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Luisa Spagnoli dalla Perugina all'abbigliamento

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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spagnoli 2

Luisa Spagnoli
Perugia, 30 ottobre 1877 - Parigi, 21 settembre 1935
Nasce a Perugia in una famiglia di origini meridionali. Dopo aver frequentato la scuola primaria nel capoluogo umbro, si iscrive al ginnasio cittadino, con l’intenzione di entrare nella Scuola normale femminile. A tredici anni deve interrompere gli studi per affiancare il padre, pescivendolo, nell’attività commerciale familiare (questa nel 1904 si trasformerà in uno spaccio alimentare al dettaglio).
L’attività contabile e commerciale svolta alle dipendenze del padre rappresenta un importante tirocinio e un’occasione per entrare in contatto con esponenti della piccola borghesia imprenditoriale perugina. Conosce Annibale Spagnoli, anch’egli di estrazione sociale modesta e indicato come “musicante” nell’atto di matrimonio con Luisa Sargentini del 1899. Nel dicembre del 1901 la coppia rileva un negozio di drogheria, con annesso un piccolo laboratorio per la produzione artigianale di confetture. La giovane imprenditrice decide con il marito di ampliare l'attività alla produzione di confetti, caramelle e cioccolato: per rispondere alla domanda in crescita servivano però capitali, macchine e una nuova organizzazione aziendale.
Nel 1907 Annibale Spagnoli si associa con tre importanti esponenti della borghesia cittadina, Francesco Buitoni, Leone Ascoli e Francesco Andreani, nella creazione di una nuova impresa: la Società Perugina per la fabbricazione dei confetti. Fra i soci il più importante era senz’altro il primo, figlio del fondatore del pastificio omonimo e direttore dello stabilimento Buitoni di Perugia, fondato nel 1878.
Gli esordi della Perugina non sono brillanti: la scarsità di capitali e le difficoltà incontrate da Annibale Spagnoli nel suo ruolo di responsabile tecnico portano la società sull’orlo del fallimento. In queste condizioni, alla fine del 1909, l'azienda viene affidata al terzogenito di Francesco Buitoni, il diciottenne Giovanni Buitoni. L’anno successivo Luisa Spagnoli fa il suo ingresso ai vertici della Perugina, subentrando nei ruoli e nelle prerogative gestionali al marito, in precarie condizioni di salute, e si trova ad affrontare una situazione di grave dissesto. Le cause di tale situazione andavano ricercate nella trascuratezza della gestione amministrativo-contabile e in alcuni errori di fondo della politica commerciale fino ad allora seguita, rivolta a penetrare i ricchi mercati dell’Italia settentrionale, dove operavano aziende consolidate ed era particolarmente forte la concorrenza straniera.
In questa fase di difficoltà, l’imprenditrice matura la convinzione che il rilancio della Perugina sia da legare alla trasformazione delle abitudini alimentari nazionali: le tavole degli italiani iniziavano infatti ad arricchirsi con prodotti industriali, come dimostrava il successo del formaggio creato in quegli anni da Egidio Galbani, il Bel Paese. Se in passato il cioccolato era stato un prodotto elitario consumato in specifiche occasioni, l'espansione dei ceti medi e il crescente benessere moltiplicavano le occasioni d’uso dei dolci prodotti dall’azienda perugina. Inoltre, il cioccolato nazionale poteva essere di qualità analoga a quello svizzero, ma meno costoso e più fresco in quanto non doveva affrontare lunghi viaggi per raggiungere i negozi. Queste considerazioni motivano la volontà dell'imprenditrice di ampliare la scala di produzione: trova quindi nel giovane Giovanni Buitoni il partner ideale per rilanciare la Perugina; il rapporto lavorativo diventerà ben presto anche un legame sentimentale. Buitoni si dimostra fin da subito dotato di spiccate qualità imprenditoriali, diventando il protagonista del risanamento e dello sviluppo della Perugina, e poi della crescita dell’insieme delle aziende del gruppo che porta il nome della famiglia.
Spagnoli e Buitoni ridisegnano la politica commerciale dell'impresa, agendo sui costi di produzione e concentrando la loro attenzione dapprima sui mercati locali e poi su quelli centro-meridionali. Nel 1912, inoltre, inaugurano il ricorso a forme di pubblicità a premio, inserendo figurine nei prodotti, come facevano già da tempo diverse aziende italiane e straniere. Contemporaneamente i due imprenditori delineano un piano di ampliamento strutturale dell’impresa. Nel 1913 si avvia la costruzione di un nuovo stabilimento vicino alla stazione ferroviaria, a Fontivegge, che inizia la sua attività due anni dopo, segnando la trasformazione della Società Perugina per la fabbricazione dei confetti da piccola attività manifatturiera semiartigianale a vera e propria impresa industriale.
Nel periodo della prima guerra mondiale Luisa Spagnoli si trova a guidare la Perugina con la piena responsabilità gestionale. L’arruolamento di Buitoni e di altri manager costringe, infatti, l’imprenditrice ad assumere una serie di decisioni necessarie per affrontare l’emergenza bellica.
L’apertura del nuovo stabilimento e l’entrata in guerra dell’Italia provocano due effetti. In primo luogo la limitazione di materie prime come lo zucchero e il carbone incide sulla produzione di caramelle e confetti. In seconda battuta, tuttavia, gli eventi segnalano la lungimiranza dell'intuizione di Luisa Spagnoli sull'andamento dei consumi di cacao e cioccolato: grazie all’incentivo delle commesse militari, si amplia infatti la produzione di merci a base di cacao e si configura per la prima volta in Italia la possibilità di trasformare un mercato di nicchia in un mercato di massa. Tra il 1915 ed il 1918 il fatturato della Perugina aumenta da 470.000 a 3,3 milioni di lire, raggiungendo nel 1919 la cifra di 5,3 milioni di lire. Questa crescita impone un ulteriore espansione della capacità produttiva, con l’acquisto di moderni macchinari tedeschi, secondo un piano di ammodernamento dello stabilimento e di ampliamento della rete di vendita che verrà completato nel 1921.
Nel 1920 l’azienda assume la nuova denominazione di La Perugina - Cioccolato e Confetture, e vengono confermate le cariche di vertice: Giovanni Buitoni come direttore generale, Annibale Spagnoli come direttore tecnico e Luisa Spagnoli come direttore della produzione. Il successo della Perugina negli anni Venti e Trenta è legato ad alcuni prodotti e a nuove formule commerciali ideate da Luisa Spagnoli e destinati ad attraversare tutto il secolo.
Tra il 1916 e il 1920 l’imprenditrice crea numerosi prodotti che acquisiscono fin da subito una grande notorietà; fra questi si annoverano i cioccolati Thais al latte, Tebro alla vaniglia, Luisa fondants e Grifo al latte e caffè, e i bombons Malia e Amor. L'innovazione alla Perugina si dispiega dalla produzione al marketing. In collaborazione con il direttore artistico della Perugina, Federico Seneca, uno dei più originali grafici e disegnatori italiani dell’epoca, Spagnoli e Buitoni sfruttano in modo massiccio lo strumento pubblicitario, ridefinendo l'immagine dell'impresa sia attraverso la grafica - dal packaging alla cartellonistica -, sia nell'uso degli slogan, a partire dal fortunato lancio per la tavoletta di cioccolato Luisa che, secondo la campagna promozionale, possedeva il “valore nutritivo di un pollo intero”.
Il salto di qualità realizzato dalla Perugina è legato però alla produzione dei Baci. Questo cioccolatino, ideato da Spagnoli nel 1922 per utilizzare gli scarti di lavorazione dei cioccolatini e la granella di nocciole, diventerà il prodotto icona dell'azienda: inizialmente denominato “cazzotto”, per la forma che ricordava un pugno chiuso, e successivamente “bacio”, il cioccolatino segna per l’azienda una vera e propria impennata delle vendite, oltre che l'esordio sui mercati internazionali. Contemporaneamente l’imprenditrice sostiene il rapido ampliamento della rete commerciale e la promozione delle prime forme di vendita diretta dei prodotti dell’azienda. Nel 1919 viene aperto il primo negozio di proprietà a Perugia e nel 1921 è inaugurato il primo esercizio di vendita al minuto fuori dal capoluogo umbro, il negozio di Foligno. Un nuovo sviluppo nella commercializzazione risale al 1924 con l’apertura del negozio di Napoli, il più grande centro urbano del Meridione, in linea con la strategia perseguita sin dai primi anni di evitare la competizione con i gruppi dolciari del Nord e di orientare lo sviluppo dell’azienda nei meno competitivi mercati del Centro-Sud. Luisa Spagnoli sostiene senza riserve lo sviluppo del marketing e la scelta di destinare quote rilevanti del bilancio alle campagne promozionali: nel 1924 le spese per la pubblicità arriveranno a rappresentare il 20% dei costi di produzione, diventando a tutti gli effetti uno dei principali strumenti d’affermazione dell'impresa sui mercati.
Nel 1923 si realizza una svolta nella storia aziendale, in seguito alla trasformazione della Perugina in società per azioni. Il progetto dà luogo a uno scontro aspro che si conclude con un accordo: Francesco Buitoni liquida alla fine gli altri soci, diventando azionista di maggioranza dell’impresa. Mentre i Buitoni assumevano il controllo della Perugina, i rapporti tra i due coniugi Spagnoli erano giunti a un punto di rottura: Luisa rivendica quindi per sé e i figli una parte della quota azionaria di proprietà del marito, come riconoscimento della sua più che decennale attività ai vertici dell'impresa. La ristrutturazione porta inoltre a un passaggio generazionale nel management dell’azienda, e Mario Spagnoli, primogenito di Luisa e Annibale, subentra alla madre nella direzione tecnica e produttiva.
Cedute al figlio le responsabilità gestionali nell’azienda, Spagnoli trasferisce il proprio impegno nell’organizzazione delle iniziative assistenziali e dopolavoristiche a favore dei dipendenti della Perugina. Nella Perugina degli anni Venti, Spagnoli si fa portatrice di un’idea di welfare aziendale destinata ad avere una forte valenza tanto ai fini del consenso all’interno della fabbrica, che dell’immagine esterna dell’impresa. L’imprenditrice crea ex novo o potenzia una serie di servizi di natura economica, quali la cassa-mutua malattie, l’abbonamento all’assistenza sociale di fabbrica, la cassa interna di deposito dei risparmi; organizza inoltre corsi serali di igiene domestica per le operaie e di lingue straniere per gli impiegati, una sezione sportiva e una filarmonica, mentre nel 1926 lo stabilimento viene dotato di un servizio mensa, di una sala di allattamento e in seguito, di un asilo nido.
Alla fine degli anni Venti, una volta assicurato il successo commerciale della Perugina e definiti i nuovi assetti societari, Luisa Spagnoli si trasferisce nella villa di famiglia a Santa Lucia, poco fuori Perugia, e utilizza il parco per l’allevamento di animali domestici ed esotici. Nel 1928 inizia a selezionare esemplari di coniglio d’angora, una specie domestica mai allevata sistematicamente in Italia, per raccoglierne la lana e produrre un filato da utilizzare nel settore dell’abbigliamento. I primi esprimenti si rivelano tuttavia un insuccesso. Il filato, fatto in casa, risulta rigido e inutilizzabile ai fini della produzione. I successivi tentativi permettono a Spagnoli di individuare diverse modalità di tintura, calda e umida, in grado di ammorbidire la lana.
All’inizio del 1929 l’imprenditrice dispone di un filato d’angora italiano, meno costoso di quello importato, che può essere lavorato su vasta scala servendosi delle filatrici a domicilio della campagna umbra. L’obiettivo iniziale è quello di mettere il prodotto al servizio della Perugina, che può così offrire capi di maglieria pregiata nell’ambito di un concorso a premi legato all’acquisto delle uova di Pasqua di cioccolato. Tra il 1930 e il 1932 l’imprenditrice compie all’interno dello stabilimento Perugina di Fontivegge i primi esperimenti di lavorazione industriale della lana d'angora, mirata al confezionamento di scialli, pullover e maglie. In breve tempo crea una rete di allevatori che arriva a contare oltre ottomila fornitori nella sola Italia centrale. I prezzi proposti agli allevatori per la lana risultano superiori a quelli offerti dal settore della macellazione e viene inoltre definita una politica per incentivare il miglioramento della qualità della lana, basata su sovrapprezzi riconosciuti ai fornitori migliori.
Grazie alla qualità delle lavorazioni, in grado di rivaleggiare con i migliori capi di importazione, la produzione di abbigliamento confezionato della nuova società Angora Luisa Spagnoli conosce un rapido sviluppo, godendo nella seconda metà degli anni Trenta dell’ulteriore vantaggio rappresentato dai sussidi autarchici a favore dei prodotti tessili sostitutivi delle importazioni (le fibre artificiali prodotte dall’industria chimica nazionale, ma anche le fibre “alternative” quali la lana d’angora nazionale e il lanital, ricavato dalla caseina). La malattia impedirà a Luisa Spagnoli di partecipare alla trasformazione industriale dell'impresa: nel secondo dopoguerra, sotto la guida del figlio Mario e, in seguito, del nipote Lino, il nome dell'imprenditrice diventerà un noto marchio nel settore del tessile e abbigliamento nazionale. Luisa Spagnoli muore a Parigi nel 1935, a cinquantasette anni, assistita da Giovanni Buitoni, con il quale aveva costruito le fortune della Perugina.
Risorse archivistiche e bibliografiche
Documenti per un profilo biografico e materiali fotografici e video sono conservati presso il Museo Luisa Spagnoli di Perugia. V. Corvisieri, Una famiglia di imprenditori del Novecento. Gli Spagnoli da Assisi a Perugia (1900-1970), Perugia, Salvi, 2001; G. Buitoni, Storia di un imprenditore, Milano, Longanesi, 1973; F. Chiapparino - R. Covino, La fabbrica di Perugia. Perugina 1907-2007, Terni-Perugia, Icsim-Comune di Perugia, 2008. La Rai ha prodotto il documentario Luisa Spagnoli, le operaie e gli altri: una storia in tempo di autarchia, on line nel canale Rai La storia siamo noi.

Eugenio Caruso - 9 maggio 2017

Tratto da

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www.impresaoggi.com