E' opportuno ricordare che l'ira, al suo insorgere, è spesso legata a futili motivi.
Seneca, De ira
Che si tratti di aver messo la prima pietra di un futuro partito politico (meno probabile) o di aver lanciato la sua campagna per la segreteria della Cgil (più probabile), con l'idea della “coalizione sociale” di forze, movimenti e associazioni contro le politiche del governo Renzi, Maurizio Landini è ufficialmente sceso in campo. Una buona notizia per il premier (convinto che la competizione tra più forze che si contendono la rappresentanza del dissenso non può che avvantaggiarlo), un ostacolo per la minoranza Pd ma anche per Sel (che si sentono scavalcate e sanno che Landini andrebbe a pescare nella loro stessa base sociale), un enorme problema per Susanna Camusso che se già in passato non aveva mai visto di buon occhio, per usare un eufemismo, il protagonismo e l'attivismo del capo dei metalmeccanici della Fiom, oggi ha finalmente capito dove vuole arrivare.
È infatti dall'epoca dell'ultimo congresso della Cgil, quello che ha portato a maggio alla rielezione di Camusso, che i due si fanno la guerra, con Landini nei panni del rinnovatore-rottamatore e Camusso in quelli della conservatrice. Rappresentanza sindacale, codice etico, costi interni, stipendi, risorse, ma anche rinnovamento della classe dirigente del sindacato i temi su cui i due si sono scontrati e che hanno regalato visibilità sempre più ampia al primo e sottratto consensi alla seconda. La quale ha preso subito le distanze dall'iniziativa del suo principale avversario interno e smentito anche di esserne mai stata al corrente (anche se credere che non ne sapesse davvero nulla è abbastanza difficile visto che i due ne avevano parlato già a febbraio nel corso di una riunione). Eppure Landini ha detto di essersi mosso “dentro la strategia della Cgil”. In realtà la “coalizione sociale” pensata per riunire forze sociali, movimenti, associazioni anti-mafia e ambientaliste (alla riunione erano presenti Libera, Legambiente, Emergency, Arci), sembra andare molto oltre. Il capo delle tute blu lo ha detto chiaramente: il sindacato “deve essere un soggetto politico”, altrimenti “se non fa politica è aziendale”.
“Soggetto politico” che però, per Landini, non deve essere, almeno per ora, sinonimo anche di partito politico che, tra l'altro, potrebbe misurarsi elettoralmente solo nel 2018. Per questo il capo della Fiom pensa ad altro. Né Syriza né Podemos, bensì una forza d'opposizione che stia fuori dalla competizione politica (guai a tentare remake di esperienze fallimentari come Sinistra Arcobaleno e lista Ingroia anche se di fatto i soggetti interessati sono sempre gli stessi) e dentro la società, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze, in grado di intercettare e alimentare il clima di insoddisfazione e contestazione che coinvolge quella parte del Paese che non crede nelle promesse di Renzi e una ripresa dalla crisi in tempi brevi. Ma Landini ha anche detto di voler rimanere nel sindacato ed è questo che, in realtà, preoccupa maggiormente Susanna Camusso. Per lei, infatti, sarebbe molto meglio se il leader dei metalmeccanici portasse se stesso e la sua battaglia fuori Corso d'Italia. Mentre non è un mistero che Landini coltivi l'ambizione di contendere alla Camusso la guida del principale sindacato italiano quando nel 2018 sarà rinnovata la segreteria.
Qualsiasi cosa ne abbia detto il premier riferendosi al flop dei referendum indetti dalla Fiom a Melfi e Pomigliano contro gli straordinari di sabato e domenica, se farà ciò che ha promesso (referendum abrogativi, propositivi, leggi di iniziativa popolare per riconquistare diritti, contrattazione sociale sul territorio, manifestazioni di piazza come quella promossa a Roma il prossimo 28 marzo contro il governo Renzi), Landini ha buone possibilità di mettere definitivamente in ombra Susanna Camusso e di ritrovarsi con la strada spianata per sostituirla.
Potrà “salvare” il sindacato dal tentativo di cancellazione messo in atto dal premier (che però sulla rappresentanza sindacale sembra sostenere la battaglia di Landini nel voler dare potere di trattativa con le controparti a chi davvero rappresenta i lavoratori dentro le aziende e non a chi firma accordi a loro graditi) e cambiare completamente, rinnovandola, la Cgil. A meno che la sua ambizione non lo tradisca inducendolo a tentare avventure già perse in partenza, come quella di provare a entrare in Parlamento facendo un partito nuovo con soggetti vecchi, senza alcun appeal elettorale e in perenne competizione tra di loro. Praticamente un suicidio politico ma anche sindacale.
Eugenio Caruso
- 16-03-2015