I giorni si sgranano sul filo delle stagioni e mi vedono stranamente silenzioso, pacifico e bonario
Poesia somala
L'Ipcc (International panel for
climate change) è stato istituito
dalle Nazioni unite (Unep e
Wmo) nel 1988 a seguito della crescente
richiesta da parte dei Paesi di tutto
il mondo di comprendere meglio le
sfide scientifiche e politiche poste dai
cambiamenti climatici. La missione
dell’Ipcc è quella di redigere e aggiornare
le valutazioni della scienza e di fungere
da interfaccia tra la scienza e i decisori
politici. Ipcc è costituito da tre gruppi di
lavoro (Gdl): il primo Gdl (Wg1) ha il
compito di descrivere le basi scientifiche
della scienza climatica, le osservazioni,
i modelli di simulazione, le attribuzioni
delle cause. Il secondo Gdl (Wg2)
descrive gli impatti, la vulnerabilità e
l’adattamento ai cambiamenti climatici;
infine il terzo Gdl (Wg3) si occupa delle
politiche di mitigazione dei cambiamenti
climatici. Il Summary for Policymakers
(Spm) del Wg1 è stato presentato a
Stoccolma il 27 settembre 2013 ed è
stato il prodotto di un attento lavoro
di revisione realizzato da un gruppo
selezionato di esperti esterni e di esperti
governativi. Alla sessione plenaria finale,
i paesi membri Ipcc hanno approvato
“linea per linea” il testo del Spm che è
divenuto quindi un documento molto
rilevante di supporto ai policymaker, dal
momento che, quando i paesi membri
dell’Ipcc approvano sia il Spm che
i rapporti completi, confermano la
legittimità dei loro contenuti scientifici.
Dall’analisi dei contenuti scientifici
del Spm emerge, come conclusione
fondamentale, un forte consolidamento
del ruolo degli effetti antropogenici
sul sistema climatico. I vari aspetti dei
cambiamenti climatici sono descritti in
maniera molto più “robusta” di quanto
accaduto in passato, attraverso una più
ampia serie di evidenze osservative e una
più approfondita analisi delle incertezze
insite in queste misure. Si trova ad
esempio un’analisi molto attenta e più
dettagliata degli effetti delle nuvole, degli
aerosol, delle radiazioni cosmiche, nonché
di importanti processi e fenomeni come,
ad esempio, i monsoni o le anomalie di El
Niño/La Niña sui cambiamenti climatici.
Dal punto di vista degli scenari climatici
futuri, in questo ultimo rapporto del Wg1
sono descritti i risultati ottenuti da un
numero molto maggiore di simulazioni
numeriche, realizzate da una nuova
generazione di modelli climatici molto
avanzati, gli Earth System Models, sia per
quanto concerne le proiezioni climatiche
a corto termine (orizzonte temporale
2016-2035), sia per quelle di lungo periodo
(2086-2100). Infine viene anche rilasciato
un Atlante completo delle proiezioni
climatiche globali e regionali descritte. Un
grande sforzo è stato inoltre compiuto,
come già accennato in precedenza,
per valutare le incertezze scientifiche,
dove per la prima volta tutti i rapporti
dell’Ar5 applicano analoghi approcci per
comunicare il livello di incertezza, sia in
maniera qualitativa, valutando ad esempio
il livello di accordo tra la varia letteratura
scientifica, sia con un approccio più
quantitativo, mediante una più solida analisi
statistica delle osservazioni e dei risultati
delle simulazioni modellistiche.
Dall’analisi del rapporto del Wg1 si
conferma la solidità della Scienza del
clima, nonché l’ampiezza delle variazioni
del clima del pianeta già avvenute e attese
per i prossimi decenni. Non sembrano più
sussistere sorprese: la maggiore mole di dati
e dei risultati modellistici confermano e
rafforzano la conclusione che, con “estrema
probabilità”, la causa dominante del
riscaldamento osservato fin dalla metà del
XX secolo sia costituita dalle attività umane.
Il riscaldamento globale è inequivocabile
e non si è per nulla interrotto o rallentato,
come si è talvolta letto ad esempio in
certa stampa, soprattutto nazionale,
quanto meno “affrettata”: dal 1950 a oggi
sono stati osservati cambiamenti in tutti
i comparti del sistema climatico terrestre.
L’atmosfera e l’oceano si sono riscaldati,
l’estensione e il volume dei ghiacci si sono
ridotti, il livello del mare si è innalzato. E
molti di questi cambiamenti non trovano
riscontro negli scorsi due millenni. L’Ar5
giudica questo riscaldamento globale
“virtualmente certo” (probabilità >99%).
Gli ultimi tre decenni sono stati i più
caldi dal 1850, quando sono iniziate le
misure termometriche a livello globale. Il
periodo 1983-2012 è stato probabilmente
il trentennio più caldo degli ultimi 1400
anni (“confidenza media”).
La temperatura media globale nel
periodo 1880-2012 è aumentata di
0.85 °C. È praticamente certo
che l’oceano superficiale si sia riscaldato
durante gli ultimi decenni del 1971-
2010. Si nota un aumento di frequenza
di occorrenza degli eventi estremi a partire dagli
anni 50 del secolo scorso. È probabile
che il numero di giorni e notti fredde sia
diminuito mentre, al contrario, si denota
un aumento dei giorni e delle notti calde.
Si rileva inoltre un probabile aumento
di frequenza di occorrenza delle ondate
di calore in diverse aree del pianeta
tra le quali l’Europa e, analogamente,
un aumento dell’intensità delle
precipitazioni in molte aree europee e del
Nord America.
Forse la conclusione più solida di questo
ultimo report è la sottolineatura della
oramai estrema probabilità (al 95-100%)
che almeno la metà dell’aumento della
temperatura superficiale negli ultimi
60 anni sia stato causato dalle attività
umane, attraverso l’effetto antropogenico
sul clima delle emissioni di gas serra,
degli aerosol e dei cambiamenti nell’uso
dei suoli. Nel futuro c’è da attendersi
che le emissioni continue di gas a effetto
serra potranno causare un ulteriore
riscaldamento e cambiamenti in tutte
le componenti del sistema climatico.
L’entità delle modifiche climatiche che
emergono dalle simulazioni modellistiche
dipendono molto dalla scelta degli
scenari di emissione. Non v’è più alcun
dubbio che le modifiche del clima globale
potranno durare per secoli, dal momento
che le emissioni di gas serra stanno
continuando a crescere e non si denota
ancora un sostanziale cambiamento
di direzione, probabilmente anche per
la scarsa efficacia degli accordi intergovernativi.
Il riscaldamento causerà
cambiamenti nella temperatura dell’aria,
degli oceani, nel ciclo dell’acqua, nel
livello dei mari, nella criosfera, in alcuni
eventi estremi e nella acidificazione
oceanica. Molti di questi cambiamenti
persisteranno per molti secoli.
L’entità delle variazioni di temperatura
a scala globale simulate per fine secolo
variano da 2 a 4 gradi; il Quinto
rapporto mostra 4 scenari di aumento di
temperatura media globale alla superficie
alla fine di questo secolo (media 2081–
2100). In particolare lo scenario RCP2.6
prevede riduzioni pesantissime delle
emissioni entro pochi decenni, mentre
lo scenario RCP8.5 è uno scenario
estremo che non prevede riduzioni. Gli
scenari RCP4.5 e RCP 6.0 sono scenari
intermedi. Gli aumenti di temperature
rispetto al periodo 1986–2005 saranno
probabilmente quelli indicati in tabella.
Aumento di temperatura rispetto al periodo 1986-2005
RCP2.6 0.3 °C - 1.7 °C
RCP4.5 1.1 °C - 2.6 °C
RCP6.0 1.4 °C - 3.1 °C
RCP8.5 2.6 °C - 4.8 °C
Aumento di temperatura rispetto al periodo preindustriale
RCP2.6 1 °C - 2.3 °C
RCP4.5 1.7 °C - 3.3 °C
RCP6.0 2 °C - 3.7 °C
RCP8.5 3.2 °C - 5.4 °C
Da notare che il periodo 1986–2005
è già più caldo (circa 0.6 °C) rispetto
al periodo preindustriale, per cui gli
aumenti previsti delle temperature,
rispetto ai periodi preindustriali, sono
superiori.
Un altro risultato molto solido è quello
relativo al livello del mare dove per fine
secolo le diverse catene modellistiche
climatiche prevedono aumenti dell’ordine
di 50-80 cm. Il livello globale medio
marino continuerà a crescere durante
il XXI secolo e le nuove proiezioni
descritte dall’Ar5 appaiono più adeguate
rispetto a quelle presentate nell’Ar4.
L’innalzamento del livello medio globale
marino per il 2100, rispetto al livello
medio 1986-2005, sarà “probabilmente”
nel range indicato in tabella.
Innalzamento del livello del mare rispetto al livello medio 1986-2005
RCP2.6 0.26-0.55 m
RCP4.5 0.32-0.63 m
RCP6.0 0.33-0.63 m
RCP8.5 0.45-0.82 m
Innalzamento del livello del mare rispetto al periodo preindustriale
RCP2.6 0.41-0.69 m
RCP4.5 0.47-0.78 m
RCP6.0 0.48-0.78 m
RCP8.5 0.60-0.97 m
Questo innalzamento si aggiunge ai 15
cm già registrati nel periodo 1986-2005.
I ghiacci continueranno a fondere nel
corso del secolo, secondo tutti gli scenari,
e addirittura con gli scenari più estremi
(RCP8.5) potrebbe essere possibile una
completa fusione stagionale del ghiaccio
Artico a fine estate entro la metà del secolo.
Infine il ciclo idrologico sarà influenzato
in modo crescente dal cambiamento
climatico, anche se con notevoli
differenze a scala regionale. Nelle
aree equatoriali e alle alte latitudini
potranno verificarsi dei maggiori apporti
pluviometrici, con una intensificazione
dei fenomeni estremi e susseguenti piene
fluviali; al contrario le aree tropicali aride
andranno verosimilmente incontro a
precipitazioni sempre minori.
Carlo Cacciamani Responsabile Servizio IdroMeteoClima
Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da Ecoscienza 5/2013
7 gennaio 2014
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