Convegno Mce sull'energia


La maggior parte del sapere umano esiste in massima parte sulla carte, nei libri, in questa memoria cartacea degli uomini. In minima parte è realmente viva in alcune teste.
Schopenhauer


L'energia è un fattore di competitività. È un driver della crescita. Quindi il segmento dell'energia ha bisogno di reti indipendenti, dello sviluppo delle infrastrutture, di costi ragionevoli. E le fonti rinnovabili di energia sono importantissime ed è giusto incentivarle finché gli aiuti non creano distorsioni, come si rischia che accada adesso, mentre va rafforzata la frontiera dell'efficienza energetica, sulla quale il governo ha una politica ondivaga. Questi sono stati alcuni dei temi trattati a Milano durante il convegno Mce (Mosta Convegno Expocomfort) su traffico, mobilità ed energia promosso dall'Assolombarda con la Camera di commercio. Confindustria sottolinea il concetto che per una liberalizzazione effettiva è necessaria l'indipendenza delle reti. Se ciò è avvenuto nell'elettricità (l'Enel ha ceduto l'alta tensione ed è nata Terna), nel mercato del metano c'è moltissima prudenza. Il presidente uscente dell'Autorità dell'energia, Alessandro Ortis, da tempo forza sulla separazione totale della Snam rete gas dalla controllante Eni, e Confindustria si avvicina a questa posizione netta che spiace invece all'Eni e al ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, i quali propongono una soluzione mediata di "separazione funzionale". Il problema però è che il tema delle reti non va affrontato in chiave nazionale: «Serve una soluzione simmetrica di ambito europeo». Per l'efficienza energetica, Confindustria chiede di rintrodurre, gli aiuti. «Possono aggiungere uno 0,4% al Pil creando 800mila posti di lavoro». Il costo per lo stato sarebbe attorno a 1,5 miliardi, stima Confindustria, ma i benefìci dati dai risparmi superano i 3 miliardi. Più delicato il tema degli aiuti alle fonti rinnovabili di energia. Un ruolo insostituibile, «siamo diventati secondi in Europa», ricorda la presidente della Confindustria, e «il paese deve investire in fonti rinnovabili, ma con una graduale riduzione degli incentivi, che sono tra più alti in Europa». Tema caldissimo, quello degli incentivi e dei vincoli alla realizzazione delle reti. Ne hanno accennato al convegno Roberto Potì (Edison) e Fulvio Conti (amministratore delegato dell'Enel), ma anche Emilio Cremona (presidente del Gse), Stefano Conti (Terna) e l'ecologista Ermete Realacci (presidente della fondazione Symbola). Le smagliature normative hanno consentito distorsioni di mercato sulle infrastrutture elettriche e, per accaparrarsi gli incentivi importanti alle fonti rinnovabili di energia, si rischia di generare quella "bolla" che ha portato a domande di allacciamento alla rete elettrica per centrali "verdi" pari a 200mila megawatt (131mila i megawatt delle domande di allacciamento censite da Terna sull'alta tensione). Tutti sono d'accordo (anche il ministro Romani, che da Roma dice che i sussidi non devono pesare sulle tasche dei cittadini) nel mitigare queste distorsioni e nel mettere un freno agli "ecofurbi" che guadagnano incassando gli incentivi pagati dagli italiani attraverso le bollette della corrente. Secondo Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico, le infrastrutture sono essenziali, come i rigassificatori, il cui numero sarà deciso non da dirigismi bensì da logiche di mercato. Sulla dozzina di progetti, «si conteranno sulle dita di una mano» quelli che saranno costruiti. Un cenno al nucleare, strumento per diversificare le tecnologie energetiche. Uno studio del Mit dice che l'energia atomica è competitiva se nel costo del chilowattora si conta anche il peso delle emissioni di CO2 (che il nucleare non ha). Zavorra verde da 4 miliardi. Una superbolletta 2011 da 4 miliardi di euro solo per incentivare le energie rinnovabili. Esosa, iniqua e soprattutto impiegata male. L'accusa, infiocchettata di proposte, viene dall'Authority per l'Energia. Che non ha perso tempo dopo l'ultima diagnosi sull'accelerazione all'energia solare che il nostro paese ha però ottenuto a carissimo prezzo. La reazione è tempestiva anche perché siamo alle ultime battute nel confronto tra il Governo e le categorie coinvolte nella riforma degli incentivi prevista dal decreto legislativo «che sarà approvato a breve» ha affermato il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani. Attutire e rimodulare gli incentivi tenendo conto dell'evoluzione tecnologica (che consentirebbe sussidi sempre più lievi) e delle esigenze di trasparenza nella loro erogazione? Belle parole, da tutti condivise. Sta di fatto che il confronto conferma una grande divaricazione di tesi e interessi. Le associazioni degli operatori si battono per attenuare gli aiuti il meno possibile. Se ne fa interprete l'Assosolare, che plaude per l'obiettivo dei 7 gigawatt di energia fotovoltaica raggiunta a fine 2010 e invita a raddoppiare il target nazionale (praticamente già raggiunto) degli 8mila megawatt al 2020. Intanto gli amministratori locali rivendicano se non altro regole chiare e tempestive: proprio ieri il governatore della Puglia, Niki Vendola, ha protestato contro i ritardi del Governo nel comunicare i nuovi obiettivi da assegnare in maniera differenziata alle regioni. Le associazioni ambientaliste più vivaci, come gli Amici della Terra, invitano invece a premere con maggiore decisione sull'efficienza, chiudendo ancora di più il rubinetto dei sussidi agli impianti. Tutto ciò incalza l'Authority per l'energia. Che in una segnalazione al Governo e Parlamento chiede opportuni «correttivi» allo schema dell'ultimo decreto legislativo sui sussidi. Il costo totale per incentivare le sole rinnovabili vere (escluse le "assimilate") è passato - puntualizza l'Authority – dai 2,5 miliardi di euro 2009, ai 3,4 miliardi 2010 fino a superare quest'anno i 4 miliardi. Come promuovere bene le rinnovabili tenendo fede agli obiettivi europei senza pesare eccessivamente sulle bollette? Con «regole certe, misure anti-speculazione e meccanismi di mercato» sintetizza l'Authority. In particolare occorre «limitare drasticamente il rinvio a futuri decreti attuativi per garantire agli operatori norme e tempi certi per gli investimenti». Bisogna inoltre privilegiare «strumenti di mercato» (come le aste per tutti i tipi di fonti), evitando «l'eccessivo ricorso a meno efficienti incentivi amministrati» (i sussidi diretti e indiscriminati). Gli interventi anti-speculazione? Indispensabili e urgenti. Lo scenario è effettivamente sconcertante: 50 mila nuovi impianti "verdi" da connettere in rete, richieste di autorizzazioni per impianti di energia rinnovabile per oltre 130 gigawatt, oltre il doppio della potenza elettrica totale ora disponibile in Italia. Gli «intenti speculativi» (chiedo i permessi e l'allacciamento per poi rivendere le carte) sono più che evidenti. Va tra l'altro previsto – chiede l'Authority – «un unico procedimento autorizzativo per gli impianti di produzione e i necessari allacciamenti» verificando bene la consistenza delle opere. Con l'occasione l'Authority rilancia due cavalli di battaglia: guai, in tutto ciò, a non privilegiare comunque l'efficienza energetica, con quei "certificati bianchi" che hanno «già prodotto risultati superiori agli obiettivi». E intanto, per attenuare almeno un po' l'onere crescente delle rinnovabili sulle bollette, si potrebbe spostare almeno in parte il finanziamento – rilancia l'Authorità – sulla fiscalità generale.

Eugenio Caruso

27 febbraio 2011

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