Bisognerà affrontare le cose grandi con animo grande
Seneca Lettere morali a Lucilio
Universo a grande scala è quell'Universo accessibile all'osservazione entro i limiti dell'orizzonte degli eventi, cioè di una superficie sferica il cui raggio cresce alla velocità della luce. Pertanto ciò che si trova al di là di questo orizzonte non può essere visto. L'Universo a grande scala è quindi tutto quanto sia osservabile all'interno dell'orizzonte degli eventi (da non confondere con l'orizzonte degli eventi di un buco nero).
Intanto giova constatare che, a grande scala, l'Universo è omogeneo, isotropo e piatto. Omogeneo significa che è uguale in ogni regione per quanto riguarda densità, pressione, temperatura ... composizione chimica ecc.. Isotropo significa che in qualunque parte dell'Universo ci trovassimo lo vedremmo sempre uguala in ogni direzione. Piatto significa che lo spazio tempo dell'Universo ha curvatura totale nulla. Ribadisco che queste tre caratteristiche dell'Universo valgono su larga scala, su scale maggiori di 1000 megaparsec (3 miliardi di anni luce); ad esempio lo spazio tempo in prossimità di un buco nero o di un grande ammasso non è certamente piatto. E' interessante osservare che l'isotropia e l'omogeneità dell'Universo è un'evoluzione dell'eliocentrismo. Copernico scoprì che la terra girava attorno al sole, Herschel mostrò che il sole era una delle tante stelle dell'Universo, Hubble ha insegnato che che la nostra galassia è una delle tante dell'Universo. Giordano Bruno sul finire del 1500 fu arso vivo per aver scritto tra le altre" eresie" anche questa " Resta, dunque, da sapere che c'è un infinito campo e spazio continente, il qual comprende e penetra il tutto. In quello sono infiniti corpi simili a questo (la Terra ndr), de quali l'uno non è più in mezzo de l'Universo che l'altro, perchè questo è infinito, e però senza centro e senza margine" IMPRESSIONANTE!!! La convinzione di G. Bruno sull'omogeneità dell'Universo ha però avuto due predecessori Averroè (1126-1198) e Nicola Cusano (1404-1464).
L'Universo è omogeneo a grande scala ma riducendo tale scala notiamo che esistono disomogeneità che gli astrofisici attribuiscono alle disomogeneità esistenti nell'Universo al termine del periodo inflazionario. L'inflazione ci introduce anche alla spiegazione della struttura a grande scala dell'Universo e alla descrizione di questo; le oscillazioni di carattere quantistico di allora generarono i semi dai quali, più tardi, si formarono le galassie, i superammassi e i grandi filamenti.
E' necessario, ora, ricordare la composizione dell'Universo: circa 2/3 è energia oscura, 1/4 materia oscura, 5% materia ordinaria. La composizione della materia ordinaria è piuttosto semplice. La maggior parte è idrogeno, che è l’elemento chimico più diffuso. Non a caso, le stelle, che sono i “mattoni” fondamentali dell’universo, sono fatte in gran parte di idrogeno, c'è quindi un 24% di elio. Idrogeno ed elio fanno, messi insieme, quasi il 98% della massa ordinaria dell’intero universo visibile. Seguono, ossigeno (0,104%), carbonio (0,046%), neon (0,013), ferro (0,011), azoto (0,009), silicio (0,007), magnesio (0,006) e zolfo (0,004). Tutti gli altri elementi sono presenti in percentuali inferiori.
Quando si parla di Universo a grande scala non si parla dalle galassie, che costituiscono le molecole del fluido che costituisce l'Universo, ma dagli ammassi di galassie ove l'unità di misura delle distanze è costituita dal Mpc (megaparsec); 1 Mpc=3 milioni di anni luce.
Il parsec è definito come la distanza dalla Terra (o dal Sole) di una stella (P) che ha una parallasse di 1 secondo d'arco (è l'angolo formato dai segmenti PS e PT).
Oltre gli ammassi si hanno i superammassi. Questi si allineano in grandi filamenti che formano una sorta di rete; tra un filamento e l'altro troviamo i grandi vuoti. Tale struttura di filamenti e vuoti è comunemente conosciuta come struttura a grande scala dell'Universo.
Tuttavia esiste una scala ancora più grande e anche più piccola che non corrisponde all'Universo attuale, ma all'Universo primordiale quando era mille volte più piccolo di quello attuale. Si tratta del fondo cosmico delle microonde CMB (Cosmic Microwave Backgroun). Tuttavia tale radiazione, dal momento nel quale è stata emessa, si è espansa come si è espanso l'Universo. Pertanto essa è quanto di più lontano ci sia, è ciò di più primordiale si possa osservare.
Le anisoptropie del CMB sono, oggi, le strutture più grandi che si possano osservare. Giova notare che le galassie sono molto meno comprensibili dell'Universo nella sua globalità. Sappiamo molto bene com'era l'Universo quando era un miliardo di volte più piccolo di quello attuale, tuttavia le sue molecole, le galassie, nascondono enigmi difficili da decifrare.
Tornando all'Universo a grande scala osserviamo che un ammasso di galassie costituisce la maggiore entità tenuta insieme dall'autogravitazione. A volte gli ammassi presentano delle sottostrutture e la nostra galassia, la Via Lattea, è costituita da un gruppo di una decina di galassie chiamato Gruppo Locale.
Tale gruppo possiede due galassie dominanti, la stessa Via Lattea e la galassia di Andromeda (M31); le altre galassie sono più piccole e sono tutte satelliti delle due galassie principali; le Nubi di Magellano sono anch'esse satelliti della Via Lattea. Il Gruppo Locale è un'estensione dell'ammasso della Vergine. Si tratta di un tipico ammasso, con circa 1500 membri. La sua grande massa è causa delle grandi velocità peculiari di molte delle sue galassie, a volte fino a 1.600 km/s (rispetto al centro dell'ammasso). Giova ricordare che la velocità con la quale si muovono le galassie permette loro di non essere risucchuiate dal centro dell'ammasso, proprio come la velocità di rivoluzione della Terra le consente di non precipitare nel Sole. Per confronto, lo spostamento verso il rosso dell'ammasso corrisponde a una velocità di 1.100 km/s. L'Ammasso della Vergine è il membro più massiccio del Superammasso Locale, e i suoi effetti gravitazionali si fanno sentire rallentando e attirando le galassie vicine. Per esempio, il nostro Gruppo Locale si sta avvicinando all'Ammasso della Vergine a una velocità di 200 km/s e finirà per esservi inglobato.
Ammasso della Vergine
Osservati in lunghezze d'onda visibili, gli ammassi offrono una visione incredibile: migliaia di galassie, alcune ellittiche, altre a spirale e altre irregolari. Peraltro le galassie di un ammasso rappresentano solo una piccola parte della sua massa, anche di quella visibile. Quando si osserva un ammasso ai raggi X si vede che il centro dell'ammasso si trova a una temperatura di decine e centinaia di milioni di gradi (il nocciolo del Sole è di circa 15 milioni di gradi kelvin). Però anche questa massa intergalattica calda costituisce una piccola frazione della massa oscura dell'ammasso. Infatti la massa totale dell'ammasso influenza la traettoria dei fotoni che provengono da una galassia posta al di là dell'ammasso in modo molto più marcato rispetto alla deviazione dei fotoni che si avrebbe se la massa fosse costituita da sola massa visibile e gas intergalattico. E' il cosiddetto effetto "lente gravitazionale".
Schema dell'effetto lente gravitazionale: la luce di una galassia distante (in rosso nella parte sinistra) viene deflessa sul suo cammino verso la Terra (all'estrema destra), da dove viene osservata, per effetto di una lente gravitazionale dovuta a un'altra galassia che si torva nel mezzo (celeste). L'effetto ottico è che la sua immagine appare spostata rispetto alla posizione reale e duplicata (all'estrema sinistra) (NASA)
Come già detto gli ammassi si raggruppano in superammassi; il nostro si chiama Laniakea. I superammassi a loro volta si raggruppano grazie ai filamenti. L'Universo a grande scala si manifesta come un reticolo tridimensinale di filamenti nei cui nodi si trovano i superammassi. Le grandi regioni che non sono attraversate da filamenti sono dette grandi vuoti. In essi non compaiono galassie oppure sono pochissime e probabilmente in queste zone non c'è nemmeno materia oscura.
Filamenti e Vuoti concorrono a formare una sorta di ragnatela
Nel loro insieme, i superammassi e i filamenti che li collegano fanno parte di un'unica struttura filamentosa. Tutti questi elementi sono disposti in modo tale da disegnare una forma che ricorda una spugna. Se consideriamo complessivamente questi elementi, si deduce che nell'Universo a grande scala tutta la materia (ordinaria e oscura), è distribuita piuttosto omogeneamente. Quando gli astronomi cominciarono a osservare i grandi filamenti e i grandi vuoti notarono una certa periodicità nella distribuzione dei filamenti, simile a una struttura cristallina, anche se molto deformata. Tale periodicità suggerisce un processo di auto-organizzazione a grande scala di difficile comprensione.
Per cercare di dare un'interpretazione a questo fenomeno occorre analizzare l'Universo come era 380.000 anni dopo il big-bang, quando esso divenne trasparente alla radiazione elettromagnetica, ma era 1.000 volte più piccolo di quello attuale. L'emissione proveniente da questa prima fase primordiale ci giunge contaminata da episodi successivi a quel momento e ci dà informazioni utili. Dal momento in cui l'Universo era 100.000 volte più piccolo di quello che è adesso (spostamento verso il rosso z=1.100), al momento in cui era 10 volte più piccolo (z=9) non avvennero importanti processi significativi, pertanto questo periodo è detto oscuro; da allora ebbe luogo il processo della nascita delle stelle. La formazione delle stelle rappresenta un fenomeno molto recente. Le galassie già esistevano come agglomerati di materia ma non erano ancora luminose perchè non vi erano stelle. A partire da un periodo relativamente recente l'Universo iniziò ad assumere le sembianze di quello che osserviamo oggi. Ad esempio l'età stimata del Sole è di 4,57 miliardi di anni. Quel periodo è chiamato della reionizzazione dal momento che la radiazione ultravioletta delle stelle giovani appena nate ionizzò l'Universo.
Espansione dell'Universo
Secondo la legge di Hubble la velocità di allontanamento di una galassia è proporzionale alla distanza r dal punto di osservazione: v=Ho. r dove Ho è la costante di Hubble pari a 67 km/sMpc. In realtà si tratta di velocità apparente perchè essa viene dedotta dalla relazione di proporzionalità tra lo spostamento verso il rosso (red shift) z delle linee spettrali della galassia e la sua distanza r dall'osservatore(z è proporzionale a r); z è un numero puro descritto dalla seguente relazione:
z=(loss–lem)/lem
dove loss e lem sono rispettivamente la lunghezza d'onda della radiazione osservata al telescopio e quella di analoghe emissioni prodotte in laboratorio. Lo spostamento verso il rosso è il fenomeno per cui la lunghezza d'onda della luce, quando osservata in certe circostanze, è più ampia della lunghezza d'onda che aveva quando è stata emessa. Ciò accade in genere quando la sorgente di luce si muove allontanandosi dall'osservatore (o equivalentemente, essendo il moto relativo, quando l'osservatore si allontana dalla sorgente). Dato che nella luce visibile il rosso è il colore con la frequenza più bassa, il fenomeno ha preso questo nome, e viene utilizzato in relazione ad ogni tipo di frequenza, anche per radiazioni che si collocano nelle radiofrequenze. Introducendo la formula dell'effetto Doppler:
loss = lem (1-v/c) e considerando che il red shift dell'effetto Doppler è
z = v/c,
la legge di Hubble diventa:
z = Ho r/c
Per parametrizzare l'espansione dell'Universo i fisici hanno introdotto un fattore cosmologico, a, prendendo come riferimento la dimensione attuale dell'universo ao=1. Non risulta rilevante quanto sia realmente grande l'Universo perchè si sta parlando in termini relativi. Quando a=2, per esempio, una galassia, per via dell'espansione si troverà a una distanza da un ossevatore doppia di quella di oggi. Resta inteso che nel passato a era minore di 1 e che il suo valore aumenta con il trascorrere del tempo. Quando ci si avvicina all'oggi z, il red shift, diminuisce fino a diventare zero. Chiaramente esiste una relazione molto intuitiva che lega il red shift z con il fattore cosmologico a e cioè:
1 + z = 1/a
Infatti attualmente
z=zo= 0
e pertanto
a = 1 = ao (dimensione attuale dell'Universo).
Ritornando indietro nel tempo l'unità diventa trascurabile e la relazione diventa
a
= 1/z e quindi l'inverso dello spostamento verso il rosso ci informa sulle dimensioni dell'Universo rispetto a quello di oggi.
Come abbiamo descritto nei precedenti articoli, l'epansione dell'Universo è da attribuirsi al Big Bang e al successivo periodo inflazionario. L'universo si espande e come ogni altro fluido si raffredda. Tuttavia espansione e raffreddamento dipendono da un'equazione di stato:
P = w . d
ove P è la pressione, d la densità di energia e w un coefficiente detto coefficiente di barotropia.
Ora sappiamo che le proprietà fondamentali dell'Universo sono l'eredità di ciò che avvenne nell'era dell'inflazione. Non è possibile descrivere l'equqazione di stato dal momento t=0 del big bang, il tempo più remoto del quale possiamo intravedere le proprietà fisiche è l'era di Planck, 10^-42 secondi dopo il tempo zero. Per rendersi conto della complessità di descrivere questa era basti pensare che l'orizzonte degli eventi aveva le dimensioni di una particella elementare. Poco dopo, a circa 10^-35 secondi ha inizio l'era dell'inflazione, stato fisico fondamentale per comprendere la formazione dell'Universo a grande scala. In quest'era l'indice barotropico si caratterizza per essere negativo con un valore pari a circa -1/3; con una pressione negativa l'Universo si espandeva accelerando in modo esponenziale. Le oscillazioni di carattere quantistico che caratterizzarono l'era inflazionaria generarono uno spettro iniziale di perturbazioni che nel tempo portarono allo spettro di perturbazioni che osssrviamo nel CMB e, andando avanti nel tempo portarono allo spettro attuale di perturbazioni di densità. Peraltro una regione con eccesso di densità tende ad aumentare la sua densità mentre una regione carente tende a diminuirla, così le perturbazioni nate durante il periodo inflazionario si sono convertite nelle grandi disomogeneità dell'Universo attuale. Dopo l'inflazione la storia dell'Universo si fa più complessa.
Vi è stata la fase dominata dalla radiazione quando z era circa 10^10. Tra z=10^10 e z=10^4 si intende il periodo in cui l'universo era tra 10^10 e 10^4 volte più piccolo di quello attuale ed era dominato appunto dalla radiazione. La sua equazione di stato era quella di corpo nero e di conseguenza d=3P. L'indice barotropico era quindi pari a 1/3. L'espansione durante questo periodo è descritta dalla proporzionalità tra a e t^1/2. Il raffreddamento, dovuto all'espansione, fece sì che le radiazioni fossero sempre meno importanti; ricordo che la densità di energia di un corpo nero (In fisica un corpo nero è un oggetto che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente senza rifletterla) dipende da T^4, così cominciò l'era della dominazione della materia nella quale a era proporzionale a t^2/3. Si arrivò così a un importante fenomeno, la ricombinazione che consiste nell'unione degli elettroni con i protoni e i nuclei di elio per formare i primi atomi. Quest'epoca ebbe luogo con z=1.100 vale a dire quando l'Universo era circa 1000 volte più piccolo di quello attuale. Questa è un'era molto importante perchè è la più antica che possiamo osservare 380.000 anni dopo il tempo t zero. Infatti con la formazione degli atomi i fotoni non rimasero più intrappolati ed inizia l'era dell'Universo trasparente. Quei fotoni, finalmente liberi, costituiscono il fondo cosmico delle microonde. Sappiamo che quei fotoni corrispondevano a un corpo nero alla temperatura di 3.000 K e che, a causa del raffreddamento dovuto all'espansione, oggi corrisponde a soli 2,7K. L'epoca della ricombinazione è anche importante perchè essa rappresenta il periodo in cui si formarono le galassie. Queste si formarono dalle disomogeneità di semi molto piccoli che si erano formati nell'era inflazionaria, ma con la ricombinazione, quando la materia si liberò dai fotoni, e con andamento accelerato, iniziarono i processi di collasso gravitazionale.
I vari stadi dell'evoluzione dell'Universo
Si arriva quindi a un altro momento decisivo nell'evoluzione dell'Universo l'epoca della reionizzazione che avviene con a minore di dieci; in questo momento decisivo cominciano a formarsi le stelle. A z=0 nasce la vita, nascono gli esseri basati sul carbonio, nasce l'uomo.
L'energia oscura, tuttavia, già oggi costituisce la componente principale dell'Universo e tra qualche miliardo di anni avrà il dominio assoluto. Quale sarà quindi il valore di w? Einstein fece l'ipotesi che w sia -1 e costante nel tempo. Un fluido con w negativo ha una pressione P negativa; un fluido con pressione negativa è caraterizzato da una forte capacità espansiva. Gli ultimi dati della missione spaziale Planck dànno un valore di w pari a -1 e costante nel tempo. Questi dati dànno ragione a Einstein più di cento anni dopo la sua intuizione. L'Universo del futuro con w= -1 sarà un Universo con una crescita esponenziale, maggiore di quanto lo sia stato finora. Si tratta dell'Universo della riaccelerazione; l'autogravitazione non frenerà l'espansione che sarà, quindi irreversibile. L'Universo di oggi è molto simile a quello di ieri: l'inflazione e la riaccelerazione lo dotano di caratteristiche simili.
La teoria accreditata è quella che prevede che la materia oscura resti costante.
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Susskind, L., La guerra dei buchi neri, Adelphi, 2009
Eugenio Caruso - 29-01-2016
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