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Davos, tutti contro Trump

Al World Economic Forum la cancelliera tedesca ha attaccato il protezionismo e l'isolazionismo della Casa Bianca. Macron ironizza sul presidente Usa. E Gentiloni: "Per il presidente proteggere gli interessi dei cittadini statunitensi è importante, ma che non mettano in discussione l'intelaiatura delle nostre relazioni commerciali".
A Davos, sede del Forum Economico Mondiale a maggioranza maschile ma a trazione femminile, Angela Merkel scrive un nuovo capitolo della sua incompatibilità politica e culturale con Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti che ha scelto la strada del protezionismo e che in occasione della visita della Cancelliera tedesca alla Casa Bianca nello scorso marzo aveva finto di non accorgersi della mano che l'ospite gli stava tendendo da stringere.
Angela Merkel calca il palcoscenico di Davos per la decima volta e lo fa mandando un messaggio molto chiaro a Donald Trump e a chi ne minimizza la deriva protezionistica. La cancelliera ha aperto la sua relazione davanti alla platea del Forum economico mondiale ricordando l'anniversario della fine della Prima guerra mondiale, quando l'Occidente protezionista - e qui la cancelliera cita un famoso libro sulla Grande guerra - scivolò "nottambulo" nel conflitto.
Merkel ha scandito che "isolarsi dal resto del mondo non aiuta e che il protezionismo non è la risposta giusta", che bisognerebbe "cercare soluzioni multilaterali e non unilaterali", anche "se ci vuole pazienza". Dobbiamo cercare un dialogo multilaterale, ha aggiunto, ogni volta che "pensiamo che che le cose non vanno per il verso giusto e che i meccanismi non siano reciproci". La leader conservatrice ha anche lamentato "i troppi egoismi" nazionali e ha messo in guardia dai "populismi che avvelenano l'Europa". "Fin dai tempi dell'Impero romano - ha aggiunto la cancelliera - fin dai tempi della Grande Muraglia cinese, sappiamo che limitarci a rinchiuderci non aiuta". I paesi che lamentano relazioni commerciali non equilibrate, quindi, secondo la Merkel dovrebbero andare alla ricerca di soluzioni multilaterali anziché bilaterali. Ha poi sottolineato la necessità per l'Unione Europea di rendersi protagonista di una politica estera più unita e più forte: "Dobbiamo assumerci maggiori responsabilità, dobbiamo prendere il destino nelle nostre mani", ha sottolineato, lamentando il fatto che l'Ue si sia mostrata troppo esitante rispetto alle minacce dell'Isis, alle crisi in Africa e alla guerra in Siria.
Nella giornata dell''orgoglio europeo' a Davos, Emmanuel Macron ha sottolineato che "la globalizzazione sta attraversando una grave crisi" che richiede una risposta, una "cooperazione", un nuovo "multilateralismo" e non, riferito all'America first di Trump, "nuove egemonie". Per il capo dell'Eliseo è anche essenziale riconquistare chi è stato lasciato indietro dalla globalizzazione e un passaggio simile si trova anche nella relazione della cancelliera. Il presidente francese è entrato infine nel merito della riforma fiscale degli Stati Uniti, invitando a "evitare corse al ribasso sulle tasse". Il dumping fiscale di Trump "non è una risposta", ma Macron ha anche specificato che "serve una strategia internazionale più coordinata".
Sia Merkel che Macron hanno tenuto alta la bandiera dell'Europa. La cancelliera ha ricordato i progressi fatti nel multilateralismo dopo la Seconda guerra mondiale e, più di recente, il rilancio europeo, i passi in avanti sulla difesa comune, "che non è contro la Nato". Merkel ha anche precisato che sui conflitti che ormai circondano l'Europa bisogna andare avanti "tenendo conto che non possiamo più fare affidamento sugli Stati Uniti" e che "dobbiamo dunque prendere il destino nelle nostre mani". Macron ha esclamato che "la Francia è tornata, nel cuore dell'Europa" ma che "non può avere successo senza il successo dell'Europa". Ecco perché il capo dell'Eliseo ha affermato che servono "obiettivi a breve" ma anche "una strategia a dieci anni" per la rifondazione del Vecchio continente. Macron ha ricordato i valori europei, "la pace, la giustizia, i diritti individuali", ma anche quel multilateralismo che, se vuole di nuovo contagiare il mondo, ha bisogno che la sua culla, l'Europa, "sia forte".
Sulla stessa linea della cancelliera il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che ha parlato immediatamente prima di lei: "Rispetto totalmente il fatto che Trump sia stato eletto con l'idea di mettere l'America 'first' e che stia cercando di andare in quella direzione. Ma, come europei e italiani, dobbiamo evidenziare il fatto che rispettare e proteggere gli interessi dei cittadini statunitensi, che è corretto, non può significare che noi mettiamo in discussione l'intelaiatura di quelle relazioni commerciali che si è rivelata estremamente utile per la crescita. Il dibattito è aperto - ha proseguito il premier - ma la base della discussione dovrebbe continuare ad essere il sostegno all'apertura, al libero commercio e agli accordi, non al protezionismo".
Chi si aspettava che da Davos emergessero indicazioni circa un rafforzamento dell'asse franco-tedesco, soprattutto nell'ottica di una risposta europea alle tentazioni protezionistiche statunitensi, non è andato deluso. Angela Merkel e Emmanuel Macron, già ribattezzati col nome collettivo "Merkron", hanno effettivamente sfruttato i riflettori del World Economic Forum per esprimere le rispettive visioni rispetto al futuro dell'Unione europea. Visioni, si è potuto constatare, in buona parte coincidenti. Più istituzionale il tono della cancelliera tedesca, reduce da una lunga - e non ancora terminata - serie di trattative per la formazione di un governo di coalizione che, ha spiegato, le hanno insegnato il valore della "pazienza". Più adrenalinico quello del presidente francese, sul quale oggi si concentravano grandi attese. In questo senso, Macron non ha deluso, annunciando al mondo che "la Francia è tornata nel cuore dell'Europa". Da entrambi, ad ogni modo, è arrivato un appello al rafforzamento della cooperazione all'interno dell'Unione europea, pur con la consapevolezza che non sempre sarà possibile muoversi tutti alla stessa velocità.
Stamane una prima e importante delegazione americana è giunta a Davos e costituita dal Segretario al tesoro Steven Mnuchin. Accompagnato dal segretario Usa al Commercio Wilbur Ross, Mnuchin ha tenuto a sottolineare che gli Stati Uniti sono presenti al Wef con la delegazione più ampia mai portata al forum svizzero. Sulla riforma fiscale del presidente Usa Donald Trump ha detto che porterà "letteralmente trilioni di dollari", aggiungendo che gli Stati Uniti puntano a un obiettivo di crescita del 3%, e questo è un bene non solo per gli Usa ma anche per il resto del mondo. "Quello che noi riteniamo sia buono per l'economia Usa, è buono anche per il resto del mondo". Dell'impostazione del Commercio ha parlato Ross, secondo il quale delle "protezioni sono essenziali perché i mercati funzionino nel modo appropriato, e perchè ciascuno operi secondo le regole". Parole che giungono mentre gli Usa impongono i primi dazi sull'importazione delle cellule per i pannelli solari e le lavatrici. "Il dollaro è uno dei mercati più liquidi. A breve termine non è una preoccupazione per noi. Un dollaro più debole è una buona cosa per noi poichè crea opportunità commerciali. A più lungo termine, il rafforzamento del dollaro è il riflesso del rafforzamento dell'economia Usa ed è e continuerà ad essere la valuta di riserva primaria", ha riflettuto di nuovo Mnuchin parlando della corsa dell'euro sul biglietto verde.
Contro le scelte di nuovi dazi di Trump, a Davos, nelle ultime ore si erano già schierati i leader della globalizzazione. E se il premier indiano Narendra Modi, ospite d’onore dell’edizione di quest’anno, lo aveva fatto a parole, il primo ministro canadese aveva chiuso proprio l’accordo commerciale con l’Asia-Pacifico senza gli Usa, difendendone la riscrittura che tiene conto «degli interessi dei cittadini». Il primo ministro indiano ha indicato nel terrorismo, nel cambiamento climatico, ma anche nel protezionismo «che rialza la testa» i principali problemi globali che ostacolano uno sviluppo: la tentazione di «chiudersi in se stessi» produce «nuovi tipi di tariffe e barriere non tariffarie», mentre «i negoziati commerciali sembrano essersi arrestati».

25 gennaio 2018

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