La felicità è una ricchezza naturale
Platone
Gli impatti dei cambiamenti
climatici osservati dal panel di
esperti dell’Ipcc e presentati
nell’ultimo rapporto di valutazione
(AR5) dal "WgII Impatti, adattamento,
vulnerabilità ai cambiamenti climatici"
sono rilevanti in tutti i paesi e multi
settoriali. Emergono, tuttavia, differenze
di vulnerabilità ed esposizione causate in
molti casi da disuguaglianze prodotte da
diversi processi di sviluppo.
Gli impatti dovuti a eventi estremi mettono
a rischio molti sistemi naturali e antropici
e sono destinati ad aumentare negli scenari
futuri. Negli ultimi decenni gli impatti dei
cambiamenti climatici hanno già colpito
diversi settori, tra cui l’agricoltura, la salute
umana, gli ecosistemi terrestri e marini, le
forniture di acqua e i mezzi di sussistenza di
alcune popolazioni e gruppi sociali.
Mutamenti della temperatura e delle
piogge in alcune aree hanno modificato
la distribuzione di vettori di malattie
trasmesse attraverso l’acqua, con
ripercussioni dirette e indirette sulla salute
umana. Molte specie terrestri e marine
hanno subito delle modificazioni nella loro
distribuzione in risposta ai cambiamenti
climatici. Inoltre gli impatti negativi dei
cambiamenti climatici sui raccolti e sulla
produzione alimentare hanno effetti
maggiori rispetto agli impatti positivi.
Azioni di mitigazione e di adattamento
al cambiamento climatico iniziano a
comparire nei processi di pianificazione
territoriale, sia in paesi industrializzati sia
nei paesi in via di sviluppo, anche se in
maniera ancora limitata.
Anche i governi iniziano a mostrare
attenzione verso la risposta e
l’adattamento, sviluppando piani e
politiche di adattamento e integrando
considerazioni sui cambiamenti climatici
in più ampi piani di sviluppo.
Gli effetti del cambiamento
climatico, focus Europa
Il capitolo 23 del volume del WgII esamina
gli effetti dei cambiamenti climatici sul
continente europeo. Uno dei principali
messaggi che emerge è che i cambiamenti
climatici possono introdurre disparità
economiche in Europa favorendo regioni
meno colpite e aggravando quelle più
esposte, come quella mediterranea.
Le proiezioni climatiche per il futuro
indicano un aumento delle temperature
in tutte le regioni europee, un aumento
degli eventi estremi – come ondate di
calore, periodi di siccità e precipitazione
eccezionali –, un marcato aumento di
precipitazioni nel nord Europa e una
diminuzione significativa nell’Europa
meridionale. Ciò provocherà significativi
impatti diffusi in tutta la regione con effetti
molteplici. La probabilità di inondazioni
costiere e fluviali potrà aumentare a causa
dell’innalzamento del livello marino e
della frequenza degli eventi di intensa
precipitazione, mettendo a rischio vite
umane e infrastrutture. Eventi estremi
sempre più frequenti potranno causare
perdite di produzioni agricole e metteranno
a rischio la salute umana e il patrimonio
culturale, con la concreta probabilità che
siti di rilevanza storica e alcuni paesaggi
culturali potranno essere persi per sempre.
Il rischio di incendio sarà sempre più
frequente soprattutto nel Mediterraneo e
nelle foreste boreali della Russia.
Le disponibilità idriche diminuiranno
soprattutto nella regione Mediterranea, a
causa della riduzione delle precipitazioni,
dell’aumento dell’evaporazione e della
scarsa capacità di reintegro delle risorse
idriche in concomitanza con l’aumento
della domanda di acqua per irrigazione,
per uso domestico e industriale. Nella
regione Mediterranea l’irrigazione sarà il
fattore limitante della produzione agricola.
La produzione di cereali diminuirà nel
sud Europa, mentre potrebbe aumentare
nel nord Europa con nuove opportunità
economiche per il settore agricolo in
queste regioni. I cambiamenti climatici
potranno avere impatti significativi anche
sulla biodiversità e sulla distribuzione delle
specie terrestri e marine di animali e piante,
con spostamenti di habitat verso nord e a
quote più elevate, con rischio di estinzione
locale in presenza di barriere alla diffusione
di specie, soprattutto in ambiente alpino.
Effetti negativi dei cambiamenti climatici
si potranno manifestare anche sulla salute
umana, favorendo l’introduzione e la
diffusione in Europa di nuove malattie
attraverso vettori specifici.
Tali rischi sono già presenti con l’attuale
scenario climatico, e si amplificano
progressivamente nello scenario che
prevede un aumento della temperatura
di 2°C (rischio alto) e di 4°C (rischio molto
alto) rispetto ai livelli preindustriali. Il
rischio maggiore è però quello di una crisi
sistemica, che accade quando più settori
sono affetti in maniera concomitante da
stress diversi connessi ai cambiamenti
climatici.
Eventi estremi possono determinare
situazioni critiche che amplificano fragilità
strutturali e possono provocare crisi di
sistema con gravi conseguenze per gli
ecosistemi, la vita umana e le infrastrutture
economiche e sociali. Ad esempio ondate
di calore possono provocare incendi
improvvisi, decremento della qualità
dell’aria, aumento di malattie respiratorie,
difficoltà nelle vie di comunicazione,
affollamento negli ospedali al punto
da amplificare situazioni di disagio per
la vita, come nel caso dell’ondata di
calore in Russia che ha colpito la città
di Mosca nel 2010. L’area mediterranea
risulta essere la regione più a rischio
di crisi sistemica a causa dei molteplici
fattori di stress climatico che impattano
contemporaneamente su settori diversi:
turismo, agricoltura, attività forestali,
infrastrutture, energia, salute della
popolazione.
Le misure di adattamento possono
certamente ridurre i rischi connessi ai
cambiamenti climatici, ma queste azioni
devono essere ancora implementate in
molti paesi, tra cui l’Italia. Il ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio
e del mare (Mattm), in collaborazione
con Cmcc (Centro euro-mediterraneo
sui cambiamenti climatici), ha iniziato
nel 2012 l’elaborazione di una Strategia
nazionale di adattamento che sarà
presentata nel corso del 2014. Le
misure di adattamento a oggi delineate
riguardano diversi settori e prevedono
opere di difesa idraulica del territorio,
restauro di ecosistemi acquatici, lotta
all’erosione, sistemi di difesa per le colture
agrarie, inclusi interventi assicurativi,
prevenzione dagli incendi boschivi, piani
di allerta, sistemi di previsione e allarme
e rafforzamento della protezione civile,
strategie di pianificazione urbanistica e
territoriale, interventi sugli edifici pubblici
e miglioramento della qualità dell’aria
urbana.
Una strategia è dunque necessaria
specialmente in Europa, dove la capacità
di adattamento è più alta che in altre
regioni del pianeta, soprattutto rispetto
alle economie più povere. L’adattamento
ha infatti un costo che i paesi devono
essere pronti a sopportare: per il rischio
idrogeologico in Europa si stimano da 1,7
miliardi/anno nel 2020 a 7,9 miliardi/anno
nel 2080, mentre la protezione costiera
dall’impatto del clima della città di Venezia
potrebbe comportare una spesa di 1,7-2
miliardi di euro in 60 anni.
Azioni di adattamento sono certamente
molto utili e possono ridurre di gran lunga
i rischi connessi ai cambiamenti climatici,
anche se non completamente, soprattutto
negli scenari più pessimistici di aumento
delle temperature di 4°C. Esiste quindi un
limite all’adattamento che può però essere
risolto solo congiuntamente all’attuazione
di efficaci misure di mitigazione.
Riccardo Valentini,
Maria Vincenza Chiriacò
Università della Tuscia e Cmcc
... Tratto da Ecoscienza 2/2014
14 luglio 2014
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