Il tuo spirito devi mutare, non il cielo sotto cui vivi.
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e declino di quelle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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Dal 1998 al nuovo millennio
Dal 1995, D'Alema sta lavorando sulla cosiddetta Cosa-due, cioè un partito socialdemocratico, che dovrebbe superare il Pds; l'intenzione di D'Alema è creare attorno al Pds, da Rifondazione ad Amato, un soggetto politico con un potenziale mercato elettorale del 40%, che consentirebbe di ridimensionare il ruolo di Prodi. Rifondazione è subito negativa, successivamente declina l'invito Amato. Cosicché, con gli stati generali di Firenze, del 12-14 febbraio 1998, la Cosa-due muove i primi passi con un profilo più modesto di quello che era nelle intenzioni di D'Alema. Hanno accolto l'invito i cespuglietti della sinistra: i laburisti (Valdo Spini), i cristiano sociali (Pierre Carniti), i comunisti unitari (Famiano Crucianelli) e i repubblicani (Giorgio Bogi). Al termine del lungo lavoro il risultato è la modesta trasformazione del Pds in Ds (Democratici della sinistra). Sotto la quercia non vi sono più la falce e il martello ma la rosa della socialdemocrazia europea; è un'ulteriore svolta che dovrebbe rendere ancora più esplicita la nuova identità del partito, ma la trasformazione è talmente priva di valori reali che tutti i media impiegheranno mesi per scrivere e parlare di Ds e non più di Pds. Solo in occasione delle elezioni amministrative del giugno 1998 il cittadino medio si accorgerà della trasformazione. Il 12 febbraio 1998, a Firenze viene ratificato il fallimento del tentativo di creare un nuovo partito. Ammetterà lo stesso D'Alema «È stata l'iniziativa di persone attente più a chiudere la storia trascorsa delle divisioni a sinistra che ad aprire una porta sul futuro». Il 3 febbraio 1998, si è insediato il nuovo consiglio di amministrazione della Rai: Roberto Zaccaria, presidente, che salda Pds e Ppi, Vittorio Emiliani, Giampiero Gamaleri, Alberto Contri, Stefano Balassone. Secondo il CdA, la "nuova Rai" dovrà essere operativa prima dell'estate, dovrà essere trasformata in holding e dalla "rottamazione " di Rai-tre, dovrà decollare una rete senza pubblicità. Tutto resterà nell'empireo delle belle intenzioni; la Rai non si tocca. I movimenti, le dichiarazioni, gli interventi di Cossiga sfociano, il 2 luglio 1998, come già visto, in un nuovo soggetto politico: l'Udr (unione democratica per la repubblica, sotto il simbolo del trifoglio), che dovrebbe aggregare gli elettori di centro. Aderiscono al nuovo movimento: il Cdu di Buttiglione, ma il presidente Formigoni non vuole sciogliere il patto di alleanza con il Polo, metà del Ccd, capeggiato da Mastella, e alcuni altri deputati e senatori provenienti dal patto Segni e dai liberali di Scognamiglio; è un tentativo di ricreare la democrazia cristiana. Il prevedibile fallimento dell'Udr, è un fatto scontato perché nasce da due motivi, uno, la nuova democrazia cristiana c'è già ed è rappresentata da Fi, due, Cossiga ha sempre dato dimostrazione di un carattere sanguigno e umorale ma, poco propenso all'organizzazione. Il comportamento di Fi, di aspra contrapposizione al governo, dà i suoi primi frutti; dopo i ballottaggi, alle elezioni amministrative del 7 giugno 1998, complessivamente tra primo e secondo turno, quattordici sindaci vanno al Polo, otto all'Ulivo, uno all'Udr (Oristano); al Nord, la vittoria in alcune tradizionali roccaforti della sinistra è in parte dovuta alla confluenza del voto leghista. L'esordio dell'Udr non è negativo al Sud, mentre risulta poco visibile al Nord. Di converso alle amministrative del 29 novembre 1998 le urne premiano, invece, il centro sinistra che conquista otto tra comuni e provincie, due vanno al polo, due alla Lega. La situazione politica sembra mostrare un elevato grado di fluidità. Il 9 giugno 1998, la paziente ragnatela tessuta da Gianni Letta, porta Fi a poter iscrivere i propri parlamentari nel Partito popolare europeo.
Il governo D'Alema
Il 21/10/1998 nasce il governo D'Alema, ma il comportamento dei leader del centro sinistra mostra che il governo nasce «affetto da un mal sottile che l'avrebbe progressivamente indebolito». La sinistra del Ppi e Prodi hanno, già, costituito il partito della vendetta: il nuovo premier è considerato l'usurpatore che ha ucciso il padre per occuparne il posto. D'Alema non è uno sprovveduto, cerca di sottrarsi all'incarico, ma le sirene Cossiga e Marini lo incantano e l'uomo non ha la forza di Ulisse di tapparsi le orecchie e sfuggire alle lusinghe. Secondo il ritratto che ne fa Armani, a lungo suo vicepresidente all'Iri, «Prodi gronda bonomia da tutti gli artigli». Abbandonata, quindi la bonomia il professore bolognese elabora la grande vendetta contro D'Alema e Marini: fonda il partito dei democratici (l’asinello di ispirazione clintoniana) per togliere voti a Ds e Ppi. Al partito aderiscono Di Pietro, Rutelli, Cacciari e Bianco. Grazie al credito acquisito con Schroeder nella gestione dell'affare Ocalan (leader del Pkk curdo), D'Alema pensa di sbarazzarsi di Prodi sollecitandone la nomina alla presidenza della Commissione dell'unione europea. L'elezione avviene, all'unanimità, il 24 marzo '99. Ma le acque della politica restano, ugualmente, agitate; nell'autunno del '99, i Democratici di Parisi (nominato presidente), sotto la regia a distanza di Prodi (Cossiga, 2000), sferrano un attacco al premier perché apra il governo ai democratici, liberandosi di compagni di viaggio ingombranti, come Cossiga. D'Alema tergiversa, ma è costretto a cedere, accettando l'abbraccio mortale dei suoi nemici, per cavalcare un nuovo Ulivo. Cossiga «l'uomo senza voti, senza partito e senza truppe» raccoglie, sotto il simbolo del Trifoglio, un gruppetto di oppositori del nuovo Ulivo (i socialisti di Boselli e i repubblicani di La Malfa), mentre l'Udr si trasforma in Udeur (Unione democratici per l’Europa). D'Alema al congresso dei Ds, a Torino, afferma «Prendo atto che all'interno del socialismo la storia nel confronto di socialdemocrazia e comunismo ha dato ragione alla socialdemocrazia»; l'ex "nipotino di Togliatti", con l'appoggio di Cossiga, aveva capito che la sinistra avrebbe dovuto imboccare, decisamente, la strada della socialdemocrazia, ma ulivisti, democratici e comunisti optano per soluzioni complicate e suicide. Il 18 aprile 1999 si tiene un altro referendum con l’obiettivo di eliminare la quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei deputati; ancora una volta i proponenti non raggiungono il quorum. Gli italiani erano più preoccupati per l’intervento del Paese nella guerra del Kosovo, azione necessaria per la caduta del dittatore serbo Milosevic, che della questione della quota proporzionale.
Ciampi presidente della repubblica
Come si è visto, se D'Alema, nell'ottobre '98, ha potuto insediarsi a Palazzo Chigi lo deve a Cossiga, ma soprattutto a Marini, che ha ricevuto in cambio la promessa che a Scalfaro sarebbe succeduto un popolare. L'ipotesi poggiava sulla convinzione che Berlusconi avrebbe favorito questa soluzione. In realtà, se, inizialmente, Berlusconi ha pensato a una candidatura Mancino, la riuscita campagna radicale "Emma for president" convince il presidente di Fi a favorire un candidato in grado di raccogliere un largo consenso da parte dell'opinione pubblica. Mancino, d'altra parte, non catalizza l'entusiasmo del centro sinistra perché considerato uomo da prima repubblica. Gianni Letta, intanto, promuove un incontro tra Berlusconi e Ciampi, nel corso del quale il cavaliere assicura la sua disponibilità a votare l'ex governatore della Banca d'Italia, per il Quirinale. Sul nome di Ciampi convergono progressivamente anche An, Ds e popolari. Il 13 maggio 1999, Ciampi viene eletto al primo turno con 707 voti. Una mania del presidente, che perseguiterà gli italiani, è la pretesa di avere l'inno di Mameli a pranzo e cena. L'elezione di Ciampi avviene mentre l'Italia partecipa alla guerra mossa dalla Nato contro la Serbia. Infatti, all'inizio del '99, Miloševic´ rifiuta la mediazione dell'occidente per una maggiore autonomia al Kosovo e cerca di risolvere il problema alla balcanica, costringendo centinaia di migliaia di kosovari a una migrazione biblica sotto la minaccia del genocidio. Il 24 marzo '99, una tempesta di missili della Nato si abbatte su Serbia e Montenegro; è iniziata la guerra e l'Italia ne è coinvolta. L'esile maggioranza che tiene in piedi il governo D'Alema sembra sempre sul punto di rompersi; l'idea di appoggiare una guerra della Nato contro ex compagni rende infatti "nervosi" i comunisti italiani. Cossutta, però, non apre una crisi di governo anche perché conscio che D'Alema può sfruttare il paracadute offertogli da Berlusconi. I due mesi e mezzo della guerra alla Serbia fanno crescere la dimensione internazionale di D'Alema e gli fanno, anche, «passare gli esami» in sede atlantica (Vespa, 1999). Nelle elezioni europee, uniche ancora con il sistema proporzionale, i partiti possono misurare la propria reale forza elettorale. «La consultazione avrebbe dovuto regolare alcuni conti: di Cossutta con Bertinotti, di Buttiglione con Mastella e Cossiga, ma soprattutto di Fini con Berlusconi e di Prodi con D'Alema e Marini» (Vespa, 1999). I risultati delle europee del 13 giugno 1999 provocano un terremoto: Fi stravince con il 25,2% (5% in più rispetto alle politiche), i Ds si fermano al 17,3% (4% in meno), An crolla al 10,3% (5% in meno), la Lista Bonino, grazie all'abile campagna elettorale e all'onda lunga del progetto "Emma for president" ottiene l'8,5% dei voti, l'Asinello di Prodi raccoglie il 7,7%, la Lega crolla al 4,5% dal 10,1% delle politiche, Rifondazione e Ppi si fermano, rispettivamente al 4,3% e al 4,2%, dimezzando i risultati delle politiche, sotto il 3% gli altri.
Il dopo elezioni è caratterizzato dalle dimissioni di Manconi dei Verdi per Grazia Francescato e di Marini del Ppi per Pierluigi Castagnetti, che vince il congresso del partito partendo dalla premessa «La nascita del governo D'Alema è stato un errore». Con la caduta di Marini, il Ppi entra nell'orbita della sinistra di ispirazione dossettiana, che è ora in grado di far pagare a D'Alema il disarcionamento di Prodi. Il 13 giugno, la sconfitta più cocente è quella di Bossi. Con un fiuto politico infallibile riesce a portare la destra al governo per la prima volta nella storia della Repubblica e ad espellerla dopo pochi mesi, garantisce la sopravvivenza del governo Dini ricevendone in cambio la legittimazione politica, con lo slogan «Roma-Polo e Roma-Ulivo» alle elezioni politiche del '96 supera la soglia del 10%, per tre anni catalizza l'attenzione del mondo politico con il progetto della secessione, ma poi, anche per lui, inizia la stagione delle sconfitte. Assume atteggiamenti antiamericani e antiglobalizzazione (la sua interpretazione è «… hanno globalizzato la povertà e accentrato la ricchezza in mano di pochi …»), critica l'intervento alleato contro la Serbia e il suo elettorato è sconcertato. Bossi si rende conto di aver sbagliato e cerca di correggere il tiro, ma oramai il danno è irreparabile. Escono dalla Lega Comino, Gnutti, Babbini, Formentini e per Bossi l'unica ancora di salvezza si chiama Berlusconi, che non dimentica che senza l'azione della Lega non sarebbe nata Fi. Forse Bossi è uno dei più intelligenti uomini politici italiani: la sua sconfitta ha le radici nel suo atteggiamento anti americano e antiglobalizzazione, che non viene accettato dagli elettori. Eppure non passeranno molti mesi perché tutto il mondo inizi ad analizzare alcuni effetti negativi, sia della globalizzazione, sia della assunzione da parte degli Usa del ruolo di "poliziotto del pianeta.
Delirio di onnipotenza
Afferma Vespa «La tragedia sta scritta sulla Stampa di sabato 15 aprile 2000 alla vigilia delle elezioni regionali» (Vespa, 2000). A Gallipoli, dopo aver battuto in lungo e in largo l'Italia per sostenere il centro sinistra nelle elezioni regionali, D'Alema concede all'inviato della Stampa, Geremicca, un'intervista nella quale mostra di essere sicuro di una fragorosa vittoria che avrebbe fatto mangiare polvere agli avversari. Le previsioni del presidente del consiglio, solitamente prudente, sono per una vittoria di dieci regioni a cinque, come punteggio sicuro, undici a quattro, come probabile. Se D'Alema si lascia andare a un pronostico così sfavillante lo deve alla fiducia che ripone nell'istituto demoscopico di Trieste, Swg, che, durante la campagna elettorale, ha sempre dato il centro sinistra in netto vantaggio. Berlusconi, invece, è confortato da Datamedia che dà il Polo vincente. La notte della domenica 16 aprile 2000, si consuma, per D'Alema, il dramma; il Polo, presentatosi come Casa della libertà. non solo domina dalle Alpi al Po, ma conquista anche Abruzzo, Puglia, Calabria e Lazio. La vittoria, in Lazio, del "federale " Storace, su "monsignor" Badaloni, è, per D'Alema, l'ultima goccia di un calice amaro. Il pronosticato undici a quattro si è rivelato un sette a otto, Emilia, Umbria, Toscana, Marche, Basilicata e Campania, contro Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Abruzzo, Lazio, Puglia e Calabria; la parte più ricca, popolosa e produttiva del Paese ha voltato le spalle al centro sinistra. Le analisi, a posteriori, dicono che l'errore dell'Swg è stato quello di non aver tenuto conto che Berlusconi ha basato la campagna elettorale sulla "Scelta di campo", più che sui nomi dei singoli candidati e questo spiega le sconfitte di Cacciari, della Turco, di Badaloni. In ogni regione italiana giganteggiano i poster di Berlusconi, non quelli dei candidati a governatore, alle tv nazionali si presenta Berlusconi. La decisione di percorrere le coste del Paese a bordo del traghetto Azzurra si rivela, infine, l'idea di un grande esperto di marketing della politica; con gli attracchi nei vari porti della penisola il leader di Fi può essere sempre al centro dell'attenzione dei media. D'Alema cade nella trappola tesagli, risponde botta a botta, porta palazzo Chigi in giro per l'Italia, personalizza lo scontro. Però, mentre Berlusconi riesce a far serrare i ranghi ai partiti della coalizione, D'Alema deve vedersela con i vindici popolari e democratici, con Salvi che crea una sua corrente di sinistra, con Cossutta, che propone come candidato premier della sinistra Cofferati, con l'irrisolta incomunicabilità con Veltroni; la sinistra perde per due motivi perché l’ideologismo divora se stesso e perché l’appoggio della “grande” stampa insospettisce gli elettori. Scrive, ancora Bruno Vespa che un sortilegio perseguita i politici italiani: la maledizione divina che colpisce Nabucco quando afferma «Non son più re, son Dio!». Essi crollano rovinosamente quando credono di "poter sfidare il destino".
25 luglio 2016
Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.
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