2.14 L'organizzazione aziendale e i relativi sistemi di management
L'approccio "tradizionale", di tipo efficientistico sugli obiettivi, privilegia una gerarchia basata sul presidio delle specializzazioni interne con responsabilità del tipo: commerciale, della produzione, della logistica, amministrativa, del personale, della ricerca, eccetera. Il modello prevede il controllo diretto della funzione, con conseguente numero di livelli gerarchici, proporzionale alle dimensioni dell'impresa.
Il sistema di management è, generalmente, di matrice tayloristica e per obiettivi; esso prevede una gestione incentrata sulle funzioni e sul presidio, chiaro e definito, dei loro confini. Ad ogni responsabile o direttore viene affidato il compito di conseguire un particolare obiettivo: ad esempio, aumentare le vendite, ridurre le scorte, migliorare la qualità del prodotto, ridurre i tempi del recupero crediti, mantenere costante il costo del personale. Esso si focalizza, prevalentemente, sui costi e sulle efficienze, dando luogo alla cosiddetta gestione per "centri di costo".
L'approccio "integrato", dando la priorità ai meccanismi di generazione del valore, dà più importanza al presidio dei processi: l'implicazione di questo secondo modello è dover ridisegnare l'organizzazione aziendale.
Il sistema di management, volendo enfatizzare l'importanza del presidio del valore, è orientato alla logica della gestione per obiettivi in corresponsabilità interfunzionali (2) (nel caso delle strutture per funzioni), oppure alla logica della gestione per processi (Merli, 1999), oppure alla logica di gestione per partnership (Kotler,1999).
È degna di essere citata la ricerca di due studiosi americani, Tom Peters e Robert Waterman, che hanno seguito, per anni, la sorte di moltissime aziende. Al termine della loro ricerca essi hanno potuto verificare che l'eccellenza, sul lungo periodo, non risultava dalla lettura dei bilanci; essa era il risultato di modelli organizzativi in grado di privilegiare una filosofia gestionale comune che poteva, a grandi linee, estrinsecarsi in otto fattori.
- Orientamento all'azione.
- Orientamento al cliente.
- Autonomia e imprenditorialità diffuse.
- Produttività attraverso le persone.
- Cultura del fare e della creazione di valore.
- Focus su un core business.
- Organizzazione semplice e staff leggero.
- Sistematicità, associata a flessibilità.
2.14.1 La produzione snella
Le imprese hanno scoperto che l'organizzazione gerarchica, con molti livelli di coordinamento, ha un costo non più sopportabile nell'era dell'ipercompetizione. Concetti come lo span of control (cioè l'ampiezza del comando, per esempio, un capo può controllare al massimo 10 dipendenti), che sembravano fattori di gestione consolidati, sono entrati in crisi, e con essi un modo di organizzare le aziende.
La lean production (3) si è affermata nel mondo dell'impresa per una serie di ragioni:
- Da qualche parte nel mondo c'è qualcuno che usa meno responsabili per unità di prodotto. Le tecniche di benchmarking hanno permesso di scoprirlo, se ne è dovuto prendere atto e agire in conseguenza.
- Le aziende utilizzano personale più scolarizzato di quanto non facevano un tempo. Persone più competenti e mature sono in grado di autogestirsi, e, spesso, lo pretendono.
- I programmi di reengineering hanno insegnato a progettare esplicitamente, e con un approccio "partendo da zero", tutto quanto riguarda un processo gestionale, inclusi i livelli di supervisione. Poiché questi, normalmente, non aggiungono valore per il cliente, sono stati ridotti al minimo.
- L'esternalizzazione di alcune produzioni ha permesso di constatare che altri imprenditori sono in grado di gestire la produzione con minori livelli di controllo; ne sono state tratte le debite conclusioni e tali modelli di gestione sono stati applicati anche per il core business. Le stesse conclusioni sono apparse evidenti quando sono cambiati i proprietari di alcune aziende, con la trasformazione da proprietari burocratizzati e accentratori a imprenditori.
- Le situazioni di crisi hanno obbligato le aziende a tagliare i costi in tutte le aree e soprattutto i costi di struttura; con una certa sorpresa si è scoperto che talvolta l'impresa funziona meglio.
2.14.2 Il reengineering
Quando si parla di reengineering è opportuno sgombrare il campo da incomprensioni e valutazioni errate; per lavoratori e sindacalisti, reengineering è sinonimo di licenziamenti, di cassa integrazione guadagni o di prepensionamenti. Spesso, purtroppo, essi hanno ragione perché questa è la realtà con la quale si sono scontrati; ma, questa realtà, se, talvolta, è giustificata da modifiche strutturali di un particolare settore produttivo, spesso è la risultante di incapacità gestionali e/o imprenditoriali.
Reengineering è, invece, un processo di riorganizzazione delle attività di un'impresa, volto, sia al miglioramento delle prestazioni in ogni ambito delle sue funzioni, sia alla valorizzazione delle capacità intellettive del personale.
Imprenditori e manager sono spesso insoddisfatti del modo in cui sono gestite certe attività, come la programmazione della produzione, l'introduzione di nuovi prodotti, i rapporti con i fornitori, i rapporti interaziendali; i costi possono essere troppo alti, i tempi di risposta elevati, la qualità insufficiente, le relazioni burocratizzate.
La risposta a questi problemi è sempre stata un programma di riduzione dei costi, di accelerazione dei tempi e di miglioramento della qualità: a un problema puntuale, una risposta puntuale.
Da alcuni anni ci si è reso conto che le risposte puntuali non innovano a sufficienza, a volte, creano nuovi problemi e non prevengono il riformarsi di incrostazioni. Pretendere che le persone lavorino di più e meglio in processi spezzettati e spesso arcaici è inutile; la risposta giusta è invece ripensare l'azienda per processi orizzontali e riprogettare i processi ponendosi precisi indici di performance.
Le persone lavorano di più e meglio se vedono il risultato finale di quello che fanno e se gli strumenti e i processi utilizzati sono aggiornati e razionali.
Tradizionalmente le aziende sono state organizzate per compiti: il lavoro di un impiegato inizia dai fogli di carta che arrivano sulla sua scrivania e finisce con quelli che passa ad altri impiegati, ma questo modo di concepire i compiti frammenta le responsabilità, allunga i tempi, non utilizza l'intelligenza disponibile e genera burocrazia.
Ci si può, invece, organizzare per processi, mettendo insieme tutte le persone che influenzano un risultato: il caso tipico è il ciclo: ordine - consegna - incasso. Le aziende che hanno riprogettato i propri processi hanno ottenuto miglioramenti durevoli di costo, performance e qualità.
Riprogettare i processi non è semplice perché l'impresa si scontra con una mentalità gerarchica, poiché, inevitabilmente, sposta o elimina i confini fra una funzione e l'altra, fa lavorare le persone in gruppi di lavoro, invece che all'interno delle tradizionali funzioni aziendali, sposta il potere decisionale ai livelli più bassi dell'organizzazione, abolisce la necessità di coordinamento; è quindi una rivoluzione aziendale che, come tale, viene osteggiata da chi ha potere.
2.14.3 L'empowerment
Come s'è già detto, le aziende stanno riscoprendo il valore delle persone, e, in particolare, il fatto che persone istruite, motivate e informate sanno prendere bene molte più decisioni di quanto non si pensi; naturalmente, così facendo viene messo in crisi il ruolo decisionale, di coordinamento e di controllo di tutti i livelli gerarchici superiori.
La delega delle decisioni il più vicino possibile all'operatività è chiamato "empowerment".
2.14.4 Il Benchmarking
Nel paragrafo 2.13.1 è stata fatta questa affermazione: da qualche parte c'è qualche impresa che fa meglio qualcosa e le tecniche di benchmarking ci possono aiutare a scoprirlo.
La ricerca di confronti con il mondo esterno può rivelarsi uno strumento molto importante, perché permette di comprendere quanto si dista dai concorrenti o dagli specialisti di una determinata funzione, ed, eventualmente, di condurre le azioni correttive atte al miglioramento del proprio vantaggio competitivo.
Aziende che hanno effettuato programmi di benchmarking riportano miglioramenti di redditività e, in un certo senso, anticipano il giudizio del mercato, perché comprendono, tempestivamente, e, analiticamente, dove sono migliori o peggiori dei concorrenti.
2.14.5 Disintegrazione verticale delle aziende
Prima dell'11 settembre 2001 le imprese avevano l'illusione che i problemi di gestione potevano essere affrontati con tranquillità e ches si sarebbero prentate nuove opportunità di business. Dopo l'11 settembre 2001 il sistema economico e imprenditoriale di tutto il pianeta ha dovuto riconoscere di essere vulnerabile. Con il 2003 l'economia mondiale ha avuto un risveglio, ma ha mostrato di non essere ancora del tutto impenetrabile agli imprevisti, quando, nel 2007. l'alto prezzo raggiunto dal petrolio e le crisi bancarie dovute al fenomeno dei mutui subprime ha dato un'altra scossa al sistema economico mondoale. Oggi, la crescita è rallentata, i consumi ristagnano e, in molti settori, c'è addirittura recessione Alcune aziende avevano anticipato una probabile crescita facendo investimenti e assumendo personale in eccesso rispetto al bisogno e ora si trovano con problemi di indebitamento e di redditività. Eppure, la legge d'oro dell'economia afferma che le imprese eccellenti approfittano dei periodi di crisi per investire nell'innovazione o per ristrutturarsi.
Un modo intelligente per superare un periodo negativo è, infatti, cogliere l'occasione per ristrutturare l'impresa; ad esempio si può pensare all'azienda come ad un insieme di centri di business e non come un insieme di funzioni e centri di costo. Il reparto produttivo, la rete commerciale, la funzione amministrativa, il sistema logistico, possono essere pensati tutti come centri di business; infatti esistono operatori che si concentrano unicamente su tali attività e che forniscono prodotti o servizi per terzi, con profitto.
L'azienda può essere ripensata come un aggregato di centri di business che si possono esternalizzare. Idealmente, l'imprenditore può costruire la propria impresa facendo fare il progetto dei prodotti ad una società di ingegneria, facendo produrre presso terzi, facendo accordi con specialisti per la vendita e l'assistenza. Ma anche la contabilità, la gestione di paghe e stipendi, il sistema informativo, la gestione degli uffici e del parco macchine possono essere forniti come servizi da parte di specialisti.
In alcuni casi l'imprenditore può addirittura vendere parti della propria azienda agli specialisti ottenendo in cambio, sia liquidità, che può investire per acquisire un concorrente o semplicemente per crearsi una riserva che gli consenta di superare la crisi senza dover aumentare l'indebitamento, sia un servizio migliore a minor costo.
L'impresa non è più, necessariamente, un aggregato di centri di costo che devono stare sotto lo stesso tetto; può essere una partnership di imprenditori diversi, che hanno in comune lo scopo di creare valore. Questo modo di concepire l'impresa è sempre esistito nella piccola e media impresa, che non avendo capitali o competenze sufficienti per fare tutto ha impostato il proprio modo di essere all'insegna della terziarizzazione.
Oggi il concetto si estende, per necessità, anche alla grande impresa, facilitato dal fatto che con l'informatica e le telecomunicazioni è diventato possibile fornire servizi alle imprese senza necessariamente stare sotto lo stesso tetto; anzi è molto più efficiente farlo da lontano, in quanto, così, si possono sfruttare sinergie fra business differenti.
La terziarizzazione dell'impresa offre anche l'opportunità di creare nuovi imprenditori; quello che prima era un reparto o una funzione aziendale può essere venduto ad uno specialista, che diventa imprenditore in quel particolare settore. Non è difficile creare una nuova impresa utilizzando parti di un'impresa esistente; bisogna volerlo e saperlo fare.
2.14.6 Evitare la trappola della complessità
Le imprese crescono, normalmente, per piccoli passi secondo uno sviluppo, detto incrementale; un impianto viene aggiunto a quelli esistenti, si lancia una nuova versione di un prodotto, si apre un nuovo mercato. Ogni decisione sembra appropriata, nel momento in cui la si prende; ogni euro di fatturato in più contribuisce a migliorare il margine lordo e, se anche fa aumentare i costi fissi, il bilancio complessivo sembra positivo.
Un altro modello di sviluppo, che potrebbe essere utile, ma che nasconde, però, grandi pericoli, è quello di sfruttare le marginalità. Si può vendere con sconti a clienti che non possono pagare il prezzo pieno, si può saturare la capacità produttiva con prodotti che non pagano gli ammortamenti, ma dànno un contributo ai costi fissi, si può utilizzare il personale eccedente per produzioni di minor pregio.
Di queste decisioni si vede l'effetto positivo immediato, ma si trascura spesso l'effetto indiretto successivo, che può essere negativo: i clienti "normali" pretendono lo stesso prezzo degli altri e si perde sulla politica del prezzo di equilibrio, alcuni impianti diventano dei colli di bottiglia e bisogna, quindi, investire per ampliarne la capacità produttiva, a scapito, probabilmente, degli oneri finanziari, il personale, impiegato in attività marginali, che esce per limiti di età, deve essere sostituito per poter far fronte agli impegni, perdendo l'occasione di tagliare i costi del personale.
Sia le decisioni di tipo incrementale, che quelle di tipo marginale portano ad avere molti prodotti, molti impianti, molti magazzini, molti clienti, tutti con forti interazioni e, quindi, ad una gestione con un maggior grado di complessità. D'altra parte, può essere arduo ripercorrere a ritroso la strada percorsa, perché l'eliminazione di qualche elemento comporta una perdita di margine, e non permette, contestualmente, di ridurre il costo complessivo del sistema. In breve, quando un'impresa ha imboccato la strada della crescita, potrebbe trovarsi a dover gestire una maggiore complessità, compito per il quale l'impresa potrebbe non essere preparata, inoltre la situazione nella quale, conseguentemente, viene a trovarsi l'impresa potrebbe non consentire un arretramento, se mai un ulteriore potenziamento.
È necessario un approccio di tipo discontinuo per scoprire come aumentare i profitti riducendo, al contempo, la complessità. Un modo pratico per analizzare un'azienda è di ripensare da zero come la si costruirebbe se si avessero tutti i gradi di libertà: quali impianti tenere aperti e quali chiudere, quali prodotti eliminare, quali clienti abbandonare. Successivamente si può immaginare come potrebbe essere la struttura necessaria per gestire solo la parte ritenuta utile del sistema aziendale e calcolare quali costi, ricavi e circolante si otterrebbero nella nuova configurazione; normalmente si constata che il profitto potrebbe essere molto più alto.