Il 2008, anno nero dei fondi pensione.Un uomo non vale per i soldi che ha, ma per il credito di cui gode. Churchill. Il 2008 è stato l’anno nero anche per i fondi pensione e non poteva essere altrimenti, vista la dimensione della crisi internazionale. Ma il peggio, anche qui, sembrerebbe passato. Tanto che, secondo Antonio Finocchiaro, presidente della Covip, la commissione che vigila sui fondi pensione, non occorrono grossi interventi o riforme strutturali, anche se certo, sulla previdenza integrativa «bisognerà tornare a riflettere», una volta superata l’emergenza finanziaria ed economica in atto. I suggerimenti sul da farsi Finocchiaro li ha già pronti. E si appresta, a sei mesi dalla sua nomina alla guida dell’Autorità, a illustrarli il prossimo 18 giugno con la relazione annuale sullo stato della previdenza complementare. I fondi, aveva detto Finocchiaro in Senato due mesi fa, hanno mostrato un’apprezzabile solidità di fronte alla «severa prova» della crisi. Questa ha tagliato, con una sforbiciata consistente, i rendimenti soprattutto di quelli più a rischio, cioè gli investimrnti in azioni. I dati, e sono quelli aggiornati al 31 marzo, evidenziano infatti un calo del 6,3% dei rendimenti dei fondi negoziali (istituiti da accordi tra aziende e sindacati) nel 2008 che scendono di un ulteriore 1% nei primi tre mesi del 2009: in particolare la diminuzione è del 24,5% (2008) e del 5% (primo trimestre 2009) per il comparto azionario; del 9,4% e 1,7% per il bilanciato; del 3,9% e 0,9% del misto mentre c’è un rialzo dell’1,6% e dello 0,6% per l’obbligazionario puro. Finocchiaro guarderebbe con favore anche al ritocco di alcune norme sul Tfr. In particolare, con accordi negoziali, per quel che riguarda la possibilità per il lavoratore di rivedere la scelta di destinare il suo Tfr ai fondi. Attualmente è esclusa ma «si potrebbe prevedere la facoltà di ripensamento ogni cinque anni oppure due volte nella vita» dice Finocchiaro per il quale tale modifica potrebbe funzionare da incentivo alle future adesioni. Infine i fondi e la loro struttura. Il sistema funziona, afferma il presidente della Covip. Che però sta prendendo spunto dall’attuale crisi che ha inciso sui rendimenti per mettere a punto, ovviamente assieme ai suoi collaboratori e agli esperti della commissione, alcune proposte per dotare la previdenza complementare di meccanismi di solidarietà intergenerazionale. Sulla previdenza complementare comunque qualcosa si era mosso già prima dell’esplodere della crisi finanziaria ed economica. Il ministro per il Welfare, Maurizio Sacconi, aveva accennato all’ipotesi del ripensamento sulla scelta di destinazione del Tfr nonché a quella della portabilità del contributo datoriale anche nelle forme di previdenza individuale lasciando invece più nello sfondo eventuali ritocchi in campo fiscale, per i quali adesso, con la crisi, ci sono ancora meno margini. Sulla scia di queste idee, in Parlamento il Pdl ha presentato alcune proposte di legge. In Senato per iniziativa di Cinzia Bonfrisco e di Francesco Casoli e alla Camera per iniziativa di Giuliano Cazzola, che hanno proposto di avviare la discussione e di promuovere iniziative di Life Cycle, per gli investimenti nei fondi pensione. Bassa adesione. La copertura previdenziale, in Italia, è piuttosto bassa. Solo circa il 30% dei lavoratori dipendenti privati conta su una pensione integrativa. Ma a leggere attentamente la Relazione della COVIP per il 2008, emerge una realtà completamente diversa; dei 4,9 milioni di aderenti a una forma previdenziale, ben 520 mila iscritti non hanno versato un euro. Di questi, circa la metà sono iscritti a un fondo aperto, un quarto a un Pip e l’ultimo quarto a negoziali e preesistenti. Il caso più paradossale riguarda gli aderenti ai “vecchi Pip”; al 31/12/2008 risultavano iscritti a questa tipologia di strumenti, nati prima dell’ultima riforma, 674.332 soggetti, 29.068 in meno rispetto alla fine del 2007. Calati gli iscritti, nell’ultimo anno è calato anche il patrimonio da 4,7 a 4,63 miliardi di euro. Il che significa che anche in questo caso i versamenti si sono interrotti, se non per tutti per una frazione decisamente maggioritaria degli aderenti. Sono, oramai, una zattera previdenziale alla deriva, i piani individuali pensionistici nati prima dell’introduzione della riforma Maroni; a disincentivare l’uscita dai vecchi Pip potrebbe essere una legge che estenda anche a questi vecchi strumenti la deducibilità fiscale, decisione a favore della quale la COVIP ha dato parere positivo. I nuovi Pip, vigilati e autorizzati dalla Covip, presentano costi superiori ai fondi negoziali e aperti, ma, comunque, decisamente inferiori a quelli dei vecchi Pip
Eugenio Caruso 13 giugno 2009 Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda al successo editoriale |
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