Non c'è niente di più facile che indirizzare giovani spiriti all'amore dell'onestà e della giustizia.
Seneca, Lettere a Lucilio
La siccità che sta colpendo la nostra
penisola da diversi mesi si è
aggravata moltissimo nel corso del
periodo primaverile-estivo del 2017, viste
le alte temperature e la scarsa quantità
di pioggia caduta finora sul territorio.
Al momento diverse Regioni italiane
hanno dichiarato lo stato di crisi idrica
regionale per la siccità e richiesto lo stato
di emergenza nazionale. Tale situazione
si protrae già dai mesi invernali, specie al
nord, dove c’è stata una sensibile carenza
di piogge. L’inverno 2016 per l’Italia è
stato alquanto siccitoso, con un deficit del
26% di pioggia rispetto alla media, che al
nord ha raggiunto anche picchi del 50%
(ad esempio nelle aree delle province di
Parma e Piacenza).
Dal punto di vista termico la primavera
2017 è risultata essere la seconda
primavera più calda dal 1800 a oggi,
con un’anomalia positiva di quasi due
gradi rispetto alla media del periodo di
riferimento 1971-2000. Solo il 2007
è stato più caldo. Da uno studio del
Cnr-Isac1 emerge come le precipitazioni
durante la primavera 2017 sono risultate
quasi assenti, al punto che tale stagione
è risultata la terza più asciutta dal 1800
a oggi, con un deficit del 48% rispetto
alla media del periodo di riferimento
1971-2000. Tale situazione di carenza
di pioggia si protrae ormai dall’inizio
dell’inverno 2016: se si escludono alcune
parentesi di breve durata (massimo unodue
giorni) con abbondanti precipitazioni
nel mese di gennaio al centro-sud, è
infatti da dicembre 2016 che si registrano
continuamente anomalie negative di
precipitazioni, soprattutto al nord.
L’estate iniziata a giugno ha mantenuto
le caratteristiche della primavera.
Essenzialmente temperature elevate
e superiori alla norma, precipitazioni
assenti, fatta esclusione di alcuni episodi
temporaleschi, accaduti solo al nord, che
non hanno mutato di niente la situazione
siccitosa presente. Il periodo
estivo è risultato particolarmente anomalo,
e tale anomalia si è acuita vieppiù con
la “terribile” onda di calore che si è
abbattuta nei primi giorni di agosto 2017,
la quinta dall’inizio dell’estate, che ha
ulteriormente peggiorato la situazione
già grave, per quanto concerne la risorsa
idrica, oltre che impattare pesantemente
sullo stato di benessere fisico delle
persone.
Come riferisce un comunicato stampa
del Dipartimento della protezione
civile, dall’inizio del mese di agosto si è
consolidato sull’Europa meridionale e in
particolare sul Mediterraneo, un campo
di pressione anticiclonico molto vasto e
persistente, che ha determinato l’ingresso
alle nostre latitudini di una imponente
massa d’aria molto calda, proveniente
dalle aree sahariane.
Questa situazione sinottica
ha determinato un’ondata di
calore eccezionale, sia per i valori
significativamente più alti delle medie
stagionali, sia per la loro persistenza. I
valori di temperatura massima registrata
su gran parte del territorio nazionale
già a partire dal 1 agosto, per terminare
essenzialmente solo la domenica 6, hanno
in molti casi raggiunto e superato i 40
gradi, sia sulle zone di pianura che su
quelle basso-collinari.
In molti casi si è trattato di record
storici letteralmente “stracciati”. A solo
titolo di esempio, nel caso di Bologna,
si sono raggiunti valori di temperatura
massima di 40,5°C, con medie giornaliere
ampiamente superiori ai 30 gradi.
Anche confrontando con la lunghissima
serie storica della Specola di Bologna
Università (1814-2000) non si trovano
riscontri nel passato più lontano, dove
la temperatura non aveva mai superato i
40°C in città, neanche durante la terribile
estate del 2003. Dal 1816 a oggi non era
mai successo per esempio che per tre quattro
giorni consecutivi la temperatura
massima superasse ampiamente i 39°C.
Venendo all’analisi degli apporti
pluviometrici condotta dal Dipartimento
di protezione civile, in relazione alle
medie di riferimento climatologiche del
periodo 1981-2010 fornite dall’Ispra
emerge che il mese di
giugno ha segnato deficit precipitativi
del 60-80% su gran parte delle regioni
centrali e meridionali, aggravando così
lo stato di deficit pluviometrico che si
era accumulato in modo cosi marcato ed
esteso dai mesi autunnali, proseguendo
fino ad oggi.
Considerando l’intero periodo dell’anno
idrologico settembre 2016-giugno 2017 i
deficit precipitativi accumulati
sono estesi a tutto il territorio nazionale,
con valori più rilevanti (del 30-40%)
sulle regioni settentrionali, sulle regioni
centrali, sulla Sardegna occidentale e su
alcune aree delle regioni meridionali.
La cosa interessante di tale situazione è
che mentre su buona parte del territorio
nazionale si è vissuta la quinta ondata
di calore, caratterizzata da temperature
massime mai registrate spesso da più di
200 anni e tipiche delle aree sahariane,
e assenza totale di piogge, proprio su
parte di tale aree desertiche nord-africane
sono al contrario cadute precipitazioni
superiori alla norma e sono state misurate
temperature inferiori alla norma.
In sostanza, si rinnova lo scenario che
caratterizza oramai queste ultime estati,
dove l’Area di convergenza inter-tropicale
(Itcz) sembra essersi spostata verso le
regioni extra-tropicali, e in particolare
sull’Europa, causando come conseguenza
piogge (anomale) nelle aree desertiche e
maggiore siccità nelle aree extra-tropicali
del Mediterraneo.
Ciò determina lo
spostamento verso nord e la persistenza
per lunghi periodi dell’anticiclone
di blocco così detto “africano” che
sta, da qualche anno a questa parte,
occupando sempre più spesso le aree
che qualche decennio fa erano occupate
dalla presenza del “celebre” anticiclone
delle Azzorre, che oscillando da ovest
verso est sull’Europa mediterranea, e
non da “nord verso sud” come questo
africano, determinava le estati “normali”
(temperature estive a luglio attorno ai
30 gradi) degli anni 60-70-80, che ora
sembrano un (malinconico...) ricordo.
Ovviamente, caldo eccessivo e mancanza
di precipitazione riverberano nello stato
idrico sia dei suoli, sia dei bacini fluviali. I
notevoli deficit precipitativi, unitamente
all’aumentata richiesta di risorsa idrica
connessa anche all’incremento della
temperatura, hanno provocato notevoli
riduzioni nelle portate di sorgenti,
pozzi, invasi di alcune aree del territorio
nazionale.
Per quanto riguarda la risorsa idrica
accumulata negli invasi sul bacino del Po,
i grandi laghi prealpini regolati
hanno attualmente un riempimento di
circa il 40% del volume invasabile, con
livelli idrometrici compresi tra i livelli
minimi e medi di riferimento.
Anche nelle regioni centrali si sono
registrate notevoli riduzioni nelle portate
di sorgenti, pozzi e livelli idrometrici.
In conclusione, certamente la
situazione sopra descritta rappresenta
una eccezionalità meteorologica. I
valori osservati, sia termometrici che
pluviometrici, e come conseguenza anche
i valori idrometrici dei bacini fluviali e
dei laghi, mostrano valori fortemente
deficitari. Tali situazioni, anche se forse
con minore virulenza (ad eccezione del
“mitico” 2003), si stanno ripresentando
con sempre maggiore frequenza negli
ultimi 10-20 anni. Sul nord Italia, ad
esempio, si rileva la terza grave crisi
idrica in dieci anni (2006-7, 2011-12 e
2016-17). Questo dato segnala come sia
in corso, e già da tempo, una modifica
del clima, che si evidenzia in maniera
sostanziale in un aumento considerevole
delle temperature (in Italia certamente
superiore ai valori di media globale)
e in una diminuzione notevole delle
piogge nei periodi estivi. Entrambe
queste cause hanno un impatto negativo
sulla disponibilità di risorsa idrica.
Se si tiene poi conto che la richiesta
di prelievi nel corso degli anni non è
certamente diminuita, anzi al contrario
è cresciuta notevolmente, il risultato
di tali fattori è un aumentato rischio
idrico. Problema che va assolutamente
affrontato con grande impegno, attraverso
l’individuazione di efficaci politiche di
adattamento ai cambiamenti climatici.
Paola Pagliara 1, Carlo Cacciamani 2
1. Dipartimento della protezione civile
nazionale
2. Servizio IdroMeteoClima, Arpa Emilia-
Romagna
Tratto da ecoscienza 4/17
IMPRESA OGGI : Il Rapporto di Arpa Emilia-Romagna termina con le rilevazioni di giugno 2017 ma il periodo di siccità persiste ancora, in molte zone, aggravando ancor più la crisi idrica e scatenando incendi furiosi.
Impresa Oggi - 3 novembre 2017
Tratto da