Ora, tra tutti i beni, quello che ci rende più immediatamente felici è la serenità, perchè questa qualità gratifica simultaneamente se stessa,
A. Schopenhauer
La conferenza “Aria: quale
qualità?” (Bologna, 20-21
marzo 2014), attraverso 6
sessioni tematiche, una tavola rotonda,
discussioni e commenti, ha passato in
rassegna le tematiche chiave relative
alla gestione, valutazione, previsione
della qualità dell’aria. Alla conferenza
hanno partecipato oltre 300 operatori
delle agenzie, ricercatori da Cnr, Enea,
università, alcuni rappresentanti delle
istituzioni di governo, i principali
portatori di interesse quali le associazioni
ambientaliste, le amministrazioni locali,
la confindustria e i cittadini, la cui
partecipazione è stata favorita anche dal
live twitting durante l’evento
“Dalla scala Europea alla scala regionale e il
supporto delle Arpa alla redazione dei piani
di risanamento”: la sessione di apertura
ha fatto il punto sulle principali novità
in tema di politiche europee, nazionali
e regionali per la gestione della qualità
dell’aria con una focalizzazione particolare
sulla pianura padana, considerata
tra le 5 aree più critiche d’Europa. Il
rappresentante Ue (Marco Gasparinetti), ha
sottolineato che la Commissione europea
ha aperto procedure di infrazione
per PM10 verso 17 paesi con lo scopo
di incoraggiare i governi a essere
maggiormente attivi nell’assumere misure
di controllo dell’inquinamento.
Per far fronte a queste criticità diverse
regioni italiane hanno predisposto,
con il supporto tecnico delle Arpa, i
piani regionali di risanamento. Il 19
dicembre 2013, le 8 regioni e province
autonome del bacino padano e 5
ministeri hanno inoltre sottoscritto un
accordo di programma per individuare
azioni comuni per la riduzione
dell’inquinamento. I settori chiave di
intervento a scala sovra regionale sono
trasporti (veicoli pesanti diesel per
trasporto merci), grandi impianti, energia
e consumi energetici e agricoltura. Una
novità nelle modalità con cui viene oggi
condotta dalle Arpa l’istruttoria tecnica
per i piani di risanamento è l’utilizzo
di valutazioni quantitative attraverso
l’utilizzo di inventari delle emissioni,
modelli di trasporto e dispersione e di
nuovi sistemi di valutazione integrata, che
consentono l’analisi costi-benefici delle
azioni di risanamento. I dati sperimentali
forniscono poi elementi a conferma delle
valutazioni o per il miglioramento delle
stesse. La nuova politica comunitaria
individua strumenti di finanziamento
a sostegno del risanamento delle aree
più critiche. Sono inoltre in fase di
avvio operativo specifici servizi europei
per fornire supporto ai paesi membri,
attraverso la combinazione di tecniche
di monitoraggio da terra e dallo spazio
e modellistica operativa multiscala, che
hanno assorbito ingenti finanziamenti da
parte dell’unione (Gmes-Copernicus).
Nel corso del convegno è emerso come vi
sia una forte necessità che questi servizi
vengano resi disponibili al sistema delle
agenzie rafforzando così la loro capacità
di svolgere efficacemente i propri compiti
istituzionali. Molte delle responsabilità
in materia sono infatti attribuite alle
Agenzie, che perciò devono possedere il
pieno accesso e controllo dei necessari
strumenti tecnici, come ad esempio la
modellistica, esaminata nella sessione
2, dedicata alle “Valutazioni e previsioni
con modelli di trasporto e diffusione”,
che rappresentano ormai una pratica
consolidata in molte agenzie. Le varie
agenzie, pur mantenendo un approccio
simile, hanno sviluppato soluzioni
indipendenti con scelte tecniche e
strategiche diverse.
È emersa quindi la necessità di rendere
disponibili uno o più modelli/pacchetti
di modelli pubblici, condivisi, multiscala,
multiprocesso, approvati come modelli
regolatori di riferimento attraverso
procedure tecnicamente validate. Deve
inoltre essere garantito alle agenzie e agli
utenti l’accesso a dati di base pubblici
e omogenei per applicare i modelli a
scala regionale e locale (dati/previsioni
meteo, emissioni/scenari, condizioni
iniziali/contorno). Questi sviluppi
potrebbero oggi essere avviati cogliendo
l’opportunità offerta dall’avvio dei servizi
Copernicus e dal lancio dei programmi
Life+ e Horizon. Dal confronto tra
le diverse esperienze è inoltre emerso
come la disponibilità di più modelli sulla
stessa area può rafforzare la affidabilità
dei risultati attraverso un approccio di
ensemble-modelling come già avviene a
scala europea per la qualità dell’aria (si
veda al proposito il progetto Macc).
“Emissioni”: anche questo settore
ha raggiunto un notevole grado di
maturità. Necessaria la armonizzazione
dei diversi inventari a scala nazionale
(Ispra) e regionale (Arpa ed enti
locali), prevista anche dalla normativa.
Problemi da risolvere: la metodologia di
armonizzazione tra inventario nazionale
e locale, il calcolo dell’andamento storico
delle emissioni anche a scala locale, oltre
che nazionale, il rafforzamento dei legami
con la modellistica. Necessario anche
superare il dualismo tra metodologie
Emep/Eea e Ipcc, soprattutto alla luce
della adozione di politiche congiunte in
campo climatico e di qualità dell’aria.
“Reti di monitoraggio”: si assiste a una
generale razionalizzazione delle reti che
ha portato a una progressiva diminuzione
del numero di stazioni. Questo processo
si è svolto anche grazie alla integrazione
con altri metodi di valutazione, come
la modellistica, e alla introduzione di
criteri di zonizzazione del territorio. Si è
giunti inoltre a un sostanziale equilibrio
tra stazioni di fondo (urbano e rurale) e
stazioni da traffico, ottenendo dati più
rappresentativi delle zone e agglomerati
omogenei individuati dalla zonizzazione.
Attualmente sono 912 le stazioni/punti
di monitoraggio complessivamente gestiti
dalle Agenzie, che dedicano a questa
attività 218 operatori, il 16% dell’organico,
per un costo complessivo di 26.200.000
€/anno, pari a 0.50 €/anno per abitante.
Persiste un certo squilibro tra nord e sud e vi è una forte esigenza di
uniformità nella progettazione e gestione
delle reti. Ci sono poi importanti novità
per la raccolta e invio delle informazioni
al livello centrale in applicazione della
direttiva Inspire, che sta portando a
nuove piattaforme di comunicazione per
combinare dati di origine e natura diversa.
Un’altra novità con la quale le Arpa si
dovranno confrontare, precorrendone e
guidandone il più possibile l’evoluzione,
è la esplosione delle tecnologie di
condivisione di dati e la disponibilità di
sensori a basso costo che portano alla
nascita di reti di monitoraggio gestite dai
cittadini. In particolare la distribuzione
open data porterà alla crescita di servizi
derivati basati su dati pubblici, che si
affiancherà ai servizi già offerti dalle
agenzie produttrici dei dati primari,
mentre le reti gestite dai cittadini
potrebbero fornire utili informazioni a
integrazione dei dati ufficiali.
“Progetti ed esperienze di ricerca”: i
principali risultati
riguardano le relazioni tra qualità dell’aria
e salute, in particolare per gli inquinanti
più complessi come il particolato,
l’ozono e i composti dell’azoto (notare
che la gestione del ciclo dell’azoto è un
problema emergente in tutti i comparti
ambientali), lo studio delle relazioni tra
clima e inquinamento e la valutazione
integrata. Argomenti di ricerca per il
futuro sono: l’associazione effetti sulla
salute/componenti specifici del PM, le
valutazioni degli effetti sulla salute di
NO2, la separazione degli effetti short e
long-term di O3, lo studio degli effetti del
PM ultrafine e nano, e del Black carbon,
l’acquisizione di nuove conoscenze su
Soa e loro trattamento nei modelli e
una migliore comprensione del ciclo, le
valutazioni integrate di qualità dell’aria e
cambiamenti climatici, il miglioramento
degli inventari delle emissioni, sia in
termini spaziali che temporali. Molte delle
attività condotte dalle Agenzie vanno
già in questa direzione. Le esperienze
presentate come ad esempio il progetto
supersito di Arpa Emilia-Romagna, i
monitoraggi speciali presentati da Arpa
Lombardia, o la ripartizione per fonti del
particolato presentato da Appa Trento
e Arpa Friuli Venezia Giulia, mostrano
come parte di queste esperienze sono
mature per essere trasferite nelle attività
ordinarie nell’ambito del monitoraggio
dei piani di risanamento, per i quali è
necessario disporre di dati complessi.
Altre attività rientrano d’altro canto
ancora in un ambito puramente di ricerca
e devono essere oggetto di ulteriori
progetti sperimentali, che possono
trovare applicazione e interesse in
ambito sanitario-epidemiologico o di
ricerca finalizzata al miglioramento delle
conoscenze dei processi atmosferici.
Marco Deserti
Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da ecoscienza.it
21 luglio 2014
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