Non c'è niente di buono o di cattivo, in sé. E' il pensiero che rende le cose buone o cattive.
Shakespeare
Il 28 novembre a Durban, in Sudafrica, sia aprirà la prossima conferenza sul clima delle Nazioni Unite. In vista dell’ennesimo incontro che vedrà i capi di governo di centinaia di paesi impegnati a risolvere il problema dei cambiamenti climatici, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in visita in Australia invita la comunità internazionale a raddoppiare gli sforzi nella direzione di un accordo. Per il segretario delle Nazioni Unite lo scetticismo sul clima è follia, il riscaldamento globale provocato dall’uomo è stato ampiamente dimostrato dalla scienza ed è già suffragato dai fatti: la carestia nel corno d’Africa e le alluvioni che hanno colpito il nordest dell’Australia sono citati come esempi delle conseguenze del fenomeno in atto. Ban Ki-moon lancia l’appello a conclusione del Forum delle Isole del Pacifico, tra le più minacciate dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche del riscaldamento globale. Qui servono interventi radicali, e molto costosi, ormai non più tesi ad evitare il verificarsi del disastro ma direttamente a farvi fronte. Anote Tong, il presidente di Kiribati, mini arcipelago dell’Oceania, ha spiegato al Forum di avere preso in esame soluzioni anche molto drastiche, tra cui trasferire i suoi 100 mila abitanti su isole artificiali galleggianti. Nel frattempo ha raggiunto il record negativo assoluto, l’estensione dei ghiacci nell’Artide. L’area non è mai stata così ridotta dal 1972, quando cominciarono le osservazioni con i satelliti, a oggi. Il ricercatore tedesco Georg Heygster, dell’Istituto di Fisica Ambientale presso l’Università di Brema, parla di “4.240 milioni di chilometri quadrati”, pari a mezzo punto percentuale in meno rispetto al precedente record negativo che risaliva al settembre del 2007. In 40 anni di osservazioni l’area dell’Artico ricoperta dai ghiacci in estate, il periodo dell’anno in cui l’estensione è ai minimi, si è ridotta del 50 per cento. Un calo che “non può più spiegarsi con la sola variabilità naturale ed è invece indubbiamente legato al surriscaldamento globale, che nell’Artico è particolarmente pronunciato”. Dal Trentino, dove 150 esperti di 26 nazioni si sono dati appuntamento per discutere di temi legati al riscaldamento globale nel’ambito dell’evento Climaticamente, si cerca di ridisegnare la mappa del mondo futuro tenendo conto delle temperature in aumento. Le proiezioni dicono che il clima di una città come Roma diventerà più caldo e più umido in estate, più secco d’inverno. La capitale avrà un clima simile a quello di Tripoli, Tunisi o Algeri, mentre Berlino si godrà temperature mediterranee. E se in Belgio le temperature in aumento consentono già ad alcuni emigrati italiani di sperimentare la coltivazione della vite e produrre vino, è probabile che tra 100 anni anche i paesi che si affacciano sul Baltico, la Germania, la Danimarca e la Polonia potranno competere sul mercato enologico con i loro vitigni. La prospettiva di bere vino polacco è inquietante ma tollerabile? Lo è molto meno la velocità con cui si estinguono le specie animali, anche a causa del caldo che avanza. Rischiano l’estinzione una specie di uccelli su otto, una specie di mammiferi su quattro, una specie anfibia su tre, tra gli animali, e una specie di conifere su quattro tra le piante. La prima causa sono i cambiamenti climatici, seguiti dalla sparizione o dal danneggiamento degli habitat, causato dallo sfruttamento intensivo operato dall’uomo di zone sempre più vaste.
REVISIONE DEL 21 AGOSTO 2012.
Cambiamenti climatici in Europa.
Nell’ultimo decennio la comunità scientifica internazionale ha assunto la consapevolezza che il nostro pianeta dovrà affrontare vari impatti dei cambiamenti climatici imputabili sia a cause naturali, sia all’azione dell’uomo.
Alcuni impatti sono già in corso (esempio: la banchisa artica, i ghiacciai della Groenlandia, i ghiacciai alpini e le ondate di calore in varie aree del pianeta), mentre altri potranno accadere in un futuro a breve e medio termine, anche se le emissioni dei gas-serra saranno ridotte significativamente nei prossimi decenni tramite l’applicazione di politiche di mitigazione su scala globale.
Secondo i risultati evidenziati nell’ultimo rapporto di valutazione dell’Ipcc Ar 4- Wg II, pubblicato nel 2007, nei prossimi decenni l’area europea meridionale e l’area mediterranea potranno far fronte a impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, potranno trasformare queste aree tra quelle più vulnerabili.
Secondo gli scenari climatici Ipcc-Sres, nelle due summenzionate aree saranno indicatori degli impatti negativi attesi nei prossimi decenni: un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), un aumento della frequenza di eventi estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali con conseguente calo della produttività agricola e perdite di ecosistemi naturali.
In Italia le aree e i settori più vulnerabili agli impatti presenti e attesi dei cambiamenti climatici sono:
- le zone costiere e gli ecosistemi marini
- la regione alpina e gli ecosistemi montani
- le aree a rischio di desertificazione
- le aree soggette a rischio idrogeologico
- il bacino del fiume Po
- l’agricoltura
- l’energia (in particolare quella idroelettrica)
- il turismo
- la salute.
In generale, i cambiamenti climatici rischiano di amplificare le differenze regionali sia in Europa, sia in Italia, in termini di qualità e disponibilità delle risorse naturali e degli ecosistemi.
L’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa
In Europa sono già avvertite la necessità di adattamento ad alcuni impatti dei cambiamenti climatici e l’urgenza di iniziare una pianificazione di strategie e piani di implementazione a corto/medio termine a livello europeo, nazionale e regionale, al fine di far fronte a questa emergenza climatica. La comunità scientifica ha evidenziato che interventi a corto e medio termine che diminuiscano la vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentino la capacità adattiva a livello europeo saranno molto meno onerosi dei danni causati da questi impatti. L’Europa si è attivata in tema di adattamento con la pubblicazione nel 2007 da parte della Commissione Europea del Libro verde “L’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa – quali possibilità di intervento per l’Ue” , ove sono esposte le linee dell’intervento comunitario per l’adattamento dell’Ue ai cambiamenti climatici e viene posta una serie di quesiti per le parti interessate (Paesi membri e vari stakeholder). Sulla base dei contributi e delle reazioni al Libro verde da parte di questi soggetti interessati (trasmessi entro il 30 novembre 2007), la Commissione ha potuto stabilire l’orientamento futuro delle sue azioni. Tra i punti principali evidenziati dal Libro verde sono da menzionare i seguenti:
- le azioni di adattamento devono essere realizzate al livello più adeguato ed essere complementari, specialmente tra le autorità pubbliche
- livello nazionale: miglioramento della gestione dei disastri, prevenzione dei rischi ed elaborazione di strategie di adattamento
- livello regionale: pianificazione territoriale
- livello locale: modalità pratiche di gestione e di utilizzo del suolo e sensibilizzazione delle popolazioni.
Infine, il Libro verde delinea quattro linee d’azione su scala comunitaria:
1. intervento immediato nell’Ue nei settori in cui le conoscenze sono adeguate
2. integrazione dell’adattamento nell’azione esterna dell’Ue
3. miglioramento delle conoscenze laddove sussistano lacune
4. partecipazione di tutte le parti interessate all’elaborazione di strategie di adattamento.
Nel 2009 la Commissione ha finalmente pubblicato il Libro bianco “Adattarsi ai cambiamenti climatici: verso un quadro d’azione europeo” , ove si è delineato un quadro d’azione europeo per l’adattamento attraverso il quale l’Ue possa ridurre la propria vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici, in maniera complementare e sussidiaria all’azione nazionale e internazionale degli Stati membri, supportando i prioritari obiettivi di sviluppo sostenibile.
L’approccio della Commissione è graduale e contempla due fasi: nella prima fase (2009-2012) sono state predisposte le basi della strategia di adattamento europea, che sarà implementata solo nella seconda fase (dal 2013). Le proposte contenute nel Libro bianco riguardano le azioni da intraprendere nel corso della prima fase, che poggia su quattro pilastri d’azione:
1. costruzione di una solida base informativa scientifica sugli impatti e sulle conseguenze del cambiamento climatico nell’Ue
2. integrazione dell’adattamento al cambiamento climatico nelle principali politiche settoriali europee
3. utilizzo di una combinazione di strumenti politici (strumenti di mercato,linee guida, collaborazioni pubblico privato) per garantire un’applicazione efficace dell’adattamento
4. rafforzamento della cooperazione internazionale in materia di adattamento.
Il successo della prima fase richiede un’efficace cooperazione tra Ue, autorità nazionali, regionali e locali. A questo scopo, la Commissione ha istituito nel 2009 un gruppo direttivo sugli impatti dei cambiamenti climatici e sull’adattamento (Impact and Adaptation Steering Group, Iasg), composto da rappresentanti degli Stati membri dell’Ue e rappresentanti della società civile, nonché un gruppo tecnico sugli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento (Working Group on Knowledge Base on Climate Change Impacts, Vulnerability and Adaptation, Wg-Kb). Inoltre, al fine di condividere in maniera più efficace tra i diversi Stati membri le conoscenze acquisite nel campo degli impatti e dell’adattamento, nel Libro bianco è evidenziata la necessità di creare un European Clearinghouse Mechanism on Adaptation, una piattaforma web finalizzata a migliorare il processo decisionale per l’adattamento, dedicata alla raccolta e allo scambio di dati e informazioni a livello europeo, nazionale e locale su:
• gli scenari e le osservazioni dei cambiamenti climatici
• gli impatti e le vulnerabilità
• i piani e le strategie di adattamento
• le misure concrete di adattamento esistenti.
Questa piattaforma, lanciata ufficialmente il 23 marzo 2012 e ora denominata European Climate Adaptation Platform (Climate-Adapt), risulta attualmente gestita dalla European Environment Agency (Eea), con la collaborazione dell’European Topic Center on climate change impacts, Vulnerability and Adaptation (Etc/Cca), un centro “virtuale” di supporto tecnico-scientifico all’Eea, coordinato dal Centro euro mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc).
È importante anche ricordare che il Libro bianco esorta gli Stati membri a sviluppare strategie di adattamento: “Incentivare l’ulteriore sviluppo di strategie di adattamento nazionali e regionali per valutare la possibilità di renderle obbligatorie a partire dal 2012”.
Attualmente solo 11 Paesi membri hanno realizzato una strategia nazionale per l’adattamento, mentre gli altri si trovano a stadi diversi di preparazione e sviluppo. A oggi la Commissione non ha sviluppato una definizione comune o, comunque, criteri per il contenuto e lo scopo di una strategia nazionale di
adattamento. È probabile che un passo in avanti in questa direzione sarà fornito dalla Strategia europea sull’adattamento, che verrà presentata nel marzo 2013. Di conseguenza, le strategie nazionali in Europa si differenziano per approccio, contenuti, settori di analisi e governance. Infine, è importante ricordare anche la strategia europea per la crescita economica Europa 2020 12 e le indicazioni della EU 2050 Road Map sull’energia, che mostrano come l’integrazione dell’adattamento nelle varie politiche settoriali e il rafforzamento della ricerca sulle tecnologie per l’adattamento siano fondamentali per aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse.
Possibile definizione di una Strategia nazionale di adattamento
Sono state realizzate varie analisi e sintesi delle diverse strategie nazionali di adattamento in Europa (Circle e Peer), dalle quali è possibile ricavare i seguenti elementi fondamentali di una strategia:
- l’individuazione e il coinvolgimento della comunità scientifica nazionale attiva nella scienza climatica (impatti, vulnerabilità e adattamento)
- l’individuazione e il coinvolgimento delle parti interessate al tema dell’adattamento a livello nazionale, regionale e locale
- la definizione dei settori a livello nazionale e regionale di interesse per gli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento
- la mappatura, l’analisi e la sintesi della conoscenza tecnico-scientifica sulle suddette tematiche in vari settori nel territorio nazionale
- l’elaborazione di una valutazione finalizzata a dimostrare i benefici economici, ambientali e sociali
dell’adattamento per ogni settore
- l’individuazione delle misure prioritarie di adattamento per ogni settore e l’elaborazione di una stima dei loro costi di attuazione insieme ai costi di mancata attuazione, al fine di poter riorientare o modificare le politiche per agevolare l’adattamento. Va data priorità alle misure di adattamento che offrano opportunità no regret (con benefici più alti dei costi affrontati, indipendentemente dal potenziale di adattamento)
- l’elaborazione di indicatori per poter monitorare il progresso e il successo delle eventuali misure di adattamento settoriale
- l’elaborazione di linee-guida per misure prioritarie di adattamento settoriale a breve termine (2020-2030) e medio termine (2040- 2050).
L’adattamento ai cambiamenti climatici in Italia
L’Italia non ha ancora provveduto a elaborare una Strategia nazionale di adattamento e un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. I primi passi in questa direzione sono iniziati nel 2007, con la Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici (Roma, settembre 2007, promossa dal Mattm, ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, e organizzata dall’Apat, ora Ispra) e i vari workshop settoriali preparatori a questa conferenza, ove la comunità scientifica nazionale ha illustrato le priorità identificate per l’adattamento e segnalato l’urgenza di sviluppare e attuare una strategia in modo proattivo, integrato e di lungo termine, in coerenza con le raccomandazioni internazionali in materia di adattamento e in modo complementare alle strategie di mitigazione a livello nazionale ed europeo.
Purtroppo, a oggi non si hanno valutazioni economiche esaustive per l’adattamento a livello nazionale, a eccezione di uno studio del 2008, che presenta una prima stima dei costi previsti per alcune misure di adattamento in quattro aree vulnerabili in Italia: le Alpi e gli ecosistemi dei ghiacciai, le zone costiere, le zone aride e le zone minacciate dalla desertificazione e le zone soggette a inondazioni e frane.
Nel contesto delle attuali politiche nazionali di tutela dell’ambiente, di prevenzione dei disastri naturali, di gestione sostenibile delle risorse naturali e di tutela della salute alcune strategie e azioni di adattamento sono state pianificate e attivate sul territorio nazionale: queste spaziano da documenti
strategici (la Strategia nazionale per la biodiversità e il Programma di azione nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione, promossi dal Mattm, il Libro bianco “Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici”, promosso dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) insieme alla Rete rurale nazionale, le “Linee guida per preparare piani di sorveglianza e risposta verso gli effetti sulla salute di ondate di calore anomalo”, promosse dal ministero della Salute nell’ambito delle attività del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) a strumenti di sorveglianza degli impatti, a sistemi di allerta preventiva e ad azioni pratiche in alcuni settori (salute umana, protezione delle coste, agricoltura, desertificazione e protezione delle risorse idriche).
A oggi il Mattm, insieme al Mipaaf e al ministero della Salute, ha assunto un ruolo guida nella realizzazione di queste attività e potrà svolgere, in concerto con gli altri ministeri, anche il ruolo guida nella preparazione di una strategia nazionale di adattamento. L’attuazione di un eventuale piano di azione per l’adattamento potrà, invece, essere affidata alle Regioni, che rappresentano il livello istituzionale più idoneo a tale fine, potendo queste ultime realizzare, seguendo le linee guida di una strategia nazionale, azioni sul territorio in maniera organica. Da un’analisi comparativa delle varie strategie nazionali adottate in Europa, emerge che organizzazioni e istituzioni di collegamento tra la
scienza, la politica e la collettività (le cosiddette boundary organizations) hanno efficacemente assunto il ruolo di supporto e di coordinamento del processo di definizione di una strategia nazionale di adattamento. In Italia, il Cmcc svolge un ruolo importante nella ricerca climatica nazionale e internazionale e fornisce supporto tecnico-scientifico al Mattm sulle tematiche della scienza climatica, impatti, vulnerabilità, politiche di adattamento e mitigazione. Il Cmcc e altre istituzioni scientifiche nazionali, quali Ispra, Enea e Cnr, oltre alle agenzie regionali Arpa, rivestono propriamente questa veste di boundary organizations e sono destinate a fornire un utile contributo allo sviluppo di una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. (Tratto da Ecoscienza - maggio 2012).
REVISINE DEL 22 AGOSTO 2012.
La riduzione dei ghiacci polari.
Fa caldo, molto caldo, e gli anticicloni africani Caronte, Minosse, Lucifero non ci hanno dato tregua. Ma la notizia non è questa, bensì che il "condizionatore d'aria" dell'emisfero Nord della Terra sta riducendo il suo potere rinfrescante, semplicemente perché si è ristretto parecchio. In altre parole i ghiacci del mare Artico sono a un minimo e probabilmente a fine mese raggiungeranno un poco invidiabile record di minima estensione in assoluto. Non è un fatto inatteso, spiegano gli esperti, nel senso che già nel 2011 si era arrivati a sfiorare il record stabilito nel 2007. Di per sé il fatto non sarebbe importante, se non fosse che l'estensione dei ghiacci è un fattore decisivo per il clima complessivo del pianeta. Il record pare sarà raggiunto, dato che a Ferragosto le misure, piuttosto precise, davano per l'estensione dei ghiacci la bella cifra di quasi mezzo milione di chilometri quadrati in meno del 2007 alla stessa data e quello, come detto, fu l'anno del record. Considerando poi che lo scioglimento dei ghiacci procede fino a metà settembre tutti sono concordi a dire che stavolta ci siamo.
Le misure si fanno dallo spazio, con i satelliti Cryosat, europeo, e IceSat, americano, che usano oltretutto tecnologie diverse, radar e laser rispettivamente, ma sono impiegati anche aerei a quote più basse e si arriva a una precisione di 10 centimetri nella misura dello spessore del ghiaccio. Non diminuisce infatti solo la superficie coperta da ghiacci, con una stima, dal 2004, di quasi 1000 chilometri cubici all'anno in volume, ma anche il loro spessore. In Groenlandia per esempio, nella parte nord, si è quasi dimezzato arrivando a un minimo di 3 metri , che restano comunque tanti. Certo il rischio è che ci sia un effetto a retroazione e proprio la Groenlandia ne dà un buon esempio con il distacco di iceberg molto grandi, nelle settimane scorse ha destato impressione il "varo" di uno grande come Manhattan. Meno ghiaccio perché più caldo e quindi ancora più caldo e meno ghiaccio. Niente allarmismi ma molta attenzione e una comune convinzione: che non sia semplicissimo capire il futuro di questo fenomeno, quanta parte sia imputabile all'intervento umano sull'ambiente e quanto sia invece un fenomeno ciclico. Laura Koenig di Nasa Goddard , ad esempio, ricorda come ci sia un ciclo accertato di 150 anni per la diminuzione dei ghiacci artici. Effettivamente, se "Groenlandia" vuol dire "terra verde" un po' di ragione deve averla.
Corrado Caruso
12 settembre 2011