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I limiti dell'accordo con la Grecia


Di per sé, nessun piacere è un male. Tuttavia i mezzi che procurano certi piaceri arrecano molti più turbamenti che appagamenti.
Epicuro, Lettera a Meneceo.

Se qualcosa avrebbero dovuto insegnarci i sei mesi che abbiamo alle spalle, è evitare le ondate di ottimismo nelle ore successive a ogni ipotesi di accordo con la Grecia (a leggere gli entusiasmi nelle ore successive al referendum sembrano passati 7 mesi, non 7 giorni). Mi limito dunque qui a 6 osservazioni critiche partendo dal testo di accordo.
Il metodo. Per considerare la possibilità che il governo greco faccia formale richiesta all’ESM e al FMI (il cui ruolo è considerato imprescindibile, come si legge nel preambolo) per un programma di assistenza finanziaria pluriennale di consistenza stimata tra €82 e €86 miliardi, a cui si sommano 35 miliardi di fondi Ue ordinari (fondi coesione, PAC, etc..), si chiede al parlamento greco di votare in 48 ore da oggi la riforma dell’IVA senza le esenzioni care al governo, l’anticipo della piena attuazione della riforme previdenziale votata nel 2012 e che Syriza voleva rinviare prima al 2035 e poi al 2022, la piena autonomia della politica dell’ISTAT nazionale per evitare nuove sorprese sui conti pubblici, nonché un meccanismo automatico taglia-spese a ogni eventuale discostamento dagli obiettivi di finanza pubblica. Quest’ultimo punto da solo significa per il parlamento greco l’abdicazione alla sovranità di bilancio. Mentre su IVA e pensioni, smentire quanto la politica greca sin qui ha promesso. Entro il 22 luglio, la riforma del codice di procedura civile. Per carità, può essere pure che il parlamento greco improvvisamente ora si limita a prendere atto del commissariamento, smentisca il programma su cui Syriza ha vinto le elezioni, smentisca il referendum della settimana scorsa, dica a tutti i greci “scusate abbiamo scherzato ma ora basta”. Da osservatore, a me pare altamente improbabile. Syriza ha perso 17 voti sabato sera, altri 15 parlamentari ieri sui giornali ellenici hanno preannunciatro che non voterebbero intese così, persino 5 deputati socialisti dei 13 residui del Pasok hanno detto la stessa cosa. Tsipras dovrebbe non solo ottenere l’abdicazione del parlamento, ma sostituire la sua maggioranza imbarcando i 17 di To Potami e di fatto i voti della destra moderata di Nea Demokratia. Se non lo fa e si dimette, con la convocazione di nuove elezioni mercoledì sera risaremo di nuovo nelle condizioni fattuali obbligate di una Grexit alla cieca. Perché a quel punto col deliberato odierno la BCE non può continuare a offrire ELA, le banche greche non riaprono, le scadenze di luglio la Grecia non le onora e va dritta al default incontrollato. Succederà questo, oppure il prestito ponte va avanti comunque anche in quel caso? Ed eventualmente, su che basi?
Le regole. Neanche il testo odierno mi fa cambiare idea. Per gli eurottimisti, c’è poco da festeggiare. Quando a marzo saltò per la prima volta il tavolo con la Grecia e Tsipras ribadì che voleva il secondo abbattimentod el debito dopo il 2012 altrimenti non firmava alcunché, allora bisognava capire che era proprio venuto il momento di regole generali che l’eurocostruzione ha il difetto di non avere costitutivamente: e cioè regole generali su quali ipotesi consentano bail out a euromembri restando nell’euro e a quali condizionalità; regole generali su quali altre ipotesi invece consentano minori aiuti e condizionalità ma restando per un certo periodo di tempo vincolanti a una fascia di oscillazione del cambio rispetto all’euro; e quali altre ancora consentano invece che tipo di assistenza per un’uscita dall’euro ma restando nell’Unione Europea. L’assenza di criteri generali ha trasformato la vicenda greca in una fonte di pulsioni e odi nazionalistici incrociati senza precedenti. Stamane, persino FAZ e Suddeutsche Zeitung da punti di vista diversi si pongono il problema di come può la Germania esercitare in futuro il suo ruolo di paese leader mentre le opinioni pubbliche europee ormai tornano a considerarla con l’elmo chiodato guglielmino, se non al passo dell’oca. Se avessimo adottato criteri di “raffreddamento” generale delle trattative, mercoledì non rischeremmo di trovarci di nuovo a una Grexit di fatto. Quelle regole servono per disarmare la minaccia incrociata di cui vive l’eurocrisi: da una parte chi pensa “se uscite, vi fate malissimo”, dall’altra chi oppone “se ci fate uscire, a voi capita di peggio”.
La discrezionalità. Trattative sui casi nazionali con memorandum ad hoc, senza criteri generali a cui attenersi, offrono inevitabilmente spazio a vastissime discrezionalità politiche. Se per esempio paragonate il testo delle richieste dell’eurogruppo respinte da Syriza a fine giugno e dal referendum convocato apposta il 5 luglio, e le paragonate al testo odierno, le condizioni esposte cambiano di molto. E’ ovvio, c’è di mezzo la ferita profonda rappresentata dai membri del governo greco che hanno dato ai creditori dei “terroristi” e “torturatori”. E si sono aggiunti i punti di PIL – nessuno può oggi quantificarli – persi dalla Grecia grazie a Tsipras da marzo in poi (nel primo trimestre la Grecia cresceva più dell’Italia..), nonché la paralisi totale del sistema bancario, dei pagamenti e fiscale. Ma resta il fatto che questi elementi c’erano già tutti prima, per giudicare le prospettive di sostenibilità del debito pubblico greco. E a proposito di questo, leggete incidentalmente qui come in realtà il caso greco dimostri che i modelli econo-statistici attuali per giudicare la sostenibilità dei debiti sovrani vengano messi duramente in crisi dal caso greco (l’ESM dovrà dotarsene prima che mai di uno proprio, diverso dal datatissimo modello FMI..). Invece, neanche nel testo odierno si chiarisce il punto della ristrutturazione del debito greco, anche se Tsipras, Francia e Italia lo danno per scontato, tutto è rinviato alle trattative post accoglimento eventuale del memorandum da parte dell’ESM. Viva la chiarezza che manca ancora eh, dopo sei mesi, esattamente sul punto centrale delle richieste greche….
Privatizzazioni: il fondo di garanzia. Molti si scandalizzano del trust a cui affidare imprese e beni pubblici greci per 50 miliardi da privatizzare, indipedente dal governo e sottoposto a vigilanza congiunta, greca e dei creditori Ue-Bce-Fmi. Personalmente la cosa mi stupisce assai poco, la proposi tal quale nella campagna elettorale 2013 per l’ingente patrimonio immobiliare pubblico italiano ( parlavo allora della necessità di costituire un fondo gestito per gara dai maggiori players mondiali di settore, da incardinare giuridicamente in un paese di common law, privilegiando la lex mercatoria mondiale alle mille eccezioni del nostro ordinamento civile-amministrativo-erariale-penale). Tsipras ha ottenuto che metà dei 50 eventuali milardi incassati vadano a sostenere liquidità e capitalizzazione delle banche elleniche, e della restante parte una metà vada ad abbattimento del debito (ripagandolo, NON cancellandolo) e metà a investimenti per la crescita. E’ un metodo che sancisce l’irreversibilità delle decisioni relative agli asset da privatizzare, e la forma giuridica del trust è uno scudo rispetto alla mutevolezza degli orientamenti politici pro tempore, cioè un attestato di credibilità rispetto ai mercati. Due anni fa, contro un meccanismo da me proposto per i soli mattoni pubblici, sono insorti tra insulti vari praticamente tutti. Resto curioso di vedere cosa deciderà il parlamento greco.
Le altre richieste. Nel testo odierno ce ne sono tante. Alcune, dalla privatizzazione dell’equivalente della nostra TERNA, alla liberalizzazione degli orari commerciali, delle professioni e del trasporto locale, dovrebbero far fischiare le orecchie all’ITALIA. Che invece sta adottando misure nazionali per la chiusura degli esercizi commerciali, e ha appena cambiato anzitempo i vertici della CDP perché convinta della necessità di estendere ulteriormente la presenza diretta della mano pubblica tra le imprese e nell’economia italiana….
Aiuti bilaterali. A latere del negoziato di stanotte, alcuni euromembri tra cui l’Italia hanno dichiarato la propria disponibilità anche a ulteriori linee di credito bilaterali alla Grecia. E’ troppo volerne sapere di più? Non solo quantitativamente, ma sulla condizionalità a cui sarebbero sottoposte. Varrebbero anche se la Grecia nelle prossime 48 ore non onora gli impegni? Estranee come sembrano al corpo e alle norme degli interventi dell’euroarea, disegnerebbero un primo abbozzo di strumenti cooperativi tra eurodeboli, cioè un primo passo verso l’euroarea a più velocità? O sarebbero poco più che simbolici?
Mi fermo qui, ce n’è abbastanza. Lascio ad altri l’esercizio su chi perda più la faccia. Politicamente ed economicamente, l’euroarea e il disegno europeo hanno ferite che restano sanguinanti. Comunque.

Oscar Giannino da www.brunoleoni.it - 15-07-2015

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www.impresaoggi.com