Ogni legge trasgredita troppo spesso è cattiva; spetta al legislatore abolirla o emendarla.
Marguerite Yourcenar.
Gli effetti sulla salute derivanti
dall’esposizione cronica, di
lungo periodo, all’inquinamento
dell’aria sono stati studiati in diversi
paesi europei nell’ambito del progetto
multicentrico Escape (European Study
of Cohorts for Air Pollution Effects), un
network di oltre 30 studi di coorte
in tutta Europa con informazioni
individuali per circa 900.000 soggetti.
Escape, finanziato dalla Unione europea
(Ue), è stato coordinato dall’Università
di Utrecht in collaborazione con
diversi partner europei (per l’Italia,
il Dipartimento di Epidemiologia
della Regione Lazio). In Italia hanno
partecipato a diverso titolo alla
realizzazione del progetto numerosi enti,
tra i quali le Arpa Piemonte, Emilia-
Romagna e Lazio, l’Azienda ospedaliero universitaria
Città della salute e della
scienza di Torino, l’Università di Torino,
l’Asl TO3 di Grugliasco, l’Istituto
nazionale tumori di Milano.
Le evidenze fino a oggi disponibili sugli
effetti sulla salute dovuti a esposizioni di
lungo periodo agli inquinanti atmosferici
derivano principalmente da due studi di
grandi dimensioni condotti alla fine degli
anni 90 negli Stati Uniti, che avevano
evidenziato un aumentato rischio di morte
per cause cardiorespiratorie e per tumore
del polmone nelle persone residenti in città
con elevati livelli di polveri aerodisperse
rispetto alle persone residenti nelle città
meno inquinate. L’applicabilità di questi
studi nel contesto europeo è stata dibattuta,
potendo essere limitata dalle differenze
esistenti tra le due aree, ad esempio nelle
caratteristiche del traffico veicolare (negli
Stati Uniti i veicoli diesel rappresentano
solo il 2% del parco veicolare).
I risultati di Escape sinora pubblicati
nelle coorti di soggetti adulti hanno
peraltro sostanzialmente confermato
quelli ottenuti negli studi nordamericani,
evidenziando l’esistenza
di un’associazione significativa tra
esposizione cronica a inquinanti e
incidenza di eventi coronarici acuti, di
tumore al polmone e mortalità per cause
non accidentali. In particolare, lo studio ha evidenziato come per
ogni aumento nell’esposizione media
annua di 10 microgrammi per metro
cubo di PM10 il rischio di sviluppare un
tumore al polmone aumenti del 22%
(Lancet Oncology, 2013), il rischio di
avere un primo evento coronarico acuto
(infarto o angina instabile) aumenti
del 12% (Cesaroni et al., BMJ, 2014),
il rischio di un evento cerebrovascolare
(ictus) aumenti del 11% (Stafoggia,
Environmental Health Perspective). Lo studio ha inoltre stimato che
per ogni aumento nell’esposizione media
annua di 5 microgrammi per metro cubo
di PM2.5 ci sia un aumento del rischio
di morte per cause non traumatiche
del 7% (Beelen et al, The Lancet, 2013).
L’analisi dei dati sinora condotta
relativamente a specifiche cause di morte
non ha evidenziato una associazione
significativa tra inquinanti e mortalità
per cause cardiovascolari, pur se lo studio
suggerisce un rischio aumentato per la
mortalità dovuta a eventi cerebrovascolari
(Beelen et al., Epidemiology, 2014).
I rischi osservati in Escape sono stati
stimati tenendo conto di altri fattori
di rischio individuali come ad esempio
l’abitudine al fumo, l’attività fisica e lo
stato socio-economico. Gli incrementi
di rischio stimati in Escape sono, a
livello individuale, molto inferiori a
quelli di altri fattori di rischio, come ad
esempio il fumo di tabacco. Tuttavia, il
ruolo dell’inquinamento atmosferico è
molto rilevante a livello di popolazione,
in quanto l’esposizione è diffusa a tutti i
residenti.
Nel progetto Escape sono incluse anche
coorti di bambini neonati, che hanno
permesso di valutare i possibili effetti di
lungo termine dell’inquinamento nella
popolazione in età pediatrica. Le analisi
sinora condotte hanno evidenziato una
associazione tra l’esposizione materna in
gravidanza a particolato e basso peso alla
nascita nei nati a termine (Pedersen et al.,
Lancet Respiratory Medicine, 2013) e tra
l’esposizione dei bambini a inquinanti e
insorgenza di polmoniti nel primo anno
di vita (MacIntyre et al., Environmental
Health Perspective, 2014).
Uno degli aspetti innovativi di Escape è il
metodo usato per la stima dell’esposizione
all’inquinamento. Mentre nella maggior
parte degli studi precedenti a ogni
soggetto veniva attribuita l’esposizione
media della città di residenza, in
Escape è stato sviluppato un metodo
approfondito e condiviso per stimare
l’esposizione dei singoli soggetti presso
la loro residenza, attraverso l’uso di
modelli matematici (Land Use Regression
Models) che hanno previsto la conduzione
di intense campagne di monitoraggio
in ogni area in studio (Eeftens M. et
al., Environ Sci Technol, 2012; Beelen
et al., Atmos Environ, 2013). Sono stati
in particolare esaminati gli effetti delle
polveri aerodisperse (PM10 e PM2.5) e
degli ossidi di azoto. Questi inquinanti
a livello urbano derivano principalmente
dal traffico veicolare, dagli impianti di
riscaldamento e dalle attività industriali.
Lo studio ha evidenziato che il
particolato è l’inquinante più dannoso e i
risultati suggeriscono che anche sorgenti
diverse dal traffico veicolare possano
svolgere un ruolo importante.
Un risultato di rilievo dello studio
è che non sembra esserci una soglia
di concentrazione del particolato
aerodisperso al di sotto della quale il
rischio per la salute, per quanto di piccola
entità, si annulli. Ovvero gli effetti sono
stati individuati anche per concentrazioni
inferiori agli attuali limiti di qualità
dell’aria vigenti in Europa e in Italia.
Questo risultato conferma i dati di studi
precedenti, che già nel 2005 avevano
portato l’Organizzazione mondiale della
sanità a proporre valori di riferimento
(Air Quality Guidelines) molto più
restrittivi rispetto alla normativa europea
vigente. Per esempio, rispetto al valore di
25 µg/m3 per il PM2.5 stabilito dalla Ue,
l’Oms suggerisce il valore di 10 µg/m3 per
proteggere la salute della popolazione.
I risultati di Escape, così come quelli
di altri grandi recenti studi tra cui
quelli sugli effetti a breve termine degli
inquinanti (ad esempio il progetto
multicentrico italiano Ccm-EpiAir,
2013), confermano che gli effetti
dell’inquinamento dell’aria sulla
salute continuano a essere rilevanti.
L’Agenzia internazionale per la ricerca
sul cancro ha recentemente classificato
l’inquinamento atmosferico esterno come
“cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1;
Iarc, ottobre 2013). Nonostante i grandi
miglioramenti della qualità dell’aria che
si sono verificati negli ultimi 50 anni,
le evidenze disponibili suggeriscono
quanto siano necessarie ulteriori politiche
per ridurre l’inquinamento e, quindi, la
morbosità e la mortalità in Europa. Una
priorità urgente dovrebbe essere quella di
una revisione della legislazione europea e
quindi nazionale per avviarsi verso i valori
indicati dalla Organizzazione mondiale
della sanità (Who, Revihaap, 2013).
Claudia Galassi 1,
Giulia Cesaroni 2,
Andrea Ranzi 3,
Francesco Forastiere 2
1. AOU Città della salute e della scienza di
Torino
2. Dipartimento di Epidemiologia, Servizio
sanitario del Lazio, Roma
3. Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da Ecoscienza 1/2014
19 maggio 2014
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