L'ira è fra le passioni la più sconvolgente a vedersi: sfigura i visi più belli e rende torvi quelli più sereni.
Seneca, De ira
IERI, quando nel febbraio del 1999 Hugo Chàvez vinse le elezioni presidenziali in Venezuela un coro di consensi di vecchi e nuovi comunisti accolse la sua vittoria. La filosofia politica di Chàvez, denominata chavismo, fondeva infatti socialismo, marxismo, terzomondismo, lotta alla globalizzazione e all'imperialismo americano. Un aspetto che le varie sinistre trascurarono era che la ricchezza del paese si basava, quasi esclusivamente, sul petrolio e che per creare un'economia più stabile sarebbe stata necessaria una diversificazione; il paese avrebbe potuto chiedere l'associazione al NAFTA (North American Free Trade Agreement), organizzazione che ha consentito al Messico di uscire dal terzomondismo. Un'altra considerazione che avrebbero dovuto fare è che il comunismo porta sempre alla miseria.
OGGI, regna il caos in Venezuela dove ormai è sempre più difficile sperare in una ripresa. L’economia al collasso sta aprendo le porte a un default probabilmente inevitabile, conseguenza di uno scenario economico fortemente compromesso. L’inflazione ha ormai superato il 60% e il prezzo del petrolio, principale risorsa del Paese, è sceso a 45 dollari al barile, complicando ulteriormente la situazione. Il Presidente Maduro cerca di salvaguardare la sua credibilità scaricando la responsabilità su un presunto complotto della destra contro il suo governo, ma è chiaro a tutti che le cause e gli artefici sono numerosi e non riconducibili a una fazione politica. Gli economisti spiegano infatti come la recessione venezuelana sia iniziata ben prima del calo del prezzo del petrolio e derivi fondamentalmente dalle scelte del governo quali una moneta sopravvalutata, il controllo dei prezzi (che disincentiva i produttori, la concorrenza e la competitività) o le restrizioni di accesso al dollaro che hanno causato un forte calo delle importazioni. Il tutto si traduce in un disagio sociale esteso: lunghe file (oltre 1000 persone) per l’acquisto di beni calmierati di prima necessità sempre più difficili da reperire tra gli scaffali, farmacie senza medicinali, reparti e sale chirurgiche chiusi per mancanza dei farmaci necessari. Come dichiarato da un cardiochirurgo al New York Times, sono numerosi i colleghi di cliniche private costretti al contrabbando di farmaci essenziali dall’estero per poter curare i propri pazienti. Intanto il governo ha stretto accordi commerciali con Cina e Russia, nella speranza di scongiurare il collasso. Secondo gli osservatori, i viaggi diplomatici di Maduro sarebbero destinati a trovare interlocutori in grado di sostenere il prezzo del petrolio e investitori a supporto del settore energetico e industriale. Tra questi la Cina, principale investitore e secondo cliente per il petrolio del Venezuela, che ha recentemente stanziato un piano d’investimenti pari a 17 miliardi di euro e che dal 2007 ha aperto una linea di credito di 42 miliardi di dollari. Tali iniezioni di denaro a oggi non hanno mitigato la crisi ma pare quantomeno abbiano rimandato il default. Ma per quanto ancora?
EUGENIO CARUSO - 20-02-2015