La felicità non è una meta. E' uno stile di vita
B. Hills
Secondo un recente (ma
non recentissimo) rapporto
dell’Organizzazione mondiale di
sanità, Preventing disease through healthy
environments (Who, 2012), il 24% di tutte
le malattie che colpiscono gli uomini in
tutto il pianeta e il 23% di tutte le morti
hanno una causa ambientale diretta.
C’è, dunque, una connessione chiara e
importante tra lo stato dell’ambiente e il
nostro benessere, fisico e psichico.
Molti analisti sostengono che, a causa del
Global Climate Change, i cambiamenti
climatici a scala globale in atto, queste
percentuali sono destinate ad aumentare
nei prossimi anni. Lo stress ambientale
avrà diverse e serie conseguenze sulla
salute umana.
Quella tra ambiente e salute, dunque, non
è solo una relazione reale. È anche una
relazione a rischio.
Anche a scala locale non mancano davvero
gli esempi in grado di corroborare questa
tesi. Per esempio, i recenti aggiornamenti
del rapporto Sentieri, realizzato dagli
esperti dell’Istituto superiore di sanità,
dimostrano che morbilità e mortalità
sono più alte intorno ai nostri SIN, i siti
inquinati di interesse nazionale.
L’opinione pubblica è consapevole che
la relazione tra salute e ambiente esiste e
che è una relazione a rischio. Infatti, come
dimostrano le indagini di Eurobarometro,
in Italia come in tutta Europa cresce
costantemente sia la domanda di benessere
sanitario, sia la domanda di benessere
ambientale.
I cittadini europei – e non solo – vogliono
vivere in salute in un ambiente sano.
Forse è meno evidente che quella tra salute
e ambiente non è una relazione né lineare
né esclusiva. Essa è così importante da
chiamare in causa altri fattori, da innervare
altre dimensioni della vita dell’uomo.
In Italia, per esempio, abbiamo avuto
(abbiamo tuttora) casi – come l’Ilva di
Taranto o la centrale a carbone della
Tirreno Power di Vado Ligure – che
chiamano in causa almeno tre altri attori
nel complesso rapporto tra ambiente e
salute: economia, (sicurezza sul) lavoro,
(fiducia nelle) istituzioni.
In passato – un passato che non è neppure
troppo lontano, tanto da avere vistose
code nel presente – l’economia è stata
messa in contrapposizione sia alla salute,
compresa la salute sul posto di lavoro,
sia all’ambiente. Ma, come nella sfida tra
Orazi e Curiazi, si è cercato di risolvere il
conflitto con duelli individuali. L’economia
contro la salute. L’economia contro
l’ambiente. Con le istituzioni chiamate a
fare da arbitri neutrali e, anche, alquanto
distratti. Vuoi un po’ di ricchezza? Metti
in conto di rinunciare a un po’ di salute.
Vuoi un po’ di ricchezza? Metti in conto di
sacrificare un po’ di ambiente.
Oggi sappiamo che si tratta di una sfida
truccata. Che la domanda di salute
e la domanda di qualità ambientale,
lungi dall’essere un freno, costituiscono
un fattore di sviluppo (sì di sviluppo
e non solo di crescita) dell’economia.
Perché innescano una spirale virtuosa:
per ottenere maggiore benessere
sanitario e maggiore qualità ambientale,
infatti, occorrono più innovazione e
più organizzazione e più integrazione
sociale. Non è un caso se i paesi
europei con le migliori performance
economiche – la Germania, i paesi
scandinavi – siano anche i paesi che
soddisfano meglio la domanda di qualità
sanitaria e ambientale. Hanno, per così
dire, fabbriche più pulite e (perciò) più
competitive.
Pur con molte contraddizioni, la partita
“win win” – la partita con soli vincitori
– nella relazione tra economia, salute e
ambiente si gioca anche sul campo di
molte delle economie emergenti.
Si gioca con successo in Corea del Sud,
per esempio, che è il paese la cui economia
è cresciuta di più al mondo dopo quella
cinese negli ultimi trent’anni. Ed è
giocata, in qualche modo, nella stessa
Cina. Malgrado gli enormi ritardi e
insufficienze, il paese del dragone
sta realizzando agili “salti di rana” – forse
troppo sottovalutati in occidente – non
solo nel campo della green economy e nel
campo della salute pubblica, ma anche nel
campo dei rapporti tra ambiente e salute.
Tutti questi paesi – dalla Germania alla
Corea del Sud – sono entrati in una spirale
virtuosa anche perché le istituzioni hanno
posto il tema della relazione tra salute e
ambiente in cima all’agenda politica. Ne
hanno fatto una priorità. Smettendo di
fare da arbitri neutrali e indifferenti, ma
iniziando a giocare. Fornendo il proprio
contributo attivo – il proprio contributo
dirigente – per realizzare un sistema
produttivo che fa leva sull’innovazione
associata alla domanda elevata di qualità
sanitaria e di qualità ambientale.
Un corollario non marginale di questa
politica è la creazione di agenzie tecniche
pubbliche e indipendenti, in grado sia di
assolvere, in un quadro non frammentato,
alla funzione di tutela della salute e
dell’ambiente, sia di godere della fiducia
di tutti i cittadini.
Trasformare, in questo modo, quella tra
salute e ambiente da relazione a rischio a
relazione ricca di opportunità non è forse
la bacchetta magica per risolvere la crisi del
nostro paese. Ma costituisce, probabilmente,
un buon programma di governo. Forse il
migliore che abbiamo a disposizione.
Pietro Greco
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... Tratto da Ecoscienza 2/2014
4 luglio 2014
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