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Gli indicatori da tenere sotto controllo per evitare il declino dell'impresa Parte I

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6. Gli indicatori da tenere sotto controllo per evitare il declino dell'impresa
Sempre più spesso mi accorgo che risanare un’impresa diventa difficile a causa dei ritardi con cui ci si rende conto della crisi aziendale. Lo stesso imprenditore, se non si riesce a metterlo davanti a indicatori concreti che evidenzino la gravità della situazione, spera sempre di posticipare soluzioni drastiche e si autogiustifica incolpando la crisi mondiale o la globalizzazione che si ripercuoterebbero anche sulla sua di impresa.
Eppure da quanto detto finora, l’imprenditore dovrebbe avere nel proprio DNA la capacità di percepire i segnali di una possibile crisi e porvi rimedio.
Nella letteratura scientifica vengono abitualmente indicati “otto fattori di vitalità di tipo qualitativo” che l’imprenditore dovrebbe tenere sotto controllo al fine di poter effettuare una valutazione di massima sull’incombenza di una crisi. Esistono poi gli indicatori di bilancio che dall’analisi delle serie storiche dànno informazioni precise sui possibili andamenti futuri nel caso non si adottino opportuni comportamenti. Parto con gli indicatori qualitativi.
6.1 La soddisfazione dei collaboratori
Tutti oggi parlano dell’importanza delle risorse umane come capitale fondamentale dell’impresa e quindi dell’impegno che l’azienda deve rivolgere ai collaboratori per motivarli, coinvolgerli, inculcare in loro il principio d’identificazione, mantenere elevato il loro livello di conoscenze, applicare l’empowerment(62).
Di converso le imprese trovano difficoltà a mettere in pratica questi concetti che sono sulla bocca di tutti; ricorrono frequentemente alle riorganizzazioni, con il risultato, spesso, di far irrigidire e imbozzolare il collaboratore su sé stesso per la paura del nuovo. In questo ambito la discriminante competitiva tra le aziende non sta tanto nella consapevolezza dell’importanza della massima valorizzazione delle risorse umane, quanto nella capacità di realizzare nel concreto questa valorizzazione.
Gli studi di un gran numero di sociologi dànno indicazioni importanti per superare queste difficoltà e indicano che le persone tendono sempre più a esprimere sul lavoro bisogni legati alla propria autorealizzazione e all’aumento della propria autostima; pertanto non si recano più al lavoro per soddisfare solo i propri bisogni di base, bensì per trovare, anche, un appagamento ai propri bisogni di realizzazione sociale. Ma come comportarsi per essere sintonizzati con queste aspirazioni provenienti dal mondo del lavoro?
Il monitoraggio del livello di soddisfazione dei collaboratori prevede innanzitutto un’analisi dei bisogni e dei valori personali del collaboratore; successivamente si procederà sia a verificarne la soddisfazione in termini di percezioni sulla possibilità di crescita personale e professionale e sul suo coinvolgimento nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, sia a capire come il collaboratore vede l’ambiente di lavoro e il rapporto con gli altri.
L’analisi della soddisfazione dei collaboratori è quindi un compito gravoso, ma fondamentale per l’impresa che voglia sia realizzare il modello della massima valorizzazione del capitale umano, sia tenere sotto controllo uno degli indicatori di un potenziale stato di declino.
6.2 L’energia
A molti sarà capitato di entrare in un’impresa e osservare la quantità di energia presente tra i dipendenti. Supponiamo di avere un appuntamento con l’imprenditore di un’impresa energeticamente ricca; l’impatto con l’azienda inizia dall’ingresso dove si viene accolti con cordialità, il tempo di attesa della persona con la quale si ha l’appuntamento è breve, si viene accompagnati attraverso un open space dove tutto appare tonico, i telefoni squillano, le persone si muovono con dinamismo, senza per questo apparire frenetiche o angosciate, l’ambiente dà la sensazione di rapporti informali e amichevoli. Si raggiunge l’imprenditore, che accoglie i visitatori con l’atteggiamento fortemente orientato a stabilire un rapporto. Durante la riunione viene disturbato pochissimo dalla sua segretaria, che appare a suo agio nel “gestire” il tempo del suo capo.

62) Empowerment è l’affidamento di autonomia e responsabilità ai collaboratori.

Di converso sarà capitato anche il caso opposto: l’incontro con l’imprenditore di un’impresa priva di energia come una batteria scarica. All’ingresso il visitatore viene accolto, dalla persona preposta a questo incarico, come elemento di disturbo rispetto ad altre attività ritenute più importanti (magari la soluzione di un cruciverba). La persona con cui si ha l’appuntamento non si riesce a trovare, non è in ufficio, forse è in qualche reparto, non ha lasciato alcuna informazione alla segretaria, né tantomeno la stessa risulta informata dell’agenda del capo.
Il visitatore trascorre un quarto d’ora curiosando sulla bacheca sindacale, che rivela sia segnali di contrasti tra maestranze e imprenditore sia uno stato di preoccupazione da parte dei dipendenti.
Finalmente si viene accompagnati attraverso un open space dove tutto appare vecchio, i dipendenti hanno gli sguardi svogliati di chi compie attività routinarie e monotone, la gente si muove con aria strascicata, si nota qualche gruppetto di persone che chiacchierano. L’imprenditore che ci riceve, pur mostrando interesse e cordialità, afferma di avere poco tempo e di essere sommerso dagli impegni; infatti ogni cinque minuti il colloquio è interrotto dalla segretaria, dal telefono, dal cellulare o addirittura dallo spedizioniere di un fornitore che vuol sapere dal signor ingegnere dove deve scaricare il materiale.
Da questi due esempi che io stesso ho sperimentato, si può dedurre una definizione di energia in azienda. Essa è l’elemento dal quale scaturisce la capacità d’azione dell’impresa e trae origine dalle motivazioni, dall’impegno, dalla passione, dalla sicurezza, dall’autostima.
Deve crearsi nell’individuo un circolo virtuoso nel quale lo sforzo compiuto per ottenere il massimo dalle proprie prestazioni – sforzo compiuto per essere coerente con ciò in cui crede e per soddisfare le proprie aspirazioni – e i riconoscimenti da parte dell’imprenditore e dei colleghi alimentano l’autostima, producendo quindi l’energia necessaria per un ulteriore miglioramento delle prestazioni.
Non sempre, però, l’eccesso di energia è un fattore positivo; l’iperattivismo dell’imprenditore del secondo caso era frutto o di uno stato d’ansia per le sorti dell’impresa, oppure di una incapacità nella gestione del proprio tempo, o ancora di un inconscio desiderio di non fermare il pensiero sulla realtà aziendale e sugli errori commessi.
Per avere una visione sintetica di come il parametro energia influenzi i destini di un’impresa facciamo riferimento alla matrice a quattro celle della figura seguente; sull’asse delle ordinate è riportata la quantità di energia sprigionata dalle persone, sull’asse delle ascisse è riportata la qualità di questa energia (per semplicità parliamo di energia negativa e positiva).

Matrice a 4 celle basata sulla quantità e qualità di energia espressa da un collaboratore.

........ Qualità dell’energia

Q.Energia ALTA
3
4
Q.Energia BASSA
1
2
.........Negativa .............. Positiva

Gli individui collocabili nella cella 1 sprigionano poca energia e questa ha un valore negativo. Essi si sentono vittime delle circostanze, attendono con ansia la fine della giornata, lavorano solo per lo stipendio e il livello di assenteismo è elevato. La loro espressione tipica è “sì… ma…”.
Personalmente ho introdotto per questo tipo di dipendenti la definizione la palude: criticano le iniziative aziendali e sindacali; hanno sempre un atteggiamento negativo nei riguardi di ogni novità; affermano che i capi hanno raggiunto la loro posizione non per merito, ma per raccomandazione; sono il punto di raccolta dei pettegolezzi aziendali ed extra-aziendali; sono sempre informati sulle fake news più assurde che stanno capitando all’azienda.

Nella cella 2 troviamo le persone a energia positiva, ma bassa. La loro espressione tipica è “sì… sì…”; si lasciano trasportare senza opporre la minima resistenza o critica, per non creare problemi e per non averne; vivono all’ombra del capo. La loro preoccupazione è eseguire i compiti affidati senza compiere errori. La loro bassa energia, pur essendo positiva, non è sufficiente per farli diventare propositivi. Forse sarebbero stati degli ottimi collaboratori, se avessero avuto degli ottimi capi.

Nella cella 3 si collocano le persone ad elevata energia, ma negativa. La loro espressione tipica è “no! Neanche a pensarci”. Sono i pessimisti cronici che hanno, disgraziatamente, l’energia per convincere gli altri a non compiere qualche cosa. Un esempio di individui a energia elevata ma negativa si ritrova quando la persona trasmette obiettivamente una grande energia, ma questa non è coerente con la mission aziendale, si indirizza, in modo disordinato, ora in una direzione ora in un’altra, crea confusione e sconcerto nei collaboratori, è fortemente ansiogena e nasce essa stessa, probabilmente, da un forte stato d’ansia.

La cella 4, elevata energia positiva, comprende i motori dell’azienda, generalmente coloro che sono leader o che lo diventeranno.

La quantità di energia positiva che le persone sprigionano all’interno dell’azienda fa la differenza tra l’impresa eccellente e l’impresa che potrebbe andare incontro al declino.
Abbiamo già osservato che, quando l’impresa si trova nelle fasi nascente e di sviluppo, la partecipazione delle persone e le motivazioni sono alte. C’è il gusto della sfida e l’energia è tangibile in ogni azione della maggior parte del personale. Man mano che l’impresa tende a istituzionalizzarsi, il sacro fuoco dei primi tempi si affievolisce e iniziano a manifestarsi atteggiamenti collocabili nelle celle 1 e 2 della matrice di figura. È a questo punto che la leadership deve rilanciare l’impresa facendo partire una nuova curva di sviluppo puntando su tre elementi:
- Rienergizzare, cioè trasmettere energia, entusiasmo e grinta nuovi.
- Ricreare un futuro, cioè elaborare, comunicare e far condividere una nuova vision.
- Ridare fiducia alle persone in modo che possano esprimere ancora il massimo del loro potenziale.

Eugenio Caruso - 29 febbraio 2020

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Tratto da

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www.impresaoggi.com