Il decreto legislativo 28 del 2010 è già entrato in vigore. Tuttavia una parte caratterizzante entrerà in vigore nel marzo del 2011. Da quella data chi intende avviare un giudizio in materia di:
•condominio
•diritti reali
•divisione
•successioni ereditarie
•patti di famiglia
•locazione
•comodato
•affitto di imprese
•risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
•contratti assicurativi, bancari e finanziari,
dovrà preliminarmente esperire il tentativo di mediazione a pena della improcedibilità del successivo giudizio. Il sistema della mediazione sarà investito da una notevole mole di tentativi di mediazione. Ad oggi non sembra ancora costituito un sistema in grado di recepire la massa di istanze di conciliazione che perverranno in conseguenza dell’obbligatorietà della stessa. Sotto questo aspetto assume un ruolo decisivo il decreto ministeriale che disciplinerà l’istituzione dell’organismo, il suo inserimento nel registro, la capacità organizzativa e finanziaria dello stesso, nonché i requisiti professionali del mediatore, degli enti di formazione e dei formatori. Quest’ultimo provvedimento darà il via libera ad un sistema di concorrenza tra enti pubblici ed enti privati nell’erogazione del servizio di mediazione, che, se attuato in conformità con lo spirito del decreto legislativo, costituirà una delle più profonde innovazioni del sistema giustizia dal dopoguerra.
Gli obiettivi
Il legislatore ha scelto di dare ai cittadini la possibilità di mediare gli interessi in conflitto per una pluralità di ragioni. Riduzione dell’accesso alle corti di giustizia. Non si può negare che una delle più forti motivazioni è quella di ridurre l’accesso alle corti di giustizia. La lentezza del processo civile è uno dei temi più scottanti del sistema italiano. Innumerevoli sono state le condanne subite dallo Stato italiano prima davanti alla Corte di Giustizia e, dopo l’entrata in vigore della c.d. “Legge Pinto”, davanti alle Corti d’Appello territorialmente competenti. Addirittura alcune Corti d’Appello hanno visto diminuita la capacità di smaltimento del contenzioso ordinario, a causa delle innumerevoli istanze risarcitorie ad esse presentate per l’irragionevole durata di processi svolti davanti ad altre Corti. Riduzione dell’alea del giudizioL’alea del giudizio è un altro fattore di grave preoccupazione per chi intende chiedere giustizia alle Corti italiane. In Italia non esiste la regola del “precedente” tipica dei sistemi di Common Law. La “certezza del diritto” non è un valore positivizzato del nostro ordinamento poiché il sistema si affida spesso a clausole generali quali l’ordine pubblico, il buon costume, la buona fede il cui contenuto sociale e normativo muta nel tempo al mutare delle esigenze della società, del sistema economico, industriale e relazionale. A ciò si aggiunge la diversa e pur legittima interpretazione di giudici diversi della stessa disposizione di legge. Questa mutevolezza per un verso costituisce garanzia di perenne vitalità del sistema giuridico, che così riesce a sopravvivere alla proposizione dei nuovi interessi e valori che la società propone, per altro determina la quasi assoluta imprevedibilità della decisione giudiziale e della regola concreta da applicare alla condotta umana. Tutto questo costituisce un grave limite alla programmazione delle azioni dei soggetti, che non possono facilmente prevedere le conseguenze di un determinato comportamento. La mediazione civile ammortizza questi rischi propri del nostro sistema giuridico. Con la mediazione le parti mantengono il controllo dell’esito del conflitto di interessi, richiedendo al mediatore non una “decisione” di prevalenza di un interesse sull’altro, ma un contributo positivo finalizzato alla composizione degli interessi in conflitto. La soluzione del conflitto rimane, in definitiva, alla prudenza delle parti, alla loro capacità di negoziare, e non viene rimessa alla determinazione di un terzo (giudice o arbitro che sia). La mediazione è, in ultima analisi, uno strumento con cui viene esaltata l’autoresponsabilità delle parti rispetto alla soluzione dei conflitti. Riduzione dei tempi del procedimento e benefici fiscali A questi aspetti positivi si aggiungono quelli della rapida definizione del procedimento (può durare non più di quattro mesi), e dei benefici fiscali che lo stato ha voluto riconoscere alle parti quale incentivo verso questa diversa forma di composizione degli interessi.
Cos’è la mediazione
Il decreto legislativo 28 del 2010 definisce la mediazione come “… l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa …”. La mediazione viene esercitata da un terzo imparziale (il mediatore) che cerca di comporre il conflitto di interessi tra le parti o ponendosi quale facilitatore di un accordo spontaneo che può nascere tra le parti, o formulando una proposta di accordo che le parti sono libere di accettare o rifiutare. Questa procedura può essere attivata dalle parti solo per i conflitti di interessi relativi a diritti disponibili. In alcuni casi, a decorrere dal 21 marzo 2011, la mediazione sarà obbligatoria. La parte che vorrà intraprendere un giudizio in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, dovrà preliminarmente invitare la controparte a partecipare al procedimento di mediazione previsto dal D.Lgs. 28/2010. La mediazione non è una forma alternativa di giustizia, ma è una forma complementare ad essa finalizzata alla soddisfazione degli interessi. Non è alternativa perché il ricorso al procedimento di mediazione non impedisce alle parti in caso di insuccesso della mediazione di rivolgersi all’autorità giudiziaria per soddisfare i propri interessi, ma è ad essa complementare, perché il buon funzionamento della mediazione può senz’altro contribuire a defatigare le aule giudiziarie dalla notevole mole di contenzioso civile. Allo stesso tempo la corretta applicazione nei giudizi contenziosi dei sistemi sanzionatori dei comportamenti scorretti delle parti nel corso del procedimento di mediazione può garantire il migliore funzionamento della mediazione. Nella mediazione non bisogna rispettare il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato né il principio del contraddittorio. Le parti potranno trovare l’accordo di conciliazione, anche coinvolgendo interessi originariamente non prospettati, che ampliano la torta negoziale. Il mediatore potrà sentire le parti congiuntamente o separatamente, e da questi incontri dovrà trarre gli elementi per tentare di facilitare un accordo spontaneo tra le parti, e ove esso non si raggiunga spontaneamente, confezionare una proposta di accordo equilibrata che induca le parti ad accettarla ed a definire il conflitto di interessi.
Chi sono gli attori
Gli attori della mediazione sono molteplici. Gli organismi accreditati Il servizio di mediazione è erogato da enti denominati “organismi”, che si avvalgono, per l’esecuzione delle loro prestazioni, di una organizzazione composta da mezzi e persone. Sono proprio gli organismi a concludere il contratto di servizio con le parti, per l’erogazione del servizio di mediazione. Gli organismi per poter erogare il servizio di mediazione devono essere “accreditati” dal Ministero della Giustizia, demandato ad adottare un apposito regolamento con decreto ministeriale; a tal fine il Ministero iscrive gli organismi in un apposito registro degli organismi di mediazione curato dal responsabile del Ministero. Gli organismi possono essere costituiti da enti pubblici ed enti privati. Tra i primi spiccano, per la possibilità di essere iscritti “di diritto” nel registro, quelli costituiti dagli Ordini degli Avvocati presso le sedi dei Tribunali e quelli costituiti dalle Camere di Commercio. Anche gli altri Ordini professionali possono costituire organismi di mediazione, previa autorizzazione del Ministero della Giustizia, operanti nelle materie di competenza degli Ordini di riferimento. Ogni organismo ha un suo “responsabile” il cui compito principale è quello di designare il mediatore incaricato di trattare la pratica e di fissare il primo incontro con le parti. Il mediatore Può divenire mediatore chi è laureato o iscritto in un albo professionale. Per acquisire la qualifica di mediatore è necessario frequentare un corso, tenuto da enti di formazione accreditati dal Ministero, e superare, alla fine dello stesso, una prova di valutazione. Il mediatore non ha rapporti contrattuali diretti ed economici con le parti, ma con l’organismo. L’attività di mediazione può anche essere esercitata in forma collegiale, e del collegio di mediatori può far parte il “mediatore ausiliario”, che è un mediatore dotato di particolari conoscenze tecniche in determinate materie. Ove non sia possibile nominare il mediatore ausiliario, nel corso del procedimento si potrà designare un consulente tecnico, che deve essere iscritto all’albo dei periti e consulenti del Tribunale. Il pubblico ufficiale Un’altra figura che può partecipare alla mediazione è il pubblico ufficiale chiamato ad autenticare il verbale di conciliazione nel caso in cui questo debba essere trascritto ai sensi dell’art. 2643 c.c.
Tutti questi attori sono al servizio delle parti del procedimento.
I consulenti di parte Al procedimento potranno partecipare anche i consulenti delle parti. La loro partecipazione non è, però, necessaria, sebbene possa rivelarsi parecchio utile al perfezionamento della conciliazione, contribuendo a risolvere eventuali problemi tecnici che possono emergere nel corso del procedimento, nonché a spiegare alle parti lo scopo e gli effetti di quanto stanno facendo e dell’accordo eventualmente concluso.
Le fasi del procedimento
Istanza di parte Il procedimento di mediazione inizia ad istanza di parte e mai d’ufficio. Esso è improntato alla informalità, ma alcuni atti devono avere un contenuto necessario. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa. Essa viene depositata presso l’organismo, o inviata in forma telematica nelle modalità previste dal regolamento dell’organismo.
L’istanza viene registrata dalla segreteria dell’organismo in un apposito registro e le viene attribuito un numero progressivo.
Designazione del mediatore e data dell’incontro Entro quindici giorni dal suo arrivo il responsabile dell’organismo designa il mediatore e fissa la data del primo incontro fra le parti ed il mediatore. La nomina e la fissazione dell’incontro sono comunicate all’altra parte o dall’organismo o dalla parte istante, a seconda delle previsioni del regolamento di procedura che ciascun organismo determina. La parte invitata a partecipare alla mediazione potrà presentare una memoria illustrativa e produrre eventuali documenti. Al primo incontro il mediatore spiegherà la natura del procedimento di mediazione, evidenziando le differenze tra la mediazione ed il giudizio, e la circostanza che il mediatore non può decidere la controversia.
Colloqui Ascoltate le parti senza particolari formalità, il mediatore potrà decidere di sentirle anche separatamente, vincolandosi in questo caso al riserbo in merito alle informazioni acquisite ed alle dichiarazioni rese anche nei confronti della controparte, salvo che sia la stessa parte ad autorizzarlo a riferire il contenuto del colloquio separato, o di una parte di esso.
Proposta di mediazione Alla fine dei colloqui il mediatore cercherà di facilitare un accordo spontaneo tra le parti. Se questo non viene raggiunto le parti potranno invitare il mediatore a formulare una proposta di mediazione. In questo caso il mediatore sarà obbligato alla formulazione della proposta. In tutti gli altri casi il mediatore potrà spontaneamente valutare l’opportunità di formulare una proposta.
La proposta deve essere sempre preceduta dall’informativa data dal mediatore alle parti sulle conseguenze previste dall’art. 13 del decreto in materia di spese.
La proposta dovrà essere formulata per iscritto, e potrà essere comunicata dopo una riserva di formulazione della stessa.
Le parti entro sette giorni dovranno comunicare l’accettazione o il rifiuto della proposta; il silenzio equivale a rifiuto.
Verbale di conciliazione Nel caso in cui si raggiunga l’accordo, anche nell’ipotesi di accettazione della proposta del mediatore, si redigerà il verbale di conciliazione, formato a cura del mediatore, che autenticherà le sottoscrizioni delle parti.
Il verbale potrà essere dotato, su istanza di parte, di efficacia esecutiva, che consegue all’omologazione del verbale da parte del Presidente del Tribunale ove a sede l’organismo, che nella fase di omologazione verifica la regolarità del verbale.
Il verbale omologato costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
IMPRESA OGGI
18 novembre 2010