Il Senato usa approva la riforma della sanità.

Per gli Usa il 24 dicembre 2009 resterà una vigilia di Natale storica. Questa mattina, alla fine di una seduta turbolenta convocata poco prima delle 7, i democratici al Senato, stanchissimi, come i colleghi repubblicani, dopo una settimana di fuoco e poche ore di sonno, hanno approvato compatti un progetto di riforma sanitaria che garantirà l'assistenza medica a 30 milioni di americani ancora scoperti. La maggioranza è stata di 60 voti contro 39, la stessa dei voti procedurali degli ultimi giorni. I repubblicani dunque hanno votato compatti contro il progetto, confermando che l'atmosfera politica americana resterà polarizzata e difficile in vista delle elezioni del prossimo novembre. Ora si entra nel rush finale: negoziare la riconciliazione con il progetto già approvato dalla Camera. La maggioranza in quel caso fu sofferta, appena 5 voti, 220 a 215, ma d'ora in avanti il processo dovrebbe essere più semplice. Anche perché ci si prepara a un'altra svolta: la discesa in campo, attiva, decisiva e molto pubblica, del presidente Barack Obama, che finora ha minimizzato i suoi interventi lasciando che i meandri politici del Congresso facessero il loro corso.  L'obiettivo: arrivare a un compromesso fra i due rami del Parlamento al più presto, al ritorno del Congresso dalle feste natalizie e di Capodanno. Il voto finale bicamerale e la firma di Obama del progetto in legge dovrebbero coincidere con il suo primo discorso del Presidente sullo stato dell'Unione, previsto per il 26 gennaio o per il 2 febbraio 2010. Una mediazione quella di Obama che non sarà necessariamente facile: il Senato, dopo una feroce battaglia interna alla maggioranza, ha escluso qualunque ipotesi di "public option", di assicurazione pubblica, una forma assicurativa statale che doveva essere in concorrenza con quella offerta dai privati. La Camera invece l'ha inclusa e almeno a parole è decisa a difenderla fino in fondo.  Per il resto i due progetti sono molto simili. La versione del Senato ha una proiezione di costi aggiuntivi per lo stato di 871 miliardi di dollari su base decennale. Ma prevede anche una riduzione dei costi sanitari nazionali. E aumenti fiscali per quelle imprese del settore che trarranno vantaggio dall'aumento della base di assicurati e per i redditi individuali di 200.000 dollari e per quelli congiunti di 250.000 dollari all'anno. Lo stato si occuperà direttamente della copertura di 15 milioni di americani che potranno entrare nel programma del Medicaid, l'assistenza sanitaria gratuita per i più poveri.  Lo Zio Sam offrirà anche sussidi per la sottoscrizione di polizze private a coloro che si trovano in fasce basse di reddito ma non abbastanza basse per entrare nel gruppo dei più poveri. Gli altri dovranno mettere mano al portafoglio e sottoscrivere una polizza medica con le compagnie di assicurazione private che vedranno comunque aumentare enormemente il loro giro d'affari. Dal piano resteranno comunque esclusi circa 17 milioni di residenti americani, una buona parte di questo numero è formata da circa 12 milioni di immigrati illegali. Per la dinamica stessa del negoziato e per la necessità di tirare dentro alcuni senatori democratici e un paio di indipendenti recalcitranti, il pacchetto del Senato è sicuramente meno ambizioso di quello che avrebbero voluto all'inizio Obama e la leadership democratica. Per questo ha causato molti risentimenti anche fra la base militante del partito. Ma la sfida con la storia era troppo importante. Tanto più che il pacchetto ha un respiro più ampio e risolve molti problemi in tema di diritto sanitario che si erano accumulati nei decenni. Prevede a esempio, l'eliminazione di numerose clausole vessatorie incluse ambiguamente nelle polizze di assicurazione, che impedivano il rimborso spese per certe malattie pre-esistenti o ritardavano in attesa di accertamenti l'autorizzazione a cure mediche urgenti, spesso con conseguenze fatali persino per coloro che avevano una copertura assicurativa.  Per l'appuntamento finale manca a questo punto circa un mese. Il negoziato sarà di nuovo durissimo e polarizzante. Poi la pietra miliare, ormai scontata: la prima grande riforma sociale dai tempi delle riforme per la "Great Society" di Lyndon Johnson di quasi 50 anni fa. E il rispetto da parte di Barack Obama della sua più importante promessa elettorale sul piano interno a meno di un anno dal suo insediamento.
24 dicembre 2009
Eugenio Caruso

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