INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI
In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.
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Z - Lino Zanussi
Angelo Costa
Genova, 18 aprile 1901 - Genova, 2 luglio 1976
Nasce in una famiglia di tradizioni mercantili; terzo di sette figli, dopo gli studi superiori all’istituto Arecco, frequentato dalla borghesia cittadina, si iscrive alla scuola superiore di commercio dell’Università di Genova, dove ha per insegnante Gino Zappa. Si laurea nel 1924 e inizia l’apprendistato imprenditoriale nella ditta familiare, impegnata da due generazione nel commercio di esportazione dell'olio di oliva con il marchio Olio Dante.
In questi anni i Costa cominciano a differenziare l'attività con la costruzione di uno stabilimento per la raffinazione dell’olio a Sampierdarena, mentre si volgono al settore armatoriale con l'acquisto, nel 1924, di un piroscafo destinato a percorrere le rotte del Mediterraneo per raggiungere i centri in Asia Minore, Grecia, Tunisia in cui caricare l’olio in fusti e trasportarlo poi a Sampierdarena; a questo si aggiungono nel 1928 e nel 1931 altre due imbarcazioni adibite al trasporto di merci anche per conto di terzi.
L'espansione dell'impresa è compromessa dalla grande crisi internazionale iniziata nel 1929: il crollo degli scambi commerciali induce i Costa a pianificare una complessa operazione di riconversione e diversificazione degli interessi. Nel 1932 avviano a Taranto la costruzione di un grande stabilimento per la raffinazione e l’estrazione dell’olio di oliva dalle sanse, destinato quindi alla lavorazione di materie prime nazionali e, nel 1935, di un impianto analogo a Bitonto. Fra il 1933 e il 1935 l'impresa estende l'attività armatoriale alle rotte transoceaniche, con l'acquisto di cinque navi da trasporto di grosso tonnellaggio: l'onere finanziario è sostenuto dal ricorso al credito bancario.
Negli anni della seconda guerra mondiale gli impieghi tradizionali dell'azienda di famiglia sono travolti dalle difficoltà causate dalla chiusura dei mercati e dalle distruzioni belliche: cessa quasi completamente il commercio di esportazione, l'obbligo dell’ammasso dell’olio d’oliva compromette l'attività sul mercato nazionale, mentre la flotta – che all'inizio della guerra era composta da otto navi, per una stazza complessiva di 27.534 tonnellate - viene affondata o resa inutilizzabile. In questo periodo la strategia imprenditoriale dei Costa vede la moltiplicazione degli impieghi in settori disparati: da quello immobiliare alla distillazione di vinacce, vino e frutti (in Puglia), dalla produzione e compravendita di mangimi alla lavorazione della latta all’estrazione dell’olio da semi oleosi, dalla filatura e tessitura della seta (in Piemonte), alla produzione di macchine utensili (a Voltri). Costa, già impegnato nel ramo armatoriale dell'azienda, assume nel 1943 la presidenza della Filanda e tessiture Costa.
Dai suoi scritti degli anni tra il 1942 e il 1945 emerge una visione liberistica coerente che sottolinea il legame culturale e ideale della famiglia con l’Italia prefascista. Il motivo del «liberismo pratico», in cui è presente la trama dei rapporti istituzionali, amministrativi, sociali e politici che fanno da ordito storico all’iniziativa economica, elaborato nel periodo della guerra, fa di Costa un interlocutore interessante nel dibattito che negli anni della ricostruzione contribuisce alla formazione del programma economico-sociale del movimento politico dei cattolici. La Confindustria, retta dal 1943 da una gestione commissariale, individua allora nell'imprenditore genovese - non compromesso con il regime fascista - la personalità adeguata a rappresentare l'immagine della nuova confederazione e a gestire i rapporti con la classe politica dell'Italia repubblicana; l'imprenditore genovese aveva inoltre attivamente collaborato alla preparazione del nuovo statuto confederale e partecipato all’accordo per l'introduzione della scala mobile: il 10 dicembre 1945 la prima assemblea nazionale dei delegati della Confindustria lo nomina presidente.
Tra la fine del 1945 e i primi del 1946, con il ritorno degli imprenditori alla guida delle aziende, finisce la vacanza di poteri nell’industria e si apre la questione dei rapporti con i sindacati. Le prese di posizione di Costa rappresentano la ferma volontà del fronte industriale di respingere qualsiasi soluzione che metta in discussione le prerogative e i poteri dell’imprenditore. Questione salariale e licenziamenti sono i punti caldi del confronto sindacale in un periodo che impone un processo di profonda riconversione industriale: si tratta di operare scelte dall'impatto sociale profondo, che Costa gestisce impostando una strategia sui due fronti, sindacale e politico. La sua iniziativa al vertice confindustriale trova infatti la piena copertura politica del partito democristiano, in particolare di De Gasperi e Fanfani (al ministero del Lavoro dal 1947 al 1950), ed è grazie alla coerenza della gestione Costa che l'organizzazione degli industriali può impegnarsi nella discussione degli indirizzi della politica economica e industriale dei governi centristi.
La gestione del Piano Marshall e la concomitante politica di bilancio e creditizia di quegli anni trovano sostanzialmente d’accordo Costa con la linea governativa. Divergenze crescenti si manifestano invece su altri aspetti della politica economica, dalle politiche pubbliche di sostegno dell’occupazione ai programmi di finanziamento e sviluppo delle partecipazioni statali, in particolare il nuovo statuto dell’IRI e la costituzione dell’ENI, alle politiche di liberalizzazione degli scambi e ai primi passi di unione doganale del mercato europeo. Nel nuovo scenario emerge la debolezza della posizione liberista sostenuta da Costa, mentre si delinea per la Confindustria un ruolo diverso da quello prefigurato dal presidente, in cui prevale una linea di difesa degli interessi industriali e un minore coinvolgimento nelle scelte del potere politico. Costa lascia la presidenza della Confindustria in occasione dell’assemblea del febbraio 1955 e torna alla conduzione delle attività imprenditoriali della famiglia.
Dopo la guerra il gruppo imprenditoriale Costa è proprietario di medie e piccole imprese attive in vari rami, con interessi in tutto il paese, molte nel settore alimentare. È il caso degli stabilimenti dell’Italia meridionale e di quello di Sampierdarena, completato in quegli anni con una saponeria e una fabbrica per l'estrazione di olio dai semi oleosi, in un mercato che acquista rilevanza nel dopoguerra: i Costa, con lo stabilimento di Vignole Borbera e la partecipazione alla società SAVMA (un nuovo grande stabilimento per la lavorazione di semi di soia, il cui prodotto viene commercializzato con la marca Ojo), sono i primi in Italia a offrire il prodotto confezionato. Sempre nel comparto alimentare la ditta tratta anche la produzione e il commercio di mandorle, noci e nocciole e lavorazioni relative, di vini, liquori e relativi sottoprodotti, e il commercio e la lavorazione di prodotti ortofrutticoli. In prospettiva, questo ramo di attività assumerà però un peso minore nel volume di affari dell'impresa, perché gli sforzi maggiori sono indirizzati nell'immediato dopoguerra al settore armatoriale e a quello delle costruzioni.
Con la Società costruzioni immobiliari (SCI) i Costa operano infatti per la ricostruzione di stabilimenti industriali danneggiati dagli eventi bellici e, in seguito, tramite altre società appositamente costituite – la Langano, la Montemaggio, l’Immobiliare via Donghi, l’Immobiliare via Bovio spa – intervengono nel campo dell’edilizia residenziale e turistica, soprattutto in Liguria, Lombardia, Piemonte, Lazio e Puglia.
In campo armatoriale Costa si impegna per la ricostruzione della flotta commerciale, mentre nel 1948 ha inizio l’attività passeggeri, con rotte da Genova per il Sud America. Lo sviluppo del settore passeggeri è legato in questi primi anni del dopoguerra alla ripresa del flusso migratorio transoceanico che il fascismo e la guerra avevano interrotto.
Nel 1955 i Costa costituiscono la Lloyd tirrenico spa, con cinquanta milioni di capitale sottoscritto dalla Filanda e tessiture Costa, di cui presidente è ancora Costa, e dalla Langano spa, di cui amministratore unico è Giacomo Costa; la società, insieme alla Lloyd Tigullio, diretta da Mario Costa, è proprietaria della G. Costa fu Andrea, la società armatrice. Nel 1957 viene varata la Federico Costa, di 20.416 tonnellate, prima nave passeggeri costruita dalla Linea Costa con un mutuo ipotecario di 994 milioni stipulato presso l’Istituto mobiliare italiano; la nuova unità entra in esercizio nel 1959 con un viaggio per Buenos Aires.
All’inizio del 1960 la flotta dei Costa ammonta a 43.098 tonnellate di navi da carico e 74.787 tonnellate di navi passeggeri e nel 1962 la Lloyd tirrenico aumenta il capitale sociale da 50 a 500 milioni.
Nello stesso periodo i Costa partecipano alla costituzione della Rivalta Scrivia spa, una società con quattro miliardi e mezzo di capitale che annovera tra i soci l’Ifi-Fiat e la Pirelli, per la creazione di un grande centro di ricezione, deposito e distribuzione di merci vicino a Tortona, destinato a supportare l’area portuale di Genova.
Negli anni successivi la famiglia concentra l’intera attività armatoriale in un'unica impresa, la Costa armatori, con cinque miliardi di capitale sociale, che si trova a gestire i mutamenti nel campo dei trasporti. Al declino dei servizi di linea passeggeri sulle rotte transoceaniche corrisponde in quegli anni lo sviluppo del settore crocieristico: la quasi totalità delle navi di linea viene quindi trasformata e adibita all’esercizio delle crociere nel Mediterraneo, nei Caraibi e in Sud America.
In tutti questi anni, nonostante le trasformazioni degli assetti societari, tutte le attività del gruppo rimangono saldamente nelle mani dei sette membri della famiglia. A Costa è riconosciuta una posizione preminente all’interno dell'impresa e della famiglia: «una indiscussa superiorità intellettuale e manageriale», come ricorda il fratello gesuita, Giovanni.
Ma è ancora l'impegno sul fronte della rappresentanza imprenditoriale a calamitare le sue energie negli anni Sessanta: nel biennio 1959-1960 Costa torna ai vertici della Confindustria come vicepresidente a fianco di Furio Cicogna; già nel periodo di gestazione del centrosinistra sono molti gli industriali che sostengono il suo ritorno alla guida dell'organizzazione, puntando su un cambiamento di linea attraverso una figura di indiscusso prestigio, capace di svincolare l’organizzazione dalle prime file della polemica politica e seguire un orientamento più duttile anche sulle questioni sindacali. Costa rappresenta un punto di equilibrio all'interno dell’associazione, sia per il suo passato di dirigente confederale, sia per le capacità di mediazione più volte dimostrate; ma è anche esponente di un gruppo di interessi di primo piano a livello nazionale, al centro di relazioni finanziarie e industriali ramificate, tra l’altro come presidente della Banca d’America e d’Italia e vicepresidente della Pirelli. La sua rielezione alla presidenza della Confindustria nel maggio 1966 si impone quindi senza pregiudiziali come il ritorno a una guida sicura in un periodo in cui la situazione sembra normalizzata.
In realtà la seconda presidenza Costa porta il segno della sconfitta del modello normativo di relazioni industriali uscito dal dopoguerra: dapprima con il rinnovo, nel 1966, dell’accordo interconfederale sulle commissioni interne, che investe le rappresentanze sindacali della funzione contrattuale; poi, alla vigilia dell’autunno 1969, con le modifiche a quella struttura salariale di cui Costa era stato il maggior artefice negli anni della sua prima presidenza.
Mutati sono anche gli equilibri interni al fronte imprenditoriale, come dimostra la discussione aperta dopo il 1969 all'interno della Confindustria sulla natura, i compiti e l’immagine della stessa associazione confederale.
Molti sostengono allora la necessità di un rinnovamento dell’organizzazione che dia soluzione ai problemi gravi che il fronte padronale si trova ad affrontare. Costa comprende le cause di quella inquietudine degli imprenditori seguita alle sconfitte sul piano sindacale, ma dissente sui metodi e le procedure con cui vengono affrontati i problemi, senza riuscire a farsi interprete delle esigenze di nuova rappresentatività dell'organismo: in una lettera del gennaio 1970 a Leopoldo Pirelli, che presiede la commissione di studio per il nuovo statuto, sottolinea le difficoltà di introdurre nuove disposizioni statutarie prima dell’assemblea dei delegati, e la necessità di convocare quest’ultima secondo il vecchio statuto. Il 16 aprile Costa pronuncia all’assemblea la sua ultima dichiarazione come presidente e passa la mano a Renato Lombardi, con cui avranno corso le nuove modifiche statutarie, che prevedono il passaggio dal presidenzialismo alla collegialità.
Costa ha ancora un ruolo non secondario nel 1974, quando il contrasto con Eugenio Cefis anima la successione a Lombardi: è infatti esponente della commissione che propone la candidatura alla presidenza di Gianni Agnelli.
Muore a Genova nell'estate del 1976.
COSTA CROCIERE OGGI
Alla fine degli anni settanta il Gruppo genovese fu colpito dalla crisi finanziaria, e perciò si procedette con la ristrutturazione della società, trasformandola da azienda a conduzione familiare a una holding, con l'ingresso di nuovi soci, come quello della famiglia Romanengo che acquisì il 10% della Costa Armatori. Furono inoltre cedute tutte le altre attività della famiglia Costa, quelle relative al settore tessile e quello alimentare (produzione dell'olio d'oliva Dante), quest'ultima ceduta alla multinazionale Unilever. L'azienda quindi focalizzò i suoi interessi unicamente sul settore crocieristico e del trasporto merci, e nel 1985 inaugurò la nave Costa Riviera. Per il suo rilancio, l'azienda genovese nel 1986 fu riorganizzata come Costa Crociere S.p.A, il cui azionista di maggioranza rimase comunque la famiglia Costa, rappresentata da Nicola Costa in qualità di presidente. Al suo primo anno di attività la nuova compagnia, realizzò un fatturato attorno ai 240 miliardi di lire e offrì servizio a più di 160.000 passeggeri.
Nel 1989, Costa Crociere fece il suo ingresso nella Borsa.
Negli anni novanta Costa Crociere intensificò il ricorso alla promozione, finanziando campagne pubblicitarie sia sui quotidiani nazionali sia in televisione: nel 1993 lanciò la sua prima campagna televisiva in Italia con l'obiettivo di posizionare il prodotto crociera tra i giovani.
Con questa strategia, l'impresa riuscì a consolidare la propria leadership nel mercato crocieristico nazionale, e a rafforzare la propria presenza in Europa e USA, e nel 1995, Costa Crociere registrò un numero complessivo di circa 300.000 passeggeri trasportati in tutto il mondo, divenendo leader nel mercato europeo, e con un fatturato di 862 miliardi di lire.
Nel 1997, la famiglia Costa e altri investitori hanno ceduto per 455 miliardi di lire il pacchetto di maggioranza della società, alla Carnival Corporation e Plc, gruppo statunitense che riunisce le maggiori compagnie nel campo delle crociere del mondo e si definisce come World's Leading Cruise Lines.
Nell'agosto 2011 Costa Crociere ufficializza l'acquisto di una nuova nave con consegna nell'ottobre 2014; nello stesso comunicato rivela di aver ceduto Costa Marina, che ha lasciato la flotta nel novembre 2011.
Il 13 gennaio 2012 la nave Costa Concordia naufraga davanti al porto dell'Isola del Giglio a causa di una grossa falla provocata dall'impatto dello scafo con una formazione rocciosa affiorante. L'incidente causa la morte di 32 persone e il parziale affondamento della nave. È la nave passeggeri di più grosso tonnellaggio mai naufragata.
Il 31 gennaio 2012 la Costa annuncia ufficialmente che, dopo il recupero, la Costa Concordia non tornerà in servizio.
Il 27 febbraio 2012 al largo delle Seychelles si sviluppa un incendio nella sala dei generatori della Costa Allegra. La nave resterà poi priva di propulsione e verrà trainata da un peschereccio fino alle Seychelles. Durante i due giorni trascorsi senza energia elettrica, alcuni elicotteri hanno trasportato sulla nave cibi e bevande, oltre a strumenti di comunicazione utili per la nave.
Il 25 marzo 2012 la compagnia ha annunciato di non voler fare riparare la Costa Allegra e che la stessa sarà messa in vendita.
Il 1º luglio 2012, dopo quindici anni, Pier Luigi Foschi lascia l'incarico di amministratore delegato di Costa Crociere, diventando poi supervisore delle strategie di crescita del gruppo Carnival Corporation in Asia. Il nuovo amministratore delegato è Michael Thamm, già direttore generale di AIDA, società tedesca facente capo a Costa, mentre Foschi rimane presidente del Consiglio di amministrazione di Costa Crociere e «continuerà a supervisionare e coordinare, per Costa Crociere, le relazioni con le autorità italiane e le associazioni di categoria, gli adempimenti che si riferiscono all'incidente della Costa Concordia, oltre ai numerosi progetti strategici in agenda che riguardano i diversi marchi del gruppo Costa».
Il 31 gennaio 2013 la Procura di Grosseto iscrive nel registro degli indagati Pier Luigi Foschi, presidente e amministratore delegato di Costa Crociere nel periodo del naufragio della Costa Concordia all'Isola del Giglio, per responsabilità amministrative relative al personale di bordo della nave che non aveva i requisiti necessari per le mansioni da svolgere.
Risorse archivistiche e bibliografiche
A. Costa, Scritti e discorsi, a cura di F. Mattei, Milano 1980-1984, voll. 8; C. Cassani - P. Craveri, Costa, Angelo, in DBI, vol. 30, 1984; P. Craveri, La democrazia incompiuta. Figure del ’900 italiano, Venezia 2002, pp. 175-210, G. Berta, L’Italia delle fabbriche. La parabola dell'industrialismo nel Novecento, Bologna, il Mulino, 2009, pp. 101-111; E. Belloni, La Confindustria dalla ricostruzione al miracolo economico. Angelo Costa (1945-1970), Firenze 2012.
Eugenio Caruso
- 13 maggio 2017
Tratto da