Stato di salute dell'eolico nel mondo.


Gli studi alimentano la giovinezza e rallegrano la vecchiaia
Cicerone


L’eolico è una fonte in buono stato di salute a livello mondiale: secondo i dati raccolti dalla World Wind Energy Association (Wwea) il 2012 è stato un altro anno record per questa tecnologia. Così, se a fine 2002 erano connessi alla rete appena 31 GW di potenza eolica totale con un mercato annuo da circa 7 GW, nel 2012 l’installato totale ha invece superato i 282 GW (9 volte tanto), con un livello di installazioni annuali pari a 44,6 GW (+12% rispetto al 2011). La crescita annuale del 2012 è stata meno travolgente rispetto a quella record degli scorsi anni, ma resta il fatto che l’energia del vento è in grado di attirare investimenti per 60 miliardi di euro l’anno e, soprattutto, di generare energia elettrica eolica per complessivi 580 TWh, pari al 3% del fabbisogno mondiale di elettricità.
La presenza dell'eolico interessa ormai 100 Paesi al mondo, con l’Islanda che nel 2012 è diventata la centesima nazione. Più nel dettaglio, come spiega Riccardo Terruzzi, ricercatore presso l’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, «I Paesi di riferimento per nuova potenza installata nel 2012 sono Cina e Stati Uniti, che hanno connesso alla rete circa 13 GW di nuova potenza ciascuno; segue a distanza l’India che ha aggiunto 2,5 GW. Asia e Nord America sono le aree in cui si è installato di più – rispettivamente 36,3 e 31,3% della nuova potenza totale installata – seguite dall’Europa, con il 27,5% delle nuove installazioni e dall’America Latina, 31,3%. I tassi di crescita più elevati si sono però registrati in Sud America e in Europa dell’Est, dove si è assistito a un vero e proprio boom: in Romania i nuovi impianti sono cresciuti del 130%, in Ucraina e Argentina attorno al 80%; anche il Brasile ha registrato un mercato in forte espansione, con un aumento del 75%. In Europa nel 2012 sono stati installati 12,7 GW di nuova potenza rispetto agli 8,6 GW del 2011, tanto che la potenza eolica totale è cresciuta del 13%, passando da 94 a 107 GW. Il mercato più grande resta quello tedesco, con 2,4 nuovi GW. Segue la Gran Bretagna con 1,9 GW, mentre Italia, Spagna, Svezia, Romania e Francia hanno installato in media circa 1 GW di nuova potenza per Paese. La previsione della Wwea è che già nel 2016 si superi la soglia dei 500 GW di potenza cumulativa installata su scala globale, per arrivare poi a 1.000 GW al 2020». Quella dell’eolico, insomma, è per il momento una storia di successo, che movimenta grandi numeri e investimenti su scala globale, destinati a diventare ancora più importanti nel prossimo futuro.
Non è un caso, dunque, che la filiera eolica globale sia caratterizzata da grandi player con posizioni di mercato consolidate: di fatto la produzione industriale è in mano a dieci colossi internazionali che, complessivamente, controllano circa il 70% del mercato mondiale. In particolare, se si analizzano i principali produttori di aerogeneratori, si può notare come provengono da quei Paesi in cui il l’eolico è particolarmente maturo o in forte crescita, per effetto della presenza di importanti politiche di sostegno volute dai governi locali e per le dimensioni del mercato interno. In Europa, ad esempio, la produzione delle turbine è concentrata in pochi Paesi, ossia Germania, Spagna, Danimarca. Accanto a queste realtà affermate, capaci di esportare i propri prodotti su scala globale, si è assistito, negli ultimi anni alla nascita di società che si sono concentrate innanzitutto nel soddisfare la crescente domanda del mercato locale. È il caso dell’India e della Cina, le due nazioni con il più rapido tasso di crescita, dove si è assistito alla nascita e al consolidamento di un’industria nazionale specializzata nel settore eolico.
Dunque, la filiera industriale è tutt’altro che immobile: proprio nel 2012, è stata caratterizzata dalla presenza rivoluzionaria di un tandem al vertice della classifica di vendita. Difatti General Electric, la multinazionale americana attiva in tantissimi segmenti dell’energia, ha venduto l’11,8% delle turbine globali, ossia tante quante Vestas, la società danese per anni regina incontrastata dell’eolico, ma da tempo in grandi difficoltà finanziarie. L’apparentamento in testa è stato determinato soprattutto dall’andamento record del mercato nordamericano (spinto a sua volta da scadenze temporali del sistema d’incentivazione a stelle e strisce), che rappresenta più del 96% del giro d’affari per Ge nel settore eolico. Dietro la coppia c’è un nome molto noto, la multinazionale Siemens (con una quota del 10%) che, come la tedesca Enercon (7,2%), punta molte delle sue carte per il futuro sullo sviluppo dei grandi progetti offshore nel Mare del Nord. Altro big europeo è Gamesa, società spagnola, sino a pochi anni fa numero due del mercato, nel 2012 scesa in sesta posizione (6,4%) e coinvolta in un complicato processo di ristrutturazione. Nella top 10 mondiale ci sono anche quattro aziende cinesi (Goldwind Guodian United Power, Sinovel e Sewind) che sono però retrocesse nelle ultime posizioni per effetto della decrescita del mercato interno della Repubblica popolare (-18% nel 2012), che rappresenta di fatto l’unico sbocco per le turbine di questi produttori. Nel 2013, però, secondo una stima di Bloomberg New Energy Finance, il mercato degli Stati Uniti diminuirà drasticamente, mentre la Cina si stabilizzerà e recupererà. Tutto questo dovrebbe aiutare i produttori asiatici a guadagnare quote di mercato mondiale a scapito dei loro concorrenti occidentali.
Delle imprese italiane, invece, c’è oggettivamente poca traccia. «Il made in Italy appare in difficoltà in questi stadi a monte della filiera, in cui l’innovazione tecnologica ha un ruolo preponderante. La necessità di ingenti investimenti in asset materiali, la sempre più pressante competizione sui costi, determinata anche dal peso crescente dell’industria cinese, costituiscono forti barriere all’ingresso, e fanno sì che il mercato nazionale sia sostanzialmente appannaggio dei big del settore mondiale. Le vendite degli aerogeneratori installati in Italia sono infatti appannaggio delle grandi imprese straniere, europee in primis, che hanno sviluppato e commercializzato per prime le tecnologie di base, su tutte Vestas, Gamesa, Enercon e REpower», spiega il ricercatore del Politecnico di Milano. Più frammentato, ovviamente, è il controllo dei parchi di generazione eolica su scala globale: in totale, i primi 20 proprietari detengono 108 GW di centrali nel mondo, ossia quasi il 40% della potenza eolica installata (280 GW). Di questi, nove sono europei, otto sono cinesi e tre sono americani: in testa c’è la cinese Guodian Corporation, che nel 2012 ha superato la spagnola Iberdrola (13,7 GW contro 13,3 GW). Il divario è destinato a crescere ulteriormente, perché Guodian ha in cantiere ancora molti progetti, mentre Iberdrola sta dismettendo parte dei propri asset. Da segnalare, al nono posto, la presenza di Enel, che detiene l’1,6% dei parchi eolici installati nel mondo. In vista dello sviluppo futuro di cui abbiamo parlato in precedenza, la ricerca e sviluppo nel settore eolico è attivissima: la principale tendenza è quella dell’aumento delle dimensioni delle macchine, in modo da accrescere la quantità di elettricità prodotta e avvicinare ancora di più il settore alla grid parity.
Al momento le più importanti imprese costruttrici hanno già sviluppato le prime macchine da 5-6 MW (sino a 130 metri di diametro rotorico), pensate soprattutto per i grandi parchi offshore, ma il prossimo passo sarà la realizzazione di aerogeneratori da 10 MW. L’eolico offshore, in effetti, già oggi attrae molti investimenti in R&D e in generale si installano turbine sempre più potenti in parchi eolici marini sempre più grandi: la taglia media degli aerogeneratori offshore installati nel 2012 è arrivata a 4 MW, mentre quella dei parchi è arrivata a 271 MW (era di 199 MW nel 2011). Considerato il peso che l’eolico marino è destinato ad assumere nello sviluppo di questa tecnologia, buona parte della ricerca è destinata proprio all’ottimizzazione dei metodi di progettazione per le installazioni offshore, ad esempio per realizzare macchine con ridotti requisiti di esercizio e manutenzione. Ci si aspetta che nei prossimi anni cresca anche la distanza media dalla costa, ora di 29 km e la profondità dei fondali, attualmente di circa 22 metri.
Questa innovazione rappresenterebbe una nota positiva per il nostro Paese, che possiede gran parte delle risorse eoliche in aree con fondali profondi. Altre linee di sviluppo tecnologico, segnalate dall’Enea, sono un miglioramento dei sistemi di controllo, l’applicazione dei superconduttori per migliorare peso ed efficienza dei generatori elettrici e l’introduzione di tecnologie avanzate di integrazione nella rete elettrica. Su quest’ultimo punto, spiega Terruzzi, «Occorre considerare che l’energia eolica ha una natura di non prevedibilità che causa, come è facile intuire, squilibri e complessità gestionali per un sistema elettrico che è stato progettato e realizzato coerentemente con le caratteristiche e i requisiti di un modello di generazione centralizzata. Per risolvere queste complessità, diventa fondamentale attuare un’evoluzione del sistema in grado di consentire l’integrazione delle azioni di tutti gli utenti connessi alla rete, al fine di permettere la fruizione dell’energia elettrica in modo efficiente, sostenibile e sicuro. Questo percorso verso il raggiungimento del paradigma della “Smart Grid” richiede che le diverse fasi del sistema elettrico si dotino di funzionalità “intelligenti”. Questa transizione è essenziale per permettere, non solo all’eolico, ma anche alle altre fonti rinnovabili, un corretto e duraturo sviluppo».
tratto da tekneco.it - 23 dicembre 2013

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