SEN: un sogno energetico nazionale.


Ogni verità passa attraverso tre fasi prima di essere riconosciuta. Nella prima è ridicolizzata, nella seconda è osteggiata, nella terza diviene di per se stessa evidente.

Schopenhauer


A distanza di 24 anni dal quinto e ultimo Piano Energetico Nazionale – i famosi PEN, molto ricordati da chi ha superato i cinquant’anni già da un po’-, il Ministero dello Sviluppo Economico ha posto in consultazione il 16 ottobre scorso la bozza della Strategia Energetica Nazionale (SEN), il documento che vorrebbe delineare le scelte energetiche dei prossimi decenni, anche se il principale orizzonte di riferimento è il 2020. Quattro i principali obiettivi: ridurre il gap di costo dell’energia rispetto ai Paesi europei; raggiungere e superare gli obiettivi ambientali europei; continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento; favorire la crescita sostenibile. Per raggiungere i quali sono state individuate sette priorità d’azione (promozione dell’efficienza energetica; mercato del gas competitivo; sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili; integrazione del mercato elettrico con quello europeo; ristrutturazione della raffinazione e della distribuzione di carburanti; sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi; modernizzazione del sistema di governance).
Nonostante l’indubbia mole di argomenti, non crediamo che sia il caso (almeno per ora) di entrare nel merito di ognuno di essi, quanto meno per due ordini di ragioni.
La prima: per non influenzare (troppo) il giudizio di alcuno, visto che chiunque fino al 30 novembre potrà formulare osservazioni e rispondere ai 24 quesiti specifici che accompagnano la SEN.
La seconda, più critica: temiamo che non ne valga la pena, anche se non certamente perché al Ministero non vogliono ascoltare, tutt’altro.
Lo sforzo previsto con la consultazione (non solo telematica) sulla Sen, oltre ad essere encomiabile, si prospetta davvero notevole: consultazioni formali con le principali istituzioni interessate, in particolare le Commissioni competenti di Camera e Senato; un fitto calendario di incontri con parti sociali, associazioni di categoria, consumatori, sindacati, associazioni ambientaliste, istituti di ricerca. Terminato il lungo giro di consultazioni, il lavoro di sintesi verrà presentato nel corso di una conferenza – sul sito si parla di conferenza pubblica – per essere portato, infine, al varo del Consiglio dei Ministri. Da quanto si è appreso finora, dovrebbe tradursi in una delibera del Cipe, ripetendo la formula adottata per i vecchi PEN. Invece, non è previsto esplicitamente che il Parlamento si pronunci con un voto su una mozione o su un ordine del giorno. A nostro avviso quest’ultimo passaggio sarebbe senz’altro opportuno, quanto meno per un paio di (buoni) motivi.
Primo motivo: il governo, questo governo, non potrà realizzare nulla di quello che la Strategia si prefigge.
Secondo motivo: la SEN dovrebbe fissare una serie d’indicazioni di priorità e indirizzo che il governo, o meglio il Paese, dovrebbe seguire in campo energetico e che dovrebbero essere prese seriamente in considerazione dagli operatori del settore.
Ci permettiamo di ricordare che la fissazione di obiettivi è funzione propria (e qualificante) del Parlamento, anche in presenza di governi tecnici o del Presidente. Peraltro, incidentalmente ricordiamo che questi ultimi non sono sottoposti al giudizio ex post degli elettori; o meglio, non lo sono fin quando i membri di quei gabinetti non aspirino, candidandosi, a diventare onorevoli o senatori. Va rammentato, comunque, che l’art. 7 delle legge 133/2008, interamente dedicato alla SEN, non prevede alcun passaggio parlamentare. Quindi, in caso di mancata espressione delle Camere per mancanza di tempo o per causa di forza maggiore, non ci sarebbero particolari appigli per protestare. Certo è che la cosa sarebbe un tantino paradossale almeno per quanto riguarda il Senato, dove i componenti della X Commissione sono impegnati da oltre due anni in un'indagine conoscitiva proprio sulla SEN. Ormai, saranno diventati competentissimi. Ma il problema vero, secondo noi, è un altro: la legge 133/2008 – che convertì l’urgentissimo decreto n. 112, fortissimamente voluto dall’ex ministro Scajola – non si trova citata né nel ciclopico comunicato stampa (10 pagine, 35.000 battute! Un editoriale di Scalfari al confronto rischia di sembrare un corsivetto qualsiasi), né nelle 114 pagine della SEN vera e propria. Eppure, senza il disposto di quella norma, il governo non avrebbe avuto motivo alcuno per elaborare la strategia. Riteniamo che un richiamo alla Legge sia doveroso, non solo perché l’Italia è un paese civil law, ma anche per l’efficacia stessa della Strategia. La quale, ovviamente, è stata giudicata molto positivamente dalle Associazioni di categoria: quale miglior occasione, infatti, per perorare le proprie istanze, per carità legittimissime, ma pure ben note. Tanto che, da FederUtility a Confindustria, si moltiplicano gli appelli alla cogenza, a rendere la SEN vincolante anche per i governi futuri. Ecco, sul punto, crediamo che occorra intendersi. In Italia, fino a prova contraria, siamo ancora in una democrazia parlamentare, dove la volontà del corpo elettorale si esprime per il tramite dei rappresentanti (più o meno) legittimamente eletti. La XVI legislatura volge al termine. Parlamento e governo attuali sono al capolinea, questo dovrebbe essere evidente a tutti. Come dovrebbe essere abbastanza chiaro che il prossimo Parlamento avrà assetti e rappresentanti verosimilmente diversi: le elezioni siciliane lo hanno già dimostrato chiaramente. Nuove forze si affacciano sullo scacchiere politico, evidentemente portatrici di nuove istanze, probabilmente anche in materia di energia. Il Movimento 5 Stelle e i suoi appassionati militanti, per esempio, ne sono una manifestazione palese, ma ce ne saranno altre per altri soggetti che si stanno organizzando. Giuseppe Grillo, noto Beppe, dall’impalpabile rete, ritenuta troppo sbrigativamente la base del suo successo, a nuoto è sbarcato in Sicilia ottenendo – a colpi di tradizionalissimi comizi – un risultato notevolissimo: vogliamo far finta di niente? O, peggio, scommettere che nessuno faccia niente? Una delibera del Cipe – tale sembra che sarà la veste formale SEN – è un semplice atto di natura amministrativa e, come tale, suscettibile di impugnazione davanti al Tar Lazio. E motivi di doglianza innanzi al giudice amministrativo se ne trovano sempre. A proposito, uno vorremmo segnarlo subito: l’art. 7 della legge 133/2008, al secondo comma, prevede che la proposta della SEN venga elaborata dalla Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente, appositamente convocata dal ministro dello Sviluppo economico d’intesa con il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ebbene, se in questo Paese le Leggi hanno ancora un senso, la Conferenza nazionale immaginata dal Legislatore del 2008, deve avere un ruolo attivo: in altri termini, costituire la sede incaricata di discutere, elaborare e declinare le scelte della politica energetica del nostro Paese … del resto, come dice anche il dizionario, elaborare significa «esaminare a fondo e sviluppare un’idea, una proposta e simili». Viceversa, la Conferenza concepita dagli attuali Tecnici del MSE si terrà a valle della consultazione, verosimilmente con il compito di ratificare scelte prese altrove, al di fuori di essa. Che poi l’idea delle Conferenza nazionale sia una fesseria è un altro discorso, il problema è l’attuale procedura. E non è dettaglio di poco conto, anche se la legge non viene citata.

A. Di Martino, A. Sileo - Da www.Chicago-Blog
27 novembre 2012


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