Quella che sembrava una vetta, era solo un gradino.
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Eravamo migliorati, ma adesso il movimento virtuoso si è inceppato. Il Superindice che misura la distanza dell'Italia e degli altri paesi europei dalla media della zona euro è giunto alla sua quinta rilevazione. E gli analisti dell'istituto Bruno Leoni che lo calcolano leggono dietro ai grafici e alle cifre una frenata dell'avvicinamento che rivela i problemi specifici del nostro Paese ma anche un risveglio delle forze centripete che percorrono il Vecchio Continente.
Il fronte italiano mostra un esaurimento della spinta propulsiva delle riforme messe in cantiere dall'attuale governo e che è stata visibile nella seconda parte del 2015. Mentre, se si allarga l'analisi agli altri Paesi si nota, appunto, come il disallineamento economico riguardi non solo realtà periferiche o critiche ma anche la Francia, che è una delle principali protagoniste dell'Unione.
«Dopo essersi notevolmente ridotto negli anni che precedettero la crisi finanziaria del 2008, il grado di divergenza tra le economie dell'area euro raggiunge nell'anno in corso i livelli precedenti all'introduzione della moneta unica», spiega Paolo Belardinelli, che segue e aggiorna l'indicatore fin dalla sua nascita. In questo momento, l'attenzione dei singoli governi e delle istituzioni europee è puntata sugli effetti del referendum della Gran Bretagna, che è comunque un membro atipico del mercato unico e non ha mai aderito all'euro.
Quale che sia l'effetto della Brexit, «il tema dell'incompatibilità fra il grado di disomogeneità dell'eurozona e il funzionamento ordinato di un'area valutaria peculiare come l'euro rimarrebbe al centro delle questioni europee», fa notare l'analisi di IBL. «Tra gli obiettivi del programma del semestre di presidenza olandese era stato giustamente inserito il rafforzamento delle finanze dell'Unione e della zona valutaria spiega ancora l'analisi. A pochi giorni dalla fine del mandato è appena il caso di osservare che due Paesi come Francia e Italia, che insieme rappresentano il 27% e il 37% del Pil, oltre che il 34% e il 44% del debito pubblico, rispettivamente di Unione Europea e dell'area euro, continuano a seguire percorsi divergenti».
Uno zoom sui grafici che riguardano la situazione specifica dell'Italia mostra notizie positive ormai archiviate e un presente e un futuro di nuova immobilità. Almeno secondo l'analisi di IBL. «Fra la primavera del 2015 e la primavera del 2016, il valore dell'indice tende a ridursi». Ma poi, proseguono gli esperti, la mobilità nel 2016 si spegne, «ovvero il Superindice diminuisce passando dall'1,2% della primavera 2015 all'attuale 0,8% circa».
Ma tutto il movimento di avvicinamento alla media europea si è verificato ed esaurito l'anno scorso: «dall'autunno 2015 la riduzione è ormai impercettibile, da poco più di 0,8% a poco meno di 0,8%....». L'annuncio delle riforme e la loro attuazione ha quindi contribuito a tenere l'Italia in un solco di convergenza ma adesso l'effetto sembrerebbe finito. Tra le principali ragioni della frenata, secondo IBL, c' è l'evoluzione non positiva della finanza pubblica. Dal 2014 il rapporto deficit/Pil è di nuovo più alto delle medie europee, dopo essere stato inferiore negli anni successivi alla fase più acuta della crisi.
Ma come viene costruito il Superindice? Nell'indicatore troviamo il tasso di crescita del Pil in termini reali, il tasso di disoccupazione e tre indicatori dello stato delle finanze pubbliche a cui fanno sempre riferimento le regole fiscali europee: il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo e il rapporto tra debito e Pil, oltre al rapporto tra la bilancia dei conti correnti e il Pil. Un paniere di numeri e un meccanismo non difficile da capire anche per i non addetti ai lavori quando si guardano i grafici: se l'Italia fosse la fotocopia della media dell'Unione o dell'euro il valore del Superindice sarebbe zero.
29 ottobre 2016
Giuditta Marvelli - www.brunoleoni.it
Tratto da