Pubblico solo oggi la recensione di questo saggio di Roberto Maroni, alla conclusione delle elezioni politiche e regionali, e quindi al di fuori della mischia elettorale.
Roberto Maroni
Il mio Nord
Il sogno dei nuovi barbari
Sperling e Kupfer, 2012,
Roberto Maroni, dopo la nomina a segretario della Lega, ha sintetizzato il suo pensiero con lo slogan Il mio Nord; slogan che è diventato il titolo di questo suo libro.
Il libro prende le mosse dalla coda dagli Stati Generali del Nord, organizzato, nel settembre 2012, al Lingotto di Torino, dove il partito riparte da dove aveva iniziato, dai piccoli imprenditori e dagli artigiani convinti che l’impoverimento del Nord dipende, in grande misura, dai trasferimenti monetari al Sud (non per fare investimenti ma per pagare i salari) e che la salvezza dipenda solo da una maggiore autonomia del Nord dal potere centrale.
Maroni fa una disanima degli avvenimenti che hanno caratterizzato i periodi di successo e quelli di insuccesso del partito; in particolare si sofferma sul fallimento del federalismo che attribuisce, sia alla resistenza della apparato burocratico romano e dei politici meridionali, ma anche ai limiti strutturali della Lega.
Dopo il periodo iniziale, con l’ideologo Gianfranco Miglio e i sognatori Bruno Salvadori e Umberto Bossi, dopo gli anni dei grandi entusiasmi e delle grandi delusioni, della Lega di lotta e di governo, il movimento rischiò di avviarsi verso una triste decadenza a causa di un gruppo dirigente. Scrive Maroni: «Da quel momento è scattato l’inizio del processo di degenerazione di una parte della nomenclatura del partito che ha portato, anno dopo anno, all’esplosione di una crisi interna che ha rischiato di far saltare in aria il movimento. Con la malattia di Bossi, un insieme di personaggi, che i media hanno definito “Cerchio Magico”, è riuscito a costruire una barriera tra Bossi e la base, tra il leader e gli altri dirigenti. Il gruppo si è formato quasi subito, prima come cordone sanitario per proteggere l’integrità del degente, poi come depositario e unico comunicatore delle indicazioni che sarebbero venute da un capo sempre più isolato e lontano dalla realtà. … Di sicuro c’è stato un accordo che ha prodotto una sfrenata caccia di autorità e di posti a prescindere dalle capacità personali ma soprattutto dall’utilità per il partito. La crisi interna era profonda e la sua esplosione inevitabile, favorita poi dalla tumultuosa fine del governo Berlusconi. L’intervento della magistratura e la campagna mediatica seguente hanno gettato il partito sull’orlo del baratro. La Lega non è precipitata grazie all’orgogliosa e generosa reazione dei suoi militanti, decisi a cacciare con la ramazza tutti quei parassiti che stavano rischiando di cancellare vent’anni di storia gloriosa»
L’inizio della rivolta interna al partito iniziò il 19 giugno 2011 sul prato di Pontida quando apparvero striscioni e volantini contrari al Cerchio Magico e inneggianti a Maroni, che sul palco per la prima volta fece riferimento ai “barbari sognanti” di Scipio Slapater. «Così fu quasi un fatto naturale che la galassia degli scontenti facesse propria l’espressione “Barbari sognanti” guardando a me come punto di riferimento politico». Il Cerchio Magico con Rosi Mauro, Gian Paolo Gobbo, Marco Reguzzoni, Giancarlo Giorgetti si organizzarono per far fuori Maroni e i suoi sostenitori e Umberto Bossi preparava la successione per il “trota”. Quando venne pubblicata la notizia degli investimenti dei rimborsi elettorali in Tanzania e in diamanti il Cerchio Magico fece circolare la voce che la notizia era stata fatta filtrare da Maroni come ministro dell’Interno. Il direttivo della Lega Lombarda, il 13 gennaio 2012, decide che Maroni debba astenersi dal partecipare a riunioni pubbliche riguardanti le attività della Lega. «Dal mattino successivo segreterie provinciali e semplici militanti fecero a gara per invitarmi a partecipare alle loro iniziative pubbliche, per un totale di circa 1.500 richieste della mia presenza a questa o a quella manifestazione. Era scattata una plateale e inaspettata disobbedienza della stragrande maggioranza della base». Fallito il tentativo di far fuori Maroni il Cerchio Magico cerca di ostacolare la ricandidatura del maroniano Flavio Tosi a sindaco di Verona. «Ma proprio quando lo scontro interno stava per assumere i toni aspri e alternativi che precedono le espulsioni, sulla scena irruppe la magistratura; precisamente il 3 aprile 2012, con il blitz in via Bellerio … Mediaticamente la Lega fu dipinta come il ricettacolo di ogni nefandezza, fondi segreti, investimenti spregiudicati, tangenti da Finmeccanica. …. La svolta arrivò due giorni dopo il blitz, quando Bossi decise di rassegnare le dimissioni dalla carica di segretario. La campagna contro di me ebbe un ultimo sussulto……. Ma la base non si fece prendere dalla rassegnazione e il 10 aprile, a Bergamo, si tenne la serata dell’orgoglio leghista: la serata delle scope, la serata in cui la base del movimento chiese a gran voce un profondo rinnovamento politico e dirigenziale, fu la serata dello slogan, “Pulizia, pulizia, pulizia”. Due giorni dopo il consiglio federale espulse Rosi Mauro e Francesco Belsito. Davide Boni si era già dimesso dalla Presidenza del consiglio regionale della Lombardia». Con la vittoria di Matteo Salvini e di Flavio Tosi ai congressi regionali di Lombardia e Veneto, i “cerchisti” vengono definitivamente estromessi e si arriva alla nomina di Maroni alla segreteria del partito.
La storia riprende a questo punto dagli albori della Lega, dall’incontro tra Maroni e Bossi, dai dilemmi di Maroni se abbandonare la professione per la politica, dai primi successi, dalla difficoltà di coinvolgere gli italiani in un progetto federalista, dallo scontro con il Leviatano delle burocrazie romana ed europea, al Manifesto del Nord. Dodici progetti concreti per far ripartire il Nord. - Stati generali del Nord – Torino, 28-29 settembre 2012. Per concludere cito le parole di Maroni sul federalismo. «Detto che il Nord è un’area omogenea sotto il profilo sociale, economico e culturale che si presenta con una forte percezione unitaria della realtà e un conseguente comportamento collettivo molto simile anche sotto il profilo del senso civico, segno forse della progressiva conquista di un’identità più moderna, è venuto il momento di tradurre in pratica l’analisi che nel 1992 fece la Fondazione Agnelli, quando concluse un poderoso studio sul Nord Italia cosi “La Padania, una regione italiana in Europa”».
Impresa Oggi - 28 febbraio 2013