Quella che sembrava una vetta, era solo un gradino.
Seneca, Lettere morali a Lucilio
L’anno che è alle nostre spalle ha riservato sorprese positive,
e si e' chiuso assai meglio di come si era annunciato. Una piccola
ripresa, pur non percettibile in tutti i territori e gli stati sociali,
c’è stata. Sostenuta soprattutto dalle famiglie, ma anche dai
primi segnali di risveglio degli investimenti.
L’economia ha fatto segnare una inattesa accelerazione, misurata
dalla progressiva revisione al rialzo della crescita del
Pil. Le politiche economiche, i tassi di interesse quasi nulli, la
bassa inflazione e il traino della ripresa globale hanno offerto
esiti inaspettati, e alimentato la fiducia delle famiglie e delle
imprese.
I consumi delle famiglie hanno tenuto, andando anche oltre
quanto l'evoluzione dei redditi avrebbe giustificato. Gli investimenti
sembrano ripartire sostenuti dagli incentivi fiscali,
soprattutto quelli “Industria 4.0”, recentemente estesi al 2018.
Lo stesso miglioramento delle condizioni di accesso al credito
e il recupero del clima di fiducia delle imprese sono segnali che
inducono a ritenere possibile una ripresa del processo di accumulazione.
E anche il ciclo delle costruzioni sta iniziando una
prima inversione di tendenza, grazie soprattutto alla ripresa
delle erogazioni di mutui alle famiglie.
Il mercato del lavoro ha proseguito il recupero, il numero
degli occupati e' tornato sui valori del 2007, sebbene il numero
di ore lavorate sia ancora notevolmente inferiore, a testimoniare
una fisionomia nuova del lavoro, che fa crescente affidamento
su posizioni a tempo parziale, in parte volute, in esito
a una migliore possibilita' di coniugare lavoro e vita privata
offerta dai cosiddetti nuovi lavori, in parte subite, come conseguenza di un numero crescente di lavoratori involontariamente
sotto-occupati e necessitati ad accontentarsi.
L'economia ha messo a segno un buon andamento proprio
mentre la politica, italiana e internazionale, e' alle prese con le
grandi questioni del futuro, non solo economico: i vincoli dei
bilanci pubblici e la necessita' di rilancio dell'economia, la crisi
della classe media e la crescente instabilita' e di un elettorato
che sempre piu' spesso cerca rifugio in movimenti radicalizzati,
le grandi migrazioni e la costruzione di nuovi equilibri geopolitici,
l'antropizzazione del pianeta e il sempre piu' evidente
cambiamento climatico. Grandi questioni che filtrano nel vissuto
quotidiano degli italiani e che ne condizionano i valori, le
opinione e le scelte quotidiane.
Demografia stagnante e perduranti divari sociali
Le prospettive del Paese continuano ad essere condizionate
da un declino demografico di cui probabilmente non sono
stati ancora compresi appieno gli impatti di lungo termine.
Secondo le proiezioni demografiche ufficiali tra 50 anni facendo
affidamento sulle sole nuove nascite vi saranno 20 milioni
di italiani in meno. In questo senso l'Italia potra' avere lo stesso
numero di residenti attuali solo con una incidenza della popolazione
straniera che si porti oltre il 30%.
Senza una urgente inversione dei tassi di natalita' o il contributo
dell'mmigrazione l’Italia rischia una vera e propria “desertificazione
demografica” con impatti epocali sulla struttura
produttiva, sul presidio del territorio, sugli assetti sociali del
Paese. Basti dire che la perdita nei consumi delle famiglie potrebbe
raggiungere i 130 miliardi di euro e che sarebbero messi
a serio rischio le fondamenta dello stato sociale e la capacita'
di assicurare una copertura sanitaria e previdenziale a coorti
crescenti di popolazione anziana. (Ndr Per non parlare del debito chi lo pagherebbe?)
Visto da questa prospettiva il recente dibattito sullo ius
soli dovrebbe essere affrontato con una vista piu' lunga e maggiore
pragmatismo nell'ambito di una piu' complessiva politica
di programmazione demografica del Paese.
Allo stesso tempo, negli anni della lunga crisi e' cresciuta la
poverta' e si sono accentuati i divari sociali, che non corrono
soltanto lungo la tradizionale direttrice nord-sud del Paese,
ma lungo nuove fratture, tra aree export oriented e aree marginali,
tra centri metropolitani e provincia, tra occupati e non,
tra persone in possesso o meno di un titolo di studio adeguato
ad affrontare la trasformazione digitale, tra famiglie dotate di
patrimoni economici e culturali e individui a rischio di poverta'
ed esclusione sociale.
Ma forse la faglia piu' grave che si e' aperta nella struttura sociale
del Paese e' quella tra giovani e anziani. I dieci lunghi anni
di crisi hanno sostanzialmente lasciato immuni i redditi e le
prospettive dei pensionati e degli italiani piu' avanti negli anni
ed hanno scaricato i loro effetti in maniera piu' violenta soprattutto
sulla generazione dei millennials. Che infatti, quando hanno
trovato lavoro hanno dovuto accettare salari molto piu' bassi della
generazioni precedente, che per questo hanno procrastinato, spesso
a tempo indeterminato, la uscita dalla famiglia di origine e
non hanno potuto farsene una propria e che per farlo hanno spesso
dovuto riprendere la strada della emigrazione.
E' fin troppo facile constatare che senza prospettive per i piu'
giovani il Paese non alleva risorse vitali e non costruisce un
futuro condiviso.
Il lavoro epicentro del cambiamento
Il lavoro e' certamente al centro di molti dei cambiamenti
economici e sociali in corso. In esso si sono catalizzate le sollecitazioni
di piu' fattori evolutivi: il declino della vocazione
manifatturiera del Paese, le riforme che hanno accresciuto la
flessibilita' in ingresso e ritardato quella in uscita, lo avvento
della sharing economy con il suo potenziale di autoimprenditorialita',
i tentativi non sempre riusciti di ricondurre in chiaro
le ampie frange di lavoro nero. Ed e' cosi' che per il proliferare
delle molte forme di atipicita' il tradizionale rapporto di lavoro
a tempo pieno e indeterminato viene ad assumere un ruolo
progressivamente minoritario, peraltro proprio nel momento
in cui cresce la voglia di posto fisso tra i piu' giovani, soprattutto
quelli piu' esposti ai rischi del cambiamento. La area grigia
della disoccupazione e delle varie forme di lavoratori scoraggiati,
che pur essendo disponibili non cercano attivamente un
lavoro o lo fanno in modo discontinuo, arriva a totalizzare
milioni di individui. Un numero che sale a 9 milioni se si aggiunge
anche la schiera dei part-time involontari. Una triste
misura del potenziale umano che resta inutilizzato e alimenta
le perduranti difficolta' sociali del Paese.
Proprio al tema dei nuovi lavori il Rapporto dedica
questo anno un ampio approfondimento con la prima indagine
realizzata in Italia sui cosiddetti Gig workers, i collaboratori
di piattaforme online che offrono lavori occasionali. La fotografia,
per quanto parziale, offre un punto di vista originale.
Certamente non si tratta di un sostituto a una reale occupazione,
ma rappresenta per molti una opportunita' di integrazione
al reddito anche in contesti territoriali privi di reali
alternative, o la occasione di conciliare i tempi del lavoro con
quelli della vita privata. Un tema quello del rapporto tra prassi
organizzative e nuovi lavori che rimane aperto, in attesa di
nuovi modelli e nuovi quadri normativi che sappiano ricucire
la distanza che la innovazione tecnologica ha creato tra i lavori
piu' tradizionali e le modalita' di impiego delle persone nei nuovi
modelli di creazione di valore.
La ricerca di agilita' nel rapporto di lavoro e' in effetti la altra
grande aspirazione degli italiani, che non sempre e' accompagnata
dalle grandi organizzazioni. Prendono sempre piu' piede
le integrazioni salariali non monetarie, dalla previdenza, alla assistenza
sanitaria, che i lavoratori mostrano di apprezzare.
I nuovi italiani: tecnologia, sport e salute guidano la metamorfosi
Disincantati rispetto alla religione e alle ideologie del passato
gli italiani sono alla ricerca di un rinnovato sistema di valori
e nuovi stili di vita. Crescono rapidamente i seguaci delle nuove
pratiche spirituali (lo yoga, il buddismo, le varie forme di
meditazione), soprattutto quelle che non hanno prescrizioni
vincolanti, ma sono un modo di interpretare la vita e sentirsi in
armonia con se stessi e il mondo circostante. Piu' in generale,
gli italiani sono concentrati sul proprio benessere individuale
e sembrano progressivamente estendere la loro attenzione alle
comunita' di appartenenza e al contesto territoriale e ambientale
in cui vivono. La salute diviene una vera e propria ossessione,
sopratutto a tavola, ma cresce repentinamente anche la
pratica sportiva e per la prima volta si manifesta un diffuso interesse
per lo ambiente e gli effetti del cambiamento climatico.
Allo stesso tempo, gli italiani sono alla ricerca di soluzioni
che creino maggiore valore e semplifichino la vita quotidiana.
E' questo che li spinge a confidare nelle nuove opportunita' offerte
dalla tecnologia e dai suoi campioni internazionali. Un
italiano su due sarebbe pronto a utilizzare la auto autonoma e
a testare le nuove possibilita' della intelligenza artificiale e della
domotica domestica. In questo senso, la tecnologia si fa essa
stessa valore, quasi una nuova fede. La unica ad aver dimostrato
negli ultimi anni di poter mantenere le sue promesse. E dunque
anche quella in cui riporre la fiducia che altri soggetti della
societa' non sembrano piu' in grado di meritare.
La voglia di una vita piu' smart e' anche il segnale di un mutato
atteggiamento degli italiani nei confronti della innovazione
e del cambiamento. Le famiglie paiono infatti aderire con entusiasmo
crescente a tutto quanto e' nuovo e promette discontinuita'
rispetto a un presente che non soddisfa e si vorrebbe,
appunto, cambiare.
Rimane alta, infatti, la insoddisfazione di larga parte della societa'
italiana rispetto alla vita quotidiana. Alle preoccupazioni
di natura economica (lavoro e redditi) si sommano le crescenti
ansie relative al terrorismo, alla immigrazione e ai danni allo ambiente.
E con la paura di vivere cresce anche il consumo di
antidepressivi. Soprattutto tra le donne.
I consumi cambiano ma auto e vacanze rimangono in cima alle priorita'
Cambia il contenuto dei consumi delle famiglie italiane, che
tendono a concentrarsi sempre piu' sui beni durevoli e sui servizi.
La sostituzione della auto rimane in questi anni il principale
investimento delle famiglie, ma il suo utilizzo negli spostamenti
quotidiani si riduce repentinamente (-8% in un solo
anno). Crescono le diverse forme di mobilita' dolce e gli italiani
si spostano sempre piu' a piedi, in bici e con i mezzi pubblici.
La demotorizzazione sembra avviata, soprattutto nei centri
metropolitani piu' avanzati.
Dopo auto, la spesa degli italiani si indirizza verso tempo
libero e cura di se'; viaggi e vacanze, intrattenimento e cultura,
estetica e benessere individuale sono i comparti di spesa in
piu' rapida crescita. Questo cambiamento e' guidato dalle elite
i cui consumi perdono le loro connotazioni di ostentazione e
possesso e si spostano sempre piu' verso contenuti esperienziali
e di qualita' della vita (meno lusso e piu' cibo sano, viaggi,
salute e istruzione). La attenzione al benessere a alla salute sono
anche alla base del calo dei consumi di fumo e di bevande alcoliche.
Ma allo stesso tempo, le minori vendite di anticoncezionali
e stimolanti sembrano segnalare anche un arretramento
della pratica sessuale degli italiani.
Si consolida il progresso dello immobiliare sostenuto dai bassi
tassi di interesse e dallo allentamento delle maglie del credito:
le abitazioni sono sempre piu' piccole e i piu' giovani scelgono
lo affitto. Lo abbigliamento aggancia finalmente la ripresa anche
se appare ora orfano del suo contenuto aspirazionale: la rivoluzione
parte ancora una volta dai millennials, che scelgono la
moda veloce e gli acquisti online.
Lo smartphone continua ad essere oggetto del desiderio
e assorbe gran parte del budget destinato alla tecnologia.
Gli italiani riscoprono il piacere di godere del tempo libero: tornano a teatro, al cinema e a visitare i musei. La rinuncia
e' sconosciuta quando si parla di vacanza, con un ritorno
alle mete italiane, alla visita dei piccoli borghi. Si preferisce lo appartamento in affitto al soggiorno in
albergo.
Il cibo tra terapia e moda
Il cibo, come sempre, rimane metafora del cambiamento degli
italiani e oggi ne rappresenta al meglio la nuova identita' e i
nuovi valori. Dopo oltre un decennio di progressiva sottrazione
di valore, nel 2017 si interrompe il cosidetto downgrading
del carrello e gli italiani tornano cautamente a investire sui
loro acquisti alimentari.
Il cibo e' sempre piu' terapia e leva fondamenta del wellbeing.
Medici e naturopati sono i nuovi guru alimentari degli italiani,
scalzando nello immaginario collettivo il ruolo della tradizione
territoriale e della proposta di produttori e distributori.
Continuano a crescere i prodotti senza (ingredienti allergizzanti
o mal tollerati, zuccheri, residui chimici, proteine
animali) e quelli che contengono specifici contenuti (farine
integrali, prodotti biologici, ingredienti salutistici). I prodotti
a base dei cosidetti superfood crescono, ad esempio, il doppio
della media di mercato.
Oltre che fattore centrale del proprio benessere, il cibo e',
sempre di piu', rappresentazione della propria identita', elemento
di distinzione e di adesione a specifici stili di vita. Fino a
diventare medium di comunicazione nei confronti del proprio
contesto sociale di riferimento. Gli italiani si raccontano mediante
il cibo che, in tv come sui social, e' sempre piu' dibattuto
e postato, proprio nel momento in cui e' consumato con piu'
austerita'.
Contemporaneamente la alimentazione e' uno degli ambiti
privilegiati di sperimentazione e ricerca del cambiamento. Il
boom del cibo etnico ne e' la riprova piu' evidente. Ma piu'
in dettaglio la ripresa delle vendite dei prodotti alimentari
e' favorita quasi esclusivamente dai nuovi prodotti, mentre
quelli gia' in assortimento segnano un significativo regresso.
Il cibo quindi acquisisce alcune delle componenti immateriali
della moda e ne mutua parimenti alcuni comportamenti
di acquisto.
In ripresa le vendite della GDO
Nello ultimo anno le vendite della distribuzione moderna
hanno messo a segno una delle migliori performance dello ultimo
decennio. Anche grazie al clima estremo del 2017, il
piu' secco degli ultimi due secoli, che ha unito copiose precipitazioni
nevose a inizio anno e una estate torrida. Ne
hanno beneficiato le vendite di bevande e prodotti freschi,
come la frutta, gli ortaggi e i gelati. Tale fenomeno congiunturale
si e' sommato alla rinnovata attenzione delle famiglie
alla qualita' alimentare, con il minore ricorso alle promozioni,
la tenuta delle quantita' e la lieve ripresa del valore del
carrello.
La congiuntura favorevole delle vendite premia soprattutto
supermercati e discount, grazie, per i primi, alla ripresa dei
redditi nei centri urbani e, per i secondi, al contributo offerto
dalle nuove aperture. Gli ipermercati, dopo lunghi anni di
difficolta', fanno segnare un lieve progresso beneficiando del
rinnovo degli assortimenti e della razionalizzazione degli spazi
destinati al non alimentare.
Assortimento e capacita' di anticipare le tendenze e i desiderata
del consumatore si confermano una leva strategica. Gran parte dello sviluppo del
fatturato origina da questi nuovi prodotti, mentre le vendite a
parita' di assortimento calano.
Buoni auspici per il 2018
Gli esiti, per molti versi inattesi e positivi del 2017, sembrano
infondere un relativo, cauto, ottimismo anche per il nuovo
anno.
Il passaggio di testimone tra consumi e investimenti nel
ruolo di traino della economia del Paese, a lungo auspicato,
sembra in questi mesi prendere corpo. Le politiche monetarie
ultra espansive delle banche centrali, hanno sostenuto anche
le borse, e rinvigorito le prospettive per gli operatori. La fiducia
delle famiglie e' tornata a crescere sostenuta ancora dalla
bassa inflazione e dal miglioramento del mercato del lavoro.
Il recupero dei consumi, che per intensita' ha persino superato
la crescita del reddito, ha sinora sostenuto soprattutto il ciclo
del durevole, ed e' stato finanziato dalle famiglie intaccando il
tasso di risparmio.
Viste in questa ottica le prospettive per il 2018 sono positive
per la economia italiana e anche per i consumi, sostenuti
dai progressi del reddito disponibile.
Non mancano naturalmente le incognite. Che non vengono
questa volta dalla economia ma soprattutto dallo scenario
geopolitico italiano e internazionale. La lunga campagna elettorale
e la possibile successiva difficolta' a formare un
governo, le difficolta' politiche in molti paesi europei e i riflessi
sulle decisione della Ue, la perdurante instabilita' nel bacino del
Mediterraneo e gli impatti sulla immigrazione, la imprevedibilita'
delle scelte della presidenza Trump e gli impatti sulle aree di
crisi sono tutti elementi dello scenario che potrebbero intimorire
famiglie e imprese nelle loro scelte di consumo e soprattutto
di investimento.
In questo quadro, per alimentare e largo consumo
le prospettive rimangono improntate a un ottimismo ancora
piu' cauto. Infatti, proprio quando la auto sembra aver raggiunto
un nuovo equilibrio, e dunque si porrebbero le condizioni
per un travaso della maggiore capacita' di spesa sul non durevole,
tutto sembra preludere a un rinvigorimento del mercato
immobiliare. E se cosi' fosse, per lo alimentare e per il largo consumo
confezionato la ripresa delle vendite sarebbe positiva ma
in tono minore rispetto al progresso complessivo della spesa
delle famiglie.
Un debole progresso delle quantita' , un recupero dei prezzi
e un sostegno anche dal mix: un progresso del fatturato della
distribuzione moderna dello 1%, che se si esclude la anomalia
climatica del 2017, rimane comunque la performance migliore
degli ultimi cinque anni.
Il bicchiere sembra, dunque, mezzo pieno.
Rapporto COOP 2017 - 02-03-2018
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