La corruzione dilaga anche nel mondo del calcio Nel febbraio di quest'anno sconcertato per una serie di episodi capitati in Italia ho scritto un editoriale dal titolo L'Italia, un paese malato. In questi giorni sconvolgenti per le continue scosse telluriche che stanno colpendo l'Emilia, dove capannoni industriali nuovi o di recente costruzione si sbriciolano come castelli di sabbia e fanno pensare a un giro vorticoso di bustarelle e tangenti, leggo sui notiziari Ansa che è scoppiato l'ennesimo scandalo nel mondo del calcio. Un giro di partite manipolate e pilotate al fine di consentire guadagni a più zeri a scommettitori di tutto il pianeta. Sembra che una domenica di maggio del 2011 un certo Zoltan Kenesei disse soddisfatto ai suoi gregari: «Siamo arrivati sulla cima». La scalata del calcio scommesse era giunta al campionato italiano di massima serie. «Gli ho chiesto che cosa intendesse, e lui ha detto che l'organizzazione sotto la guida del Boss, aveva manipolato una partita italiana di serie A», ha raccontato uno dei presenti a quella riunione in casa di Kenesei, Gabor Horvath, arrestato dalla magistratura magiara e ora «pentito» prodigo di ammissioni. Il Boss sarebbe il singaporiano Tan Seet Eng, la mente dell'organizzazione transnazionale che fa girare e guadagna decine di milioni attraverso le puntate sulle gare truccate. Quella partita era Lecce-Lazio, giocata in notturna il 22 maggio 2011, ultima giornata di campionato. Vinse la Lazio 4 a 2. Due ungheresi - ha raccontato Horvath - erano andati in Italia per portare 600.000 euro utili a «corrompere i giocatori del Lecce». Secondo quello che riferirono al pentito, «il Boss ha scommesso 2 milioni di euro su quella partita in agenzie di scommesse asiatiche. La scommessa era che durante la partita si sarebbero segnati più di 4 gol. Dopo il primo tempo, se mi ricordo bene, il risultato era 2-2, poi dopo l'intervallo sono capitati subito un rigore e un'espulsione nella squadra del Lecce. Il rigore è stato segnato, così la Lazio vinceva 3-2 e il risultato della scommessa era stato ottenuto ». Quanto al coinvolgimento delle persone che avrebbero contribuito alla manipolazione del risultato, Horvath ha riportato la versione di due complici: «So che i giocatori di entrambe le squadre sapevano della manipolazione; Lázár Mátyás ha nominato anche capi di club ma purtroppo non mi ricordo più». I «capi di club» sarebbero i presidenti delle società, ma è un sospetto in attesa di riscontri. Sull'alterazione di Lecce-Lazio gli inquirenti ritengono di aver svolto tutte le verifiche possibili. A fare da intermediario sarebbe stato l'ex calciatore Alessandro Zamperini, che avrebbe contattato il capitano della Lazio Mauri e altri giocatori del Lecce: così aveva denunciato un altro giocatore coinvolto nello scandalo e adesso collaboratore degli inquirenti, Carlo Gervasoni. A conferma di quelle dichiarazioni, gli investigatori della polizia - il Servizio centrale operativo e le Squadre mobili di diverse città - hanno messo insieme diversi solidi elementi per incriminare i protagonisti del losco affare. Quel che è avvenuto per Lecce-Lazio, nella ricostruzione dell'accusa, era già stato sperimentato una settimana prima per Lazio-Genoa, giocata sabato 14 maggio e finita 4 a 2 per i padroni di casa; primo tempo 1 a 1. Lo scandalo delle scommesse, entrato con la retata di ieri nella sua fase più devastante, non è affatto un evento imprevisto. Dagli anni Ottanta, a cominciare dal Totonero, il nostro calcio vive a cicli ravvicinati scossoni sempre più gravi. Un edificio che da tempo avrebbero dovuto ricostruire con criteri antisismici continua a sgretolarsi. Questa storia offende milioni di tifosi e compromette la credibilità del calcio. Il problema è serissimo, la soluzione semplice. Negli anni è stato fatto un bel pieno di retorica. Ora serve il coraggio di andare sino in fondo. Niente scuse, niente sconti, niente condoni. Solo la massima severità consentita dal codice. Con un pensiero a quanto va dicendo, e giustamente, Platini: chi ha imbrogliato anche una sola volta, nel calcio non ci deve stare più. Ieri, la marea nera che coinvolge giocatori, allenatori, dirigenti, imprenditori è dilagata sino a Coverciano, il santuario azzurro. Ha toccato giocatori della Nazionale come Criscito e Bonucci, e persino Antonio Conte, artefice del miracolo juventino. Da almeno tre procure risultano, decine di partite sospettate di essere state pilotate, diverse squadre di serie A a rischio penalizzazione, oltre 150 sotto inchiesta. Leggendo il bilancio desolante e purtroppo provvisorio occorre qualche precisazione. Di fronte alla giustizia ordinaria, vale per tutti gli indagati e gli avvisati la presunzione di innocenza. La giustizia sportiva, invece, ha criteri ed esigenze diverse. Deve agire in tempi brevissimi. E quindi adotta un sistema tanto efficace quanto difficile da digerire. L'onere si rovescia: è l'accusato a dover provare la sua innocenza. Ciò non significa che i fatti emersi in un interrogatorio o in un'intercettazione non debbano essere accuratamente riscontrati. Ma è chiaro che la magistratura sportiva confida nel lavoro e negli strumenti di quella ordinaria. Se vogliamo fare un minimo di chiarezza e di giustizia prima che inizi il nuovo campionato, è necessario che le procure si diano una mossa passando celermente a Palazzi tutte le carte, mano a mano che le acquisiscono. In ogni caso, saranno mesi durissimi in cui il nostro calcio dovrà guardarsi allo specchio. Dire che tutto è marcio e da buttare è una sciocchezza. Più modestamente occorre riformare il sistema a cominciare dalle teste dei dirigenti, dei calciatori, dei tifosi e, già che ci siamo, pure dei giornalisti. Sarà banale, ma quanti ragazzotti sprovveduti di etica e cultura i media hanno trasformato in semidei capricciosi col vizio della scommessa e del tarocco? Persino Buffon, che non è tra queste mezze tacche, giustifica il pareggino combinato dicendo che "sono meglio due feriti che un morto". Non si accorge che il morto c'è: il nostro calcio, la credibilità dei suoi risultati e del sistema che lo sorregge.Occorre insegnare, sempre, ai nostri giovani che nello sport, l'etica è il valore primario, superiore, e di molto, al risultato stesso. Il rischio è analogo a quello della politica; qui la corruzione della "casta" porta i cittadini al non avallo dei propri partiti di riferimento e al non voto. Nel calcio la mancanza di etica e di trasparenza porterà i tifosi a stancarsi della propria squadra e disertare gli avvenimenti sportivi del calcio italiano. Ho letto e sentito spesso dire "La politica è l'immagine della nostra società" ora leggo e sento dire "Il mondo del calcio è l'immagine della nostra società". Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda al successo editoriale |
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