Si potrebbe affermare che le imprese, specie le grandi, sono state investite da ondate di proposte d'innovazione delle loro strutture organizzative; spesso i risultati sono stati modesti e si sono tradotti, sostanzialmente, in drastici tagli nel costo del personale, nell'applicazione del buon senso (10) e nel superamento delle logiche burocratiche e gerarchico-funzionali.
Ma ora, la nuova economia richiede al management, sia un salto rispetto alla tradizione deterministica e meccanicistica, sia l'abbandono di regole e paradigmi che sono ancora alla base della vecchia cultura.
Paradossalmente, alla complessità, alla fluidità e alla non linearità della nuova economia non è possibile rispondere con modelli complessi, con ristrutturazioni onerose e con una continua perdita di risorse, ma, viceversa, con una semplificazione dei modelli di gestione e con la focalizzazione su alcuni principi guida.
E' essenziale rammentare che la piccola e media impresa (pmi), nerbo e cerniera del sistema produttivo non ha, quasi mai, seguito le mode delle riorganizzazioni, eppure i risultati parlano di un loro continuo e inarrestabile successo. Allora, forse, anche la grande impresa deve entrare nell'ottica della piccola e media impresa e adottare alcuni semplici principi guida.
Le cause che sottendono l'eccellenza delle imprese sono state di volta in volta individuate nella business excellence, nell'efficacia delle esecuzioni, nel competence and knowledge management, nel management process (11) excellence; esiste una vastissima letteratura che offre le ricette più disparate per raggiungere l'eccellenza. Si tratta, per lo più, di modelli di inaudita complessità, che, forse, solo qualche grande impresa è in grado di prendere in considerazione e che, in generale, si adattano ai sistemi organizzativi dell'impresa statunitense. L'opinione dell'autore è che non tutto ciò che proviene dalla cultura d'impresa americana automaticamente si adatta all'azienda europea e italiana in particolare.
Giova sottolineare che alla complessità non si può rispondere con i grandi piani strategici, con le continue ristrutturazioni, ma seguendo i principi guida di gestione della piccola e media impresa (pmi):
- scegliere le priorità,
- concentrarsi su esse delegando il resto,
- decidere le modalità operative,
- mobilitare le persone che servono,
- cercare i risultati nel breve.
Il mondo dell'impresa è passato dalla realtà dei dati degli anni settanta, a quella delle informazioni degli anni ottanta a quella della conoscenza; Rifkin, nel suo libro, La fine del lavoro illustra efficacemente che il futuro del sistema produttivo è nelle mani dei knowledge workers. Oggi la capacità di acquisire, sviluppare, disseminare più velocemente della concorrenza idee, creatività, immaginazione, conoscenza sta sostituendo la capacità di realizzare prodotti e servizi innovativi come fattore critico di successo.
Questa nuova economia, caratterizzata dalla transizione da modelli fondati su dati e informazioni a modelli basati sulla conoscenza ha imposto, conseguentemente, una revisione di alcuni processi organizzativi tra i quali la comunicazione, condizione irrinunciabile per tradurre in pratica le strategie di business.
Il processo di comunicazione deve articolarsi in due fasi: il concepimento del dettato strategico (vision (12), mission, sistema dei valori, definizione del business) e la condivisione di tale dettato tra tutti gli stakeholder (13) , in modo che, in un circolo virtuoso, si ottenga la convergenza tra il progetto d'impresa e il progetto di vita dei singoli individui.
Un altro carattere distintivo della nuova economia è il cambiamento, non le piccole modifiche incrementali alle quali eravamo abituati, ma veri e propri salti di qualità; per gestire questi salti occorre la leadership, che alcuni ancora confondono con il management (14) . Più marcato è il cambiamento, più forte è la domanda di leadership della quale questa nuova economia è in forte debito per uno sviluppo più organico ed efficiente.
Purtroppo, in generale, le imprese invece di aiutare i dipendenti a sviluppare il loro talento, a prendere iniziative, a responsabilizzarsi, a imparare da errori e successi, spesso, ignorano il potenziale dei collaboratori cosicché il deficit di leadership resta una carenza grave del nuovo sistema economico e l'ostacolo maggiore per l'evoluzione delle aziende da imprese moderne a imprese eccellenti.
Per riassumere si può affermare che il modello di impresa eccellente lo si incontra, quotidianamente, quando si analizzano imprese, specie piccole e medie, che hanno acquisito una posizione di leadership nel loro segmento di mercato.
Ciò significa che l'eccellenza è la condizione per acquisire una leadership di mercato, ma acquisire una leadership sta diventando una condizione di sopravvivenza per molte imprese, cosicché, in un circolo virtuoso l'eccellenza produce la leadership, che, a sua volta, è alla base della "vitalità" delle imprese.
Molti degli imprenditori di quelle aziende "eccellenti" non hanno, probabilmente, letto i testi più avanzati, su come sta evolvendo l'impresa moderna, eppure quelle persone hanno messo in atto organizzazioni e strategie adeguate a sostenere le sfide del mercato.
E' possibile incontrare imprese che hanno adottato il modello dell'impresa cava o dell'impresa a rete, il modello dell'impresa virtuale o dell'impresa snella, e che, forse inconsapevolmente, rispondono ai criteri dell'impresa eccellente. Qual è la ragione che sottende questi comportamenti? E' la legge del mercato, è il darwinismo economico che porta imprese, poco propense ad identificarsi sotto qualsiasi modello, ad individuare il percorso ottimale per conquistare o difendere una leadership e raggiungere l'eccellenza che, come abbiamo detto, può essere lo strumento di sopravvivenza in un mercato che chiede alle imprese una continua attività di reinvenzione o di revisione del proprio business.
A fronte di questa realtà, che poggia su rischio e creatività, il nostro paese gode del "privilegio" di un establishment sclerotizzato e incapace, eppure amante di protagonismo e arroganza. A metà degli anni ottanta ci fu una forte ripresa economica eppure nulla fu fatto per modernizzare il sistema paese, per la nostra classe politica tutto si ridusse ad una gara tra Italia e UK per chi avesse il pil più elevato.
Nel 2000 siamo in presenza di un'altra importante ripresa dell'economia, ma, purtroppo, essa resta, per l'Italia, un puro fatto congiunturale; la piccola e media impresa (pmi)i deve, ancora, fare i conti non solo con una concorrenza agguerrita, proveniente da tutto il pianeta, ma anche con l'inefficienza di uno stato che non riesce a procurare quel minimo di infrastrutture che possano consentire di affermare che l'efficienza dell'impresa non si ferma ai cancelli dei propri stabilimenti o uffici, come ho dovuto, amaramente, osservare in un mio precedente lavoro.
Questo articolo è stato tratto da una conferenza tenuta da Eugenio Caruso nel 2004. Esso è, pertanto, un po' datato, ma utile per comprendere cosa si intende per new economy.
Eugenio Caruso 25-05-2004
(7) Riprogettazione radicale dei processi per ottenere drastici miglioramenti di prestazioni, costi, qualità, servizio, velocità.
(8) Struttura organizzativa caratterizzata da quattro criteri fondamentali: la riduzione dei livelli gerarchici, la semplificazione delle procedure, la riduzione del frazionamento orizzontale, l'ampliamento dei ruoli.
(9) Elaborato dal prof. Deming il ciclo pdca è uno strumento per il miglioramento dei processi e delle performance aziendali. Il pdca si realizza attraverso un circolo virtuoso costituito da quattro fasi: plan (pianificare), do (fare ciò che si è pianificato), check (verificare i risultati e confrontarli con il piano), act (decidere di mantenere o correggere).
(10) Non a caso il prof. T. Asak afferma che «la qualità totale è l'applicazione del buon senso».
(11) I processi di management sono: pianificare, impostare le modalità operative, eseguire.
(12) Immagine del futuro che si vuole creare in azienda; è, in sintesi, l'azienda oltre il suo orizzonte.
(13) Per la definizione di stakeholder, i gruppi di interesse dell'impresa, si rimanda al capitolo 3, paragrafo 2.8.
(14) Non si vuol dire che la leadership sia il bene e il management il male, ma che essi rispondono ad obiettivi diversi. Il management assicura il funzionamento del sistema corrente e le necessarie modifiche incrementali, la leadership fa fare salti qualitativi al sistema aziendale.
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