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I principali avvenimenti economici del 2011


Il tuo spirito devi mutare, non il cielo sotto cui vivi.
Seneca, Lettere morali a Lucilio


Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e declino di quelle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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Copertina

Ci sono episodi che hanno caratterizato l'anno economico 2011 pur non avendo sempre conquistato le prime pagine dei giornali? Forse perché, fatti che al momento non sembravano importanti si sono rivelati decisivi per gli equilibri finanziari mondiali, mentre altri che apparivano straordinari si sono con il tempo sgonfiati e diventati insignificanti. Proviamo a delineare i dieci fatti che hanno caratterizzato il mondo sotto il profilo economico nel 2011.
1) Il 6 gennaio 2011 dopo il balzo del petrolio, che viaggiava spedito verso i 100 dollari al barile, arriva l'allarme prezzi dei prodotti alimentari che a dicembre 2010, secondo la Fao, hanno toccato il record a livello globale, sorpassando i picchi raggiunti durante la crisi del 2008. Un'accoppiata di rialzi davvero diabolica che fa deragliare la fragile ripresa economica in atto e innesca le proteste sociali nei paesi arabi. Abdolreza Abbassian, capo economista alla Fao, lancia l'allarme. «Sarebbe da pazzi - dice - affermare che abbiamo raggiunto il picco massimo dei rialzi».
Di fronte a questo scenario inquientante il rischio è che per molti paesi in via di sviluppo si ripetano le rivolte sociali represse nel sangue per l'aumento dei prezzi del cibo come avvenne nel 2008 in Bangladesh e Haiti. Poi scoppiano in Tunisia le proteste della "baguette" per l'aumento del pane che il 29 dicembre 2010 provocano due morti. È solo l'inizio della Primavera araba o per meglio dire del risveglio arabo che nasce da un profondo e diffuso malcontento economico verso quei politici autoritari che considerano il paese (Tunisia, Libia, Egitto) come un loro personale bene da disporre a piacimento.
2) La notizia diffusa il 27 dicembre 2011 dal Centre for Economics and Business Research (CEBR), fa del Brasile la sesta maggior economia al mondo, superando la Gran Bretagna di David Cameron alle prese con una difficile situazione economica. È solo una conferma: a fine ottobre sulla base dei dati dell'Fmi, i giornali brasiliani avevano già dato a titoli cubitali la notizia che a fine 2011 il pil del Brasile avrebbe toccato i 2,44 mila miliardi di dollari sorpassando i 2,41 mila miliardi della Gran Bretagna e issandosi al sesto posto nel ranking mondiale. Certo sempre poco rispeto ai 14mila miliardi di dollari del Pil degli Stati Uniti. Nel 2010 il Brasile era salito al settimo posto superando l'Italia che non cresce da dieci anni a causa della mancanza di una vera politica industriale che ha trasformato il paese in un luogo di conquiste economiche dei francesi nei settori del lusso, bancario, trasporti, alimentare ed energia. Stando alle stime dell'Economist Intelligence Unit, nel 2020 il pil brasiliano supererà quello di qualsiasi altro paese europeo, davanti alla Germania (quest'anno quarta) e alla Francia (quinta) condannate a essere superate da altri due Brics, Russia e India, col Brasile sempre al sesto posto, e condannate a precipitare in basso (Germania settima, Gran Bretagna ottava, Francia nona e Italia decima). Il podio sia ora sia nel 2020 sarà appannaggio ancora di Usa, Cina e Giappone. Il dato pone i BRICS sempre più in auge.
3) Un mossa molto contestata è quella operata contro gli Stati Uniti, quando il 5 agosto SandP's ha declassato il debito statunitense dalla tripla A a AA+, con affemazioni politicamente molto orientate alle critiche del Tea Party, i mercati hanno reagito in modo del tutto opposto facendo abbassare i tassi dei Tresury bills invece che farli balzare come ci si sarebbe aspettato. Uno smacco senza precedenti per una società di rating che nei fatti ha costretto alle dimissioni l'ex presidente di SandP's Sharma. Ma le critiche più serrate sono arrivate dopo alcuni incidenti proprio sul mercato che hanno incrinato la credibilità delle società di rating. Le accuse più dure sono arrivate nell'incapacità di avvertire per tempo i disastri globali legati alla bolla immobiliare Usa, dando voti di tutto rispetto ai famosi pacchetti finanziari in cui erano insaccati i mutui subprime e derivati vari, ma anche alla banca d'investimento Lehman Brothers, al top dei rating fino a poco prima che fallisse clamorosamente domenica 15 settembre 2008. Tutti infortuni che hanno contribuito a innescare, invece di evitare, la grande recessione del 2008 che è costata finora ben 7.700 miliardi di dollari di finanziamenti della Federal Reserve allo 0,1% di interesse alle grandi banche americane, secondo quanto ricostruito da Bloomberg. Altro che programma Tarp da appena 700 miliardi di dollari!
4) Finalmente si è scoperto la vera cifra del salvataggio grazie alla ricerca fatta dall'agenzia di stampa americana Bloomberg che ha scoperto dopo un paziente lavoro di investigazione preziose carte della Fed che dimostrano il conto totale per salvare le banche americane "too big to fail", troppo grandi per fallire e che rischia di diventare il tema portante della prossima campagna elettorale per le presidenziali americane del 2012 con un presidente Obama messo all'angolo dai liberal del partito democratico per troppa cautela nel riformare il sistema finanziario, rimasto praticamente quello di prima, senza ancoraggio monetario né di regole rooseveltiane risalenti al New Deal.
5) Il 26 ottobre 2011 al secondo summit dei capi di stato e di governo della Ue a Bruxelles si decide di salvare la Grecia. Il costo dell'operazione è di 340 miliardi di euro: ai 110 miliardi Ue-Fmi decisi nel maggio 2010, si aggiungono i 130 miliardi di euro di ulteriori aiuti decisi nel corso del summit e i 100 miliardi di euro che le maggiori banche private dell'IIF perderanno se l'accordo andrà in porto a marzo 2012 con l'haircut del 50% dei bond ellenici per un totale complessivo di aiuti pubblici e privati di 340 miliardi di euro. Poi il premier greco George Papandreou indice un referendum popolare sull'accordo appena sottoscritto. Il premier ellenico viene rapidamente convocato a Cannes al vertice del G20 dove gli viene intimato dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy di ritirare il referendum o si avalla l'ipotesi dell'uscita dall'euro.. Papandreou fa marcia indietro, ritira la consultazione popolare e si dimette. Al suo posto arriva Lucas Papademos, ex banchiere centrale della Bce che guida un governo di coalizione per salvare la Grecia dal baratro del defaul. Stessa sorte tocca all'Italia con un governo di coalizione guidato da un tecnico, l'ex commissario europeo alla concorrenza, Mario Monti. I due governi tecnici in Grecia e in Italia non rappresentano tanto la sospensione della democrazia come alcuni commentatori hanno lamentato quanto la sospensione della demagogia che ha fatto deragliare i conti pubblici.
6) Complotto o harakiri di un libertino impenitente? Ci sono molte e strane coincidenze sulla vicenda Strauss-Kahn a New York poiché c'erano stati atriti molto forti tra il direttore del Fondo monetario internazionale e il Tesoro americano guidato da Timothy Geithner, anche per la gestione del caso del debito greco e degli altri Paesi traballanti della periferia europea. Resta il fatto che dalle dimissioni di Strauss-Kahn in poi la crisi europea dei debiti sovrani ha subìto una accelerazione dando maggior respiro alla gestione del debito americano che dei problemi dell'euro ha tratto qualche giovamento.
7) La Polonia chiede alla Germania di agire. «L'Europa parla di Sikorski", titola a tutta pagina il quotidiano progressista Gazeta Wyborcza all'indomani dello "storico" discorso tenuto a Berlino dal ministro degli esteri polacco il 29 novembre 2011. Ma cosa ha fatto o detto di così importante il ministro polacco? Radoslaw Sikorski ha addirittura invitato la Germania ad agire rapidamente per combattere la crisi dell'euro. Spinto dal timore che "lo scioglimento dell'euro possa provocare una crisi di dimensioni apocalittiche", Sikorski ha dichiarato che ciò di cui ha più paura «non è il potere della Germania ma l'inattività della Germania». Parole che non si sarebbero mai aspettate da un diplomatico polacco. "È l'inizio di un dibattito europeo cruciale", commenta a caldo lo storico direttore di Gazeta Wyborcza Adam Michnik. Altri polacchi hanno lodato il ministro degli esteri per "avere avuto il coraggio" di parlare chiaramente e pubblicamente di problemi che gli altri politici affrontano solo in privato. Il quotidiano conservatore Rzeczpospolita disapprova invece "il tono supplicante del ministro, che vede il governo tedesco come l'unico salvatore dell'Ue". Il principale partito di opposizione, Legge e giustizia, vorrebbe addirittura portare Sikorski davanti a un tribunale per aver infranto la costituzione e aver "privato la Polonia della propria sovranità". Non c'è dubbio che Sikorski ha avuto coraggio a fare un discorso storico proprio a fine presidenza semestrale della Polonia.
8) Nel summit europeo, l'8 dicembre viene sancito il ritorno al Patto di stabilità e ai conti in ordine come risposta alla crisi dei debiti sovrani. Un solo paese dei 27 dice no: la Gran Bretagna di David Cameron che sbatte la porta e lascia una scia velenosa di polemiche soprattutto con la Francia di Nicolas Sarkozy. La Germania impone ai partner il suo rigore finanziario ma il Fondo salva stati fatica a decollare con una somma più congrua. Molti analisti pensano che la Germania abbia perso la visione europea della prima ora.
9) Il quotidiano economico francese La Tribune ha parlato causticamente di un Mario Draghi nelle vesti di Babbo Natale per le banche europee. La verità è meno fantasiosa: l'80% del credito in Europa passa dal canale bancario a differenza degli Stati Uniti: ecco perché è indispensabile che in Europa questo sistema di credito non abbia problemi di liquidità. Così il 21 dicembre arriva l'asta straordinaria della Bce a tre anni che inonda il sistema bancario europeo con ben 489 miliardi di euro di liquidità supplementare che copre il 44% del total funding 2012 delle banche italiane, secondo la stima di Intermonte. Nella sua morning note, diffusa dall'agenzia Reuters, Intermonte stima anche che il finanziamento netto per le banche italiane sia stato di 50 miliardi. La stessa stima di un finanziamento netto attorno ai 50 miliardi viene riportata in un report di Merrill Lynch secondo cui i fondi della Bce potrebbero contare per il 5% dei total asset delle banche italiane da 1,3% stimato nel 2010. Il 21 dicembre il sistema bancario italiano sottoscrive così al p/t a tre anni della Bce 116 miliardi di euro. Per aggiudicarsi la significativa quota del 23,7% del totale dei fondi è stato decisivo l'apporto, per 40,4 miliardi, dei bond garantiti dallo Stato che 14 banche hanno attivato in tempi strettissimi con il supporto di Tesoro e Bankitalia. Ora tocca alle banche dare ossigeno al sistema produttivo italiano invece che comprare obbligazioni sovrane.
10) Il principe saudita Alwaleed compra azioni per 300 milioni. Sembra una notiza da relegare a fondo pagina ma non è così. E' solo la punta di un iceberg finanziario e di una rinnovata volontà di contare nello scacchiere internzionale degli stati del Golfo persico. Il principe saudita Alwaleed bin Talal il 19 dicembre 2011 compra una quota del social network Twitter per 300 milioni di dollari. E' l'ultima mossa di una ritrovata forza dei sauditi e degli emirati del Golfo in campo economico e finanziario. Alwaleed, nipote del re saudita e in passato azionista di peso di Mediaset, ora controlla il 7% di Newscorp di Murdoch e vanta, secondo le stime della rivista americana Forbes, un patrimonio personale di circa 20 miliardi di dollari. Applicando una valutazione di 8 miliardi dollari al 100% del capitale di Twitter, l'investimento del principe saudita corrisponde al 3,75% del capitale. Gli investitori prevedono che Twitter approdi a Wall Street quanto prima, come suggerito da grandi banche d'investimento americane, sebbene la società del social network abbia dichiarato di non avere piani a breve. L'estate scorsa, Twitter ha raccolto 400 milioni di dollari da investitori di venture capital. Al momento, Twitter vanta oltre cento milioni di clienti che si connettono al social network almeno una volta al mese. Molti ritengono che Twitter sia stato un fenomenale acceleratore nelle rivolte della Primavera araba. Con l'aquisizione i sauditi, il baluardo conservatore sunnita, mettono un piede nella società americana e nei suoi programmi di sviluppo. Giova notare che Twitter mostra segni di cedimenti a causa della poca pubblicità che riesce a raccogliere. Senza contare l'emiro del Qatar Hamad bin Kalifa al Thani. Oltre a comprare la squadra di calcio del Paris Saint Germain, il danaroso fondo sovrano del Qatar, la Qatar investiment authority, ha salvato le due maggiori banche greche Eurobank Eragias e Alpha Bank, investendo nella loro fusione. Qia ha quote significative nella tedesca Volkswagen e nei magazzini inglesi Harrod's. Da dove arriva tutta questa liquidità? Potere degli straordinari giacimenti di petrolio e di gas naturale dei quali è incredibilmente ricco il Qatar: un fazzoletto di terra con il Pil pro capite più alto del mondo (145 mila dollari a persona), che fattura 40 miliardi di euro l'anno.

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17 ottobre 2016

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.


Tratto da

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www.impresaoggi.com