L'importanza, per un giovane, di un'esperienza all'estero.

Correva l’anno 2009 quando dall’ufficio relazioni internazionali dell’Università di Perugia mi comunicarono che avevo vinto una borsa di studio Erasmus di 9 mesi per Budapest.
Finalmente il mio sogno di andarmene stava diventando realtà!
Era tanta la voglia di partire che non aspettai un attimo, acquistai subito il biglietto aereo e a metà luglio ero già in Ungheria. L’estate, torrida e afosa, la trascorsi a Szeged, piccola cittadina a 170 Km dalla capitale per seguire un corso di lingua ungherese per poi trasferirmi definitivamente a Budapest.
Inizialmente mi sentivo un po’ inadeguata a quel posto tanto diverso da tutto ciò che avevo lasciato, dal cibo, alla gente, alle abitudini, ma da brava italiana strinsi subito amicizie, mi inserii in realtà molto interessanti senza mai perdere di vista l’obiettivo.
Il percorso non fu semplicissimo, col tempo il carico di responsabilità aumentava, in Italia avevo “lasciato” un professore, il mio relatore, che, però, fin dall’inizio, aveva capito quanto fosse importante per me un'esperienza all'estero e mi incoraggiò in quella che definii l’impresa magiara; fortunatamente, a Budapest trovai un altro docente che, con pazienza, mi aiutò a “muovermi” in un mondo a me sconosciuto quello delle biblioteche ungheresi . Trascorrevo intere giornate tra scaffali, ricerche bibliografiche, traduzioni, fotocopie e, col passare dei mesi, la mia tenacia fu premiata e riuscii a reperire tutti i testi che mi occorrevano per la ricerca che mi era stata affidata. Ricordo ancora i pomeriggi bui e freddi in cui, con Ipod alle orecchie, attraversavo a piedi la città per raggiungere la biblioteca del Parlamento, luogo a me tanto caro, dove ho assaporato il senso di soddisfazione che si prova alla conclusione di un progetto, di un grande progetto, iniziato circa un anno prima.
Il lavoro svolto fu molto apprezzato tanto che il docente ungherese mi propose di restare a Budapest per seguire un master, al momento raccolsi la “sfida” con molto entusiasmo ma poi mi resi conto che il mio lavoro lì era concluso ed era più opportuno tornare in Italia. Feci proprio così, declinai, a malincuore, la sua proposta, con la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta e a marzo salii sull’aereo che mi riportava a “casa”.
Una volta rientrata in Italia, inizialmente mi sembrava tutto cosi strano, a tratti diverso, forse ero mancata da un po’ troppo tempo! Poi pian piano iniziai ad organizzarmi, mi trasferii a Roma e riuscii a trovare  lavoro e in primavera arrivò anche la laurea!
 E’ passato oltre un anno da quando sono tornata da Budapest, ora è tutto molto più chiaro, e forse riesco anche a spiegarmi il motivo per cui avevo deciso di trascorrere un periodo all’estero, scelta che mi aveva consentito di spezzare i vincoli delle dolci consuetudini e dei riti consolatori del mio vivere quotidiano. Ora so che andare e poi tornare, mi ha resa più cosciente, più matura e con un bagaglio di esperienze che non sarei stata capace di acquisire se fossi rimasta. Andare per tornare mi ha reso un’altra persona, probabilmente migliore ma sicuramente più forte.
Mi piace ricordare le seguenti parole di Renzo Piano “Secondo me i giovani devono partire, devono andar via ma per curiosità non per disperazione e poi devono tornare. I giovani devono andare, un po’ come ho fatto io, sono sempre partito e sempre tornato. E devono andare per capire com’è il resto del mondo ma anche per  un’altra cosa ancora più importante, per capire se stessi, perché c’è un italianità che non è quella dell’orgoglio nazionale. Noi italiani dobbiamo capire una cosa, che siamo come dei nani sulle spalle di un gigante, tutti, e il gigante è la cultura, una cultura antica che ci ha regalato una straordinaria, invisibile capacità di cogliere la complessità delle cose, articolare i ragionamenti, tessere arte e scienza assieme e questo è un capitale enorme e per questa italianità c’è sempre  posto a tavola per tutto il resto del mondo.”

Anna Maria Pomponi - 1 aprile 2011


Impresa Oggi dà il bentornata ad Anna una preziosa collaboratrice da sempre. Anna ti auguriamo tante esperienze costruttive come quella che ci hai raccontato. Speriamo che la tua storia sia di esempio a tanti ragazzi desiderosi di togliersi di dosso l'etichetta di bamboccioni.

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