nei libri editi negli USA: Ostanovka v pustyne (Fermata nel deserto), Konec prekrasnoj epohi, (Fine della Belle Époque) Novye stansy k Avguste (Nuove stanze per Augusta). Nel 1965-1968 lavora al poema Gorbunov i Gorcakov, al quale attribuirà una grande importanza. Oltre ai rari interventi pubblici e alle letture a casa di amici, i suoi testi erano largamente diffusi in samizdat e in magnitizdat (metodo di diffusione clandestina di musica), grazie alla trasposizione musicale di alcuni suoi componimenti ad opera di Aleksandr Mirzajan e Evgenij Kljackin.
In questi anni Brodskij diventa sempre più celebre, comincia ad essere invitato nelle università occidentali, gli si chiedono interviste e diventa popolare anche tra gli studiosi slavisti pur non riuscendo ad ottenere dalle autorità nessun permesso di lasciare il paese. Il KGB, dal canto suo, continua a tenerlo sotto controllo pur non disturbando l'apparente tranquillità di questo periodo della sua vita. Oltre alle traduzioni, i mezzi a disposizione di un letterato escluso dal sistema non erano molti: qualche recensione da esterno per un giornale o qualche lavoro occasionale negli studi cinematografici. In quest'ultimo settore recita la parte di un segretario della sezione cittadina del Partito nel film Poezd v dalëkij avgust. Per ordine del Comitato per il cinema le immagini in cui compare Brodskij sono state successivamente distrutte.
Fuori dai confini dell'Unione Sovietica Brodskij è sempre più letto, sia in russo che in traduzione, soprattutto in inglese, polacco e italiano. I testi delle poesie e le bozze erano stati consegnati segretamente agli editori statunitensi o, come nel caso del poema Gorbunov e Gorcakov, spediti per posta diplomatica. Nel 1967 in Inghilterra viene pubblicata una raccolta di traduzioni non autorizzata dall'autore, dal titolo Joseph Brodsk, Elegy to John Donne and other Poems tradotti da Nicholas Bethell. Nel 1970 a New York esce Fermata nel deserto, il primo libro di Brodskij pubblicato con il suo consenso. Nel 1971 Brodskij è eletto membro dell'Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera.
Emigrazione
Nel maggio 1972 Brodskij fu chiamato dal dipartimento per i visti e gli stranieri dell'Unione Sovietica. Lì viene posto davanti alla scelta: emigrazione immediata oppure prepararsi a subire quotidiani interrogatori, carcerazioni e reclusioni in ospedali psichiatrici. Intanto nel 1964 gli era già capitato due volte di essere ricoverato negli ospedali psichiatrici e questo era stato per Brodskij, stando ai suoi stessi scritti, molto peggio dell'esilio o del carcere. Brodskij non esita, a questo punto, a lasciare l'Unione Sovietica Prima della partenza Vladimir Rafailovic Maramzin propone all'autore di raccogliere tutti i manoscritti delle opere per poterle poi pubblicare clandestinamente in samizdat in Russia una volta espatriato l'autore: risultato di questa proposta fu la prima, e fino al 1992 l'unica, raccolta delle opere di Brodskij in Russia.
Nel giugno del 1972 Brodskij lascia Leningrado, già privato della cittadinanza sovietica, alla volta di Vienna: qui conosce personalmente il poeta inglese che più di tutti l'aveva ispirato negli anni dell'esilio, Wystan Hugh Auden, che al momento risiedeva nella capitale austriaca. Il poeta inglese dimostra grande solidarietà nei confronti di Brodskij introducendolo negli ambienti letterari di Vienna, come lo stesso Brodskij riporta in un'intervista. Assieme a Auden, nel giugno dello stesso anno, partecipa al Poetry International, un incontro internazionale di poeti che si tenne a Londra dove stringe amicizie importanti, come quelle con Isaiah Berlin, Seamus Heaney e Robert Lowell. Poco tempo dopo ottiene un posto come professore presso l'Università del Michigan stando a quanto afferma Heaney in una sua lezione sulla poesia.
Periodo statunitense
Nel luglio 1972 Brodskij parte per gli Stati Uniti e si stabilisce nella città di Ann Arbor, per insegnare fino al 1980 all'Università del Michigan. Per i successivi 24 anni terrà lezioni in molte università nordamericane, come l'Università di New York e la Columbia University. Insegna storia della letteratura russa, teoria del verso, legge pubblicamente i propri versi ai forum e ai festival internazionali di poesia in svariati stati: USA, Canada, Inghilterra, Irlanda, Francia, Svezia e Italia. La didattica di Brodskij era sostanzialmente originale e diversa dalle consuetudini dei suoi colleghi. Scrive Losev:

«"Insegnare" nel suo caso ha bisogno di un chiarimento. Quello che faceva assomigliava poco a quello che facevano i suoi colleghi universitari, compresi i poeti. Prima di tutto, lui semplicemente non sapeva come "insegnare". Non aveva nessuna esperienza personale...Per 24 anni, 12 settimane all'anno si presentava regolarmente davanti a un gruppo di giovani americani e parlava con loro della cosa che amava di più in assoluto: della poesia...Che nome avesse il corso, non era poi così importante: tutte le sue lezioni erano lezioni di lettura lenta del testo poetico.» (Lev Losev (1999))

Mentre Brodskij è negli Stati Uniti, i suoi genitori per ben dodici volte fanno richiesta di poter far visita al figlio, senza mai ottenerne il permesso. Allo stesso poeta verrà addirittura negato di presenziare al funerale tanto della madre quanto del padre. Ai genitori Brodskij dedica la raccolta Parte del discorso (Cast' reci) (1977), e le poesie Mysl' o tebe udaljaetsja (1985), Pamjati otca: Avstralija (1989) e il saggio Poltory komnaty (1985). Nel 1977 ottenne la cittadinanza statunitense e dal 1980 si trasferisce nel Massachusetts a South Hadley, dove dal 1982, fino alla morte, insegnerà al Consorzio dei cinque college Nel 1990 sposa l'aristocratica italiana di origine russa Maria Sozzani, dalla quale ha una bambina, Anna.
Poeta e saggista
Già prima di emigrare in Occidente, Brodskij era largamente conosciuto, soprattutto a partire dal 1964 quando furono rese note le registrazioni e le stenografie del processo a carico del poeta. La sua vita all'estero mutò sensibilmente rispetto alle restrizioni a cui era costretto in URSS. Brodskij pubblica regolarmente sulle pagine di giornali e riviste statunitensi e britanniche; in particolar modo su quelle dedicate all'emigrazione russa tra cui il Vestnik russkogo christianskogo dviženija, l'Echo e Kontinent. In Russia non riesce a far stampare ufficialmente quasi nulla a causa della censura; (come si è già detto la prima raccolta in russo è quella in samizdat del 1977) e perciò per qualche anno non compare alcuna pubblicazione di poesie di Brodskij che all'epoca scriveva solo in russo.
È stato ironicamente notato che "Si ha l'impressione che a Iosif Brodskij russo sia succeduto un Joseph Brodsky statunitense e i due abbiano felicemente convissuto per un quarto di secolo, dividendosi i compiti: a Brodskij la poesia e a Brodsky i saggi e la critica" Le opere di questo periodo appariranno più tardi divise in due raccolte: una comprende i componimenti dal 1964 al 1971 (Fine della Belle Époque) e l'altra dal 1971 al 1972 (Parte del discorso). Motivo di questa divisione non furono tanto ragioni autobiografiche (l'emigrazione, peraltro sminuita nella sua importanza da Brodskij) ma l'evoluzione della sua linea poetica visibilmente mutata nei temi e nello stile.
Alle raccolte appena menzionate appartengono i testi Natjurmort (Natura Morta), Odnomu tiranu (A un tiranno), Pesnja Nevinnosti (Canzone dell'innocenza) Odissej Telemaku (Odisseo a Telemaco), Pis'ma rimskomu drugu (lettera a un amico romano), e Pochorony Bobo (il funerale di Bobo). La poetica di questo periodo è ben riassumibile con l'affermazione di Brodskij espressa durante il discorso al conferimento del Nobel:

«Chi meglio del poeta sa che non è la lingua il suo strumento ma egli stesso (il poeta) strumento della lingua»(Discorso di Brodskij durante il conferimento del Nobel)

In tutta le raccolte pubblicate dopo il 1971 Brodskij non include mai poesie già pubblicate in precedenza, fatta eccezione per Novye stansy k Avguste (Nuove stanze per Augusta) in cui include poesie dedicate alla sua prima moglie (Marina Basmanova) ma queste costituiscono un capitolo separato di tutta la produzione brodskjana stando a quanto ha affermato lui stesso: «Questa è l'opera più bella e importante della mia vita e andrebbe letta a parte. Purtroppo non ho scritto la Divina Commedia, né mai d'altronde riuscirò a scriverla, ma in qualche modo, con Novye stansy k Avguste, è nato un libriccino poetico con un proprio soggetto.»
A testimoniare l'importanza di questo libriccino si potrebbe addurre il fatto che questo è stato il suo unico libro di poesie, tra quelli stampati in Russia, a essere curato direttamente da Brodskij. Dal 1972 inizi? a scrivere anche saggi, attività che non abbandonerà più fino alla sua morte. Caratteristica principale di questo genere in Brodskij è la scelta della lingua: non più il russo come era avvenuto e avverrà per le poesie, bensì l'inglese.
Negli USA vengono pubblicati tre libri di saggistica: Less than one, Watermark (Fondamenta degli incurabili)[40] e On Grief and Reason. La saggistica non fu una parte di minor rilievo nella sua produzione e anzi contribuì in maniera cospicua alla fama di Brodskij oltre i confini dell'Unione Sovietica oltre a fornire una preziosa chiave di lettura della sua poetica, senza contare i riconoscimenti ufficiali che questi saggi ottennero.
Ad esempio il libro Less than One fu premiato miglior libro di critica del 1986 dal National Book Critics Circle. Nel 1987 contemporaneamente alla pubblicazione di Uranija riceve il Premio Nobel per la letteratura con la motivazione: «Per una produzione onnicomprensiva, intrisa di chiarezza di pensiero e intensità poetica».

Il suo discorso di ringraziamento, come già detto in precedenza, è un vero riassunto del suo credo personale e poetico. Sono divenute celebri le prime parole di questo discorso:

«Per una persona dedita alla vita privata, per uno che ha sempre preferito la sua dimensione privata a qualsiasi ruolo pubblico e che nell'esercizio di questa preferenza si è spinto piuttosto lontano - lontano dalla sua madrepatria, per non dire altro, giacché è meglio essere l'ultimo dei falliti in una democrazia che un martire o la crème de la crème in una tirannia - per un individuo simile trovarsi all'improvviso su questa tribuna è un'esperienza un poco imbarazzante e non poco impegnativa» (Discorso di Brodskij durante il conferimento del Nobel, traduzione di D. Pugnana)

Negli anni Novanta escono quattro nuove raccolte: Primecanija paporotnika (Osservazioni della Felce) Kappadokija (Cappadocia), V okresnostjach Atlantidy (Nei dintorni di Atlantide) e Pejzaž s navodneniem (Paesaggio con alluvione), quest'ultimo pubblicato postumo presso la casa editrica Ardis Publishing. Il giudizio di critici e lettori non è stato sempre favorevole e in Brodskij si è sempre visto tutto e il contrario di tutto: i cristiani lo accusavano di talmudismo, gli ebrei di essersi venduto alla cultura occidentale; i classicisti lo accusavano di avanguardismo e gli avanguardisti di classicismo; i rappresentanti della scuola di Leningrado dubitavano della sua fedeltà ai loro canoni, i moscoviti ravvisavano in lui gli errori dei leningradesi Tra le critiche più pesanti a Brodskij ricordiamo quella di Solženicyn che gli contestava, in un articolo sulla rivista Novyj mir, più che altro la sua Weltanschauung.
Alla penna di Brodskij si devono anche due pièces teatrali: Mramor (Marmi) del 1982 e Demokratija (La democrazia) del 1990-1992. Sempre in ambito teatrale si occupa della traduzione di opere inglesi (in maniera particolare di Tom Stoppard) e irlandesi (Brendan Behan). L'opera di traduttore non si ferma qui e durante la sua vita Brodskij ha dato un importante contributo alla traduzione di autori stranieri in russo. Tra i numerosi autori da lui tradotti si annoverano: Euripide, Konstantinos Kavafis, Czeslaw Milosz, John Donne, Tomas Venclova, Andrew Marvell, Richard Wilbur e anche molti italiani tra cui Salvatore Quasimodo e Umberto Saba. Tra le poche traduzioni verso l'inglese possiamo citare, oltre alle autotraduzioni, quelle di Mandel'štam, Cvetaeva, Wislawa Szymborska e altri. Susan Sontag, amica di Brodskij e scrittrice statunitense, affermava che per lui la condizione di esule ha rappresentato un'occasione per diventare un poeta mondiale. Negli Stati Uniti, Brodskij si immerge totalmente nella vita letteraria e pubblica, con contributi di vario genere.
Le più importanti testate pubblicavano i suoi interventi a favore di scrittori perseguitati quali Salman Rushdie, Natal'ja Gorbanevskaja, Konstantin Azadovskij, Tomas Venclova, cercando di aiutare, con lettere di raccomandazione, una gran quantità di persone, anche in virtù della sua condizione economica relativamente agiata. Nel 1991 riceve il titolo di poeta laureato dalla Biblioteca del Congresso. Brodskij si impegnò per la diffusione della poesia e della letteratura in generale, fondando, insieme ad Andrew Carroll nel 1993 l'American Poetry and Literacy Project. In quell'anno più di un milione di libri di poesie furono distribuiti in scuole, hotel, stazioni e supermercati su iniziativa di Brodskij.
Non molto tempo prima di morire Brodskij coltiva l'idea di fondare un'Accademia russa a Roma. Nell'autunno del 1995 si rivolge alle autorità romane con la proposta di fondare un'Accademia in cui potessero studiare artisti, letterati e intellettuali provenienti dalla Russia. Quest'idea fu realizzata solo dopo la sua morte, nel 2000 con i fondi della borsa di studio istituita in sua memoria.
Nel 1973 appare la prima raccolta di versi in inglese autorizzata dal poeta, Selected Poems, anche se la traduzione in inglese non è di Brodskij, ma di George Klein corredata da una prefazione di Auden. I successivi tre libri di traduzioni (A Part of Speech (1980), To Urania (1988), So forth (1996) furono invece tradotti dall'autore stesso. Gli ultimi due contenevano anche poesie scritte originariamente in inglese. Con gli anni Brodskij si fida sempre meno delle traduzioni fatte da altri e contemporaneamente comincia a scrivere direttamente in inglese, per quanto egli stesso abbia più volte affermato di non sentirsi un poeta bilingue e di considerare la scrittura in inglese più che altro un gioco. Per autodefinirsi, Brodskij amava usare la formula lapidaria:

«Io sono ebreo, poeta russo e cittadino statunitense.» (Brodskij in Losev (2006))


La Perestrojka in URSS e la consegna a Brodskij del premio Nobel mettono fine al silenzio imposto in patria sulle sue opere, che vedono un'esplosione di popolarità. La prima pubblicazione ufficiale compare su un volumetto della rivista Novyj Mir. Fino ad allora la poesia di Brodskij era conosciuta solo da un piccolo gruppo di persone grazie alla circolazione clandestina in samizdat. Nel 1989 è riabilitato nei suoi diritti civili dal governo russo.
Nel 1992 vede la luce la raccolta delle sue opere complete in quattro tomi e nel 1995 gli viene conferita la cittadinanza onoraria di San Pietroburgo. Seguono svariati inviti a rientrare in patria. Per un po' di tempo Brodskij procrastina il ritorno: lo metteva a disagio il carattere pubblico dell'evento e l'attenzione della stampa che inevitabilmente lo avrebbe perseguitato. Un altro fattore che lo tratteneva erano i problemi di salute. Il suo amico Michail Baryšnikov ha raccontato: «si stava uccidendo con il bere, il cibo, il fumo ininterrotto: la combinazione dei tre è stata fatale al suo cuore».
Il 28 gennaio 1996 a New York Brodskij, mentre si prepara a partire per South Hadley e iniziare un nuovo semestre all'università, muore d'infarto nel proprio studio. Il 1º febbraio nella chiesa parrocchiale Grace Church, a Brooklyn viene celebrata la messa funebre e il giorno dopo ha luogo la sepoltura temporanea del poeta nel cimitero adiacente alla chiesa della Trinità, sulla riva del fiume Hudson. Intanto l'attivista politica e deputato della Duma Galina Starovojtova avanza alla vedova Brodskij la proposta di trasferire la salma a Pietroburgo. L'offerta venne respinta perché per la moglie «questo avrebbe significato decidere al posto di Brodskij sulla questione del ritorno in patria.».
La soluzione del problema del luogo di sepoltura definitivo ha occupato più di un anno. Secondo quanto afferma la vedova, l'idea di seppellire Brodskij a Venezia venne suggerita da uno dei suoi amici. Era, dopo San Pietroburgo, una delle città più care a Brodskij. L'Italia era tra l'altro anche la patria della moglie di Brodskij (nata a Compignano, vicino a Lucca). Venezia aveva il vantaggio di essere "più vicina alla Russia". Si decise per l'isolotto di San Michele, volontà già espressa ironicamente dallo stesso Brodskij in una lettera all'amico Andrej Sergeev. Dal 21 giugno 1997 Brodskij riposa nel cimitero di San Michele.
Lascito ai posteri
Secondo Andrej Rancin, professore di letteratura russa, Brodskij è l'unico poeta contemporaneo russo ad essere già entrato di diritto tra i classici. Nessun altro scrittore è stato fatto oggetto di così tanta memorialistica e di una tale quantità di conferenze a lui dedicate. Quasi per paradosso, se da un lato si moltiplicano le opere e i convegni che hanno come soggetto Brodskij, tuttavia una richiesta dello stesso autore vuole che amici e parenti si astengano dalla stesura di una sua biografia, mentre una vera e propria disposizione testamentaria vieta tassativamente (complice anche la legge russa sulla privacy) che siano pubblicati materiali inediti e personali di Brodskij fino al 2071.
I materiali inediti, quasi tutti conservati alla Beinecke Library negli Stati Uniti sono accessibili, solo per fini scientifici, previa autorizzazione, ma non pubblicabili. Tra le edizioni postume dell'opera di Brodskij si annoverano il già citato Pejzaž s Navodneniem e una raccolta di poesie per bambini, in russo, dal titolo Slon i Marus'ka (2011). A San Pietroburgo è stata creata la Fondazione del Museo letterario di Iosif Brodskij, con lo scopo di rendere visitabile la casa di Brodskij a Pietroburgo.

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Opere tradotte in italiano

  • AA.VV., La primavera di Mosca, Milano, Jaca Book, 1979
  • Poesie (1972-1985), a cura di G. Buttafava, Collana Biblioteca n.165, Milano, Adelphi, 1986
  • Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Collana Biblioteca n.180, Milano, Adelphi, 1987
  • Fermata nel deserto, 2ª ed., Mondadori, 1987, p. 154
  • Dall'esilio, traduzione di G. Forti e G. Buttafava, 7ª ed., Milano, Adelphi, 1988, p. 125
  • Un volto non comune. Discorso per il premio Nobel, Milano, Adelphi, 1988.
  • Poesie. Prose, Torino, UTET, 1989
  • Fondamenta degli incurabili, traduzione di G. Forti, 18ª ed., Milano, Adelphi, 1991, p. 108
  • Marmi, traduzione di Fausto Malcovati, Piccola biblioteca n.347, Milano, Adelphi, 1995, p. 109
  • Poesie italiane, 2ª ed., Milano, Adelphi, 1996, p. 125
  • Dolore e Ragione, 3ª ed., Milano, Adelphi, 1998, p. 267
  • Profilo di Clio, 2ª ed., Milano, Adelphi, 2003, p. 289
  • Poesie di Natale, Milano, Adelphi, 2004, p. 97
  • Gorbunov e Gorčakov (PDF), in Letteratura russa contemporanea, Bari, Laterza, 2010
  • Il canto del pendolo, traduzione di G. Forti, Collana Biblioteca n.190, Milano, Adelphi, 2011
  • Conversazioni, a cura di Cynthia L. Haven, trad. Matteo Compagnoli, La Collana dei Casi n.110, Milano, Adelphi, 2015
  • E così via. Testo inglese e russo a fronte, Collana Biblioteca n.679, Milano, Adelphi, 2017.

brodski 5


POESIE SCELTE

Chinati, ti devo sussurrare all’orecchio qualcosa:

per tutto io sono grato, per un osso

di pollo come per lo stridio delle forbici che già un vuoto

ritagliano per me, perché quel vuoto è Tuo.

Non importa se è nero. E non importa

se in esso non c’è mano, e non c’è viso, né il suo ovale.

La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo

che sulla terra è esistita una volta,

e quindi tanto più essa è dovunque.

Sei stato il primo a cui è accaduto, vero?

E può tenersi a un chiodo solamente

ciò che in due parti uguali non si può dividere.

Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come

può soltanto sognare un frammento! Una dracma

d’oro è rimasta sopra la mia retina.

Basta per tutta la lunghezza della tenebra.

***

Metti in serbo per le stagioni fredde

queste parole, per le stagioni dell’ansia!

Come il pesce sulla sabbia, l’uomo sopravvive:

se si strascina agli arbusti e s’alza

su gambe incerte e storte e va, come un rigo dalla penna,

nelle viscere stesse della terra.

Esistono leoni alati, sfingi col seno

di donna, angeli in bianco e ninfe del mare:

a colui che sostiene sulle sue spalle il peso

di buio, caldo e – oso dirlo – dolore,

sono più cari degli zeri concentrici nati

da parole gettate.

Anche lo spazio, dove non c’è da sedersi,

come la stella in cielo, va in declino, finisce.

Ma, fino a tanto che una scarpa esiste,

c’è qualcosa su cui stare in piedi: superficie,

terraferma. E le sue sabbie incanta

del nasello il quieto canto:

«Il tempo è più grande dello spazio. Lo spazio

è la cosa. In sostanza, il tempo è l’idea della cosa.

La vita è la forma del tempo. Carpa e tinca,

un suo coagulo. E sono coagulo anche

articoli di genere più forte:

onde, suolo. E morte.

Talora in quel caos, nei giorni pazzi e bui,

sorge un suono, echeggia una parola.

‘Amare’ forse, o forse solo ‘ehi’.

Ma prima di riuscire a decifrarla, un’altra volta

tutto si fonde nell’abbaglio di strisce cieche,

come dalle tue ciocche».

***

Sei migliore del Nulla.

O meglio: sei più prossima,

sei più visibile.

Di dentro, ad esso

del tutto simile.

Nel volo tuo

il Nulla acquista carne;

nel quotidiano strepito

ecco perché

uno sguardo tu meriti:

sei la barriera lieve

fra il Nulla e me.

***

Batti sulla pagina vuota, lingua di candela,

palpita, cùrvati sotto il fiato rotto,

segui, ma non avvicinarti!, la sequela

delle lettere in fila per un contenuto.

Rischiari un muro, un armadio, il satiro in una nicchia,

un’area ben più grande di quella che ricopre la scrittura.

Ed il filo del tuo fumo s’innalza e supera

i pensieri dell’autore di queste righe.

Del resto, acquisti un nome nella loro struttura;

in stilografica, in memoria delle sottili tue

virgole in fuoco, alla fine del millennio a Roma

scrivo «lampada», «miccia», «torcia», «fiaccola»,

e virgola, non punto, e la camera ha l’aspetto di prima.

(Se compone la penna, compone sempre poco).

Ma quanta luce danno nella notte

con il buio fondendosi gli inchiostri!

***

Poiché è tardi ormai per dire «addio»

e ricevere una risposta, escluso

l’eco, che sembra scongiurare «anch’io»

a tempo e spazio, fintamente maestosi

pronti ad elevare tutto al cubo

ciò che alle labbra rubano,

io scrivo queste mie righe, cercando,

con la mano affannata, un po’ alla cieca,

di prevenire anche soltanto di un secondo

l’«a che pro?» da quelle stesse labbra pronto

a involarsi e a navigare attraverso

la notte, ingigantendo.

Io scrivo da un Impero che distende

tutti i confini fino all’acqua. Sulla pelle

ho sperimentato due oceani e due continenti,

mi sento quasi come il globo: non

c’è più un posto dove andare. Solo stelle

più in là. E brillano.

Meglio guardar nel telescopio là,

dove una chiocciola s’è attaccata sotto una foglia.

Ho sempre avuto in mente, dicendo «infinità»,

l’arte di suddividere in tre la bottiglia

senza sprecare una goccia, alla luce degli astri,

non abbondanza di verste.

Notte. Da un partenone giunge roco un «cu-cu».

Stanno le legioni, appoggiate alle coorti,

o i fori ai circhi. La luna lassù

sembra una palla in un campo da tennis deserto.

Il sogno della regina degli scacchi: un parquet nudo, libero.

Ma senza mobili non si può vivere.

***

Hai scordato il villaggio, sperso nelle paludi

della provincia tutta boschi, senza spauracchi negli orti,

sui cui tesori nessuno s’illude,

e la strada è selciata di fascine e di botri.

Nonna Nastja sarà morta, e neanche Pésterev

sarà fra i vivi, e, se vive, è ubriaco giù in cantina

o costruisce qualcosa dalla spalliera del nostro letto: dev’essere

se non proprio un portone, una porticina.

D’inverno là si taglia legna, e di rapa si vive,

e per il fumo ammicca una stella nel cielo gelato.

Non la sposa promessa in cotonina è alla finestra, ma polvere

in festa, e un posto vuoto, dove abbiamo amato.

***

Esistono città a cui non c’è ritorno. Il sole batte

alle loro finestre come su specchi levigati. Cioè

non puoi penetrarci nemmeno a prezzo d’oro. Là

il fiume scorre sempre sotto i sei ponti.

Là esistono luoghi dove hai baciato labbra

con le labbra, e con la penna i fogli. La teoria di archi,

colonne, spaventapasseri di ghisa, abbarbaglia gli occhi;

la folla che assedia l’angolo dei tram là parla

nella lingua di chi è partito.

***

Abbraccia l’aria pulita, come fanno i rami di questi pini:

fra le dita ne resta quanto sul vetro, sul tulle.

Ma dalle nubi non torna più azzurro l’uccellino,

e anche noi non siamo proprio dèi in miniatura.

Perciò siamo felici: siamo un niente. E cime,

ed orizzonti, eccetera, sprezzano questa pelle liscia.

Corpo è rovescio dello spazio, comunque la si giri.

E perciò stesso noi siamo infelici.

Appòggiati piuttosto a questo portico, attraverso

la camicia il muro rinfrescherà le spalle;

e guarda come il sole tramonta sopra parchi e ville,

e come l’acqua, maestra d’eloquenza,

scorre da fessure rugginose, e non ripete

nulla salvo la ninfa che suona l’ocarina,

e salvo il fatto che cruda, fredda,

trasforma il viso in liquida rovina.

***

Con gli anni cominciai a credere che la gioia di vivere

fosse per te, ormai, una seconda natura.

Cominciai persino a chiedermi: è poi così priva di rischi per un dio

la gioia? non è l’eternità che in fin dei conti

ne paga lo scotto? Ti limitavi a schivare

le mie domande. Ma nessuno, nessuno,

mio Vertumno, si è mai allietato tanto per lo zampillo

diafano, il mattone della basilica, gli aghi dei pini,

la forza prensile della scrittura. Più di noi! Molto

di più. Pensavo addirittura che ti avesse contagiato

la nostra voracità. E veramente: la vista dal balcone

sulla vasta piazza, il tintinnio delle campane,

la forma affusolata del pesce, il lacerato gorgheggio

di un uccello visibile solo di profilo,

gli applausi dell’alloro che diventano ovazione,

il fruscio delle banconote – possono apprezzarli

solo quanti sanno che domani, nell’ipotesi migliore

dopodomani, tutto questo finisce. Forse proprio da loro

gli immortali imparano la gioia, il dono del sorriso.

(Simili timori, infatti, sono estranei agli immortali).

In questo senso ti torniamo utili.

***

Vita privata. Pensieri rotti, paure.

Una trapunta più informe dell’Europa.

Grazie a una giubba sgualcita e a una camicia azzurra

qualcosa si riflette ancora nello specchio del guardaroba.

Beviamo un tè per schiudere le labbra, mio viso.

L’aria è cinta, come da un pegno, dalla stanza.

Volano via spaventate le gazze

dai pini, se dalla finestra getti a caso

uno sguardo. Roma, uomo, carta;

il codino dell’ultima lettera guizza via come un ratto.

Così s’impiccioliscono le cose nella loro prospettiva,

qui per fortuna irreprensibile. Sui ghiacci del Tanai, dalla vista

di tutti dileguando, il corpo squassato dai brividi,

col lauro rinsecchito calcato sulla fronte,

così si vaga, in un tempo che oltrepassa i limiti

del tempo che è concesso ad ogni grande potenza.


Testi selezionati da Poesie (1972-1985) (trad. di G. Buttafava, Adelphi, 1986) e Poesie italiane (trad. di G. Buttafava e S. Vitale, Adelphi, 1996)

23 dicembre 2023 - Eugenio Caruso

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