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10. L'arte della Comunicazione d'impresa. Merchandising e punti di vendita


Meglio dimostrare la propria intelligenza con quello che si tace, piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è saggezza, la seconda è vanità.
Schopenhauer


Il merchandising può essere definito come l'insieme delle tecniche, a differenti livelli, orientate a vendere, alle condizioni migliori, i prodotti nei più appropriati punti di vendita e cioè a meglio comunicare l'attrattiva dei prodotti agli occhi del consumatore. I negozi che hanno gettato i primi semi del visual merchandising sono stati i supermercati, ora queste tecniche sono adottate anche nei piccoli negozi e sono state recepite anche dalle farmacie, che appaiono, oggi, come piccoli supermercati. Merchandising e punti di vendita sono elementi di marketing la cui comunicazione è quotidianamente osservata e posta in discussione; essi sono infatti le arene nelle quali si confrontano nella concreto offerta e domanda. Le dieci regole per la riuscita del visual merchandising sono.
1. Il modello arena. La presentazione delle merci parte dal un centro virtuale per salire gradatamente lungo le pareti dell'area di vendita, opportunamente attrezzate.
2. Soffitti alti dànno un senso di potenza all'offerta.
3. Altezza. Distribuire in altezza i prodotti su almeno tre segmentazioni per rompere la monotonia degli schemi.
4. Allestimenti. Devono partire dall'alto verso il basso puntando su un tema, in modo da concentrare l'effetto emotivo.
5. Simmetrie. Un punto di forza sono la simmetria cromatica e morfologica, che con la scelta dei materiali devono trasmettere chiarezza e serenità.
6. Colori. Recenti ricerche dimostrano che i colori sono percepiti dall'occhio umano come forme e volumi.
7. Tema. Specialmente per i negozi più piccoli, nell'allestimento deve essere realizzato un solo tema per volta e, possibilmente, uno per ogni parete.
8. Sguardo. Nella lettura della merce lo sguardo si muove da sinistra a destra.
9. Percorso. Generalmente, siamo "mano destra", da cui l'importanza della comunicazione e dell'esposizione a destra.
10. Contiguità. L'allestimento deve tenere conto delle categorie che precedono e che seguono.
Oltre all'allestimento interno un aspetto fondamentale del successo di un punto vendita è la sua localizzazione. Non merita approfondimenti la constatazione che un piccolo negozio dovrà localizzarsi nel centro della città e il centro commerciale alla periferia, vicino a veloci strade di accesso. Dall'individuazione della sua sede fisica dipende gran parte del successo di un punto vendita. All'autore era stata chiesta, da un argentiere di una media città, una consulenza per migliorare il fatturato di vendita; la strategia commerciale prevedeva di far concorrenza, con l'offerta di prodotti di minor costo, ad un esercizio localizzato nel centro storico e abbastanza raffinato. Il negozio era situato in un ambiente molto valido e sofisticato dal punto di vista architettonico, ma completamente decentrato rispetto al percorso di shopping abituale dei cittadini , con un ingresso in salita e privo di marciapiede. Per di più, esso non aveva nelle vicinanze una farmacia, un tabaccaio, un negozio alimentare, la fermata di un autobus tutte condizioni che consentono di incanalare un flusso di potenziali clienti. La mia diagnosi è stata "cercatevi immediatamente una nuova collocazione". La strategia del commerciante prevedeva di attirare una clientela non molto sofisticata, ma la localizzazione del negozio richiedeva al potenziale cliente uno sforzo per superare tutta una serie di barriere psicologiche: entrare in un grazioso cortiletto, fare una sia pur breve rampa di scale, affrontare l'incognita del negozio chiuso. Il consiglio non venne accettato con conseguenze catastrofiche per il commerciante.
Anche il pavimento, l'illuminazione, l'ambientazione aerea hanno un ruolo cruciale nel successo del punto vendita.

• Il pavimento è costantemente sotto gli occhi del cliente ed è un elemento di forza nel costruire l'immagine del punto di vendita. Esso deve avere elementi di sinergia con l'illuminazione naturale e artificiale. Ad esempio un pavimento chiaro e non lucido permette una buona rifrazione e un assorbimento progressivo di un'illuminazione troppo invadente.
• L'illuminazione. Una luce sbagliata annulla le valenze merceologiche positive di un prodotto. Ogni articolo dovrebbe godere di un proprio sistema di illuminazione che ne metta in risalto le caratteristiche; le merci calde avrebbero bisogno di una luce calda, viceversa le merci fredde. Illuminazione e pavimento sono due componenti fondamentali per mettere il cliente a proprio agio e infondergli un senso di rilassatezza.
• L'ambientazione aerea. Capita spesso che sollevando lo sguardo verso l'alto si abbia la sensazione di qualcosa di completamente diverso da quello che stiamo osservando; l'ambientazione aerea deve invece integrasi con il resto del punto vendita.

È opportuno considerare che il marketing sta sviluppando tecniche innovative per la grande distribuzione, dove i bisogni dei clienti si presentano in modo multiforme, con valenze di natura psicologica, sociale e culturale molto variegate. La società Ikea, per prima, ha voluto identificare il punto vendita come un luogo di ritrovo e di soddisfazione del desiderio di "vivere meglio". Sull'esempio della società svedese tutta la grande distribuzione sta considerando le proprie aree di vendita come grandi laboratori, dove sperimentare, sia modelli e approcci di comunicazione innovativi, sia spazi nei quali i clienti possano aggirarsi, non solo per fare acquisti, ma anche per soddisfare bisogni sempre più immateriali. Ciò allo scopo di caricare di forti significati emotivi l'atto dell'acquisto e fidelizzare il cliente.

Nel 1883, quando il grande scrittore francese Emile Zola pubblicò Il paradiso delle signore, nascevano i primi grandi magazzini che iniziarono ad affermarsi con la vendita di prodotti per le donne come stoffe, ombrellini, guanti, pellicce, scialli, vestiti, biancheria intima. Nel romanzo, Zola, prevede, con la consueta perspicacia psicologica, il successo del grande magazzino e la scomparsa del piccolo negoziante. È interessante rileggere alcuni brani del romanzo per capire come un artista, spesso, sia in grado di anticipare il futuro. Una giovane commessa di provincia si trova per la prima volta, a Parigi, davanti ad un grande magazzino e osserva. «… Non erano più le vetrine fredde della mattina; ora sembravano riscaldate e rese vibranti dalla trepidazione interna. C'era gente a guardarle; alcune donne stavano ferme a ridosso dei cristalli; era una folla sospinta dal desiderio. Le stoffe parevano prendere vita da questa passione che partiva dai marciapiedi. Ma il fervore che riscaldava il magazzino, come fosse un'officina, proveniva soprattutto dalla vendita, dal pigia pigia lungo i banconi, che si percepiva attraverso i muri. C'era il rombo della macchina in moto, che portava dentro i clienti, li ammassava nei vari reparti, li stordiva con mille mercanzie, per poi gettarli alle casse. Tutto questo regolato e organizzato con la precisione di un meccanismo: una folla di donne spinta dalla forza e dalla logica di un ingranaggio». Un commerciante, zio della commessa succitata, che sta a poco a poco perdendo la sua clientela, esplode in un'arringa biliosa contro il grande magazzino sorto di fronte al suo negozio e contro Mouret il proprietario. «… Ma guardiamo bene la cosa, tu che sei del mestiere, dimmi se ha senso che un magazzino si metta a vendere ogni genere di merce. Ecco quello di cui si lamenta il quartiere; i piccoli commercianti incominciano a risentirne terribilmente. Questo Mouret li manda in rovina. Guarda i Bedoré, cappellai in rue Gaillon, hanno già perso metà della clientela. Nel negozio di biancheria Tatin, in galleria Choiseul, lottano con Mouret a chi vende a più buon mercato. L'effetto di questo flagello, di questa peste, si fa sentire fino in rue Neuve des Petits Champs, ove i fratelli Vanpouille, pellicciai, non riescono a reggere il colpo. Non è mostruoso? Ha osato aprire anche un reparto solo per i guanti. Ieri ho visto Quinette, sulla soglia del suo negozio di guanti, con un'aria così triste che non ho osato chiedergli come andassero gli affari. E gli ombrelli? Questo è il colmo. Bourras è convinto che Mouret voglia solo la sua rovina». Mouret cerca di convincere il proprio socio del vantaggio di mettere in vendita una stoffa, Parigi-Paradiso ad un prezzo inferiore al costo. «… Perderemo qualche centesimo su questo articolo, lo vedo bene. E poi? Alla buon'ora, se noi attiriamo le donne e le teniamo alla nostra mercé, sedotte, strette nella folla davanti allo straboccare delle nostre mercanzie, vuoteranno il loro portafoglio senza fare più conti! Tutto, caro mio, sta nell'abbacinarle, e per far ciò occorre un articolo che le lusinghi, che faccia epoca. Dopodiché, voi potete vendere gli altri articoli allo stesso prezzo degli altri negozianti, ma loro crederanno di pagarlo a più buon mercato. Per esempio, la nostra Pelle d'oro, quel taffettà a sette franchi e cinquanta, che si vende dappertutto allo stesso prezzo, sembrerà esso stesso un'occasione straordinaria, e basterà a compensare la perdita della Parigi-Paradiso. … Sentirete il furioso lamento dei nostri concorrenti. Il piccolo commercio ci lascerà ancora le penne. Che vadano alla malora, tutti questi commerciantucoli che crepano di reumatismi, nelle loro cantine! ». Mouret e le donne. «… Mouret aveva la singolare passione di assoggettare la donna: la voleva regina, ma nel suo magazzino. Così, volendo evitare alle signore la fatica delle scale, aveva fatto installare due ascensori, di velluto imbottito. Poi aveva pensato di aprire un buffet, dove si servissero gratuitamente sciroppi e biscotti, una sala di lettura, una galleria nella quale arrischiava perfino un'esposizione di quadri. Ma la sua idea più acuta era quella di conquistare la madre con il figlio; non perdeva nessuna leva, speculava su tutti i sentimenti, creava reparti per bambini e giovanette e fermava le mamme al varco, offrendo ai piccoli figurine e palloncini. Un'idea geniale quel premio dei palloncini rossi che portavano scritto a grosse lettere il nome del magazzino». Dopo il turbinoso avvio dei primi anni, risolti i problemi finanziari e sconfitti definitivamente i piccoli negozianti, al Paradiso delle signore si incomincia a capire che trattare gli impiegati come carne da macello da licenziare alla minima riduzione del fatturato o ai primi sintomi di decadenza fisica non conviene. Inoltre quella vita da cane bastonato rendeva cattive anche le persone ben disposte, con effetti deleteri sull'efficienza complessiva. «…La sorte dei commessi migliorò a poco a poco; si sostituì al licenziamento in massa, un periodo di ferie nei periodi di stagione morta, si arrivò a creare una cassa di mutuo soccorso, che metteva gli impiegati al riparo dai periodi di inattività forzata e assicurava una pensione. … In seguito, per occupare gli intervalli di riposo, si installò una sala da gioco per i commessi, con due biliardi, tavoli di trictrac e scacchi. Ci furono dei corsi serali, nello stesso edificio, corsi di inglese e di tedesco, di grammatica, di geografia; si arrivò perfino a dare lezioni di equitazione e di scherma. Fu creata una biblioteca con diecimila volumi messi a disposizione degli impiegati. Si aggiunse anche un medico fisso che dava consulti gratuiti, bagni, bar un parrucchiere». Dopo aver incorporato una serie di edifici limitrofi ed aver rivoluzionato l'architettura con soluzioni d'avanguardia Il Paradiso delle Signore, il più grande magazzino del mondo, si prepara alla grande riapertura, all'apoteosi. «… Fra la rue de la Michodière e la rue de Choiseul, c'era come una sommossa, una folla tutta pigiata, richiamata da un mese di pubblicità, con gli occhi levati e la bocca aperta davanti alla monumentale facciata de Il Paradiso delle Signore, la cui inaugurazione doveva avvenire quel lunedì. Verso le due, un picchetto d'onore dovette far circolare la folla e badare alle vetture in sosta. Il palazzo era costruito come fosse il tempio della follia scialacquatrice della moda. Dominava; con la sua ombra copriva l'intero quartiere. Un immenso cartellone giallo annunciava, a lettere cubitali, la grande vendita. Nessun magazzino, sinora, aveva scosso la città con un tal fracasso pubblicitario. Ogni anno si spendevano in cartelli, annunci, richiami di ogni specie, circa seicentomila franchi. Oramai questa facciata, davanti alla quale si restava incantati, era diventata essa stessa una réclame vivente, col suo lusso variopinto e dorato di gran bazar, con le sue vetrine enormi in grado di accogliere l'intero poema dell'abbigliamento femminile. … Mouret si fermò in alto, accanto alla scala centrale per guardare il suo popolo di donne. Era lui che le possedeva in questo modo, che le teneva alla sua mercé, col suo continuo strabordare di merci, con gli sconti e i resi, con la pubblicità. Aveva conquistato anche le mamme, regnava su tutte come un despota, il cui capriccio rovinava le economie familiari. La sua creatura portava una nuova religione, le chiese e la fede vacillante nelle anime ormai vuote erano rimpiazzate dal suo bazar. La donna veniva a trascorrere da lui le ore vuote, le ore frementi e inquiete che un tempo viveva nel fondo di una cappella».

Nuova centralità dei punti di vendita
Tutte le grandi marche cercano spazi nei centri storici o nelle grandi aree commerciali; è una vera e propria corsa alle insegne che comunicano. Le prime imprese che hanno cercato un accesso diretto al dettaglio sono stati i nomi della moda, che hanno costruito reti diffuse a scala globale ove, per una stessa marca, la differenziazione di insegne e di stili è solo in funzione del cliente target. Oggi non c'è settore dove le marche più note non abbiano iniziato a sperimentare l'apertura di propri punti di vendita; è il ritorno allo spazio fisico attuato in perfetta sinergia, peraltro, con quello virtuale di Internet. Se l'impresa non vuole vedere indebolire il proprio status deve rafforzare il posizionamento dei punti di vendita perché è lì che si gioca la battaglia della credibilità. In molti avevano creduto che la rete potesse agevolmente coprire il ruolo di relazione tra prodotto e cliente finale. In parte è vero, ma si è dovuto anche ammettere che nulla può sostituire le vetrine, gli scaffali di esposizione, il contatto fisico con il prodotto. È ovvio che per molte imprese diventare retailer significa imparare un nuovo mestiere, peraltro, non solo devono essere messi in gioco investimenti cospicui, ma, principalmente, il punto di vendita deve creare un ambiente che sia fedele con l'immagine che il cliente ha della marca, altrimenti si rischia il fallimento. In questi punti di vendita vengono creati ambienti in grado di connotare non solo i prodotti, ma i valori e i simboli a cui essi si richiamano e la rivalutazione dello spazio fisico sottende la volontà di individuare nuovi percorsi di comunicazione.

• Passare dalla customer satisfaction al tentativo di individuare e di soddisfare bisogni fortemente connotati da elementi immateriali.
• Cercare piattaforme che consentano di sviluppare relazioni più strette e personalizzate con il cliente.
• Riscoprire la potenzialità della dimensione fisica nel rapporto diretto con il cliente.
• Tendere ad annullare la tradizionale suddivisione tra produttore e distributore. Nel momento in cui chiunque voglia svolgere una funzione attiva di analisi della domanda e di ricerca di risposte per soddisfarla necessita di una "finestra" fisica sul mercato.

È noto che le variabili fondamentali che sottendono uno scambio sono legate al processo di comunicazione tra impresa e cliente e viceversa. In una prima fase, nel processo di scelta e valutazione da parte del cliente, la comunicazione deve definire una generale sintonia tra i valori dell'offerta dell'impresa e i valori del cliente; una volta che sia stata verificata la sintonia, la comunicazione deve coinvolgere i "prodotti" e i percorsi lungo i quali i valori dell'impresa hanno preso forma. Per raggiungere questo obiettivo è necessario disporre di strumenti, sia per comunicare la sostanza dell'offerta, che per poterla rappresentare in un contesto capace di evocare le valenze immateriali. Diventano perciò necessari luoghi d'incontro con il cliente, palcoscenici dove interpretare la marca e i suoi valori e dove far partecipare il cliente alla rappresentazione, in modo da poter cogliere le informazioni necessarie per mantenere attuale l'offerta. Il marketing one to one ha bisogno di canali diversi e molti hanno individuato in Internet il canale più efficace. Ma se questo è vero per alcuni prodotti e servizi non lo è per altri, oppure Internet viene ritenuto necessario ma non sufficiente. Ecco, allora, che la marca riscopre la necessità del punto di vendita come strumento fondamentale per creare un'efficace piattaforma relazionale, che potenzia la propria efficacia se si affianca ad una piattaforma relazionale virtuale. D'altro canto, il punto di vendita può diventare un "laboratorio del consumatore" dove sperimentare la reazione a nuovi prodotti, dove coinvolgere i clienti, provocarli e spingerli a segnalare i propri desideri.

Tipologia dei punti vendita
La nascita di catene di distribuzione con proprie strategie di produzione e di marketing sta spingendo le imprese industriali ad entrare direttamente nel business della vendita al dettaglio. Nei centri commerciali, alle strutture tradizionali, che operano oramai da molti anni si sono aggiunti altri svariati strumenti di retail.

• La nave ammiraglia . Si tratta di esercizi di grandi dimensioni, spesso di proprietà, che presentano un ampio assortimento di prodotti di un'unica impresa. L'immagine di questi punti vendita deve essere in grado di evocare il "mondo" della marca; essi rappresentano, soprattutto, un investimento in comunicazione e spesso ad essi non è richiesto il rispetto dei vincoli del conto economico. Infatti, il loro ruolo comunicazionale deve servire da supporto per le vendite che l'impresa realizza attraverso la sua rete di vendita diretta o indiretta. In questi punti vendita, nei quali la marca è il punto di partenza per la progettazione nel suo complesso, vengono, generalmente, offerti servizi di entertainment; il punto di vendita cerca di trasformarsi in un punto di riferimento di una "comunità di consumatori". Anche in questo caso i pionieri di questo tipo di "strumento comunicazionale" sono stati i grandi stilisti.
• Il centro commerciale outlet. È un centro che offre al consumatore prodotti di marca della stagione precedente con prezzi ribassati dal 30% al 50%; è molto sviluppato in Usa e Uk e sta diffondendosi anche in Italia. Esso, come i centri commerciali convenzionali, spesso è posizionato vicino a vie di traffico veloce, gode di ampi parcheggi e fornisce al cliente forme di entertainment e servizi utili . Per l'impresa industriale il centro outlet presenta il vantaggio di consentire lo smaltimento delle eccedenze di stock in modo redditizio, grazie all'elevata capacità di attrazione del centro commerciale e ai relativi elevati volumi di vendita, consentendo di mantenere, contestualmente, un forte presidio sull'immagine di marca. Lì la gente ritiene di comperare la grande marca ad un prezzo abbordabile ed è convinta di aver fatto un grosso affare. Recentemente sono sorti degli outlet store anche nei centri di grandi città.
• L'angolo monomarca. Si tratta di uno spazio di ridotte dimensioni (30 - 50 mq) all'interno di un punto vendita multimarca specializzato. L'angolo monomarca consente di mettere in evidenza le peculiarità e le specificità di una marca al confronto con le altre. Rispetto a situazioni in cui è la catena distributiva a stabilire, a sua discrezione, l'esposizione e l'assortimento di ogni marca, in questo caso l'impresa ha un controllo totale dell'offerta e il consumatore è in grado di percepire in modo chiaro la valenza della marca rispetto ad una collocazione dell'offerta che avvenga in spazi non dedicati. L'angolo monomarca può essere gestito direttamente dall'impresa, in termini di personale di vendita, di visual merchandising, di assortimento, oppure l'impresa può affidare tutta la gestione al distributore nel caso in cui questi abbia maggiori competenze specifiche. Come nel caso precedente, questi strumenti della distribuzione sono sorti anche nei centri di grandi città.
• I negozi monomarca. Questi punti di vendita rappresentano la modalità più classica di integrazione verticale di un'impresa. Questa modalità di vendita evidenzia la strategia dell'impresa di presidiare direttamente il mercato con l'obiettivo fondamentale di sviluppare un canale di comunicazione diretta con il cliente finale. In uno scenario nel quale i comportamenti di consumo sono sempre più variabili, presidiare il punto nel quale il consumatore si interfaccia direttamente con l'impresa può diventare un'esigenza vitale per creare maggior valore aggiunto, e, principalmente, per monitorare direttamente la propria capacità di crearlo. I negozi monomarca possono svilupparsi secondo due modalità; la prima è quella che vede l'impresa acquistare e gestire in proprio la rete dei negozi, la seconda è rappresentata dal franchising. Anche per la localizzazione dei negozi monomarca esistono due diverse modalità; la localizzazione nei centri storici delle città e nelle località turistiche importanti, oppure nelle aree destinate ai negozi dei grandi centri commerciali che ruotano attorno ad un grosso distributore. È ovvio che gestire in proprio tutta la rete di vendita presuppone che l'impresa abbia una consolidata esperienza nel settore del retailing.

Giova notare che queste due ultime tipologie possono rappresentare un buon approccio per qualunque impresa voglia collegarsi direttamente con il cliente finale, anche per una PMI; condizione essenziale è che l'operazione venga effettuata con gradualità in modo che l'impresa possa in progress valutare la bontà di questa strategia ed acquisire e sviluppare le necessarie risorse umane, materiali e immateriali.

Per il precedente articolo clicca QUI.

Eugenio Caruso
22 febbraio 2011

Tratto, parzialmente, da E. Caruso Comunico quindi esisto Tecniche Nuove 2005

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