Le disgrazie che colpiscono i mortali fanno parte della condizione umana.
Eschilo, Persiani
L'Italia può essere un campione del benessere sostenibile, ma se vuole raggiungere pienamente questo obiettivo deve lavorare ancora per risolvere i propri problemi (economici, ambientali e sociali) e continuare a mantenere vivi i propri punti di forza. Il Paese ha un primato sostanziale nell'ambito della salute, del benessere e dello stile di vita, ma non può fermarsi ai vantaggi già acquisiti. È necessario, anzi, approfittare dell'importante momento di discontinuità offerto dalla crisi per disegnare un progetto che guidi lo sviluppo in questo campo nei decenni a venire.
La salute del resto – in Italia come in altri Paesi occidentali – ha compiuto negli ultimi decenni enormi passi avanti: in mezzo secolo si sono guadagnati tre mesi di aspettativa di vita ogni anno. Si tratta di una grande conquista che però deve portare a un traguardo ancora più ambizioso: l'aumento dell'aspettativa di vita in salute. In questo campo l'Italia può essere protagonista nel proporre uno stile di vita sano e sostenibile che sia un modello virtuoso per altri Paesi.
Per raggiungere tale visione non ci vuole solo coraggio e determinazione politica; sono necessari anche alcuni fattori abilitanti quali la crescita demografica, la riconversione industriale (nella direzione della green economy) e la cultura. Si tratta di aspetti fondamentali per rendere sostenibile nel lungo periodo, insieme al sistema del welfare (direttamente collegato alla sanità e al benessere), tutta l'economia del Paese.
Nel perseguire tali obiettivi, bisogna guardare alla salute non solo come a una voce di costo del bilancio pubblico o un settore di investimento finalizzato al miglioramento della qualità di vita dei cittadini. La salute deve essere soprattutto valorizzata come settore produttivo. Questo comparto, del resto, già vanta progressi importanti: basta guardare ai risultati ottenuti negli ultimi 20 anni dalla farmaceutica, capace di quadruplicare il proprio export fino a superare l'abbigliamento e diventare la quarta industria del Made in Italy per importanza in termini di esportazioni.
Certo, con la crisi che ha colpito duramente il Paese, è difficile parlare di Italia come campione del benessere senza considerare le pesanti ricadute economiche dei mutamenti avvenuti negli ultimi anni. Eppure, per valutare il benessere nel proprio complesso, è necessario guardare al futuro con un insieme di indicatori che vadano oltre la misura del PIL e facciano convivere obiettivi di breve e lungo periodo, priorità locali e globali, valorizzando quella crescita che rispetti valori sociali, economici e ambientali.
Orientare la ricchezza ottenuta nel generare benessere è, del resto, un obiettivo che accomuna tutti i Paesi dell'Occidente. L'Italia deve agire al più presto per valorizzare i propri primati, indirizzando la propria economia verso settori ad alto valore aggiunto che sappiano collegare benessere e produzioni di eccellenza. Il Made in Italy non manca di casi di successo e il semestre di presidenza dell'Unione europea, insieme al successivo appuntamento di Expo 2015, è un'occasione da non perdere per rinnovarsi e fare sistema. Mettere insieme le eccellenze culturali, scientifiche e produttive può servire, infatti, ad aumentare la competitività del Paese con ricadute positive sull'economia, ma anche sul benessere dei cittadini, dopo lunghi anni di crisi.
ASPEN INSTITUTE ITALIA
28 agosto 2014
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