Il Codice
Parte superiore della stele che riporta il codice di Hammurabi
A causa delle dimensioni che aveva progressivamente acquisito il regno di Babilonia, per Hammurabi divenne sempre più difficile amministrare direttamente tutti i popoli riuniti sotto un unico "pastore". Da qui la necessità di un codice di leggi che permettesse di rendere giustizia in modo uniforme che fosse giudice il sovrano stesso o un suo delegato. Il Codice di Hammurabi, scoperto dall'archeologo francese Jacques de Morgan nell'inverno 1901-1902 fra le rovine della città di Susa, è una fra le più antiche raccolte di leggi. Si conoscono altre raccolte promulgate da re sumerici e accadici, ma non sono così ampie e organiche. Le disposizioni di legge contenute nel Codice sono precedute da un prologo nel quale Hammurabi si presenta come rispettoso della divinità, distruttore degli empi e portatore di pace e di giustizia. Queste disposizioni di legge hanno la caratteristica di essere costruite su fatti reali e controversie tipiche della vita babilonese e sono, pertanto, facilmente comprensibili anche per ua persona non specialista.
Questa raccolta di 282 leggi fu scolpita in caratteri cuneiformi su di una stele raffigurante alla sommità il re in piedi, in atteggiamento di venerazione di fronte a Shamash, dio solare della giustizia, maestosamente seduto sul trono. Il dio porge ad Hammurabi il codice delle leggi, che dunque sono considerate di origine sacra. La stele è di basalto nero, alta circa 225 cm; venne rinvenuta nella città di Susa (oggi Shush, capitale amministrativa della Contea di Shush, nella provincia iraniana di Khuzestan). Si ritiene che fosse originariamente esposta nella capitale, e che sia stata trasportata nel luogo del ritrovamento come bottino di guerra dall'esercito elamita. Dato che nella stessa Susa fu trovato un esemplare analogo, molto probabilmente si trattava di un'opera eseguita in serie, di cui esistevano numerose copie. L'assiriologo Jean-Vincent Scheil, che faceva parte della missione archeologica durante la quale fu scoperto il Codice di Hammurabi, in meno di un anno riuscì a decifrarlo e nel 1904 ne pubblicò la traduzione. Attualmente si trova a Parigi, nel Museo del Louvre.
Il corpus legale è suddiviso in capitoli che riguardano varie categorie sociali e di reati, e abbraccia in pratica tutte le possibili situazioni dell'umano convivere di quel tempo, dai rapporti familiari a quelli commerciali ed economici, dall'edilizia alle regole per l'amministrazione della cosa pubblica e della giustizia. Le leggi sono notevolmente dettagliate, e questo ha fornito un aiuto prezioso agli archeologi, consentendo loro di ricostruire importanti aspetti pratici della società mesopotamica. L'importanza del codice di Hammurabi risiede certo nel fatto che si tratta di una delle prime raccolte organiche di leggi a noi pervenuta, ma soprattutto nel suo essere pubblico, o per meglio dire pubblicamente consultabile, esplicitando il concetto giuridico della conoscibilità della legge e della presunzione di conoscenza della legge. Il cittadino babilonese aveva perciò la possibilità di verificare la propria condotta secondo le leggi del sovrano, e quindi di evitare determinati comportamenti, o di scegliere di attuarli a suo rischio e pericolo. Per la prima volta nella storia del diritto, i comportamenti sanzionabili e le eventuali pene vengono resi noti a tutto il popolo (o almeno a chi fosse in grado di leggere).
Il codice fa un larghissimo uso della legge del taglione (dal latino talis), ben nota nel mondo giudaico-cristiano per essere anche alla base della legge di Mosè. La pena per i vari reati è infatti spesso identica al torto o al danno provocato: volgarmente il principio è colloquialmente espresso dalla locuzione occhio per occhio, dente per dente, come appare nella Bibbia: «Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all'altro.» (Levitico 24, 19-20). Ad esempio la pena per l'omicidio è la morte: se la vittima però è il figlio di un altro uomo, all'omicida verrà ucciso il figlio; se la vittima è uno schiavo, l'omicida pagherà un'ammenda, commisurata al "prezzo" dello schiavo ucciso. Il codice suddivide la popolazione in tre classi:
awilum (lett. "uomo"), cioè il cittadino a pieno titolo, spesso nobile,
muškenum, uomo "semilibero", cioè libero ma non possidente,
wardum (fem. amat), cioè lo schiavo, che poteva essere acquistato e venduto.
Le varie classi hanno diritti e doveri diversi, e diverse pene che possono essere corporali o pecuniarie. Queste ultime sono commisurate alle possibilità economiche del reo, nonché allo status sociale della vittima. Non viene riconosciuto nel Codice il diritto di responsabilità personale, ossia la pena non è differente a seconda che il danno commesso sia volontario o colposo. Un esempio classico è l'architetto che progetta una casa; se essa crolla e uccide coloro che vi abitano, la colpa è di chi l'ha progettata, e la pena è come se egli avesse ucciso di persona le vittime. L'impostazione basata sulla legge del taglione modifica il pensiero giuridico dominante nel periodo precedente, attestato dal Codice di Ur-Namma, che prevedeva per alcuni reati semplici sanzioni pecuniarie invece di quelle fisiche. È possibile che questo cambiamento sia da attribuire alla diversa composizione della popolazione sud mesopotamica del periodo: nel XXI secolo a.C., data a cui risale il codice di Ur-Namma, i sovrani erano ancora di origine sumerica e la popolazione accadica era solo una parte, sebbene importante, del totale. Nel XVIII secolo a.C. gli accadi, semiti, erano ormai la maggioranza e le stesse leggi vennero scritte in akkadico anziché in sumerico. Il Codice di Hammurabi è un interessante documento sulla società paleo-babilonese e anche il monumento più significativo di quest'epoca purtroppo avara di ritrovamenti archeologici, in quanto gli strati della città di Babilonia databili a quel periodo si trovano sotto gli imponenti edifici delle epoche successive.
Il codice è diviso in tre parti:
- un prologo, che insiste sulla devozione del re verso gli dèi che lo hanno scelto per governare
- un epilogo, che continene maledizioni rivolte a coloro che intendono modificare o annullare le leggi
- il vero e proprio corpus normativo.
Il prologo
"""Quando Anu il Sublime, Re dell’Anunaki, e Bel, il signore di Cielo e terra, che stabilirono la sorte del paese,
assegnarono a Marduk, il pantocratore figlio di Ea, Dio della giustizia, il dominio su ogni uomo sulla faccia della
terra, e lo resero grande fra gli Igigi, essi chiamarono Babilonia dal suo illustre nome, lo resero grande sulla terra,
e vi fondarono un sempiterno regno, le cui fondamenta sono poste tanto saldamente quanto quelle di cielo e
terra; poi Anu e Bel chiamarono per nome me, Hammurabi, il principe esaltato, che temeva Dio, ad imporre la
giustizia sul paese, a distruggere gli empi e i malfattori; così avrei regnato sulla gente dalla-testa-nera con la
supervisione di Shamash, ed illuminato il paese, per accrescere il benessere dell’umanità. Hammurabi, il principe, chiamato di Bel io sono, che in multiformi modi rendo ricche e prospere Nippur e Dur-ilu oltre ogni confronto, sublime patrono di E-kur; colui che ha ristabilito Eridu e purificato l’adorazione di E-apsu; colui che ha conquistato i quattro quarti del mondo, reso grande il nome di Babilonia, rallegrato il cuore di Marduk, suo signore quotidianamente venerato in Saggil; il tralcio reale creato da Sin; colui che ha arricchito Ur; l’umile, il reverente, che fa il bene di Gish-shir-gal; il re bianco, udito a Shamash, il potente, colui che ha rifondato Sippara; colui che ha rivestito di verde i mausolei di Malkat; colui che ha fatto grande E-babbar, che è come i cieli, il guerriero che
difese Larsa e rinnovò E-babbar, con Shamash per suo ausilio; il signore che ha decretato nuova vita per Uruk, portando acque abbondanti ai suoi abitanti, sollevato la testa di Eanna, e reso compiuta la bellezza di Anu e Nana; scudo del paese, che ha riunito gli abitanti dispersi di Isin; che ha riccamente dotato E-gal-mach; il re protettore della città, fratello del dio Zamama; colui che ha risolutamente fondato le fattorie di Kish, incoronato
di gloria E-me-te-ursag , raddoppiato i grandi tesori di Nana, governato il tempio di Harsag-kalama; la tomba del nemico, il cui aiuto arreca vittoria; colui che aumentò la potenza di Cuthath; cosparse di gloria E-shidlam, il nero timone, che precipitò nel vituperio il nemico; amato dal dio Nebo, che rallegrò gli abitanti di Borsippa, il sublime; che è infaticabile per E-zida; il divino re della città; il Bianco, Saggio; colui che ampliò i campi di Dilbat, che ha magnificato i raccolti di Urash; il Potente, il signore a cui vanno scettro e corona, di cui è rivestito; l’Eletto di Ma-ma; colui che fissò i sostegni del tempio di Kesh, che arricchì le feste di Nin-tu; il provvidente, sollecito, che fornì cibo e bevande a Lagash e Girsu, che fornì vaste offerte sacrificali al tempio di Ningirsu; che catturò il nemico, l’Eletto dell’oracolo che avverò la predizione di Hallab, che rallegrò il cuore di Anunit; il principe puro, la cui preghiera è accetta da Adab; che soddisfò il cuore di Adad, il guerriero, in Karkar, che riparò i vascelli per adorare in E-ud-gal-gal; il principesco re della città, l’irresistibile guerriero, che permise la vita degli abitanti di Mashkanshabri, e portò abbondanza al tempio di Shidlam; il Bianco, Potente, che penetrò la caverna segreta dei banditi, salvò dalla sciagura gli abitanti di Malka, e ristabilì presto nella prosperità la loro patria; che istituì doni sacrificali puri per Ea e Dam-gal-nun-na, che fece il suo regno eternamente grande; il re principesco della città, che assoggettò le lande sul Canale Udkib- nun-na alla potestà di Dagon, suo Creatore; colui che risparmiò gli abitanti di Mera e Tutul; il principe sublime, che fa splendere la faccia di Ninni; che offre pietanze sacre alla divinità di Nin-a-zu, che si curò dei suoi abitanti nel momento del bisogno, mise a loro
disposizione una parte di Babilonia in pace; il custode degli oppressi e degli schiavi; le cui azioni trovano favore di fronte ad Anunit, che provvide per Anunit nel tempio di Dumash alle porte di Agade; che riconosce il giusto, che governa con la legge; che restituì alla città di Ashur il suo dio protettore; che permise che il nome di Ishtar di Ninive rimanesse in Emish-mish; il Sublime, che si umilia di fronte ai grandi dei; successore di Sumula-il; il potente figlio di Sin-muballit; il tralcio reale di Eternità; il potente monarca, il sole di Babilonia, i cui raggi diffondono luce sul paese di Sumer ed Akkad; il re, obbedito dai quattro quarti del mondo, Amato da Ninni, io sono. Quando Marduk mi mandò a regnare sugli uomini, a dare la protezione del diritto al paese, io feci il giusto e ciò che corrispondeva a giustizia in …, e determinai la salvezza degli oppressi."""
Le 282 sentenze (ne riporto, a titolo di esempio, solo dieci; chi fosse interessato a tutto il corpo normativo clicchi qui).
1. Qualora qualcuno accusi un altro, ponendo un bando su di lui, ma non possa
provare l'accusa, allora quello che ha accusato sia messo a morte.
2. Qualora qualcuno abbia portato un'accusa contro un uomo, e l'accusato salti nel fiume,
qualora egli affondi nel fiume l'accusatore prenda possesso della sua casa. Ma qualora il
fiume provi che l'accusato non è colpevole, e qualora ne esca indenne, allora chi aveva
portato l'accusa sia messo a morte, mentre chi era saltato nel fiume prenderà possesso
della casa appartenuta all'accusatore.
3. Qualora qualcuno porti un'accusa di qualche crimine davanti agli anziani, e non provi
ciò che ha denunciato, qualora si tratti di un crimine per cui è prevista la pena capitale, sia
messo a morte.
4. Qualora egli convinca gli anziani ad imporre una multa in cereali o denaro, riceva la
multa che l'azione produce.
5. Qualora un giudice esamini un caso, raggiunga una decisione, e presenti il suo giudizio
per iscritto; qualora poi appaia un errore nella sua decisione, e ciò dipenda da sua
colpa, paghi allora dodici volte la multa da lui stabilita nel caso, e sia pubblicamente
rimosso dal posto di giudice, né mai più vi sieda per rendere giustizia.
6. Qualora qualcuno derubi la proprietà di un tempio o della corte, sia messo a morte, e
così chi riceva la refurtiva da lui sia messo a morte.
7. Qualora qualcuno compri dal figlio o dallo schiavo di un altro uomo, senza testimoni o
un contratto, argento o oro, un bue o una pecora, un asino o qualunque cosa, o qualora
egli ne prenda dominio, è considerato un ladro, e sia messo a morte.
8. Qualora qualcuno rubi bestiame o pecore, o un asino, o un maiale o una capra, qualora
esso appartenga a un dio o alla corte, il ladro paghi trenta volte tanto; qualora
appartengano a un uomo liberato del re paghi egli il decuplo; qualora il ladro non abbia
nulla con cui pagare, sia messo a morte.
9. Qualora una persona perda un bene, e lo ritrovi in possesso di un altro: qualora il
possessore dica "Un mercante me l'ha venduto, ho pagato un prezzo di fronte a testimoni",
ed il proprietario della cosa dica, "Porterò testimoni che conoscono la mia proprietà",
allora l'acquirente porti il mercante che gliel'ha venduto, ed i testimoni dell'acquisto, ed il
proprietario porti i testimoni che possono identificare la sua proprietà. Il giudice esamini
le loro testimonianze - tanto dei testimoni davanti ai quali fu pagato, quanto di coloro che
identificano sulla parola il bene perduto. Il mercante allora si dimostra un ladro e sia
messo a morte. Il proprietario del bene smarrito riceve la sua proprietà, e chi l'aveva
comprato riceve il denaro pagato dal patrimonio del mercante.
10. Qualora l'acquirente non porti il mercante e i testimoni davanti ai quali ha comprato il
bene, ma il proprietario porta testimoni che lo identificano, allora il compratore è un ladro
e sia messo a morte ed il proprietario riceve il bene perduto.
Da queste leggi si deduce che la famiglia è il mattone fondante della società babilonese. Il matrimonio è l'atto principale per la creazione di una famiglia ed esso consiste nel far passare la donna dall'autorità del padre a quella del marito. Ogni donna, pertanto, viveva o nella casa del padre o in quella del marito. Le uniche donne che non rientravano in questo schema erano le vedove, le donne consacrate a una divinità e le prostitute. Il divorzio era ammesso unilateralmente; il marito dichiarava davanti a testimoni "Tu non sei più mia moglie" e la moglie doveva tornare dal padre portando con sè la sua dote. Se la moglie era colta in flagrante veniva messa a morte con il suo amante a meno che il marito non le concedesse la grazia. Lo stato giuridico di ciascuno veniva trasmesso per filiazione: si nasceva liberi o schiavi. Anche la posizione sociale, il patrimonio e il mestiere si trasmettevano ereditariamente. La famiglia costituiva anche un'unità religiosa che dedicava un culto privato a una specifica divinità e ai propri antenati.Se un bambino veniva affidato a un artigiano per impararne il mestiere, il bambino risultava adottato dall'artigiano, ma se l'artigiano non gli insegnava la sua arte il bambino poteva tornare dal padre. L'adozione era un'istituzione essenziale, come lo sarà per il diritto romano; per le coppie senza discendenza la trasmissione della dinastia e/o del patrimonio poteva avvenire tramite un'adozione. Il figlio adottivo si vedeva garantire il diritto all'eredità, anche se la coppia avesse avuto altri figli dopo l'adozione; il figlio adottato sarebbe rimasto, inoltre, figlio primogenito. Un bambino adottato non poteva essere reclamato dai genitori biologici a meno che si trattasse di un trovatello che volesse lui stesso rintracciare i propri veri genitori.
L'economia al tempo di Hammurabi è stata spesso definita "economia palaziale". Prendendo a prestito la definizione di J.P. Vernant "La vita sociale appare centrata attorno al palazzo reale il cui ruolo è allo stesso tempo religioso, politico, militare, amministrativo ed economico. In questo sistema di economia palaziale il re accentra e unifica nella sua persona tutti gli elementi del potere, tutti gli aspetti della sovranità. Attraverso l'intermediazione degli scribi, che formano una classe professionale ancorata alla tradizione, grazie a una gerarchia di dignitari di palazzo e di ispettori reali, il re controlla e regolamenta tutti i settori della vita economica e tutti i campi dell'attività sociale". In realtà oltre a questo mondo avente per baricentro il palazzo reale, nell'impero babilonese esiste anche un tessuto di piccoli artigiani, anche se il potere economico è basato essenzialmente sulla produzione agricola. Questa viene realizzata da soggetti ai quali il re concede titoli di attribuzione; questi soggetti sono spesso militari congedati. La teoria di un monopolio reale non è corretta vi sono, infatti, documenti che provano come cittadini di diverse estrazioni possedessero greggi di ovini e sono stati trovati documenti che attestano la vendita di greggi tra privati.
L'economia babilonese si può definire come "premonetaria"; l'argento vi circolava sotto forme diverse e veniva pesato per ogni singola transazione. Un altro tipo di "moneta" era il gur di grano (circa 2.400 litri). Nel Codice alcune leggi sono dedicate alla determinazione di prezzi e salari: "Se qualcuno assume un aratore, dovrà dargli 8 gur di grano all'anno, se assume un bovaro dovrà dargli 6 gur di grano all'anno. Se qualcuno ha affittato dei buoi, un carro e il suo conducente dovrà pagare 180 litri di grano al giorno. Se ha affitttao solo il carro dovrà dare 40 litri di grano al giorno. ... Se qualcuno ha assunto un salariato dall'inizio dell'anno fino al quinto mese dovrà dargli 6 grani d'argento (26 mg) al giorno, dal sesto mese fino alla fine dell'anno dovrà dargli cinque grani d'argento (22 mg) al giorno. ".
L'epilogo
""Io sono Hammurabi, re nobile. Non sono stato incurante e negligente nei confronti degli uomini che Enlil mi ha affidato e che Marduk mi ha dato da pascolare. Ho cercato per loro dei luoghi pacifici, ho allontanato grandi pericoli e diffuso su loro la luce. Con l'arma potente che gli dei Zababa e Estar mi hanno donato, con la saggezza che il dio Ea mi ha destinato, con la capacità che Marduk mi ha dato, ho fatto sparire i nemici da ogni dove, ho messo fine ai combattimenti, ho accresciuto il benessere del paese, ho fatto riposare i popoli degli insediamenti nei verdi pascoli, non ho permesso a nessuno di nuocere loro. Poiché i grandi dei mi hanno eletto, io sono il pastore che conduce sano e salvo, il cui scettro è diritto: la mia ombra protettrice si estende sulle città, ho tenuto le genti di Sumer e di Akkad sul mio petto. Grazie al mio genio protettore, essi hanno prosperato, io li ho mantenuti sani e salvi, grazie alla mia saggezza, li ho protetti"". Qui il discorso è plasmato in rapporto al popolo che il re deve governare: sono cancellati gli accenti battaglieri. Non si tratta tanto di sconfiggere il nemico, quanto di far cessare la guerra e far vivere il popolo in pace, grazie all'aiuto degli dei.
Un brano sempre dell'epilogo presenta, invece, con estrema violenza la maledizione della dea Estar contro un eventuale futuro re che non rispettasse il Codice.
""" Che la dea Estar, regina della battaglia e del combattimento, che sfodera le mie armi, la mia benevola protettrice, che ama il mio regno, maledica il suo regno con cuore furioso e grande rabbia; che renda cattivi i suoi rapporti con gli alleati; che rompa le sue armi sul luogo della battaglia e del combattimento; che susciti contro di lui disordine e rivolta; che faccia cadere i suoi guerrieri, che imbeva la terra con il loro sangue; che ammucchi nella pianura i cadaveri dei suoi soldati; che non mostri alcuna compassione per il suo esercito. Quanto a lui, che ella lo consegni ai suoi nemici e lo conduca in catene al paese nemico. """
Giova notare che la stele trovata a Susa è la principale testimonianza del Codice a noi pervenuta, ma non è l'unica. Frammenti di questo testo ci sono giunti da tavolette e altre incisioni risalenti non solo al periodo paleo-babilonese ma anche ad epoche di molto successive a dimostrazione che l'opera era divenuta un classico, che le leggi di Hammurtabi avevano un valore giuridico formativo dopo secoli e che il Codice era diventato un'opera classica per l'educazione e la formazione dei giovani e degli scribi. Il codice per i babilonesi è confrontabile con le opere di Cicerone per i latini. Numerosi manoscritti del Codice erano anche presenti nella celeberrima biblioteca che il re Assurbanipal aveva costituito a Ninive nel VII secolo.
Eugenio Caruso - 17 novembre 2016
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