I passi della crisi 2008 - 2013. Parte XXI


Le amicizie con gli onesti, con i sinceri, con chi ha esperienza sono vantaggiose. Sono dannose le amicizie con gli adulatori, con gli accomodanti, con le sirene.
Confucio


L’articolo è  il seguito di
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I passi della crisi 2008 - 2011 - Parte XI
I passi della crisi 2008 - 2011 - Parte XII
I passi della crisi 2008 - 2011 - Parte XIII
I passi della crisi 2008 - 2012 - Parte XIV
I passi della crisi 2008 - 2012 - Parte XV
I passi della crisi 2008 - 2012 - Parte XVI
I passi della crisi 2008 - 2012 - Parte XVII
I passi della crisi 2008 - 2013 - Parte XVIII
I passi della crisi 2008 - 2013 - Parte XIX
I passi della crisi 2008 - 2013 - Parte XX

Con riferimento ai succitati articoli, questo prosegue, per il quarto trimestre del 2013,  l’analisi delle performance economico-finanziarie degli stati sovrani e delle più importanti imprese del pianeta. Con particolare attenzione è analizzata la situazione italiana. Sono, inoltre, presi in considerazione tutte le più importanti iniziative degli stati e delle organizzazioni internazionali e nazionali, nonché gli andamenti delle economie di vari paesi. L’articolo viene aggiornato quotidianamente.

Europa in fibrillazione (1 ottobre 2013).
"Non voglio intromettermi nella politica italiana ma allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli che molto è in gioco ora per tutta la Ue: la ripresa iniziata è fragile, e soffrirebbe della continua instabilità politica con rischi non solo per l'Italia ma per tutta la zona euro". È quanto ha affermato il commissario Olli Rehn agli Affari economici e monetari all'Ansa: "L'Italia è la terza economia della zona euro e l'impatto di ciò che accade nel Paese non si ferma ai confini ma si sente in tutta la Ue. Perciò auspico il ritorno della stabilità politica il prima possibile per poter prendere le decisioni necessarie per il ritorno di crescita e occupazione". "L'Italia - ha aggiutno Rehn - ha fatto molto per stabilizzare i suoi conti e si è impegnata a fare tutti i passi necessari per raggiungere gli obiettivi concordati con i partner Ue. Quei risultati e quegli impegni hanno consentito alla Commissione di chiudere la procedura per deficit eccessivo, un segno della fiducia riguadagnata". A esprimere la preoccupazione che si respira in Europa per la crisi politica italiana è stato anche il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz: «Guardiamo con preoccupazione all'Italia e speriamo che il Paese mercoledì decida, con i parlamentari delle due Camere, di stabilizzare l'Italia e, attraverso l'Italia, stabilizzare l'Europa», ha affermato durante la sua visita in Europa. «Non è accettabile che l'intera politica di un paese sia usata negli interessi di una sola persona», ha aggiunto. Fa molta tristezza vedere Berlusconi tricerato nel bunker di Palazzo Grazioli, ancora fiducioso in una impossibile vittoria; una sorta di Hitler con la sua Eva Braun e i fedelissimi.

Chiuso lo stato federale Usa (1 ottobre 2013).
"Se Atene piange, Sparta non ride". Lo shutdown è scattato. La mezzanotte è arrivata e passata senza che alcun accordo dell'ultimo minuto tra repubblicani e democratici abbia potuto tenere aperto il governo americano. L'anno fiscale è scaduto e i duellanti hano tenuto duro: i repubblicani che controllano la Camera hanno insistito nel voler legare qualunque nuovo budget all'affossamento della riforma sanitaria; i democratici che hanno la maggioranza al Senato hanno continuato a rifiutare quello che hanno definito un ricatto senza scrupoli. La Casa Bianca, nella notte, ha inviato istruzioni alle agenzie federali e ai ministeri di dare il via ai piani di emergenza per mantenere operative le attività essenziali con uno staff ridotto ai minimi. Le Forze armate avranno lo stipendio garantito, ha assicurato il presidente Barack Obama in un messaggio video alle truppe nel quale ha denunciato l'irresponsabilità del Congresso e dei repubblicani nel provocare la paralisi. Molti uffici federali, nel primo shutdown del governo in quasi vent'anni, saranno in gran parte chiusi a partire da questa mattina per la mancanza di fondi. Almeno 800.000 lavoratori federali cominceranno a essere lasciati temporaneamente a casa, musei e parchi nazionali vedranno porte e cancelli sbarrati. Una paralisi che rischia di costare miliardi di dollari al giorno in danni economici - 55 miliardi se durerà tre o quattro settimane, secondo le stime di Moody's. L'ultimo atto del dramma a Washington si è consumato nella tarda serata. La Camera ha ancora una volta approvato una proprosta di budget che conteneva rinvii di un anno di capitoli cruciali della riforma sanitaria Affordable Care Act, l'obbligo individuale ad avere una polizza assicurativa. Il Senato, come già in precedenza, ha bocciato il "pacchetto". Ha chiesto piuttosto che la Camera passi un finanziamento a interim di sei settimane del governo senza condizioni prima di avviare qualunque negoziato su un accordo di budget di più lungo periodo. Intese che fermino la paralisi governativa ormai cominciata sono possibili in ogni momento, ma al momento le posizioni sono distanti e i repubblicani non hanno indicato di voler rinunciare al loro obiettivo di usare la battaglia sul budget per far deragliare l'Affordable Care Act. Il Senato si è aggiornato a questa mattina alle 9,30 ora locale, mentre la Camera stava studiando nuovi temi nelle notte senza tuttavia fare marcia indietro sulle loro priorità. Il duro atteggiamento tenuto dall'ala radicale repubblicana, vicina ai Tea Party e dominante alla Camera, ha sollevato preoccupazioni e divisioni dentro lo stesso partito d'opposizione. Alcuni influenti esponenti conservatori temono di essere accusati dall'opinione pubblica di aver voluto paralizzare al governo. Il leader repubblicano al Senato Mitch McConnell aveva nelle ultime ore ipotizzato un finanziamento "puro" di una settimana al governo per dar tempo di trovare un compromesso, ma i deputati del suo partito l'hanno silurato. Lo scontro, inoltre, solleva anche un altro spettro che spaventa oltre al pubblico anche i mercati finanziaria: quello di una battaglia altrettanto drammatica in Congresso fra due settimane sull'innalzamento del tetto del debito federale, per evitare che gli Stati Uniti rischino un default dal 17 ottobre.

Berlusconi si arrende all'evidenza (2 ottobre 2013).
Il governo Letta incassa la fiducia con 235 voti a favore e 70 contrari dopo la svolta di Berlusconi che, contrariamente a quanto annunciato alla vigilia, decide di dare l’ok all’esecutivo. Non si ferma la deriva del Pdl che si spacca lo stesso in più tronconi: per il sì, per il no, per l’astensione e per l’assenza dal Senato, da dove Enrico Letta e il suo governo escono più forti. Nel Pdl nasce anche un nuovo gruppo parlamentare, composto da 26 deputati. Berlusconi è uscito dal bunker per cercare di compattare il partito; ma sono volate parole troppo crude e amare.

Allarme di Moody's sull'Italia, ma le borse non ne risentono (3 ottobre 2013).
Nonostante la fiducia incassata dal governo Letta sia “il miglior risultato possibile”, le turbolenze politiche della settimana scorsa “mettono in evidenza la fragilità dell’esecutivo italiano” e “possono ritardare le riforme strutturali”. Ritardi che possono anche “compromettere la ripresa economica del Paese”. E’ quanto afferma l’agenzia di rating Moody’s in una nota. Secondo Moody’s, quindi, l’Italia non conseguirà il suo obiettivo “di riportare il deficit entro il limite del 3% del Pil entro il 2013”. Avvio in rialzo per le Borse europee, confortate dal superamento della crisi politica italiana all’indomani del voto di fiducia del parlamento al governo guidato da Enrico Letta. Il nervosismo, però, regna sovrano mentre negli Stati Uniti va avanti il dibattito tra repubblicani e democratici per scongiurare il taglio della spesa pubblica, anche se per adesso non ci sono spiragli di accordo: ieri i capi del Congresso hanno lasciato la riunione con il presidente Barack Obama con un nulla di fatto. A Piazza Affari l’attenzione è puntata su Telecom Italia (+2,2%), nel giorno del consiglio di amministrazione nel corso del quale il presidente, Franco Bernabe’, rassegnerà le dimissioni, secondo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi. Continuano ad andare su le banche, mentre lo spread rimane stabile a 256 punti. Milano ha avviato le contrattazioni festeggiando la ritrovata stabilità politica, messa in discussione nei giorni scorsi dal tentativo di far saltare il governo da parte del Pdl. Inizialmente gli investitori non hanno dato peso al giudizio di Moody’s che, a dispetto della fiducia incassata dal governo Letta, si aspetta che `l’Italia non centrerà l’obiettivo di portare il deficit di bilancio entro il limite del 3% del Pil nel 2013´. Per l’agenzia di rating le prospettive del merito di credito dell’Italia restano negative e il Paese non riuscirà a rispettare gli impegni di bilancio presi con l’Europa. `Sebbene la sopravvivenza dell’attuale governo in Italia è il miglior risultato dal punto di vista del credito - ha indicato Moody’s - le turbolenze politiche´ mettono in evidenza la fragilità del Governò, cosa che può `ritardare le riforme fiscali e strutturali´. Ma, rispetto all’inizio delle contrattazioni Milano sta rallentando il passo (il Ftse Mib segna un +0,15%). Se Parigi ora è in ribasso (-0,27%) Francoforte oscilla sulla parità. A Piazza Affari hanno ripreso a salire le azioni delle banche, ben comprate anche ieri. Unicredit segna un progresso dello 0,2% dopo che l’ad Federico Ghizzoni ha indicato di avere presentato un’offerta preliminare per acquisire il controllo della banca polacca BGZ. Il numero uno di Piazza Cordusio ha inoltre detto di avere allo studio la cessione dell’ucraina Ukrsotsbank. Intesa Sanpaolo registra un +0,6% nel giorno in cui Carlo Messina, il manager che ha preso il posto di Francesco Cucchiani ha detto al Sole 24 Ore che la banca ha in pancia 60 miliardi di titoli di stato con una durata inferiore ai due anni. Mps va su dello 0,67% nell’attesa del piano di ristrutturazione della banca. Piano che deve ricevere l’ok da parte della Commissione europea. Hanno ripreso a correre le Finmeccanica (+5%), con il mercato che scommette che a breve sia chiusa la partita su Ansaldo Energia, complice la fiducia rinnovata al governo Letta, che segue da vicino la vicenda. Telecom Italia, dopo un avvio in rialzo di oltre il 2%, ha rallentato il passo e segna un +0,7%. Nel pomeriggio si riunisce il consiglio di amministrazione della società, il primo dopo il riassetto annunciato la scorsa settimana in Telco, la scatola che detiene il 22,4% della compagnia. Secondo indiscrezioni il presidente Franco Bernabe’ oggi rassegnerà le dimissioni. Il nome più accreditato per sostituire il manager è quello di Massimo Sarmi, attuale ad di Poste Italiane. Nel resto d’Europa salgono di oltre l’1% le Easyjet, nel giorno in cui la compagnia aerea ha indicato di attendersi un utile prima delle imposte nella parte alta della forchetta di stime già indicata. Intanto lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi è stabile a 256 punti, sul livello della chiusura di ieri. Il rendimento è al 4,37%. Diminuisce ancora il distacco dal differenziale Bonos/Bund, che segna 248 punti per un tasso del 4,29%.

Bernabè ancora fuori dalla Telecom (4 ottobre 2013).
Il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, ha rassegnato le dimissioni dalla carica. Lo conferma una nota del gruppo. La riunione del consiglio di amministrazione prosegue sotto la conduzione del vice presidente, Aldo Minucci. «Il consiglio - si legge - ha espresso i suoi vivi ringraziamenti a Franco Bernabè per il grande impegno e l’elevato apporto manageriale profuso in questi anni alla guida della società». Bernabè - precisa la nota - si qualificava come consigliere esecutivo non indipendente, ed era presidente del comitato esecutivo e possiede 468 mila azioni ordinarie (di cui n. 18.000 indirettamente) e 480mila azioni di risparmio (di cui 30.000 indirettamente) di Telecom Italia. Al termine dei lavori consiliari sarà diramato un ulteriore comunicato. Tra i presenti, sono stati visti entrare i consiglieri Gabriele Galateri di Genola, Julio Linares Lopez, Renato Pagliaro, Gaetano Miccichè. Sul tavolo, anche l’incognita della nomina del sostituto di Elio Catania. E proprio questa mattina è andato in scena il presidio dei dipendenti di Telecom di fronte alla sede di Piazza Affari a Milano. Sic-Cgil, Fistel-Cisl insieme alla Uilcom Uil di Milano e provincia hanno radunato diverse centinaia di persone in protesta contro «la svendita della nostra azienda». I lavoratori si dicono pronti allo sciopero contro questa «operazione finanziaria». Tra i manifesti esposti, anche uno che recita: «I diavoli della finanza cambiano, l’inferno dei lavoratori rimane». C'è del vero in questo manifesto: i diavoli della finanza hanno fatto il bello e il cattivo tempo in Telecom e ora anche questo grande marchio prenderà la strada dell'emigrazione. Il governo non si faccia tentare dall'idea di creare una bad company (Alitalia docet) per mantenere sotto il controllo nazionale la rete di Telecom. La rete è obsoleta e dichiederebbe capitali ingenti per una sua modernizzazione; oggi le informazioni viaggiano in fibra ottica e il rame tenderà lentamente a scomparire.

.... e le tasse continuano ad aumentare (5 ottobre 2013).
Dal 2000 le bollette per il pagamento delle tasse sui rifiuti sono aumentate del 67% e quest’anno l’importo medio dovrebbe attestarsi attorno ai sui 450 euro a famiglia. Lo rileva la Cgia di Mestre che sottolinea come complessivamente la Tares costerà agli italiani circa 2 miliardi in più di quanto pagavano con la Tarsu/Tia. Tra il 2000 ed il 2013 l’aumento delle bollette relative al servizio di asporto rifiuti è stato del 67% - rileva la Cgia - e se tredici anni fa ogni famiglia pagava mediamente 270 euro, con il debutto della Tares l’esborso medio per ciascun nucleo famigliare dovrebbe attestarsi sui 450 euro. «Come è possibile che nel 2013 le famiglie paghino un importo così pesante - sottolinea il segretario Giuseppe Bortolussi - quando negli ultimi 5 anni di crisi economica la produzione dei rifiuti urbani è diminuita del 5% e l’incidenza della raccolta differenziata, che ha consentito una forte riduzione dei costi di smaltimento, è aumentata di oltre il 30%». I calcoli relativi alla serie storica sono stati effettuati dalla Cgia che ha analizzato i bilanci di 11 comuni capoluogo di Regione: Ancona, Aosta, Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, Milano, Palermo, Torino e Trieste. Ma i rincari delle imposte per i proprietari di casa non finiscono qui. Da segnalare il nuovo record per il tributo ambientale sulla casa: oltre due terzi delle Province hanno adottato l’aliquota nella misura massima del 5% e la media ha raggiunto il 4,48%. I dati - a disposizione dell’Ansa - emergono da uno studio di Confedilizia che fa presente: «È un tributo che tutti pagano senza neppure saperlo». I dati si riferiscono al 2012 in quanto per il 2013, con il decreto Imu, le amministrazioni hanno ancora tempo per deliberare, fino al 30 novembre. Oltre due terzi delle Province hanno stabilito l’aliquota del tributo ambientale, che è una tassa provinciale commisurata alla superficie degli immobili e pagata come addizionale alla Tares, al massimo al 5%. E la media nazionale ha raggiunto il 4,48%, contro il 4,41% dell’anno prima. «Il tributo provinciale per l’ambiente ha avuto una costante crescita - sottolinea Confedilizia - passando da una aliquota media del 3,08% registrata nel 1993 ad una aliquota media del 4,48% toccata nel 2012».

Letta fine di una stagione (6 ottobre 2013).
«Si è chiusa una stagione politica, mercoledì si sono chiusi vent’anni, in modo politico, con un confronto politico forte. Berlusconi ha chiesto che cadesse il governo e il Parlamento, in sintonia con il Paese, ha voluto che si continuasse. Ho preso un rischio, senza mediazioni, e in parlamento ho detto che si votasse. Avevo detto che non volevo governare ad ogni costo e così è successo». Le parole dell premier Enrico Letta, intervistato su Skytg24 da Maria Latella, sembrano un sigillo al termine di una stagione molto travagliata. Eppure suscitano la reazione infastidita dello stesso Alfano: «Non accettiamo ingerenze da parte di nessuno», ha commentato il segretario del Pdl, rispondendo evidentemente anche alle pressioni che provengono dai cosiddetti «falchi» del suo partito. «Perché ho detto grande? - ha poi detto il premier rispondendo a una domanda sulle parole pronunciate dopo l’annuncio di Berlusconi del voto alla fiducia - ma perché tutto mi sarei aspettato tranne che una giravolta di quel tipo». Il presidente del Consiglio dovrà far fronte ad una serie di importanti scadenze: «Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi presenteremo una legge di stabilità e lavoreremo a mettere ordine nelle aliquote dell’Iva. Lo faremo tenendo conto dei problemi della finanza pubblica». All’orizzonte c’è anche il taglio dei costi della politica. La legge sul finanziamento ai partiti, a lungo annunciata e spesso rinviata, dovrebbe essere approvata secondo le promesse del premier entro l’anno: «L’autunno finisce il 21 dicembre - ha aggiunto il premier - ed entro quella data se il Parlamento non avrà varato l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti il governo varerà un decreto legge».

ANCORA SCONTRO TRA PD e PDL SULL'IMU (7 ottobre 2013).
La prima grana post-fiducia per il governo arriva dal decreto che abolisce la prima rata dell’Imu, che da lunedì pomeriggio sarà votato dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, che devono portare il testo in aula mercoledì pomeriggio. Il governo vorrebbe «blindare» il provvedimento, ma i deputati del Pd della commissione Bilancio hanno presentato un emendamento che fa pagare l’Imu alle case con rendita catastale oltre i 750 euro per recuperare risorse da destinare al sociale. A farsi portavoce delle esigenze del governo è stato il presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia, vicino al premier Letta. «Saccomanni - spiega Boccia - ha pagato con sollecitudine ai Comuni la compensazione per il mancato gettito della prima rata Imu. A questo punto diventerebbe complicato modificare le norme del decreto». Il post fiducia ha dato forza sì al governo, ma l’equilibrio politico è ancora da trovare. Molti deputati del Pd vorrebbero subito varare norme più «di sinistra», come appunto far pagare l’Imu ai redditi più alti, ma questo metterebbe in difficoltà Angelino Alfano all’interno del Pdl. Tra i circa 450 emendamenti presentati ve ne sono alcuni sia del Pd (di Angelo Rughetti) che di Scelta Civica (di Enrico Zanetti) che alzano la franchigia, e che farebbero pagare quindi l’imposta alle case di maggior pregio. Un emendamento di tutti i deputati Pd, poi, prevede che non vengano esentate le case oltre 750 euro di rendita. Il miliardo e 200 milioni che si ricava, spiega Maino Marchi, andrebbero a coprire un ritorno dell’Iva al 21%, nonché per aggiungere 400 milioni alla Cig in deroga e 50 al Fondo affitti: «noi abbiamo presentato gli emendamenti per sollevare delle questioni - aggiunge Marchi - possiamo anche ritirarli o trasformarli in ordini del giorno, ma comunque chiediamo che si ragioni e che non si blindi il testo». E la proposta del Pd trova il plauso del segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy: «Se le risorse dell’Imu derivanti dalla tassa sulle cosiddette case di lusso fossero utilizzate per ridurre il carico fiscale sui salari e pensioni, la Uil è pronta a discuterne». I conti per la Uil sono infatti presto fatti: sarebbero infatti 1.740.195 le case con una rendita catastale sopra i 750 euro, di cui il 65% ‘villinì che si aggiungerebbero ai 44.785 proprietari di immobili di lusso. Sarebbero perciò 1.784.980 i contribuenti che continuerebbero a pagare l’Imu. In sostanza, spiega ancora il sindacato, se si dovesse modificare il recente decreto Imu l’imposta si azzererebbe per gli immobili al di sotto dei 170 mq. classificati in A/2 considerato che la media nazionale degli immobili in A/2 è di 624 euro medi con 6 vani. Continuerebbero, invece, a pagare l’imposta i proprietari degli immobili di categoria A/2, con 4 o più vani, a Roma, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Napoli. Cittá in cui il valore catastale è più alto. A Milano, infatti, la media catastale è di 1.487 euro; a Torino di 1.295 euro, a Roma di 1.179 euro, a Bologna di 1.602 euro, a Firenze di 900 euro e a Napoli di 932 euro. Mediamente, spiega ancora la Uil, non pagherebbero l’imposta i proprietari degli immobili di categoria A/3, salvo quelli con più di 200 mq. e nelle cittá come Roma, Bologna e Firenze.Per questa categoria la media catastale nazionale è di 423 euro e per ogni vano mediamente è di 85 euro, con punte 177 euro a vano a Roma, dove per un trilocale si pagherebbe l’Imu. Mi sembra, comunque, una grave caduta di stile e una pugnalata alla schiena al Pdl, dopo la caduta del loro leader.

Il problema Alitalia ancora in pista (8 ottobre 2013).
L'Italia sta ancora scontando l'errore fatto nel 2008 quando Air France - Klm avrebbero comprato Alitalia con tutti i dipendenti e i tutti i suoi debiti; per difendere la compagnia di bandiera non se ne fece nulla. Alitalia fu scorporata in una bad company con i suoi debiti e il personale in esubero, e in una good company affidata a una cordata di "salvatori della patria". La bad company l'abbiamo dovuta pagare noi cittadini con le nostre tasse e la good company è stata portata sull'orlo del fallimento, grazie a una colossale imperizia gestionale e alla mancanza di un solido partner commerciale.
Ora è Fintecna, una delle società della Cassa Depositi e prestiti, la nuova carta, ma non l’unica, che il governo vuole giocare per il salvataggio di Alitalia. Colpo di scena quindi dopo il lungo vertice a Palazzo Chigi nel corso del quale le Ferrovie hanno presentato un piano articolato d’integrazione e una serie di condizioni per entrare in pista. Ma i paletti messi da Moretti - in sostanza il manager ha chiesto di avere pieni poteri sulla compagnia aerea - sono stati considerati troppo vincolanti dal premier Enrico Letta che ha scelto di cambiare strada e di stoppare il decollo delle Ferrovie. Fumata nera quindi o quasi. E tensione alle stelle tra i soci mentre scorre veloce il conto alla rovescia verso l’assemblea del 14 ottobre, chiamata a decidere sulla ricapitalizzazione da 300 milioni. Scontato sottolineare che il percorso resta in salita, con tanti ostacoli da superare. Dal vertice è emersa comunque la volontà del governo di non mollare la presa. Scartata l’opzione Fs, Letta e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, hanno assicurato ai partecipanti al summit - banche e principali azionisti italiani - che verrà comunque individuato un soggetto pubblico - Fintecna o un'altra società pubblica - in grado di supportare lo sviluppo di Alitalia. Di dare cioè garanzie per controbilanciare il potere di Air France. Parigi, che ha il 25% del capitale, resta al momento l’unico partner industriale possibile. Nonostante l’ottimismo di alcuni soci che hanno partecipato all’incontro, al momento le risorse necessarie alla sopravvivenza della compagnia aerea non ci sono. Tutto resta sospeso, sulla carta. Non c’è infatti ancora nessun impegno formale da parte dell’esecutivo sull’entità dell’intervento e sui tempi. L’obiettivo resta quello già noto di non lasciare Alitalia appesa al suo destino, tutelando, per quanto possibile, posti di lavoro e l’indotto. Non solo. Dal premier e dai ministri delle Infrastrutture Maurizio Lupi, e da quello dello Sviluppo, Flavio Zanonato, si è puntata l’attenzione anche sullo scalo di Fiumicino che non può esser ridotto ad un hub di serie B. Insomma, il messaggio inviato a Parigi appare chiaro. Più nebulose le modalità con le quali lo Stato vuole far sentire la sua presenza. Il coinvolgimento di Fintecna - il cui nome è stato fatto più volte durante il vertice - non è comunque scontato. Anche qui, come nel caso della Cdp, che controlla la società, ci sono dei vincoli statutari da superare. E’ vero però che un «veicolo pubblico» deve essere individuato perchè le banche, non solo nella riunione di oggi, hanno sottolineato che sono disposte ad aprire il portafoglio solo se il piano di salvataggio vedrà lo Stato coinvolto. Sulla stessa linea i fornitori della compagnia, Adr ed Eni che vantano crediti milionari. Non è escluso che il governo, dopo un braccio di ferro che potrebbe durare a lungo, riesca a convincere gli istituti di credito ad anticipare i soldi per poi intervenire con più calma in una seconda fase, cioè dopo l’assemblea del 14. Una soluzione che non è vista positivamente dell'ad di Alitalia Gabriele Del Torchio e del presidente, Roberto Colaninno, che sono in pressing costante per chiudere subito la partita. I Benetton hanno invece fatto sapere che sottoscriveranno la loro quota di aumento di capitale a prescindere dalle decisioni del governo. Posizione di attesa sia per Unicredit, rappresentata dall’ad Federico Ghizzoni, che per Intesa Sanpaolo, era presente al vertice il direttore generale Gaetano Miccichè, convinti entrambe che alla fine, forse già oggi, una soluzione positiva verrà individuata. Al termine del vertice Enrico Letta ha voluto fare il punto con il ministro Saccomanni. Non c’è infatti solo l’opzione Fintecna sul tavolo (dovrebbe rilevare una quota del 15-20%), anche se è escluso al momento un intervento diretto del Tesoro, che avrebbe il sapore di una nazionalizzazione. Di certo con la Cassa Depositi e Prestiti sono stati attivati tutta una serie di contatti per individuare la strada più logica e coerente. Prestissimo Saccomanni tirerà le somme. «Sono convinto - ha detto al termine della riunione un azionista di Alitalia - che in tempi rapidi il nodo verrà sciolto, la determinazione a stringere il cerchio è fortissima». Di fatto - e su questo sono tutti d’accordo - si vuole arrivare al 14 ottobre con una scelta precisa. In grado di consentire al fronte italiano di trattare da una posizione di forza o quanto meno alla pari con il colosso francese.

IL PD fa marcia indietro sull'IMU (8 ottobre 2013).
Dietrofront dei democratici sull'Imu. Il Pd ha deciso di ritirare tutti gli emendamenti al decreto legge Imu-Cig riferiti alla prima rata dell'Imu sulla casa. Lo ha annunciato Maino Marchi, primo firmatario dell'emendamento che chiedeva di restringere la platea delle esenzioni per la prima rata Imu agli immobili con rendita catastale inferiore ai 750 euro. L'emendamento aveva destato le critiche del Pdl. Il decreto va convertito entro il 30 ottobre. Già questa mattina l'esponente del Pd Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio, a Mix24, su Radio24 aveva anticipato il passo indietro sulla modifica: «È evidente che dobbiamo decidere il modello progressivo che si applicherà. Penso che questo emendamento verrà ritirato. Ho fatto appello ai colleghi: i comuni hanno già incassato dal Governo le risorse». L'appello è stato ascoltato. «Il Governo - ha spiegato Marchi - si è impegnato a presentare altri provvedimenti sulla cassa integrazione, e questa era la finalità principale del nostro emendamento, e ci ha dato assicurazioni sul rientro al 3% del rapporto deficit/Pil entro il 2013 e garantito che la service tax si baserà su una componente patrimoniale e su una componente servizi, dando ai Comuni spazi specifici per compiere interventi sul territorio». E in Commissione, ha proseguito il capogruppo Pd nella Bilancio, «solleciteremo ulteriori interventi» a sostegno del Fondo affitti. Da qui, ha concluso, «le condizioni per il ritiro dei nostri emendamenti» relativi al pagamento dell'Imu. Dl atteso in Aula domani, stasera nuova riunione delle commissioni. Dopo essere state riconvocate alle 14 per trovare una quadra sugli emendamenti ritirati, i lavori delle commissioni riunite Bilancio e Finanze riprenderanno questa sera, dopo la conclusione di quelli in aula. Non si esclude una seduta notturna per rispettare l'appuntamento con l'Aula fissato per la serata di domani. In base al calendario dei lavori dell'Assemblea, alle 16 di domani inizierà la discussione generale sulla nota di aggiornamento al Def 2013: è quindi ipotizzabile un rinvio dell'esame del Dl Imu alla mattina di giovedì 9. Dopo il ritiro degli emendamenti Pd sul pagamento dell'Imu le votazioni in Commissioni dovrebbero comunque procedere senza particolari ostacoli. Sono stati finora esauriti gli emendamenti di tre articoli (3,4 e 5) sui 16 totali del provvedimento. Intanto questa mattina le commissioni riunite hanno proseguito la discussione del dl con una prima seduta di votazioni. I Comuni nell'applicazione della Tares dovranno tenere conto dalla capacità contributiva dei nuclei familiari, con riferimento in particolare all'Isee, e del volume della raccolta differenziata conferita da imprese e famiglie. È una delle modifiche al Dl Imu approvate. È stato concluso l'esame degli articoli 3 (Rimborso ai Comuni del minor gettito Imu), 4 (Riduzione dell'aliquota della cedolare secca per i contratti a canone concordato) e 5 (Disposizioni in materia di Tares). Nessuna modifica sarebbe stata introdotta all'articolo che riduce l'aliquota della cosiddetta "cedolare secca" dal 19 al 15% a partire da quest'anno. Mentre per quanto riguarda l'articolo 3 è stata risolta la questione dei trasferimenti ai Comuni delle Regioni a statuto speciale del Nord (escluse dai trasferimenti statali diretti, a differenza di Sicilia e Sardegna, provvederanno le Regioni stesse).

Moody's declassa Telecom (9 ottobre 2013).
Moody's declassa da Baa3 a Ba1 il rating di Telecom, un livello considerato junk, ovvero «spazzatura» dagli analisti. Con le dimissioni di Franco Bernabè, spiega una nota dell’agenzia di rating, «è aumentata l’ incertezza per quanto riguarda la capacità della società di rafforzare il proprio bilancio in misura sufficiente a mitigare la tendenza al calo nelle sue entrate nazionali e del margine operativo lordo». La replica di Telecom al declassamento non si è fatta attendere. «Il gruppo è solido a livello industriale e finanziario», si legge in una nota. C’è una «forte generazione di cassa, un margine di liquidità per 12,8 miliardi di euro e redditività tra le più alte del comparto» aggiunge la nota. La generazione di cassa (espressa come differenza fra margine operativo lordo ed investimenti), «negli ultimi 5 anni è stata pari a 32 miliardi e nello stesso arco di tempo, a fronte di 25 miliardi di euro di investimenti complessivi nei Paesi in cui opera, ha ridotto il proprio indebitamento nella misura di 7,6 miliardi di euro» aggiunge la nota di Telecom. «La riduzione del debito è sempre stata e continuerà a essere una priorità per Telecom Italia, nell’ambito di un percorso di sviluppo sostenibile delle attività industriali» assicura il gruppo. «Nel corso degli anni Telecom Italia ha perseguito un approccio prudente alla gestione dei rischi finanziari, mantenendo un margine di liquidità almeno pari alle scadenze del debito dei successivi 18/24 mesi - a fine giugno il margine di liquidità era pari a 12,8 miliardi - e adottando una documentazione contrattuale relativa ai propri finanziamenti priva di clausole di step-up o di accelerazione nel rimborso del capitale legate al rating». Infine «la redditività rimane ai massimi livelli riscontrabili nel settore, essendo al 30 giugno 2013 pari al 38,9% a livello di Gruppo e ben al 48,7% per quanto riguarda le attività sul mercato domestico».

Draghi ai paesi dell'Eurozona (11 ottobre 2013).
«L’attività economica nell’area dell’euro ha toccato il fondo nella prima metà dell’anno e ci si attende si rafforzerà gradualmente nell’immediato futuro». Il giudizio è del presidente della Bce, Mario Draghi, secondo cui «i recenti indicatori economici, in gran parte positivi, sostengono le attese di una modesta e graduale ripresa». In particolare, ha osservato il numero uno dell’Eurotower intervenendo al Comitato monetario e finanziario dell’Fmi, «la produzione è attesa recuperare a ritmo lento, guidata da un graduale miglioramento della domanda domestica e sostenuta dalla politica monetaria accomodante della Bce e da un graduale rafforzamento della domanda esterna». Il presidente della Bce è poi tornato a sottolineare quanto sia importante continuare a fare sacrifici per mantenere il deficit sotto il livello di guardia. «I Paesi europei — il suo monito — non devono vanificare i loro sfrozi che durano da anni per tagliare i deficit e procedere nella riduzione del debito senza indugi».

BERLUSCONI SCEGLIE I SERVIZI SOCIALI (11 ottobre 2013).
Silvio Berlusconi, attraverso i suoi legali, ha depositato in procura a Milano l'istanza per chiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali per scontare la pena definitiva del processo Mediaset. Intanto continua lo scontro all'interno del Pdl tra governisti e lealisti: ieri il Cavaliere ha incontrato Raffaele Fitto, rappresentante della corrente che spinge per azzerare le cariche nel partito e indire in tempi stretti un congresso. Oggi Berlusconi dovrebbe invece incontrare Angelino Alfano. L'istanza é stata trasmessa al tribunale di Sorveglianza di Milano perché avvii l'istruttoria. Berlusconi é stato condannato in via definitiva, con la pronuncia della Corte di Cassazione, a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto) per l'accusa di frode fiscale nel processo sulle irregolarità nella compravendita dei diritti tv da parte del gruppo Mediaset. Il Cavaliere ha dunque anticipato la decisione. Avrebbe dovuto infatti scegliere la modalità con cui scontare la pena entro martedì. Le soluzioni sul tavolo, dopo la condanna definitiva della Cassazione, erano due: gli arresti domiciliari e, per l'appunto, l'affidamento in prova ai servizi sociali. Nell'ultimo periodo quest'ultima ipotesi è stata sostenuta da uno dei legali di Berlusconi, l'avvocato Franco Coppi. In una nota i tre legali dell'ex premier, oltre a Coppi Niccolò Ghedini e Piero Longo, sottolineano che non vi è mai stata «la benché minima differenziazione sulle strategie da adottare che sono sempre state tutte condivise e concordate in ottima armonia e piena collaborazione». Nessuna divergenza, dunque. Ora il fascicolo sarà istruito dal tribunale di Sorveglianza che seguirà tutti i passaggi fino all'udienza per decidere sulla richiesta di affidamento in prova e sulla proposta da parte dell'ex premier di quale servizio sociale svolgere. Udienza che dovrebbe svolgersi nei prossimi mesi e forse non prima della prossima primavera.

BOZZA DELLA LEGGE DI STABILITA' (13 ottobre 2013).
Tagli per 2,65 miliardi al Fondo sanitario nazionale per i prossimi tre anni. E' quanto previsto dalla bozza della legge di stabilità, che domani sarà all'attenzione del governo. Nel dettaglio, la riduzione del livello del finanziamento dovrebbe essere di 500 milioni di euro per il 2014; di 1.040 milioni di euro per il 2015 e 1.110 milioni di euro a decorrere dal 2016. La bozza prevede anche la nuova tassa sulle case e sui rifiuti; si chiamerà Trise e sarà divisa in due componenti: la Tari e la Tasi. Nella bozza si legge: "E' istituito in tutti i comuni del territorio nazionale un tributo sui servizi comunali, di seguito denominato Trise che si articola in due componenti: la prima, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale, di seguito denominata Tari; la seconda, a fronte della copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, di seguito denominata Tasi". La legge di stabilità, si lòegge sempre sulla bozza, abolisce l'Imu sulla prima casa e la rende permanente per tutti gli altri immobili, con una serie di modifiche apportate all'articolo 13 del decreto-legge numero 201 del 2011 che istituiva l'imposta in via sperimentale dal 2012. Nella bozza si legge: "Al primo periodo sono soppresse le parole: "ivi comprese l'abitazione principale e le pertinenze della stessa"; 2) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: "L'imposta municipale propria non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali continuano ad applicarsi l'aliquota di cui al comma 7 e la detrazione di cui al comma 10". Altri 6 mila lavoratori saranno ammessi al pensionamento con le vecchie regole. La bozza della legge di stabilità prevede infatti l'ampliamento del numero degli esodati "salvaguardati" nel testo, rispetto al numero inizialmente previsto dal provvedimento del governo dell'aprile scorso che ammetteva 10.130 unita'. Al beneficio dovrebbero concorrere quei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. Nella legge di stabilità, ha aggiunto a Rainews 24, da Lussemburgo il ministro dell'Economia Saccomanni, ci sarà un "allentamento del patto di stabilità per i comuni", sottolineando che così i municipi potranno investire contro il "dissesto idrogeologico" e per "l'edilizia scolastica". Più in generale Saccomanni dice che l'obiettivo è "rilanciare la crescita, ridurre gli oneri fiscali su lavoro e imprese, rilanciare gli investimenti e ridurre la spesa corrente".
È una legge per la stabilità del solo Governo. Una cura omeopatica per un malato grave, l’economia italiana. Il taglio alla pressione fiscale sul lavoro è minimo. Meno di 10 euro al mese sia per il dipendente che per il datore di lavoro. Certo si promette di intervenire ancora nei prossimi anni. Ma è una promessa fatta già tante volte e mai mantenuta. Data la natura irrisoria delle riduzioni delle tasse, si decide di renderle invisibili, soprattutto per i datori di lavoro. Invece di abbassare in modo sostanziale i contributi sociali, si interviene sull’Irap e solo per i nuovi assunti. Si dice che non ci sono nuove tasse, ma c’è l’aumento del bollo sulle attività finanziarie che vale un miliardo e altre misure una tantum (la rivalutazione dei cespiti e il rientro dei capitali dall’estero) che aumentano le entrate. Al di là della loro natura una tantum, la rivalutazione dei cespiti aumenta la trasparenza dei bilanci anche perché verrà utilizzata per finanziare un’accelerazione della deducibilità delle perdite sui crediti delle banche. Aspettiamo più dettagli sul rientro dei capitali sperando che non sia l’ennesimo condono. I tagli alle spese sono in gran parte virtuali: i soliti tagli ai Ministeri per 2,5 miliardi e agli enti locali per un miliardo. Forse è questo il contenuto “espansivo” della manovra: sono tagli solo sulla carta. Si mettono a bilancio cose che non si materializzeranno. Ma l’opacità dei conti è un’arma a doppio taglio. Sulle dismissioni di immobili, le regole europee vietano di usarne i proventi a copertura del disavanzo anziché a riduzione del debito. È la stessa copertura che era stata usata nella manovrina. È come se una famiglia indebitata vendesse la casa di proprietà per finanziare le sue spese correnti, all’insaputa dei figli.

LEGGE DI STABILITA' (16 ottobre 2013).
Saltano i tagli alla Sanità e l’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie, entrano la rivalutazione delle partecipazioni delle banche al capitale di Bankitalia e una misura strutturale per favorire il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero. Due misure, queste ultime, alle quali il governo ha preferito non attribuire il gettito atteso, e che a tutti gli effetti diventano il futuro tesoretto con il quale finanziare la crescita. La legge di Stabilità entrata ieri nel Consiglio dei ministri ha subito parecchie modifiche rispetto alle bozze della vigilia, ma la struttura portante resta immutata.
Meno Irpef per un miliardo e mezzo
Nel 2014 scatta dunque la riforma dell’Imu, ma si avvia soprattutto un primo taglio delle tasse per le imprese e i lavoratori. Per l’abbattimento del cosiddetto cuneo fiscale le risorse non sono molte, ma come per tutte le altre misure potranno essere rimpinguate nel corso dell’esame parlamentare, anche in funzione del gettito atteso dai provvedimenti «non cifrati». Sul piatto, per ora, ci sono 11,6 miliardi in tre anni, 5 per i lavoratori, 5,6 per le imprese. Nel 2014 lo sgravio sulle buste paga, concentrato sui redditi più bassi, sarà di un miliardo e mezzo di euro e la sua articolazione sarà decisa dal governo con il Parlamento e le parte sociali. Per le imprese, invece, ci sarà una riduzione dell’Irap sulla componente relativa al costo del lavoro (400 milioni di sgravio nel 2014) e un taglio (da un miliardo) dei contributi sociali. Confermato il potenziamento dell’Ace, l’aiuto alla capitalizzazione delle imprese, la cui aliquota salirà dal 3 al 4,5%, e al 6% nel 2015.
Salta l’Imu prima casa, arriva la Trise
La nuova Service tax, che scatta dal 2014, si chiamerà Trise e assorbirà Imu, Tares e Tarsu. Non il tributo provinciale ambientale. La quota sui servizi indivisibili (Tasi) vale l’1 per mille della base imponibile Imu (o 1 euro a metro quadro a scelta dei comuni), mentre la quota rifiuti (Tari) dovrà coprire i costi del servizio. Quest’ultima sarà a carico dei proprietari, ma i comuni potranno chiedere il pagamento fino al 30% della Tasi anche agli inquilini. La nuova Trise, secondo i calcoli della Uil per una famiglia di 4 persone in un appartamento di 100 metri quadri, peserà in media sulla prima casa nel 2014 per 366 euro a famiglia, in aumento rispetto ai 281 medi del 2013 ma in calo rispetto ai 450 del 2012 quando l’Imu si pagò anche sulla prima casa. Il conto finale, però, potrebbe essere un po’ più salato del previsto. Il governo aveva detto che avrebbe trasferito ai Comuni 2 miliardi di euro per coprire le esenzioni e le detrazioni che avrebbero fissato in autonomia. Ma nella legge di Stabilità il trasferimento si è dimezzato, ed il miliardo che manca potrebbe essere trasferito a carico dei cittadini. Altra novità è il ritorno dell’Irpef sui redditi fondiari dei terreni e fabbricati non locati, in misura del 50%. Confermata per le imprese la deducibilità del 50% dell’Imu pagata sugli immobili strumentali dalle imposte sui redditi.
Rendite, sofferenze ed ecobonus
Rispetto alla bozza della vigilia scompare dal testo delle legge di Stabilità l’aumento dell’aliquota fiscale sulle rendite finanziarie dal 20 al 22%, ma viene invece confermato l’aumento dell’imposta di bollo sulla gestione titoli (porterà 900 milioni in più). Per le imprese scatta la possibilità di una nuova rivalutazione dei beni aziendali e delle partecipazioni (con un gettito atteso di 500 milioni nel 2014), mentre alle banche e agli altri intermediari finanziari viene concessa la facoltà, dall’anno prossimo, di ammortizzare le svalutazioni dei crediti non più esigibili. A loro conviene per pulire il bilancio, mentre lo Stato incassa le relative tasse: 2,2 miliardi solo nel 2014. Tra le altre misure fiscali previste dalla manovra 2014 c’è una nuova stretta sulle compensazioni delle imposte indirette, che vale 450 milioni di euro, la conferma delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e gli arredi (un miliardo) e, in prospettiva, una riduzione delle agevolazioni fiscali a favore di famiglie e imprese. Dal capitolo delle cosiddette «tax expenditures», entro gennaio e con il contributo anche in questo caso delle parti sociali e del Parlamento, dovranno essere definiti almeno 500 milioni di tagli permanenti.
Rientro capitali e quote Bankitalia
La manovra, ha annunciato il presidente del Consiglio, Enrico Letta, prevede anche una misura «strutturale» per agevolare il rientro dei capitali detenuti illecitamente all’estero e disciplinare l’«autoriciclaggio», messa a punto con l’aiuto del procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco. Il sistema, che ricalca un meccanismo suggerito dall’Ocse e già adottato da altri paesi, prevede l’autodenuncia del contribuente, che sarebbe tenuto a pagare le imposte per tutti i periodi accertabili, ma con una sanzione ridotta alla metà del minimo attuale e, molto probabilmente, con l’esclusione dei profili penali del reato. Non si tratterebbe, comunque, di una nuova versione dello scudo fiscale. I contribuenti perderebbero l’anonimato, pagherebbero il dovuto e l’amministrazione avrebbe anche qualche discrezionalità di trattamento in funzione del successivo utilizzo dei capitali «svelati». Un’altra misura che per prudenza il governo ha preferito non considerare negli effetti finanziari, ma che è destinata sicuramente a produrre un buon gettito fiscale, anche se in gran parte «una tantum», è la rivalutazione delle quote detenute dalle banche nel capitale della Banca d’Italia. L’operazione, ha spiegato ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, al Consiglio dei ministri, è allo studio da parte di una commissione dell’istituto centrale. La stretta sul pubblico impiego
È da qui che arriva buona parte dei risparmi sui costi dello Stato, con il taglio del 10% degli straordinari, misura ridotta al 5% per militari, polizia e vigili del fuoco, il blocco della contrattazione oltre il 2014, un tetto all’indennità di vacanza contrattuale e un rafforzamento del blocco del tun over. Non è stata inserita, alla fine, la norma che avrebbe consentito di ridurre lo stipendio agli statali in caso di trasferimento, mentre per le buonuscite si prevede il pagamento spalmato non più su 6 ma su 12 mesi. Il tetto di retribuzione dei 300 mila euro lordi l’anno viene poi esteso a «chiunque» riceva retribuzioni o emolumenti dal pubblico. Anche se si tratta solo di una norma di principio, e sarà difficile controllarne l’attuazione, si stabilisce poi che quando la pubblica amministrazione deve affittare un immobile per i suoi uffici ha «l’obbligo di scegliere soluzioni più vantaggiose per l’erario (...) valutando anche la possibilità di delocalizzare gli uffici rispetto al centro abitato storico». Un altro miliardo arriverà dal taglio alla spese delle Regioni mentre altri 500 milioni all’anno arriveranno dalla vendita degli immobili pubblici.
Pensioni bloccate oltre i 3 mila euro
La quota di pensione oltre sei volte il trattamento minimo Inps, ossia 3.000 euro lordi al mese, non verrà rivalutata nei prossimi tre anni, mentre quelle inferiori, a partire dai 1.500 euro lordi, avranno una rivalutazione solo parziale e più bassa di quella odierna. Nella bozza della legge di Stabilità, si legge infatti che verranno rivalutate del 100% quelle fino a 1.500 euro; del 90% quelle fino a 2.000 euro; del 75% quelle fino a 2.500. Per quelle tra i 2.500 e i 3.000 euro la rivalutazione sarà del 50%, oltre tale soglia verranno bloccate. In bilico il contributo di solidarietà, il prelievo a carico delle pensioni oltre i 100 mila euro. Nella bozza entrata a Palazzo Chigi la sovrattassa era del 5% per la parte eccedente i 100 mila euro fino 150 mila, del 10% oltre i 150 mila e del 15% oltre i 200 mila euro. C’è una differenza rispetto ai vecchi contributi di solidarietà, bocciati dalla Corte costituzionale che li aveva considerati discriminatori perché relativi solo alla categoria dei pensionati: il gettito non dovrebbe finire in maniera indistinta nelle casse dello Stato ma andare a «favore delle gestione previdenziali obbligatorie di appartenenza». Resta da vedere se questo correttivo basterà a superare le obiezioni di incostituzionalità. Confermato l’allentamento per un miliardo di euro del patto di stabilità, il sacrificio chiesto a Comuni e Province per aiutare lo Stato a rispettare il limite del deficit. Altri 500 milioni di euro vengono scorporati dal patto per pagare i debiti della pubblica amministrazione.

USA, RAGGIUNTO L'ACCORDO (17 ottobre 2013).
Soddisfazione per l'accordo che permette di evitare il default e di riprendere le attività federali ferme da 16 giorni. Ma anche, e soprattutto, un richiamo al Congresso affinché riconquisti "la fiducia" dei cittadini dopo questo durissimo scontro che ha rappresentato la più grave crisi politica del suo secondo mandato. Nella breve dichiarazione rilasciata dopo l'approvazione dell'intesa da parte del Senato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha utilizzato toni fermi e incisivi. Obama ha invitato il mondo politico a smettere di governare "attraverso le crisi" e ha auspicato che la prossima volta la soluzione non venga trovata "all'ultimo minuto". Al contempo ha assicurato che subito dopo il voto della Camera dei rappresentanti avrebbe firmato il provvedimento, cosa che ha fatto nella notte. "Possiamo cominciare - a sollevare questa nube di incertezza e disagio che grava sulla nostra economia e sul popolo americano", ha affermato Obama. Il capo della Casa Bianca ha poi accennato agli impegni più urgenti che attendono l'amministrazione e il Congresso, citando le leggi sull'immigrazione, quelle sull'agricoltura e un bilancio che venga incontro alle esigenze della classe media. "C'è molto lavoro davanti a noi, a cominciare dalla necessità di riconquistare la fiducia degli americani perduta nelle ultime settimane", ha detto lanciando una stoccata ai repubblicani. Il compromesso raggiunto dal leader dei senatori democratici Harry Reid e da quello repubblicano Mitch McConnell ha avuto come primo effetto un netto rialzo degli indici di Wall Street. Quindi è stato approvato prima al Senato con 81 sì e 18 no e poi alla Camera dei rappresentanti con 285 voti favorevoli (fra i quali quelli di 87 repubblicani) e 144 contrari. Poco più tardi la firma di Obama. È stato così scongiurato il rischio di default che sarebbe scattato alle 23.59 di oggi, ora statunitense. E la Casa Bianca ha potuto annunciare l'immediata ripresa delle attività federali sospese e la possibilità di tornare al lavoro per tutti coloro che erano stati messi in congedo. Il direttore dell'ufficio budget della Casa Bianca, Sylvia Mathews Burwell, ha emanato una direttiva appena pochi minuti dopo la firma da parte di Obama della legge che ha posto fine allo shutdown e che ha elevato il tetto del debito statunitense. Chiaro il messaggio: tornate al lavoro regolarmente, si riaprano gli uffici "in maniera rapida e ordinata". In base al testo, il Tesoro potrà continuare a indebitarsi fino al 7 febbraio e le attività federali potranno proseguire fino al 15 gennaio. Inoltre più di due milioni di dipendenti dell'amministrazione centrale - sia quelli rimasti in questi giorni al lavoro sia quelli che erano stati sospesi dal servizio - riceveranno regolarmente lo stipendio. Nel testo non si fa cenno all'abolizione o al ridimensionamento della riforma della sanità voluta da Obama, obiettivo principale della battaglia condotta in queste settimane dai repubblicani. L'accordo accoglie sostanzialmente le condizioni dettate dal presidente e lascia con l'amaro in bocca l'ala più intransigente del Gop, in particolare il Tea Party. Come ha riconosciuto lo speaker della Camera dei rappresentanti, John Boehner: "Abbiamo combattuto la battaglia giusta. Semplicemente, non abbiamo vinto". Impressiona come i fautori del "tanto peggio tanto meglio" possano influenzare la regolarità e il buon funzionamento di un governo; negli Usa il gruppo dei tea party e in Italia i falchi del Pdl, ad esempio.

Mario Monti un uomo scontroso e vendicativo (18 ottobre 2013).
Da quando gli hanno toccato il suo giocattolino (L'IMU) Monti elargisce scudisciate o meglio colpi di coda a destra e a manca. Monti si dimette da Scelta Civica, che adesso rischia di andare in frantumi. A motivare la decisione dell'ex premier sono i dissidi interni al partito sulla legge di stabilità. "Undici senatori mi hanno sfiduciato" - ha motivato Monti. Accuse rivolte agli esponenti di Sc che oggi hanno espresso in una nota il loro favore sul provvedimento del governo. Sconfessando, di fatto, la linea del leader che ieri aveva espresso critiche sulla legge. Nel mirino il ministro della difesa Mario Mauro, la cui linea - ha rimarcato l'ex presidente del Consiglio - in questi giorni si è discostata da quella ufficiale del movimento. "Mi hai sfilato il partito" è stata l'accusa rivolta dall'ex premier a Mauro durante un incontro, in serata, che non è servito, però, a ricucire la frattura. Anzi sembra essere il viatico alla spaccatura definitiva, in vista dell'assemblea che si terrà martedì. La dichiarazione 'incriminata'. Il casus belli è stato una dichiarazione diffusa oggi da undici senatori di Sc (tra cui Pier Ferdinando Casini) che si sono espressi a favore della legge varata dal governo definendola "un primo passo nella giusta direzione". Un documento nel quale hanno anche criticato "i distinguo e il prevalere in molti dell'opportunismo per giochi interni alle forze politiche". Un giudizio a cui hanno poi aggiunto la richiesta di una verifica programmatica al capogruppo Susta (che sarebbe anche lui dimissionario). Passaggio sottoscritto anche dal ministro della Difesa Mario Mauro. "Una mozione di sfiducia nei miei confronti" - l'ha definita Monti. Nel mirino come detto il titolare della Difesa, di cui in queste ore sono stati segnalati frequenti contatti con il Pdl. "In questi giorni il sen. Mauro, con dichiarazioni ed iniziative, è venuto preconizzando, da un lato, una linea di appoggio incondizionato al Governo, posizione legittima che non è la linea di SC, linea definita dai suoi organi direttivi e confermata nella proposta del "contratto di coalizione". Posizione comune secondo Monti agli estensori del comunicato odierno. "Vi è un quid specifico, di rilievo politico, che permea la dichiarazione - annota l'ex premier -, unisce le posizioni tenute di recente dagli undici firmatari e le connette ad un altro senatore di SC, che non è tra i firmatari in quanto fa parte del Governo, il Ministro della Difesa sen. Mauro". Per questo scrive Monti "rassegno le dimissioni da presidente di Scelta Civica. La presidenza verrà assicurata dal vicepresidente vicario Alberto Bombassei, fino alla nomina del nuovo presidente. Domani - conclude l'ex presidente del Consiglio -lascerò il gruppo SC del Senato e chiederò l'iscrizione al gruppo misto", con pace sua e di noi italiani. L’ex Presidente del Consiglio, intervistato da Lucia Annunciata al programma “In mezz’ora”, critica la legge di Stabilità: «È chiaro che occorra mantenere i conti in ordine, e fa bene il presidente Letta a tenerli a posto. Ma occorre ora andare più decisamente verso la crescita». Poi l’affondo contro il successore: «Scelta Civica ha sempre detto che la grande coalizione e questo presidente del Consiglio sono la migliore cosa per il Paese, io sono perché duri 5 anni vorrei che fosse il governo “del fare” come ha fatto all’inizio, ma poi per il predominare di Pd e Pdl è diventato il governo del “disfare” alcune riforme fatte in passato». A bruciare è il dietrofront sull’Imu: «Senza un contratto di coalizione chiaro, accadrà in futuro quello che è successo per la manovra, con Letta che sull’ Imu, si è inginocchiato al Pdl, con la conseguenza di una manovra non adeguata sul cuneo fiscale e facendo aumentare l’Iva», punge Monti. Ce n’è anche per Mario Mauro, che «mi aveva pregato di prenderlo con me». E ancora: «Trovo strano che Mauro e Casini criticano Scelta Civica per un non sufficiente appoggio al governo e vanno verso coloro che lo minacciano davvero». Monti affronta poi il caso Berlusconi: «Se venisse usata la grazia io non mi scandalizzerei», afferma. L’ex leader di Scelta Civica spiega: «Tutto è condizionato dalla posizione del senatore Berlusconi. D’altra parte dopo che varammo la legge Severino, Alfano alla Camera ritirò la fiducia alla politica economica del mio governo». E sono proprio i continui diktat del centrodestra a finire nel mirino dell’ex premier. «Chi minaccia la stabilità del governo? È ridicolo dire che sia Scelta Civica. Piuttosto è minacciato dal Pd che, in questa fase precongressuale, è una variabile indipendente; e dal Pdl che fa continui diktat, tanto che spesso si scrive Letta ma si legge Brunetta». 

ISTAT: crescono fatturato e ordinativi (21 ottobre 2013).
Ad agosto il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, registra un aumento dell’1% rispetto a luglio, con stazionarietà sul mercato interno e un incremento del 3,1% su quello estero. Lo rende noto l’Istat. Nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo registra un aumento dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti (+1,0% per il fatturato interno e +0,7% per quello estero). Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 22 di agosto 2012), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali del 4,8%, con un calo del 7,4% sul mercato interno e un incremento dell’1,0% su quello estero. Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per i beni di consumo (+1,4%), per i beni intermedi (+1,3%) e per i beni strumentali (+0,7%), mentre per l’energia si registra una flessione (-0,9%). L’indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali, del 7,6%: il contributo più ampio a tale diminuzione viene dalla componente interna dell’energia. Per il fatturato l’incremento tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di macchinari e attrezzature (+3,7%), mentre la diminuzione più marcata riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-19,6%). Gli ordinativi totali all’industria, ad agosto, registrano un incremento congiunturale del 2%, sintesi di un aumento del 3,9% degli ordinativi interni e una flessione dello 0,5% di quelli esteri. Nella media degli ultimi tre mesi gli ordinativi totali crescono dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Lo rende noto l’Istat. Nel confronto con il mese di agosto 2012, l’indice grezzo degli ordinativi segna una variazione negativa del 6,8%. La diminuzione più significativa si registra nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,0%), mentre l’incremento più rilevante si osserva nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+16,4%).

I PIU' BASSI INTERESSI SUL DEBITO PUBBLICO FINANZIANO L'IMU (23 OTTOBRE 2013).
Il saldo Imu di dicembre sulla prima casa non si pagherà, mentre il governo studia come rendere meno onerosa per i redditi più modesti e le famiglie numerose la nuova Tasi sui servizi indivisibili, che nel 2014, di fatto, ne prenderà il posto. Per dirlo il vice ministro dell’economia, Stefano Fassina, uno che nel Pd si è sempre battuto per non cancellare del tutto l’Imu sulla prima casa, è chiaro che il 16 dicembre nessuno sarà chiamato a versare il saldo. Il «miracolo» di una copertura da 2,3 miliardi che sembrava impossibile da recuperare in appena un mese e mezzo viene da uno spread più amico del nostro bilancio. Al Tesoro per quest’anno erano stati messi in conto 90,6 miliardi di interessi sul debito pubblico, calcolati con uno spread intorno ai 300 punti. Che sceso invece di circa 90 punti libererebbe da qui a fine anno 2 miliardi da dirottare a copertura di buona parte del saldo Imu. Il resto arriverà probabilmente da qualche taglio di spesa mirato o da ritocchi delle accise. I giochi sembrano comunque fatti, tant’è che ieri il Sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta, ha annunciato che «non c’è spazio per modifiche» al decreto legge che cancella la prima rata Imu in ultima lettura al Senato. Vuoi perché il provvedimento scade tra una settimana e vuoi perché, in questa fase di scontro nel Pdl tra “governativi” e “forzisti”, reintrodurre sia pure parzialmente l’imposta sulla prima casa significherebbe esporre Alfano al fuoco di chi nel suo partito non aspetta altro per tentare una nuova spallata al governo. Risolto il rebus Imu resta però da sciogliere quello sulla Tasi, introdotta dalla legge di stabilità. Oramai è appurato che così com’è disegnata la tassa sui servizi indivisibili non va. Cancellando detrazioni e franchigie costa infatti più dell’Imu proprio a chi vive in case economiche o popolari, che con reddite modeste, riusciva a pagare poco o nulla con la franchigia di 200 euro. Quindi occorre correre ai ripari. Reintrodurre quella franchigia costa come minimo 2 miliardi. Tanti se si pensa che già si deve provvedere a coprire il colpo di spugna sul saldo Imu. Ecco allora spuntare una nuova ipotesi. Consentire ai sindaci di portare l’aliquota massima della nuova Tasi anche oltre l’attuale limite del 2,5 per mille. Con un vincolo messo nero su bianco però: vincolare quel maggiore gettito all’introduzione di detrazioni progressive in base al reddito Isee. «Che com’è noto – ricorda il segretario confederale Uil, Guglielmo Loy - contiene una componente legata al reddito, una al patrimonio e l’altra al numero dei familiari». Un mix che fa contenti tutti. I fautori di un ritorno alla progressività dell’imposta sugli immobili del Pd e i sostenitori degli sgravi alle famiglie numerose dell’area cattolica centrista. Resta comunque l’opposizione netta dell’area dura e pura del Pdl al ritorno sotto qualsiasi forma della tassazione sulla prima casa. Tant’è che Raffaele Fitto chiede ai 22 senatori pidiellini filo-governativi «coerenza con quanto detto fino a ieri». Un avviso che fa capire quanto questo balletto sia dettato più che altro dai ritmi della politica.

Scende la fiducia dei consumatori (24 ottobre 2013).
A ottobre l'indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisce a 97,3 da 100,8 del mese di settembre. Lo rende noto l'Istat in un comunicato. Il peggioramento, diffuso a tutte le componenti, è particolarmente marcato per quella economica, che passa da 99,3 a 93,2, e per quella corrente che scende da 102,6 a 96,1. Si tratta del primo ribasso dopo quattro mesi. In deciso calo risulta l'indicatore riferito al quadro personale, che passa da 102,4 a 98,1, mentre quello della componente futura diminuisce più lievemente passando da 100,3 a 98,6. Peggiorano sia i giudizi sia le attese sulla situazione economica del Paese (il saldo passa, rispettivamente, da -110 a -129 e da -11 a -14). In peggioramento risultano inoltre le aspettative sulla disoccupazione (da 68 a 71 il saldo). I giudizi e le attese sulla situazione economica della famiglia peggiorano (i saldi passano rispettivamente da -58 a -64 e da -11 a -18). Il saldo dei giudizi sul bilancio familiare diminuisce a -22 da -18. Le opinioni sulle opportunità attuali e sulle possibilità future di risparmio sono valutate in diminuzione: i rispettivi saldi passano da 140 a 134 per le prime e da -48 a -59 per le seconde. Le valutazioni sull'opportunità di acquisto di beni durevoli mostrano un peggiormento, con il relativo saldo che passa a -90 da -79. Il saldo dei giudizi sull'evoluzione recente dei prezzi al consumo è in aumento (da 46 a 54). Le valutazioni sull'evoluzione dei prezzi nei prossimi dodici mesi indicano un forte aumento della dinamica inflazionistica (il saldo passa da -5 a 37). A livello territoriale, la fiducia peggiora in tutte le ripartizioni. "L'aumento dell'aliquota Iva scattato il primo di ottobre ha certamente favorito a peggiorare il clima di fiducia dei consumatori con l'aumento dei prezzi ed il calo dei consumi", commenta la Coldiretti. "Sono dunque confermate - sottolinea l'associazione - le preoccupazioni sul rischio di alimentare con il rincaro dell'Iva una spirale recessiva". "In queste condizioni per più di una famiglia italiana su quattro (22 per cento) -valuta la Coldiretti- sarà infatti un autunno difficile di sacrifici economici, secondo l'indagine Coldiretti/Ixè di ottobre. Per quanto riguarda la situazione generale la percentuale di quanti sono pessimisti per il futuro e pensano che la situazione peggiorerà sono il 35 per cento". "Al contrario, sono il 51 per cento coloro che - conclude la Coldiretti - ritengono che non ci saranno cambiamenti, mentre sono solo il 14 per cento quelli convinti che ci sarà un miglioramento".

FURIOSI COLPI DI CODA DI BERLUSCONI ACCERCHIATO DALLE PROCURE (25 ottobre 2013).
Quando nel pomeriggio di ieri è arrivata la notizia della convocazione a palazzo Grazioli per le 17 di oggi dell’Ufficio di presidenza del Pdl, è apparso chiaro che l’ennesima giornata di tensione tra le file degli azzurri si avviasse a un’improvvisa accelerazione. Era quella che Silvio Berlusconi ha deciso di imprimere per uscire da una stretta sempre più soffocante per il partito e per la sua situazione personale, e che dovrebbe vedere già stasera la rinascita di Forza Italia con il contestuale azzeramento del Pdl e dei poteri che finora lo hanno retto - in primo luogo la carica di segretario di Angelino Alfano e poi quelle di tutti i coordinatori regionali. A cascata, il ritorno dei pieni poteri nelle mani del presidente, cioè lo stesso Cavaliere, che ha deciso di afferrare il toro per le corna, rappresentate nel Pdl dalle due fazioni dei governativi e dei lealisti. Una divisione che Berlusconi intende superare con l’appello «o con me o contro di me» e rifacendosi anche al fatto che la figura del segretario non è contemplata nello statuto del partito. Statuto che il Cavaliere intende applicare nella maniera più rigida visto che le norme statutarie prevedono in Ufficio di presidenza il diritto di voto solo a 24 soggetti escludendo tutti i ministri con l’eccezione di Alfano, che si troverebbe in netta minoranza. Solo cinque sembrano infatti gli alfaniani sicuri, il che, fatta la tara di una gruppetto di incerti, dovrebbe assicurare una solida maggioranza al Cavaliere. Il quale sembra essersi deciso solo ieri a rompere gli indugi rilanciando la sua antica creatura FI, rimasta "in sonno" per oltre cinque anni e la cui ri-nascita potrebbe essere ufficializzata in un Consiglio nazionale l’otto dicembre. La riunione di oggi avrà anche un ordine del giorno, che sembra fatto apposta per favorire le pulsioni dei falchi e, di conseguenza, far aumentare le fibrillazioni nella maggioranza e nel governo. Berlusconi infatti aprirà i lavori con un discorso che si prevede senza sconti sulla linea da tenere in vista delle prossime scadenze politiche e parlamentari, in primis la manovra economica del governo. Un vertice per un focus sulla legge di stabilità era stato già convocato dai capigruppo Schifani e Brunetta per la mattinata di oggi con la partecipazione di tutti i ministri e i sottosegretari, ma già ieri lo stesso Brunetta aveva dato fuoco alle polveri quando nella conferenza dei capigruppo aveva dichiarato che per il Pdl il decreto sulla Pubblica amministrazione, in scadenza tra una settimana, sarebbe anche potuto decadere. Immediata la reazione del ministro Franceschini costretto a mettere sul tavolo l’ipotesi della richiesta di fiducia, poi tramontata con l’approvazione del decreto in serata alla Camera. Ma ancora di più il capogruppo alla Camera aveva teso la corda dei rapporti Pd-Pdl affermando che se Rosy Bindi, neoeletta presidente dell’Antimafia, «non si dimetterà sarà guerriglia totale, in conseguenza dell’intollerabile strappo che il Pdl, unito come un sol uomo, non intende tollerare». E di «forzatura molto grave» ha parlato a Porta a Porta anche il leader dei lealisti, Raffaele Fitto, che ha tentato, invece, di non accentuare le tensioni interne al suo partito con un richiamo «all’unità», cercando di esorcizzare l’eventualità di una scissione bollandola come «un errore gravissimo».
La pessima notizia ha raggiunto Angelino Alfano mentre a Bruxelles partecipava al vertice del Partito popolare europeo. Della novità è stato avvisato appena uscito dalla riunione. Il segretario del Pdl è stato informato che oggi Silvio Berlusconi gli chiuderà il...Pdl. Non solo, decretando la fine del Popolo delle libertà e la rinascita di Forza Italia, il Cavaliere - a meno di sorprese dell’ultim’ora - azzererà tutti gli incarichi. Azzererà anche Alfano, insomma. Forse con una labile promessa di nominare «in seguito» Angelino vicepresidente del nuovo partito. «Ma senza poteri effettivi», dice un collaboratore dell’ex premier. Berlusconi compie la svolta non tanto per fare un favore ai lealisti di Raffaele Fitto, o perché infuriato dagli ultimi sviluppi giudiziari. Ma perché, raccontano i suoi, «vuole tornare in partita, ha un disperato bisogno di riaffermare la propria leadership e l’unità del movimento». Soprattutto è stufo dello scontro tra lealisti e «i traditori» (l’appellativo è di Berlusconi) guidati da Alfano. «Ora basta, comando io», ha tuonato. E da ieri sera Alfano, i ministri Beatrice Lorenzin, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo (riuniti a casa di Cicchitto), più una cinquantina di parlamentari ribelli, ragionano sulle contromosse. La più probabile è la scissione. «Se davvero Berlusconi azzera gli incarichi e il Pdl», dice un ministro che chiede l’anonimato, «la spaccatura sarà inevitabile. Ci teniamo il Pdl, Angelino ha la titolarità del simbolo...». Molti descrivono Alfano in forte dubbio: «Non voglio la scissione ma siamo davanti ad un atto ostile e bisogna farci i conti», ha confidato il vicepremier che nella notte ha tentato di persuadere Berlusconi ad evitare lo strappo. Di sicuro c’è che il segretario del Pdl, vicepremier e ministro degli Interni, ieri a Bruxelles ha siglato un patto con Pier Ferdinando Casini per blindare il governo di Enrico Letta. Durante il vertice del Partito popolare europeo (Ppe) ad Angela Merkel che chiedeva, preoccupata, informazioni sulla tenuta dell’esecutivo, Alfano ha dato «ampie garanzie»: «Letta terrà, già a inizio mese abbiamo dimostrato di avere i numeri per far proseguire il lavoro del governo». Chiaro il riferimento al voto di fiducia del 2 ottobre. E anche Casini ha rassicurato un altro premier, questa volta lo spagnolo Mariano Rajoy: «Tranquilli, Berlusconi non riuscirà a far cadere il governo». Inutile dire che non sono mancati contatti telefonici con Enrico Letta, anche lui a Bruxelles per il Consiglio europeo. Il premier è allarmato per il «Vietnam» annunciato dal capogruppo Pdl Brunetta, ma dopo aver parlato con Alfano e avuto garanzie che il vicepremier garantirà i numeri in Parlamento, ha lanciato la sfida ai «guastatori»: «Sono pronto alla conta in ogni momento. Vivacchiare e farsi logorare non serve a nessuno». C’è da dire che il premier guarda con favore (anche se con un certo allarme) a un chiarimento nel Pdl. Dopo lo strappo del 2 ottobre, Letta non ha spinto su Alfano per ottenere la scissione e la nascita di gruppi autonomi. Ma non ha mai nascosto di gradire la nascita di una «nuova maggioranza completamente autonoma» da Berlusconi. Prospettiva che oggi tornerà a riaprirsi, se il Cavaliere azzererà Alfano e se scatterà davvero la scissione dei "governativi". Anche al Centro Casini e Mario Mauro sono pronti a festeggiare. L’affondo di Berlusconi, infatti, darebbe il via alla scomposizione del Pdl e alla nascita di quel fronte moderato di stampo europeo sotto le insegne del Ppe.

ALFANO CI RIPENSA? (28 ottobre 2013).
Angelino Alfano fa un passo indietro e afferma: Silvio Berlusconi resta il leader. «I sottoscritti consiglieri nazionali si riconoscono nella leadership di Silvio Berlusconi, ovviamente a cominciare da me. Questo sarebbe il primo rigo di ogni documento che io dovessi sottoscrivere», dice Alfano a Bruno Vespa per il nuovo libro «Sale, zucchero e caffè. L'Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica» (Mondadori-Rai Eri). Alfano nel libro smentisce una raccolta di firme dell'ala governativa: «Non è vero che circola un documento degli "innovatori" già da far sottoscrivere per il prossimo Cn». «Il dubbio» non è la leadership di Berlusconi «e neanche il nome di Forza Italia: ci sono altre questioni su cui crediamo si debba discutere al consiglio nazionale e noi queste questioni le porteremo all'attenzione dell'opinione pubblica e del nostro movimento politico nei prossimi giorni», insiste il vice premier, rispondendo ai cronisti in merito al documento dei cosiddetti "innovatori" del Pdl. «Non è partita una raccolta di firme in vista del consiglio nazionale - aggiunge - ma so bene quale sarebbe la prima frase di qualsiasi documento dovessi trovarmi a sottoscrivere e cioè il riconoscimento della leadership di Silvio Berlusconi». «Noi abbiamo sempre la speranza che il Pd abbia una posizione che rispetti il principio di non retroattività delle norme penali e, comunque, delle norme afflittive», continua Alfano rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se con la decadenza di Berlusconi cadrà il governo. «Il peso della tassazione sulla casa sarà inferiore agli anni scorsi», afferma ancora il ministro dell'Interno. «Hanno attaccato questa legge perché priva di coraggio - afferma Alfano - la vicenda è meno poetica: sono mancati i soldi, quelli che abbiamo trovato non li prendiamo dalle tasche degli italiani. Non è il Vangelo, ma ci attrezziamo per migliorarla. Il gettito complessivo della tassazione sulla casa del 2014 è inferiore agli anni precedenti. Su questo non c'è dubbio. Se ci sarà da correggere la distribuzione del carico durante il tragitto in parlamento non abbiamo difficoltà a farlo». E' finita l'unità del partito? «No, non faranno un gruppo autonomo perché consentirebbero la vittoria della sinistra e questo non se lo può permettere nessuno all'interno di Forza Italia», afferma Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera, intervistato da Radio 24. Schifani con Berlusconi e non con Alfano? «Assolutamente sì! Alfano sta con Berlusconi. È cosa ben diversa da Fini. Alfano è mio amico». Falchi e colombe sono invenzione mediatica? «Come diceva Napoleone Bonaparte: disuniti si perde. Non ci sono mai state correnti dentro Forza Italia-Pdl», conclude Brunetta.

SACCOMANNI. AVVIO DI RIPRESA (29 ottobre 2013).
Audizione in Senato del Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, sulla Legge di stabilità. "L'indebitamento netto deve restare entro la soglia del 3 per cento del Pil ma il rispetto di tale obiettivo non è sufficiente: il disavanzo strutturale deve tendere verso il pareggio; il peso del debito deve ridursi – ha detto Saccomanni - Raggiungere questi risultati è un interesse prioritario del nostro Paese". Saccommani traccia un quadro della situazione economica e parla di segnali di ripresa: "Nel complesso del 2013 la contrazione del pil è stimata all'1,8%. Nel terzo trimestre dell'anno il Pil è atteso a stabilizzarsi, nel quarto dovrebbe segnare un moderato aumento. L'attività economica si è finalmente stabilizzata avviandosi verso una graduale ripresa". Intervenire selettivamente sui tagli della spesa pubblica. E' uno dei passaggi dell'audizione del Ministro dell'Economia sulla legge di stabilità. Saccomanni ha precisato che i tagli sono avvenuti principalmente "attraverso riduzioni percentuali di carattere lineare", mentre ora bisogna procedere "nei singoli programmi di intervento pubblico, nel miglioramento delle capacità gestionali delle amministrazioni". Saccomanni ha ricordato che il governo è stato spesso criticato per non essere riuscito a tagliare significativamente e in tempi brevi la spesa pubblica e ha aggiunto che se i margini nel breve termini "erano estremamente limitati", nel periodo 2015-2017 ci sarà un periodo di spendig review "radicale e complessivo", anche grazie al lavoro del nuovo commissario, Carlo Cottarelli. Parlando delle risorse che si renderanno disponibili grazie alla spending review, il ministro Saccommani ha detto che saranno destinate alla riduzione della pressione e del cuneo fiscale. "Misure aggiuntive seguiranno in tempi brevi per privatizzare parte del patrimonio pubblico e rendere più competitivo il sistema produttivo - ha detto il ministro dell'Economia - Si intende anche intervenire sulla regolamentazione delle società controllate". "Il gettito della Tasi ad aliquota standard (1 per mille) di circa 3,7 miliardi è inferiore al gettito di circa 4,7 miliardi ad aliquota standard dell'Imu sulla casa principale e della Tares sui servizi indivisibili" ha detto Saccomanni. Il Ministro ha poi aggiunto che, per non aumentare il prelievo fiscale complessivo sui contribuenti, vengono previsti limiti alla manovrabilità complessiva dei Comuni. "Per l'anno 2014 - spiega Saccomanni - l'aliquota massima relativa all'abitazione principale non può eccedere il 2,5 per mille".

Letta e la legge di stabilità (6 novembre 2013).
"Per la prima volta da anni evitiamo i tagli imposti da Bruxelles". Lo ha detto Enrico Letta all'Assemblea dei parlamentari del Pd, secondo quanto riferito da alcuni presenti. "In passato abbiamo sempre avuto tagli alla sanità e al sociale: oggi no". "Per l'Italia per la prima volta - ha detto Letta - la manovra non è una strada obbligata da rispettare, perché ce lo dicono le regole europee. E anche per la Francia o la Spagna - ha osservato - che hanno ottenuto deroghe, scattano vincoli da rispettare". "Noi abbiamo 3 miliardi da poter utilizzare - ha detto ancora il premier - e su questo le scelte politiche dipendono da noi". Dopo sei mesi di "continua corsa ad ostacoli", per il governo e il Parlamento comincia "una trasvolata atlantica" nella quale "non vediamo ancora i grattacieli di New York ma la direzione è giusta". Il premier Enrico Letta riunisce l'assemblea parlamentare del Pd per invitare tutti a non avere "eccessive aspettative" ma al tempo stesso a contribuire ad una legge di stabilità senza "alzare 100 bandiere ma concentrandosi su una o poche priorità". In un momento di grande fibrillazione dentro e tra i partiti di maggioranza, Letta chiede sostegno al suo partito, dimostrando che la prudenza e la politica del "passo dopo passo" può portare l'Italia fuori dalla crisi. Perchè, "per la prima volta da anni - rivendica il premier - possiamo fare un bilancio senza dover partire da un primo capitolo di tagli per ridurre il rapporto tra deficit-pil" nel rispetto dei parametri Ue, come invece hanno dovuto fare Francia e Spagna. Anzi "abbiamo un capitolo di 3 miliardi di euro che possiamo utilizzare per la crescita" proprio grazie alla virtuosità dei conti. Un bonus, è convinto Letta, che deve rilanciare la crescita e tenere alta la guardia nelle politiche contro la disoccupazione. Certo, ricorda il premier, "dobbiamo tenere conto della fragilità" politica in Italia e "economica" anche in Europa come dimostra il fatto che fino a tre mesi fa "non avrei parlato di euro forte". Una situazione che richiede "coraggio" e Letta da parte sua assicura: "Io ce lo metto tutto ma chi governa oggi l'Italia deve dimostrare molta molta serietà e responsabilità". Quanto alle modifiche per "migliorare" la legge di stabilità, alle quali Letta è disponibile, il premier accenna ad alcune modifiche ma lascia, come annunciato, la parola al Parlamento. Al tempo stesso, però, difende una manovra che "per la prima volta non taglia la sanità e avvia una discesa della spesa fiscale per famiglie ed imprese". "Per la prima volta ci sarà finalmente il segno + sulla crescita", rivendica Letta. In un mese e mezzo, il premier chiama a obiettivi che "non sono rivoluzioni ma obiettivi ragionevoli" che permetterebbero di chiudere "il 2014 facendo scendere deficit, spesa, debito, tasse e disoccupazione con la ripresa della crescita". Concentrandosi sui contenuti della legge di stabilità - non un cenno alla spinosa questione della seconda rata Imu e la conferma che, a latere della manovra, "cederemo quote di minoranza di società pubbliche" - il premier definisce "significativa" la cifra stanziata per il cuneo e ipotizza due strade per l'utilizzo: o restringendo la platea o "dire che faremo una riduzione forte quando ritornano le risorse, per esempio dalla Svizzera", e in questo caso i 5 miliardi potranno essere utilizzati per spese sociali. La trasvolata è cominciata ma, avverte Letta, attenzione perchè "scorciatoie e scelte avventate non sarebbero da persone serie".
La BCE taqglia i tassi (7-11-2013)
Il Consiglio direttivo della Bce, riunito a Francoforte, ha deciso di tagliare il tasso di riferimento di un quarto di punto allo 0,25% dal precedente 0,50% in vigore da maggio. Si tratta di un nuovo minimo storico per i tassi dell’Eurozona dal lancio dell’euro. Il nuovo taglio non era previsto dalla maggioranza degli analisti ed è stato favorito dalla discesa dell’inflazione nell’area dell’euro allo 0,7% in ottobre, nuovo minimo da quasi quattro anni. Come annunciato dalla Bce, il tasso sui prestiti marginali viene ugualmente tagliato di un quarto di punto allo 0,75% mentre il tasso sui depositi overnight delle banche presso la Bce viene confermato a zero. I mercati avevano ipotizzato una riduzione per contrastare la frenata dell’inflazione e il timore della deflazione. Secondo l’associazione delle banche private tedesche (Bdb) il taglio dei tassi avrà «un basso effetto sull’economia». Mezz’ora dopo l’annuncio parla Mario Draghi, numero uno Bce, nella tradizionale conferenza stampa del giovedì. Dice che «la politica monetaria dell’Eurotower resterà accomodante e che l’inflazione resterà bassa per lungo tempo». Ammette che la «decisione è stata presa a maggioranza» ma con «differenze solo sui tempi», perché «alcuni membri del Consiglio direttivo avrebbero preferito aspettare» nuove conferme del calo dell’inflazione. Spiega che la Bce varerà Ltro (operazioni di rifinanziamento) a tre mesi fino al secondo trimestre 2015 e segnala come nell’Eurozona «si registrerà una ripresa a ritmo moderato». Auspica inoltre di «rafforzare la solidità» delle banche riducendo la frammentazione del mercato del credito in Europa. Secondo Draghi il tasso di inflazione salirà gradualmente fino ad arrivare a livelli inferiori ma prossimi al 2%. «Gli ultimi indicatori mostrano un’ulteriore diminuzione della pressione sui prezzi nell’area euro e le famiglie stanno beneficiando del calo dei costi dell’energia». Da alcuni punti di vista - rivendica il numero uno dell’Eurotower - l’economia dell’Eurozona ha i «fondamentali più forti del mondo», perché ha «un deficit tra i più bassi, che si concretizza in un piccolo avanzo primario», «l’inflazione bassissima» e «il più elevato surplus delle partite correnti del mondo». Peccato - ammette - «ciò non si traduca automaticamente in una ripresa galoppante, in assenza di riforme strutturali». Immediato l’effetto sui listini: le borse europee schizzano verso l’alto. Londra guadagna lo 0,44%. A Milano l’indice Ftse Mib avanza dell’1%. Francoforte sale dell’1,25% e Parigi dell’1,3%. Madrid cresce dell’1,79%. Lo spread tra Btp e Bund tedesco invece scende a 241 punti e il rendimento del titolo decennale cala al 4,11%. Mentre l’euro è in brusca discesa: La moneta unica segna ora quota 1,335 sul dollaro rispetto a 1,3507 prima del taglio (-1%). In calo anche sulla sterlina a 0,8312 da 0,841, ai minimi da gennaio. Sullo yen è a 132, contro i 133,3 precedenti alla decisione di Francoforte.

Declassato il rating della Francia (8 novembre 2013).
Standard and Poor ha declassato il rating della Francia abbassandolo ad "AA". Una decisione maturata in quanto "il paese ha perso il suo margine di flessibilità finanziaria e non è stato in grado di riformare di più a causa della continua alta disoccupazione". L'outlook indicato da S&P è ora "stabile", il che significa che l'agenzia di rating non ha intenzione di cambiare il suo giudizio nel breve o medio termine. SandP ha spiegato in una nota la sua decisione, sottolineando come come la scarsa flessibilità del bilancio sia pesata abbia portato ad abbassamenti del rating anche in altri paesi in passato. "In particolare - ha osservato l'agenzia - sembra che il governo abbia ora minori margini di manovra per aumentare le entrate", e quindi ridurre debito del paese. "Crediamo - continua SandP - che le misure di politica economica assunte dal 23 novembre 2012 (quando SandP aveva confermato il rating del paese) non hanno ridotto il significativo rischio che il tasso di disoccupazione rimanga al di sopra del 10% fino al 2016". Inoltre "l'attuale livello di disoccupazione mina il sostegno popolare necessario per nuove riforme strutturali e rischia di influire sulle prospettive di crescita a lungo termine". Il rating della Francia ha ora un outlook "stabile". La possibilità di alzare o abbassare il rating nel corso dei prossimi due anni quindi, per SandP, è "meno di una su tre". SandP fu nel gennaio del 2012 la prima agenzia di rating a togliere alla Francia la tripla "A", seguita poi anche da Moody's e Fitch Ratings. Il governo francese non ha gradito la decisione di Standard and Poors. Il giudizio sulla Francia "rimane tra i migliori al mondo", ha detto il premier Jean-Marc Ayrault, aggiungendo che l'agenzia di rating americana non prende in considerazione "tutte le riforme". Prima di lui, il ministro dell'Economia Pierre Moscovici, aveva definito il giudizio di SandP "critico e inesatto". Giova notare che le borse e gli analisti finanziari da un po' di tempo prendono in scarsa considerazione i giudizi delle agenzie di rating. Lo stemmo riteniamonoi. Queste agenzie non fanno altro che certificare alcune situazioni economiche che le borse, gli analisti finanziari, i media hanno già da tempo riscontrato.

Scontro Berlusconi Alfano (10 novembre 2013).
Silvio Berlusconi lancia un chiaro avvertimento alla delegazione ministeriale del Pdl, cominciando da quell’Angelino Alfano che ancora oggi gli ha chiesto di sostenere il governo. «Come può pretendere il Partito democratico che i nostri senatori e i nostri ministri continuino a collaborare con chi, violando le leggi, compie un omicidio politico, assassina politicamente il leader dei moderati?», si chiede il Cavaliere in un’intervista all’Huffingotn Post. «Se si contraddicono i nostri elettori, non si va da nessuna parte. Anche Fini e altri ebbero due settimane di spazio sui giornali, ma poi è finita come è finita. Ripeto: è nel loro interesse ascoltare cosa dicono i nostri elettori, per non commettere errori che li segnerebbero per tutta la vita». «Voglio domandare a tutti i senatori come possono votare la mia estromissione dal Parlamento sulla base di una sentenza politica fondata sul nulla, una sentenza che ha contraddetto incredibilmente due altre sentenze della stessa Cassazione esattamente sugli stessi fatti. Sulla base di una simile sentenza si vuole far decadere il leader del centrodestra, applicando “retroattivamente” una legge costituzionalmente discutibile, calpestando lo Stato di diritto, la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo si vuole fare violando da un lato l’obbligo imposto dalla legge europea di rivolgersi alla Corte europea di Strasburgo ove esistano dubbi sull’interpretazione delle norme stesse, dall’altro lato si vuole anche procedere con il voto “palese” e non con il voto ”segreto” previsto dal Regolamento del Senato quando si tratta di un voto su una persona come è sempre stato a partire dal Codice Albertino», aggiunge Berlusconi. Poi riferito sempre ai ministri del Pdl, «li inviterei ad ascoltare i cittadini sia sulla legge di stabilità che sulla mia decadenza. E ricordino che il tema non è tanto quello di essere leali a Silvio Berlusconi, ma quello di essere leali ai nostri elettori e ai programmi su cui ci hanno dato il consenso». Nel pomeriggio il vicepremier Angelino Alfano, ospite da Maria Latella su Sky Tg24, pur difendendo Berlusconi, ha posto come prioritaria l’azione del governo, di cui è il numero due: «Berlusconi ha sempre detto che governo e la sua vicenda sono distinti. Siamo convinti che abbia preso la strada giusta nel distinguere i due piani». Cosa succede dunque se il prossimo 27 novembre il Pd voterà la decadenza del Cavaliere? «Berlusconi ha sempre detto che distingue la vicenda giudiziaria da quella personale. Penso che su tale questioni Berlusconi sta ancora riflettendo, Berlusconi è vittima di una grave ingiustizia». Ma, aggiunge Alfano: «Noi gli chiederemo di continuare a sostenere questo governo».

Spending review (13 novembre 2013).
È pronto il programma di lavoro del commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, che ha inviato al Comitato Interministeriale per la spending review il suo piano di lavoro. Il Commissario straordinario è arrivato al Tesoro da venti giorni ma ha trasmesso al ministero il proprio programma di lavoro, entro il termine prescritto dalla decreto legge istitutivo. Il programma di lavoro - fa sapere in serata il ministero dell'Economia - "reca gli obiettivi e gli indirizzi metodologici dell'attività di revisione della spesa pubblica" e prevede che il Comitato interministeriale per la Revisione della spesa si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo. Successivamente il piano sarà trasmesso alle Camere". I tagli verranno fatti con il cesello, analizzando le criticità comparto per comparto, per superare la logica delle riduzioni lineari che è stata la via più facile nei tanti momenti di emergenza degli ultimi anni. L'attuale governo «è nella condizione ideale per attaccare il problema della spesa pubblica perché in un governo di larghe intese ciascuno taglia un po' la spesa degli altri, ha detto oggi Piero Giarda, che aveva messo a punto durante il governo Monti un dossier proprio sulla spesa pubblica, base di partenza anche per il lavoro di Cottarelli. E infatti tra i primi incontri del Commissario c'è stato proprio quello con l'ex ministro Giarda. «Ci aspettiamo dei tagli selettivi e rimessi alle stesse amministrazioni che hanno padronanza della visione delle loro esigenze e delle loro disponibilità e delle esigenze dei cittadini in termini di servizi», ha evidenziato il presidente emerito della Corte dei Conti Luigi Giampaolino. La spesa pubblica ammonta alla macro-cifra di 800 miliardi di euro ma una parte non è intaccabile. Tra i settori maggiormente sotto i fari c'è la sanità e l'attesa è per un'accelerazione per i cosiddetti costi standard. Ma nel mirino anche le tante municipalizzate, le consulenze, l'utilizzo degli immobili pubblici. Un ruolo primario dovrebbe essere giocato anche dalla razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti attraverso la Consip. L'obiettivo finanziario della spending review non è stato quantificato anticipatamente ma potrebbe essere quello di mettere in cantiere tagli per oltre 10 miliardi di euro in tre anni. Questa è infatti la cifra necessaria, tra il 2015 e il 2016, per evitare maxi-tagli agli sconti fiscali già decisi nella legge di Stabilità all'esame del Parlamento. Al momento comunque la quantificazione vera e propria degli effetti della spending review nello stesso ddl Stabilità è cauta: 600 milioni di euro nel 2015 e 1,31 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2016. In ogni caso alcuni primi risultati dovranno essere raggiunti già nel breve periodo, nel 2014; si guarda infatti proprio ai tagli di spesa per finanziare un ampliamento degli sgravi fiscali. "Cruciale" è infatti la parola usata più volte in questi giorni dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni per indicare il processo in corso di revisione della spesa.

Rottura tra Berlusconi e Alfano (16 novembre 2013).
Si lasciano, tra lacrime, crolli di stanchezza, platee vocianti, urla di tradimento. Ma è una rottura distante anni luce dallo strappo violento che allontanò nel 2010 Gianfranco Fini da Silvio Berlusconi. Quello tra Il Cavaliere e Angelino Alfano è un chiarimento all'insegna dell'ambiguita', non della chiarezza, un addio che assomiglia tanto a un arrivederci, un gioco di apparenze e di sottintesi. Lo dice lo stesso Berlusconi, nel discorso della mattina al Consiglio nazionale della rinata Forza Italia: "Il gruppo che nasce oggi apparirà come un sostegno alla sinistra, ma dovrà per forza fare parte in futuro della coalizione dei moderati". E lo ripete l'ex delfino Alfano nella accaldata conferenza stampa del pomeriggio alla sala stampa estera, per paradosso davanti al palazzo di via dell'Umiltà che è stato fino a due mesi fa sede del Pdl: "In futuro saremo accanto a Forza Italia in una grandissima coalizione che superi la sinistra". Il punto, come sempre in politica, è quanto è lontano il futuro, e chi guiderà la partita. "Siamo qui per annunciare pubblicamente la nascita dei gruppo parlamentari del Nuovo Centrodestra, una decisione che mai credevamo di dovere assumere che nasce dalla scelta di non aderire a Forza Italia". Così Angelino Alfano nel corso della conferenza stampa presso la sala stampa estera, presentando il Nuovo Centrodestra. "Una scelta - ha aggiunto - che facciamo con amarezza ma anche grande amore per l'Italia" La lunga mattina si apre al Palazzo dei congressi dell'Eur con una compagnia variopinta. Vecchie glorie come Antonio Martino e nuove creature mediatiche, le ragazze con gli zatteroni che ripetono a tutti di studiare alla Luiss e i fratelli Zappacosta che cosi piccoli hanno già imparato a inveire sui giornalisti, "state dando un pessimo spettacolo", loro invece si che se ne intendono. Arriva Marcello Dell'Utri, il fondatore della vecchia Forza Italia nella sala Botticelli con gli uomini di Publitalia, la nuova nasce con il suo concorso esterno. E poi la Biancofiore, la Santanche, la Santelli unica sottosegretaria presente in autoblu, i campani guidati da Mara Carfagna scendono da un pullman chiamato Angelino... Angelino non lo invoca nessuno, neppure Berlusconi lo nomina. Anche se diretto a lui è l'affondo più duro, "difficile sedere allo stesso tavolo del Consiglio dei ministri con il Pd che vuole mandarmi via dal Parlamento", e la platea si infiamma, grida la parola troppo spesso trattenuta" traditori! "Non fate dichiarazioni nei loro confronti, non allargate il solco", spegne l'incendio Berlusconi. Pur di tenere con sè i transfughi, si mette la mano sul cuore, avrebbe accettato un coordinamento con "tutte le aree rappresentate", il caminetto delle odiate correnti. Mai visto così in difficoltà, "i club si chiameranno Forza Silvio, ne ho bisogno", ammette, "qui mancano quelli che si sono allontanati per motivi politici verso un'altra vita", si fa sfuggire a un certo punto, l'ombra del tempo che passa, della fine, della morte, che appare alla fine come un lampo sul viso di Berlusconi, costretto a interrompere il discorso. Il futuro, al contrario, è la carta che può giocare Alfano, finora l'unica. "Siamo noi il centrodestra del futuro", snocciola svelto come al solito il leader del Nuovo centro destra. Come una scioglilingua o una sciarada politica, "vogliamo un nuovo grande centrodestra, di cui il nuovo centrodestra che nasce oggi sarà parte". Il lodo Alfano? Mai esistito. La manifestazione dei deputati del Pdl al tribunale di Milano? "Cose del passato, noi siamo il futuro", giura l'ex delfino. Che vanta: "Sono stato l'unico segretario del Pdl e ho raggiunto un milione di aderenti". Di un partito chiuso e defunto senza rimpianti da una parte e dall'altra. Sono soddisfazioni. Per il resto è impossibile trovare differenze tra Silvio e Angelino. D'accordo sull'Europa, su cui Berlusconi tiene un passaggio del suo discorso non banale, già proteso a recuperare voti no euro persi in direzione Grillo. "L'austerità è folle e premia solo la Germania", dice l'ex premier. "Crediamo nell'Europa, ma non siamo eurotappetini", fa eco il vice-premier. Affetto, paragoni paterni, "lui mi ha dato tanto, io gli ho dato tutto", Spike Lee citato a piene mani, "abbiamo fatto la cosa giusta"...Neppure uno iota di distanza tra i due su giustizia e voto sulla decadenza di Berlusconi dal Senato. Anche sul destino del governo Letta, in fondo, Forza Italia non esce per ora dalla maggioranza, resta in attesa, nelle prossime settimane si vota su Cancellieri, decadenza, legge di stabilità. E poi ci saranno le primarie del Pd. A dividere i due, Silvio e Angelino, è il tempo. Berlusconi sente che il suo scivola via rapidamente e ha un gran voglia di voto anticipato in tempi brevi. Alfano, al contrario, deve consolidare il suo nuovo partito e togliere truppe e voti ai berlusconiani, chiede dodici mesi di tempo, "un patto con gli italiani", che per lui è un patto di sopravvivenza. Si dicono addio nel presente per rivedersi nel futuro: vicino o lontano che sia. Non è una soluzione per il Partito del governo, trasversale almeno quanto quello della Crisi di cui parla Alfano. Il Pdl in preda a una contraddizione irrisolvibile, due linee contrapposte prigioniere di un unico partito, prova a scioglierla scindendo in due la società. Un partito tutto di lotta e uno tutto di governo, destinato a ritrovarsi. Non è un gioco delle parti, ma farebbe malissimo la sinistra a esultare: le due anime prima o poi torneranno alleate e utilizzeranno l'abito che in quel momento farà più comodo. Mentre in queste larghe intese sempre più strette, il Pd rischia di dover cantare e portare la croce, governare accollandosi i sacrifici economici, la difesa dei ministri furbetti,tutto ciò che è indigesto all'elettorato del centrosinistra. A meno che non sia Renzi a dire che dopo la giornata di oggi non si potrà far finta che non sia successo nulla.

CRESCE IL GAP TRA NORD E SUD (29 novembre 2013)
La crisi economica continua ad allargare il divario tra il Mezzogiorno e il Centro Nord del Paese. Lo segnala la Banca d'Italia nel rapporto "L'economia delle regioni italiané". Il divario si é allargato rispetto al biennio 2011-12. Il rapporto mette in luce come la componente estera della domanda, che in questa fase congiunturale sta fornendo un contributo positivo alla crescita, ha un peso e un dinamismo minore nel Sud. In quest'area del paese, inoltre, «la presenza di imprese innovative e ad alta produttività é relativamente inferiore». Situazione difficile anche per il credito bancario alle imprese, situazione che accomuna Sud e Centro, sia per la domanda di finanziamenti che per le «condizioni di offerta (in particolare di quelle praticate dalle banche di minori dimensioni), su cui ha pesato la percezione di una più elevata rischiosità dei finanziamenti verso specifici settori e imprese». Luigi Federico Signorini, vice direttore generale della Banca d'Italia, presentando il rapporto ha osservato che : «I divari nel Pil pro capite che si osservano oggi tra il Centro Nord e il Mezzogiorno sono gli stessi di quarant'anni fa, quando si interruppe il processo di convergenza delle aree più povere verso i livelli di reddito di quelle più prospere che si era manifestato negli anni del dopoguerra». E' proseguito in tutte le macroaree il calo dei prestiti alle imprese riconducibile sia alla domanda, debole in tutte le aree del Paese e in particolare al Centro-Sud, sia alle condizioni di offerta. Stagnanti quelli alle famiglie al Centro Nord. Significativa però la flessione al Sud dove il credito resta più caro e fornito con più parsimonia rispetto al Nord a causa non solo di fattori strettamente economici, ma per «il fatto che nel Mezzogiorno è più debole la tutela della sicurezza e dei contratti per via della criminalità e dei tempi più lunghi della giustizia» ha chiarito Signorini. Si e' attenuata, nelle regioni del Centro Nord la flessione dell'occupazione. E' rimasta invece intensa nel Mezzogiorno dove anche piu' ampio e' stato l'incremento del tasso di disoccupazione, nonostante il maggior calo dell'offerta di lavoro. E' quanto emerge dal rapporto di Bankitalia 'L'economia delle regioni italiane'. Nei primi sei mesi dell'anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, è cresciuto l'export del Nord-Est (+0,8%) e del Centro Italia (+2,8%), è rimasto stagnante quello del Nord-Ovest (-0,2%) ed è crollato quello del Mezzogiorno (-9,2%). Secondo i dati del rapporto nel meridione «è stata particolarmente penalizzante la dinamica dei prodotti petroliferi, dei metalli e prodotti in metallo e dei macchinari». I fallimenti d'impresa «sono aumentati rapidamente tra il 2008 e il 2012 in tutte le aree del Paese». «Ovunque - sottolinea Via Nazionale - le imprese fallite mostravano una situazione economica e finanziaria più tesa che nel resto delle imprese già nel periodo pre-crisi (2004-2007)».

Letta vs Rehn (4 dicembre 2013).
Ai dubbi del commissario europeo agli Affari Economici, che in un’intervista a «La Repubblica» aveva accusato il nostro Paese di non stare rispettando sul fronte economico gli obiettivi europei, risponde per le rime: «Al commissario dico che i nostri conti sono in ordine e solo l’Italia e la Germania hanno da tre anni il Pil sotto il 3%» dice il premier Enrico Letta in occasio ne della presentazione del libro fotografico dell’Ansa in corso al Senato. «La ripresa va aiutata, non soffocata. Al Commissario dico che i nostri conti sono in ordine, la nostra politica economica è equilibrata» ha aggiunto Enrico Letta. «Ridice le cose scritte nel rapporto della Commissione. Noi - sottolinea Letta - abbiamo già messo in campo. Ma il Commissario deve essere garante dei Trattati, non può permettersi di esprimere il concetto di scetticismo». Anche perché il Commissario Rehn potrebbe trovarsi «un Europarlamento pieno di euroscettici». Per Letta: «Il 2014 deve essere l’anno in cui l’Italia deve riuscire a mettere le riforme non solo in cantiere ma le applica. Dovrà essere l’anno in cui guardare al futuro con fiducia dopo un anno di transizione faticosa». E Letta rilancia ancora chiedendo all’Unione Europea di fare il suo dovere dove invece servirebbe: «Deve cambiare la politica europea nei confronti dei paesi terzi come Libia, Egitto, Eritrea. Dobbiamo costruire meccanismi europei in cui andiamo lì a gestire il fenomeno. I rifugiati devono essere gestiti con spirito umanitario e questa è questione principale che poniamo alla Ue». Letta ha poi detto la sua anche sulla crisi di governo: «E’ una crisi unica nella storia della Repubblica, quella dei primi 4 mesi dell’anno», che ha messo a repentaglio la stabilità del Paese a rischio «deragliamento», ma che è stata superata perché «per fortuna Napolitano ha accettato il sacrificio chiesto» e questo ha consentito «la ricomposizione». Il premier è successivamente intervenuto anche sulle primarie del Pd per l’elezione del nuovo segretario del partito: «Non ho nessun dubbio che il segretario del Pd eletto domenica sarà della partita e sarà un motore fondamentale per rendere il governo più forte. Sono convinto che da lunedì saremo in grado di lavorare bene» . Sulle critiche di Rehn è intervenuto anche il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni; per il quale: «Non c’e nulla di nuovo in quello che ha detto Olli Rehn». Saccomanni ha sottolineato come «non c’è stata alcuna richiesta di misure correttive» da parte della Ue. Dopo qualche ora però arrivava la replica del portavoce del commissario Rehn: «Quello del “realistico scetticismo” è un approccio che si applica a tutti i Paesi» e deriva dalle «passate esperienze sulla tendenza degli Stati a sovrastimare gli introiti futuri derivanti dalle privatizzazioni».

La squadra di Renzi (9 dicembre 2013).
Sotto una pioggia di click, sommerso dagli obiettivi dei fotografi, Matteo Renzi si è presentato poco prima delle 16,10, per la sua prima conferenza stampa da segretario del PD «Ma è sempre così?» ha detto riferendosi all’assalto dei flash. Il giorno dopo aver vinto le primarie del Partito democratico con quasi il 68% dei voti, il sindaco - accompagnato dal segretario uscente Guglielmo Epifani - non perde tempo e annuncia fin da subito i nomi di coloro che comporranno la sua squadra. Si tratta di cinque uomini e sette donne «con età media di 35 anni», specifica Renzi. I nomi: Luca Lotti (coordinatore della segreteria), Stefano Bonaccini (enti locali), Filippo Taddei (responsabile economico), Davide Faraone (welfare e scuola), Francesco Nicodemo (comunicazione), Maria Elena Boschi (riforme), Marianna Madia (lavoro), Federica Mogherini (Europa), Debora Serracchiani (infrastrutture), Chiara Braga (ambiente), Alessia Morani (giustizia), Pina Picierno (legalità e sud), e Lorenzo Guerini come portavoce della segreteria. «Non c’è un’imposizione mia ai gruppi parlamentari, non c’è un braccio di ferro - è andato avanti Renzi -. Ieri 2,9 milioni di persone si sono espresse, oggi ci sarà un primo momento di dialogo tra la segreteria del Pd e i gruppi parlamentari, e poi discuteremo dei singoli temi, non sono preoccupato per i rapporti con i gruppi. Non ci sono potenziali rischi per l’unità del partito, bisogna lavorare insieme», ha ripetuto poi rispondendo a una domanda dei giornalisti.«Cuperlo ha detto cose belle - ha aggiunto - lavoreremo insieme». Per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti del governo, Renzi è chiaro: «Il ritiro della fiducia non è all’ordine del giorno. È arrivato il momento di fare le cose sul serio». «Il punto non è far cadere il governo - ha chiarito il neosegretario - ma farlo lavorare affinché il governo ottenga i risultati e dia risposte». «Per il Pd la riforma elettorale è una priorità, il punto è sistemare i problemi del Paese e per noi il percorso è uscire dalla logica del rinvio e fare le cose che servono», ha detto ancora Renzi. E ancora: «Dobbiamo dare subito dei segnali. Non c’è un minuto solo da perdere». A proposito di segnali è lo stesso sindaco di Firenze a sottolineare con soddisfazione che al Lavoro ha scelto di nominare Marianna Madia che ha un figlio di poco più di 3 anni e ne aspetta un altro: «Una giovane donna con un figlio piccolo e in attesa di un altro si occuperà di Lavoro: non è una notizia?». Prima dell’attesa conferenza Renzi aveva pubblicato un post via Facebook, citando il refrain di una canzone di Ligabue: «È l’ultima occasione, gli italiani non ce ne daranno più. Quando milioni di italiani vanno a votare come è successo ieri, non ci sono più alibi per nessuno. Questa volta il cambiamento sarà vero». Il cantautore emiliano deve piacere molto al neoleader del Pd: lo aveva già citato alla festa del Pd di Bosco Albergati (Modena) ad agosto. Ma allora, solo quattro mesi fa, era tutto diverso e il sindaco aveva scelto il brano «Non è tempo per noi». Renzi incontrerà nel pomeriggio il premier Enrico Letta, che in serata partirà per il Sudafrica per i funerali di Nelson Mandela. Martedì invece il leader riunirà i gruppi parlamentari del partito. Nella mattinata, il neo-segretario ha anche ricevuto i complimenti del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che lo ha chiamato al telefono, felicitandosi per il successo riportato nelle primarie e per l’importante impegno che l’attende.

GRILLO GETTA BENZINA SUL FUOCO (11 dicembre 2013).
"Alcuni agenti di polizia e della guardia di finanza a Torino si sono tolti il casco, si sono fatti riconoscere, hanno guardato negli occhi i loro fratelli. È stato un grande gesto e spero che per loro non vi siano conseguenze disciplinari". Interviene così Beppe Grillo in una lettera inviata ai vertici delle forze dell’ordine, il giorno dopo la protesta che ha coinvolto diverse città d’Italia e, in particolare, l’iniziativa di alcuni agenti nel capoluogo torinese. Il leader del Movimento 5 Stelle prende poi di mira i politici. Nella stessa lettera, inviata al comandante generale dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, al capo della polizia, Alessandro Pansa e al capo di Stato maggiore dell’esercito, Carlo Graziano, scrive: «Vi chiedo di non proteggere più questa classe politica che ha portato l’Italia allo sfacelo, di non scortarli con le loro macchine blu o al supermercato, di non schierarsi davanti ai palazzi del potere infangati dalla corruzione e dal malaffare». Altrettanto ferma la condanna verso i politici e i partiti. «I partiti - prosegue il leader M5S - sono anch’essi delegittimati dai continui scandali, dalla trattativa Stato-mafia, dalla contiguità di alcuni loro membri con la criminalità organizzata, dall’indifferenza verso i problemi del Paese, dall’appropriazione indebita di 2,3 miliardi di euro di finanziamenti pubblici bocciati dalla volontà popolare attraverso un referendum. La gestione della cosa pubblica, dei servizi sociali, dalla sanità alla scuola alla sicurezza è allo sbando. L’economia è al tracollo, la disoccupazione, in particolare giovanile, sta arrivando a livelli intollerabili, la piccola e media impresa sta scomparendo». «Il governo - per Grillo - è inesistente, capace solo di continue dichiarazioni di ottimismo subito smentite dai fatti il giorno seguente. I partiti hanno occupato ogni spazio, dall’economia, all’informazione, alla destinazione dei soldi pubblici per foraggiare le lobby da cui provengono spesso i loro appartenenti». «L’Italia ha perso la sovranità monetaria, la sovranità fiscale e si appresta a perdere ben presto anche quella economica con l’ipotesi piu’ che probabile di essere strangolata dalle politiche recessive del Fondo Monetario Internazionale. Gran parte dei cittadini è tenuta all’oscuro della reale situazione in cui versa il Paese grazie a un regime di disinformazione che pone l’Italia al 70esimo posto per la libertà di stampa dopo molti Stati del cosiddetto Terzo Mondo. I disordini di ieri in tutta Italia sono per la maggior parte dovuti a gente esasperata per le sue condizioni di vita e per l’arroganza, la sordità, il menefreghismo di una classe politica che non rinuncia ad alcun privilegio, tesa soltanto a perpetuare se’ stessa». «I poliziotti cittadini respingono al mittente gli inquietanti e farneticanti inviti all’insubordinazione e alla contestazione rivolti dal leader del movimento cinque stelle; inviti che certamente mai potranno essere accolti dai lavoratori in uniforme. I poliziotti e le forze dell’ordine italiani sono impegnati quotidianamente nella difesa del Paese, della libertà dei cittadini e di quegli stessi palazzi che rappresentano le istituzioni ed in cui siedono uomini e donne delle istituzioni, legittimati ad essere lì dai processi democratici di uno Stato libero». Così in una nota il segretario generale del Siap Giuseppe Tiani risponde alla lettera di Grillo. «Non ci stiamo a bieche strumentalizzazioni, utili a fomentare oltremodo lo scontro sociale e a rintuzzare i focolai della legittima protesta, solo per il proprio tornaconto politico - prosegue -. I poliziotti italiani sono fermamente contrari alle possibili derive violente nelle manifestazioni di piazza perché appartenenti ad una Polizia democratica, baluardo che non arretra di fronte a coloro che attentano alla libertà dei cittadini e dello Stato».

DRAGHI: sbagliato uscire dall'euro (16 dicembre 2013).
L'euro è «irreversibile», e coloro che pianificano di abbandonarlo si muovono «nell'effimero» ma soprattutto sono degli «ingenui». A lanciare le accuse è stato il presidente della Bce Mario Draghi durante una audizione al Parlamento europeo. «Coloro che pensano di poter uscire dall'euro, magari per svalutare del 40% la valuta sono degli ingenui. Ma questi signori pensano davvero - si è chiesto metaforicamente Draghi - che gli altri accetterebbero una svalutazione del 40 per cento senza far nulla?». «L'euro è irreversibile», ha detto Draghi. «Quello che uno pianifica per uscirne è effimero. Se un paese pensasse di lasciare l'euro per evitare le necessarie riforme strutturali si sbaglierebbe di grosso: dovrebbe anzi effettuare riforme più dure fuori dalla protezione dell'euro». Mario Draghi ha detto all'Europarlamento di essere «preoccupato» per l'eccessiva complessità del processo di decisione nel quadro del Meccanismo unico di risoluzione delle banche. In particolare gli accordi sul finanziamento, che a termine prevedono il trasferimento dei fondi al meccanismo unico in dieci anni, «possono non essere adeguati». «Non possiamo creare un meccanismo unico di risoluzione che é unico solo nominalmente», ha aggiunto. Secondo Draghi il meccanismo unico di risoluzione deve fondarsi su tre elementi: il sistema deve essere unico, occorre che l'autorità che prende le decisioni sia unica e occorre un vero, effettivo Fondo finanziario. La Banca centrale europea è pronta a valutare «tutti gli strumenti possibili» di intervento sulla debolezza di economia e inflazione dell'area euro, mantenendosi nell'ambito del suo mandato. «La politica monetaria sarà accomodante per tutto il tempo necessario». La ripresa della domanda interna si deve grazie alla nostra politica accomodante, e pian piano i miglioramenti si muovono verso l'economia reale». Lo afferma il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nel corso dell'audizione in commissione Problemi economici del Parlamento europeo. In generale, aggiunge, «Ci vuole tempo perché le nostre decisioni si riflettano sull'economia reale». «A inizio 2014 annunceremo i parametri» relativi all'esame di bilanci delle principali banche europee che sara' condotto dalla Bce. Lo ha confermato il presidente della Bce Mario Draghi. Per quanto riguarda il compito di supervisione unica della Bce «il nostro lavoro preparatorio - ha spiegato Draghi - sarà completato per novembre 2014: vogliamo essere sicuri che il nostro focus sulla stabilità dei prezzi non sarà influenzato dal nostro ruolo di supervisione». Nelle scelte della Bce «non ci sono state misure straordinarie per l'Italia». E' secca la risposta del presidente della Bce Mario Draghi in audizione all'Europarlamento alla domanda di un parlamentare.

UIL: i costi della politica (17 dicembre 2013).
Il segretario della Uil, Luigi Angeletti, lo aveva promesso a Enrico Letta subito dopo che quest’ultimo era diventato presidente del Consiglio, lo scorso maggio: gli avrebbe dimostrato con uno «studio dettagliato» che sui costi della politica si può risparmiare molto e utilizzare queste risorse per tagliare le tasse su lavoratori e pensionati. Lo studio è arrivato ieri. Angeletti lo ha illustrato in una conferenza stampa e messo sul sito della Uil. Diciotto pagine e numerose tabelle che contengono la radiografia dei 23,2 miliardi di euro che in un anno si spendono tra funzionamento di organi istituzionali, società pubbliche, consulenze, auto blu e altro ancora. Una somma che corrisponde all’1,5% del Pil. Di politica vivono direttamente o indirettamente 1 milione e 100 mila persone, pari al 5% degli occupati in Italia. E la politica costa in media a ogni cittadino 386 euro, neonati compresi, oppure come dice la Uil 757 euro a testa considerando solo la platea di chi paga effettivamente l’Irpef (circa 30 milioni di contribuenti). Secondo Angeletti i costi della politica si potrebbero tagliare di quasi un terzo, risparmiando così 7 miliardi da destinare all’alleggerimento delle imposte sul lavoro. Ma vediamo nel dettaglio i risultati del rapporto. Per gli organi istituzionali delle amministrazioni centrali e decentrate, nel 2013, si spenderanno 6,1 miliardi, il 4,6% in meno del 2012, ma con performance molto diverse: le Regioni, infatti, hanno tagliato dell’11,5%, la presidenza del Consiglio aumenterà invece le spese dell’11,6%, passando da circa 411 milioni nel 2012 a 458 nel 2013. Per tutte le consulenze pubbliche la spesa sarà di 2,2 miliardi mentre 2,6 miliardi serviranno per i costi di funzionamento degli organi degli enti e delle società partecipate. Ben 5,2 miliardi sono invece destinati ad altre voci: auto blu, personale di nomina politica, direttori delle Asl. Per arrivare a 23,2 miliardi restano appunto 7,1 miliardi, quelli che si potrebbero tagliare, secondo Angeletti, e che si riferiscono al «sovrabbondante sistema istituzionale», come lo definisce il rapporto curato dal segretario confederale Guglielmo Loy. Nel dettaglio: 3,2 miliardi si potrebbero risparmiare sulle spese di funzionamento (non quelle per gli organi istituzionali) accorpando gli oltre 7.400 Comuni con meno di 15 mila abitanti, un altro miliardo e 200 milioni potrebbe arrivare da un taglio delle spese delle Province, e un altro miliardo e mezzo da un ulteriore taglio delle uscite delle Regioni. Infine, 1,2 miliardi in meno di spesa potrebbero arrivare da «una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale degli uffici periferici, anche a seguito dell’avvenuto decentramento amministrativo». In tutto 7,1 miliardi di tagli che la Uil propone in un momento in cui sta entrando nel vivo il lavoro del commissario di governo per la spending review, Carlo Cottarelli, che di risparmi ne ha promessi ben 32 miliardi di euro nel triennio 2014-2016.

MINI IMU E TASI (17 dicembre 2013).
Via libera della commissione Bilancio della Camera a un emendamento del relatore alla legge di Stabilita', riformulato, che prevede lo slittamento dal 16 al 24 gennaio del pagamento della mini rata Imu e della maggiorazione standard Tares. Salta il tetto all'1 per mille per l'aliquota Tasi proposto dal relatore: si torna all'aliquota massima del 2,5 per mille fissata dal Senato. L'emendamento prevede inoltre che in caso di leasing immobiliare la Tasi e' dovuta dal locatario dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto. Si stabilisce inoltre che i comuni possono affidare l'accertamento e la riscossione della Tari ai soggetti dai quali e' gestito il servizio di gestione rifiuti nonche' la gestione dell'accertamento e della riscossione della Tasi ai soggetti ai quali nello stesso anno risulta affidato il servizio di accertamento e riscossione dell'Imu. Via libera inoltre della commissione Bilancio della Camera a un emendamento alla legge di stabilita' del relatore che prevede l'esenzione Imu per i fabbricati rurali a uso strumentale. Si riduce inoltre il moltiplicatore da 100 a 75 per i terreni di coltivatori agricoli. La Commissione Bilancio ha poi approvato un emendamento che prevede un intervento tecnico-contabile che neutralizza la pregressa passivita' patrimoniale dell'ex-Inpdap, circa 25,2 miliardi di euro, confluita nell'Inps al momento dell'incorporazione. Semaforo verde anche ad un emendamento del governo che prevede l'applicazione dell'imposta sostitutiva al 12% sulla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia. La proposta di modifica prevede per il versamento "tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi, di cui la prima entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovuti", quindi la prossima primavera. Un altro emendamento approvato prevede una sanatoria dei contenziosi sui canoni e gli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e stabilisce un riordino della normativa sulle concessioni demaniali da effettuare entro maggio. La proposta di modifica prevede che il soggetto interessato possa pagare in un'unica soluzione il 30% delle somme dovute all'erario o rateizzare fino a un massimo di 6 tranche annuali un importo pari al 60% del dovuto oltre gli interessi legali. La domanda per aderire alla sanatoria dovra' essere presentata entro il 28 febbraio.

Standard and Poor's declassa l'Europa (19 dicembre 2013)..
La notizia è arrivata poco prima che i capi di Stato e di governo dell'Unione europea si incontrassero per la loro seconda giornata di Vertice, a poche ore dall'accordo dei 28 leader sull'Unione Bancaria. L'agenzia Standard and Poor's ieri ha declassato l'Ue, togliendo al blocco europeo il prestigioso rating della Tripla A – il migliore possibile – per portarlo a AA+. Le ragioni sono tanto finanziarie quanto politiche: «La credibilità complessiva dei paesi membri dell'Ue in termini di solvibilità si è indebolita, il loro profilo finanziario deteriorato e la coesione allentata», ha spiegato l'agenzia americana. Secondo S and P, il fatto che «i negoziati sul bilancio dell'UE siano diventati più tesi, attesta un aumento dei rischi sul sostegno all'Ue da parte di alcuni Stati membri». Insomma, con la crisi che morde i bilanci nazionali, non è detto che tutti i paesi europei riusciranno a finanziare il bilancio comunitario. L'accusa ha mandato su tutte le furie la Commissione. L'Ue è «un'istituzione finanziaria credibile», ha risposto il suo presidente, José Manuel Barroso, ricordando che il bilancio europeo non ha mai prodotto deficit o debito e non c'è «mai stato nessun caso di mancato rispetto degli impegni». Un portavoce della Commissione parla di vendetta «dopo il regolamento che abbiamo fatto sulle agenzie di rating». Motivazioni pretestuose, insomma, anche perchè, fa notare la cancelliera Angela Merkel, alla fine la questione del bilancio si è risolta e «abbiamo dimostrato che anche se è difficile sappiamo adottare un bilancio comune». Inoltre, è impossibile non notare la tempistica: il giudizio negativo arriva il giorno dopo quello che i leader hanno definito «l'accordo storico» sull'Unione bancaria, il «più grande avanzamento dall'introduzione dell'euro». Parole troppo roboanti per molti economisti e osservatori, e per lo stesso Parlamento europeo che ora deve passarlo al vaglio. Per il presidente del Consiglio, Enrico Letta, un problema c'è. «E' la dimostrazione che la transizione non è finita e che l'Europa e l'euro sono ancora sotto osservazione», ha spiegato Letta: «Il tempismo non è casuale», il bilancio Ue «non merita questo downgrade», ma «è un segnale che non va sottovalutato». Letta ha evidenziato i limiti dell'accordo sull'Unione bancaria, su cui pende anche la minaccia di veto dell'Europarlamento e che è stato giudicato insufficiente da numerosi analisti. «La prospettiva di mutualizzazione è un passo importante», ma «vorremmo una transizione meno lunga» dei 10 anni previsti dal compromesso sul Meccanismo Unico di Risoluzione delle banche in difficoltà. Le risorse a disposizione del Fondo – 55-60 miliardi nel 2025 – non sono elevate: la Germania anche ha impedito di usare il Fondo salva-stati Esm come linea di credito. Ma, secondo Letta, l'Unione bancaria con la vigilanza alla Bce giocherà comunque un «fondamentale ruolo di prevenzione» che obbligherà «il sistema bancario a risistemarsi in tempo». I leader hanno deciso di rinviare ogni decisione su una delle questioni più controverse del Vertice: gli «accordi contrattuali» che la Germania vorrebbe imporre per spingere i singoli paesi a riformarsi, in cambio di incentivi finanziari. Durante la cena di giovedì, la cancelliera Angela Merkel si è ritrovata isolata, abbandonata anche dai suoi tradizionali alleati nordici, come Finlandia e Olanda. Per Letta, «ogni strumento che serve a legare di più i paesi europei è positivo», ma occorre un «approfondimento»: Le decisioni sono state rinviate all'ottobre del 2014, sotto presidenza italiana dell'Ue. Le ripercussioni della crisi è una delle ragioni che hanno spinto Standard & Poor's a tagliare il rating dell'Ue. Negli ultimi 12 mesi sono stati tagliati «i rating di Francia, Italia, Spagna, Malta, Slovenia, Cipro». Solo pochi giorni fa l'Olanda ha perso la sua Tripla A. Insomma, la debolezza dei singoli fa la debolezza di tutti nell'UE.

Facilitare l'ingresso del lavoro ai giovani (24 dicembre 2013).
Rendere il lavoro il più possibile stabile è un obiettivo del Governo ma il contratto unico non basta: il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini è tornato a commentare, in una intervista radiofonica, il piano per l’occupazione del neo segretario del Pd, Matteo Renzi sottolineando che sui neoassunti non si tratta di proposte nuove e che c’è ancora confusione sulla materia. «Riuscire a rendere più stabile il lavoro - dice - è una delle esigenze che tutti abbiamo. Abbiamo introdotto un incentivo per le imprese che trasformano in tempo indeterminato un contratto a tempo determinato. Solo un lavoro che ha un respiro a lungo termine consente di metter su famiglia, di avere dei piani di vita a lungo termine. Dobbiamo vederla la proposta che farà Renzi e il suo team perché ce ne sono varie di versioni». Giovannini ha ricordato che in passato la proposta di sospendere per tre anni l’articolo 18 per i neoassunti è stata bocciata. «Ogni trimestre - afferma - noi abbiamo circa 2,5 milioni di contratti di lavoro, di questi 1,6 sono a tempo determinato e poi ci sono tutte le altre formule. È chiaro che se trasformiamo quei contratti a tempo determinato in un contratto cosiddetto indeterminato a tutele progressive non è che abbiamo spostato chissà di che cosa il mercato del lavoro. Abbiamo bisogno di strumenti che aiutino sia le imprese che vogliono investire sul lungo termine sia imprese che ancora, in questa fragile ripresa, sono ancora incerti sul da farsi. C’è un po’ di confusione e speriamo che a gennaio queste diventino molto più concrete». Giovannini ha poi ricordato le novità in arrivo nel 2014 sulla cassa integrazione in deroga: in alcuni settori - spiega - imprese e lavoratori pagano la cassa integrazione di tasca propria con un contributo in busta paga. «Questo - precisa - è il meccanismo ordinario. La cassa in deroga aiuta le persone che non hanno questo meccanismo e va a carico della fiscalità generale e quindi la paghiamo tutti. Nel 2013 sono stati spesi circa 2,8 miliardi una cifra molto alta». Da gennaio imprese e lavoratori dei settori che non hanno cigo e cigs dovranno fare i cosiddetti fondi bilaterali, versando contributi (lo 0,5% della retribuzione per il fondo residuale all’Inps) che diano la possibilità nel momento della crisi di erogare prestazioni. Il governo ha convocato le parti sociali per l’inizio dell’anno per discutere di questi ammortizzatori perché - conclude il ministro - «è anche vero che la cassa integrazione e in deroga e soprattutto la mobilità in alcuni casi ha determinato degli abusi. Pensare ad un ammortizzatore generalizzato per tutti ha un costo molto elevato». Renzi sta mettendo a punto il suo job act per rivoluzionare regole e norme che, a suo avviso, frenano le assunzioni. I punti sono: «Flessibilità in entrata e in uscita» ma, nel caso di perdita di lavoro, «un sussidio unico statale» di due anni che consenta a chi non ha più un’occupazione di mantenere la famiglia e, nel frattempo, corsi di formazione, che lo agevolino nella ricerca di un nuovo impiego. Ancora una volta il segretario Dem ribadisce che il punto non è articolo 18 sì o no, perché se si inizia da questo «si torna alla casella di partenza». «La rivoluzione sul lavoro - evidenzia - è possibile se tutti abbandoniamo le certezze altrimenti se ripartiamo dal solito percorso perdiamo la strada per tornare a casa». La risposta di Letta è stata chiara: «A gennaio nel contratto di governo affronteremo tutte le proposte degli attori della maggioranza. Tutto ciò che aiuta nuova occupazione è benvenuta, dobbiamo creare occupazione buona e non senza diritti». Tre anni di «burocrazia zero» per chi voglia investire in un’attività economica: è questa, invece, la proposta per il lavoro che il vicepremier e ministro degli Interni Angelino Alfano vuole inserire nel «contratto di governo», da stipulare a gennaio con il premier Letta e con il Pd. Letta ieri ha confermato che nel contratto di gennaio il governo prenderà in considerazione «le proposte che i soggetti contraenti metteranno sul tavolo»; tutto ciò che aiuterà la nuova occupazione, sarà il benvenuto», a condizione che sia «buona occupazione, non senza diritti».

Nel 2013 abbiamo pagato meno tasse (28 dicembre 2013).
Nel 2013 è diminuito il peso delle tasse sulle famiglie italiane. Gli importi, seppur abbastanza modesti, invertono una tendenza che negli ultimi anni aveva assunto una dimensione molto preoccupante. A dirlo è la Cgia che ha realizzato alcune simulazioni su tre diverse tipologie familiari. Rispetto al 2012, quest’anno un giovane operaio senza familiari a carico beneficia di un risparmio fiscale di 15 euro. Per una famiglia bireddito con un figlio a carico, invece, il peso delle tasse diminuisce di 178 euro, mentre sale a 250 euro lo sgravio per una famiglia monoreddito con due figli a carico. Nel 2014, almeno per i primi due casi, la situazione è destinata a migliorare, grazie alla riduzione del cuneo fiscale approvato dal Governo Letta con la legge di Stabilità. Se per il giovane operaio la contrazione rispetto al 2013 sarà di 111 euro, per la coppia con un figlio salirà a 183 euro. Solo nel caso della famiglia monoreddito con un livello retributivo medio alto, le tasse sono destinate ad aumentare. Rispetto a quest’anno, nel 2014 pagherà 164 euro in più. «Con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e con l’incremento delle detrazioni Irpef per i figli a carico - dichiara il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - nel 2013 queste misure hanno assunto una dimensione economica superiore a tutti gli aumenti registrati nel corso dell’anno. Grazie a ciò, le famiglie hanno potuto godere di una riduzione del carico fiscale rispetto al 2012». Secondo Bortolussi, «con il taglio del cuneo che premierà solo i lavoratori dipendenti, dal 2014 i risparmi saranno più pesanti per i livelli retributivi più bassi, mentre tenderanno a ridursi man mano che cresce il reddito. Questo beneficio - che ammortizzerà l’aumento dovuto all’introduzione della Tasi, all’aggravio dell’Iva e al ritocco all’insù delle addizionali e del carburanti - non riguarderà le famiglie composte da pensionati e lavoratori autonomi che non potranno beneficiare del taglio del cuneo fiscale. Queste famiglie, pertanto, saranno chiamate, molto probabilmente, a pagare di più rispetto a quanto hanno versato quest’anno». In ogni caso, fa notare la Cgia, se il confronto viene realizzato tra il 2014 e il 2011, anno in cui non era ancora applicata l’Imu, l’aggravio assume una dimensione preoccupante. Il giovane single si è visto aumentare il peso delle tasse di 273 euro, la coppia bireddito con un figlio a carico di 339 euro, mentre la famiglia monoreddito addirittura di 749 euro.


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Eugenio Caruso


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