Oggi per essere competitivi nel business occorre essere competitivi nel green brand
Eugenio Caruso
Dai primi anni 80, la valutazione
monetaria dei beni ambientali ha
iniziato a interessare i processi
decisionali, nelle scelte di investimento
(pubblico/privato), nella legislazione
sulla tutela dell’ambiente naturale, nelle
cause di responsabilità civile per danni
alle risorse naturali, nella valutazione di
progetti di investimento ecc. Tuttavia,
nella contabilità nazionale gli schemi
usati ancora oggi trascurano aspetti
ambientali fondamentali, come la
quantità di risorse naturali disponibili,
l’utilizzo del suolo, la concentrazione di
inquinanti ecc. Introdurre la variabile
ambientale nei conti nazionali porterebbe
a correggere queste distorsioni e a
rendere più affidabili gli strumenti
contabili utilizzati nelle politiche di
sviluppo. Con la contabilità ambientale
le variabili ambientali vengono integrate
negli schemi tradizionali di contabilità
economica, aziendale, locale o nazionale,
per valorizzare gli impatti delle attività
socio-economiche sulle risorse naturali, in
termini di inquinamento o di consumo di
risorse ambientali; grazie alla contabilità
ambientale gli indicatori monetari di
impatto possono essere usati assieme agli
indicatori fisici, tipicamente utili nelle
valutazioni ambientali.
La definizione economica di
inquinamento comprende due ordini
di fattori, l’uno di tipo fisico diretto,
connesso agli effetti più immediati
causati da emissioni, scarichi o rifiuti
rilasciati nell’ambiente, l’altro si manifesta
indirettamente con una perdita di
benessere. Gli effetti indiretti sono ad
esempio di natura biologica, determinati
dalla minaccia alla salute o dal danno
di particolari specie animali e vegetali
o del paesaggio; oppure sono di natura
chimica, come gli effetti delle piogge
acide sui terreni o l’inquinamento di falde
idropotabili, con la conseguente necessità
di investire risorse nella loro depurazione.
In termini puramente economici,
l’inquinamento è visto come un costo
esterno ai mercati (esternalità negativa),
in presenza di due condizioni
- un’attività intrapresa da un agente
economico provoca una perdita di
benessere di altri agenti
- la perdita di benessere non viene
compensata in termini economici.
Entrambe le condizioni sono essenziali
per l’esistenza dell’esternalità negativa; se
la perdita di benessere fosse compensata
avremmo l’internalizzazione dell’effetto
esterno.
L’inquinamento è considerato dalle
migliori teorie aziendaliste come
una componente interna dei processi
aziendali. In questo senso gli economisti
usano tracciare le curve dei benefici
marginali netti determinati dai ricavi
ottenuti da un’impresa; ciascuna di
queste curve poi può essere confrontata
con altre curve relative ai costi marginali
esterni, rappresentanti il valore dei danni
addizionali dell’inquinamento prodotto.
Il livello ottimale di questi costi esterni
è quello rilevato in corrispondenza
dell’intersezione tra le curve di benefici
e di costi marginali. La riduzione
massima dei danni ambientali, fino alla
loro completa eliminazione, comporta
spesso oneri eccessivi (non ottimali)
per un’impresa: invece di eliminare
completamente l’inquinamento. in
pratica conviene internalizzare gli impatti
monetizzando i danni residui. Per gli
economisti dunque sarebbe incongruente
eliminare completamente l’inquinamento,
proprio in virtù dell’esistenza di un
livello economico ottimale nel punto
d’incontro tra costi e benefici. In questa
accezione economica consiste una
classica contrapposizione con alcune
tesi ambientaliste, che invece vorrebbero
la riduzione massima possibile di ogni
danno ambientale riconosciuto. Il
tentativo di superare la contrapposizione
tra le accezioni economica e ambientalista
sta portando sempre più a includere
le esternalità negative nelle decisioni
politiche.
Gli stessi ragionamenti possono valere
per il cambiamento climatico: la gestione
degli impatti climatici va inclusa
nella gestione manageriale corrente,
con attività di previsione, budgeting,
valutazione e monitoraggio; laddove i
criteri di ottimizzazione lo suggeriscono,
è fondamentale gestire l’adattamento,
internalizzando anche i danni climatici,
piuttosto che puntare solo su una
mitigazione completa con l’annullamento
di tutte le emissioni serra. Per definire
strategie appropriate d’adattamento
climatico è necessario quantificare
costi e benefici: i costi riguardano il
valore monetario delle varie politiche
d’adattamento climatico, i benefici
riguardano l’ammontare dei danni
climatici evitati grazie a queste politiche.
Per valutare i benefici dell’adattamento
è quindi necessario conoscere il “costo
d’inazione”: il valore dei danni climatici
evitati grazie alla strategia d’adattamento.
Sarebbe quindi necessario stimare gli
impatti fisici dell’effetto serra e assegnare
loro dei valori economici. Ma questa è
un’operazione difficile, per due motivi:
non sono ben note le previsioni sugli
impatti fisici dell’effetto serra, soprattutto
a scala regionale, e non esiste un valore
monetario univoco per tutti i danni fisici
prodotti dal cambiamento climatico. Alla
prima questione potrebbero ovviare gli
scienziati, alla seconda gli economisti.
Servirebbero tecniche di valutazione
per assegnare valori monetari anche agli
impatti più difficili, come quelli sulla
biodiversità, sul paesaggio, sul patrimonio
artistico, sui beni non scambiati dai
mercati. La maggior parte delle risorse
ambientali non sono abitualmente
valorizzate dai mercati; i beni e i servizi
ambientali sono spesso indivisibili, cioè
sono sfruttabili simultaneamente, senza
costi diretti, da molti soggetti e non è
possibile escludere alcuno di loro da
questo uso. L’assenza di un mercato rende
impossibile definire un prezzo per le
risorse ambientali che ne rifletta il valore
di scambio, da usare per monetizzare
i cambiamenti climatici causati dalle
attività di produzione e di consumo.
Senza gli indicatori di mercato,
dunque, servono approcci tecnici di
valutazione ad hoc, per tradurre in termini
economici il valore delle risorse naturali
e ambientali. L’approccio monetario si
basa su una visione “antropocentrica”
della valutazione ambientale: le risorse
naturali hanno valori in quanto attribuiti
dall’uomo, in funzione dei benefici
forniti. I benefici possono derivare
dall’uso diretto o indiretto delle risorse,
ma possono essere attribuiti alle risorse
naturali anche indipendentemente da un
loro uso specifico. Per la teoria economica
classica gli individui si comportano
secondo la propria funzione di utilità,
con l’obiettivo di massimizzarla. Poiché
nei loro comportamenti di mercato gli
individui rivelano le proprie preferenze,
è significativo l’esame dei costi che sono
disposti a sostenere per poter godere dei
benefici ambientali. Oggi in letteratura
il valore economico totale di un bene
ambientale è definito come somma del
valore d’uso, del valore di esistenza e
del valore di opzione, ove quest’ultimo
indica il valore attribuito a un bene o a
un servizio ambientale in funzione del
possibile uso futuro.
Ma come quantificare il valore d’uso
e di non uso dei beni e dei servizi
ambientali? Quale valore attribuire
alla qualità dell’aria? Qual è dunque
il punto di equilibrio costo-beneficio?
Fino a quale costo gli individui sono
disposti ad arrivare per disporre del bene
ambientale in questione? Attraverso
indagini su questionario, nell’ambito
di scenari predefiniti, si possono
conoscere le disponibilità a pagare, per
fruire di un determinato bene/servizio
ambientale, o le disponibilità ad accettare
una compensazione, per rinunciarvi. I
vantaggi di queste tecniche consistono
nell’applicabilità per quantificare
anche i valori di “non-uso” delle risorse
ambientali e per valutare gli impatti
negativi sull’ambiente naturale come
mancato beneficio.
Attraverso le tecniche della contabilità
ambientale si possono monetizzare gli
effetti fisici delle attività economiche
sull’ambiente. Per l’applicazione operativa
di questi strumenti conoscitivi è
necessario migliorare l’organizzazione dei
dati e delle informazioni. La correlazione
tra i conti fisici sull’inquinamento o
sui consumi di risorse e gli impatti
ambientali può essere realizzata solo con
l’uso appropriato di indicatori e sistemi
contabili integrati (Seea, Un 2003). Tra
le varie metodologie sviluppate in questo
campo, un sistema noto per organizzare
le informazioni è quello dei determinanti,
pressioni, stato, impatti, risposte (Dpsir), in
cui le informazioni raccolte riguardano:
gli elementi territoriali che possono
determinare modifiche ambientali
(imprese, infrastrutture, individui ecc.),
le loro pressioni sull’ambiente (rilascio
di inquinanti o consumi), lo stato del
contesto ambientale (livello di qualità
delle varie componenti, come clima
o acque), gli impatti provocati dalle
pressioni sulla qualità ambientale e
le risposte assunte per migliorare la
situazione (come le azioni di mitigazione
delle emissioni serra o le spese sostenute
per l’adattamento climatico). L’analisi
dei parametri, degli indicatori, che
descrivono queste categorie permette
di valutare lo stato dell’ambiente e di
migliorare le politiche di sviluppo.
Per completare questi sistemi di
supporto decisionale, oltre agli indicatori
fisici, è utile considerare anche i valori
economici. È importante osservare
e valutare le performance integrate
economico-ambientali e la distribuzione
delle responsabilità inquinanti dei
vari settori socio-economici: non è
importante solo quanto si produce, ma
anche come lo si fa. Uno strumento di
contabilità ambientale, complementare al
sistema Dpsir, in grado d’integrare a scala
regionale indicatori fisici ed economici
including Environmental Accounts; una
regionalizzazione della contabilità Namea
nazionale, v. Ecoscienza, 4/2013, p. 90).
Tale sistema di supporto decisionale
è stato sviluppato da Arpa Emilia-
Romagna con alcuni scopi fondamentali:
organizzare le informazioni per stimare
gli effetti ambientali delle strategie
regionali sullo sviluppo (es. valutazione
ambientale strategica dei programmi di
allocazione dei finanziamenti), controllare
l’esito ambientale delle politiche (es.
monitoraggio ambientale in itinere ed ex
post delle politiche di sviluppo).
La quantificazione dei conti ambientali
deve ancora superare molti ostacoli
pratici, tra cui la selezione delle
metodologie più adeguate per definire
gli impatti ambientali complessi o
l’applicazione della valutazione monetaria
ai settori determinanti per l’ambiente
(come la produzione di energia e il suo
effetto serra, l’uso delle risorse naturali
scarse con prezzi adeguati, l’impatto sulla
salute umana ecc.).
Elisa Bonazzi, Paolo Cagnoli
Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da Ecoscienza 5/2013
23 gennaio 2014