Gli italiani scelgono
un nuovo modello
di consumo
Continua la crescita dei consumi delle famiglie che dovrebbe
mantenersi a ritmi poco distanti da quelli degli ultimi due anni.
Contrariamente alle attese, riparte con maggior vigore rispetto
alle altre aree del Paese la spesa delle famiglie meridionali.
Evolve il contenuto dei consumi delle famiglie italiane, che
tendono a concentrarsi sempre piu' sui beni durevoli e sui servizi.
In particolare non si rinuncia a cambiare l'auto, anche se
la si usa di meno privilegiando piuttosto il muoversi a piedi,
in bici o con i mezzi pubblici.
Chi ha maggiore disponibilita'di spesa orienta le proprie scelte verso cibo sano, viaggi e
istruzione, il nuovo volto del consumo di lusso a cui si associa
una migliore qualita' di vita. Nel contempo, si punta a una
piu' spiccata sobrieta' di consumo, come documenta il calo di
fumo e alcol.
Nel 2017 continua la crescita delle compravendite di case
sostenuta da un basso livello dei tassi di interesse: nelle grandi
citta' le abitazioni sono sempre piu' piccole, mentre i giovani
puntano sulla comodita' e scelgono l'affitto.
L'abbigliamento aggancia la ripresa anche se viene spogliato
del suo contenuto aspirazionale: la rivoluzione parte ancora
una volta dai millennials, che scelgono il fast fashion, i saldi e
l'ecommerce.
Lo smartphone continua a essere l'oggetto del desiderio,
con buona pace di tutti gli altri apparecchi digitali: dalle macchine
fotografiche ai navigatori, dagli orologi alle pendrive.
Continua la crescita dei consumi delle famiglie che dovrebbe
mantenersi a ritmi poco distanti da quelli degli ultimi due anni.
Contrariamente alle attese, riparte con maggior vigore rispetto
alle altre aree del Paese la spesa delle famiglie meridionali. Anche il tempo libero segue il passo della tecnologia tra
ebook e musica in streaming. Gli italiani, a cui la ripresa ha
restituito il buon umore, riscoprono il piacere di andare al teatro,
al cinema e ai musei. Il must resta la vacanza, a cui non
si rinuncia e su cui non si risparmia. Anche il turismo pero' e'
in forte evoluzione: si preferisce l'appartamento affittato via
internet all'albergo, si riscopre il gusto dei piccoli borghi e del
soggiorno nella natura.
1. RALLENTANO I REDDITI, PROSEGUE LA CRESCITA
DEI CONSUMI
Dal 2015 la crescita dei consumi delle famiglie italiane ha
registrato una fase di crescita a ritmi vivaci, prossimi all'1,5%.
La crescita della spesa ha riflesso l'andamento del potere d'acquisto
delle famiglie oltre a una leggera riduzione del tasso
di risparmio. Il potere d'acquisto ha beneficiato di alcune misure
di politica fiscale che hanno avuto un impatto diretto sui
redditi (come gli 80 euro o l'abolizione della tassazione sulla
prima casa) e altre che hanno avuto un effetto indiretto (come
gli sgravi contributivi, che hanno sostenuto la crescita dell'occupazione).
Determinante e' stato poi il crollo del prezzo del
petrolio a fine 2014, con il conseguente azzeramento dell'inflazione
nel biennio successivo.
Nel 2017 le condizioni macroeconomiche divengono pero'
meno favorevoli per i consumatori. Questo e' un aspetto peculiare
della fase attuale, visto che il potere d'acquisto delle
famiglie decelera proprio quando la crescita del Pil si rafforza.
I fattori alla base di tale decelerazione sono legati soprattutto
al fatto che la crescita dei redditi delle famiglie in termini nominali
si e' stabilizzata sui bassi ritmi degli anni precedenti, a
fronte di un aumento dell'inflazione legato alle oscillazioni dei
prezzi dei prodotti energetici e alimentari.
Il reddito disponibile non accelera, nonostante il quadro
macroeconomico piu' favorevole, anche perche' la politica di
bilancio ha spostato il centro delle misure sugli interventi a
favore delle imprese, dopo la fase in cui le scelte del governo
avevano premiato maggiormente i redditi delle famiglie.
L'aumento dell'inflazione importata comporta che il reddito
disponibile delle famiglie, una volta espresso in termini
reali, registri una brusca frenata quest'anno. Nonostante cio'
nel corso dell'anno la crescita dei consumi delle famiglie si
e' mantenuta su ritmi relativamente vivace, superiori all'1%.
Questo vuol dire che, per mantenere la spesa sul trend degli
anni recenti, le famiglie hanno dovuto ridimensionare
ulteriormente il loro saggio di risparmio. I comportamenti
delle famiglie italiane si stanno quindi muovendo ancora
nella direzione di ridurre la quota di reddito risparmiata, un
comportamento che sta portando il nostro sistema in una
direzione radicalmente diversa da quella tradizionale, caratterizzata
da elevato debito pubblico e elevato risparmio delle
famiglie.
A favore della riduzione del tasso di risparmio giocano probabilmente
anche fattori di tipo demografico, dato l'invecchiamento
progressivo della popolazione. Sulle tendenze piu' recenti
potrebbe avere inciso anche il miglioramento del quadro
finanziario grazie ai tassi d'interesse bassissimi e al recupero
delle borse.
Un aspetto significativo delle tendenze degli ultimi anni e'
rappresentato dal fatto che la crescita dei consumi delle famiglie
italiane e' risultata molto concentrata, soprattutto sulla
componente dei beni durevoli, e in particolare di autovetture.
Tale comportamento e' normale nelle fasi di ripresa del ciclo.
Difatti, dopo diversi anni di acquisti rinviati, il parco auto
delle famiglie italiane e' divenuto progressivamente obsoleto.
Non deve quindi sorprendere che le prime fasi della ripresa
siano state utilizzate dalle famiglie per ricostituire lo stock di
autovetture.
Si e' quindi verificata una concentrazione di spesa su alcuni
prodotti specifici, che ha probabilmente almeno in parte
spiazzato gli acquisti di altri beni o servizi. Solo poche voci,
come quelle legate al turismo, stanno difatti descrivendo una
ripresa a ritmi soddisfacenti.
Il tema del ciclo del durevole e' importante, in quanto rivela
come le famiglie abbiano innanzitutto dovuto soddisfare l'esigenza
di riammodernare lo stock di beni eroso durate la crisi.
Da una parte, questo solleva il quesito riguardo all'eventualita'che nei prossimi anni possa vivacizzarsi la domanda anche di
altri durevoli diversi dall'auto (elettrodomestici, arredamento)
che, essendo oramai entrati nella fase matura del ciclo del
prodotto non possono che riflettere le esigenze di sostituzione
da parte dei consumatori. Ci si chiede anche se la vivacita' della
domanda di durevoli non tendera' ancora a comprimere le
altre voci di spesa, che hanno registrato negli ultimi anni un
abbassamento strutturale dei livelli di consumo.
Nel complesso, quindi, la decelerazione del potere d'acquisto
delle famiglie rappresenta un'incognita che pesa sulle prospettive
della ripresa italiana. La concentrazione della crescita
dei consumi su alcune classi di prodotti e servizi comporta anche
che per molti settori legati alla domanda delle famiglie la
ripresa non e' ancora iniziata.
2. A SORPRESA RIPARTONO I CONSUMI AL SUD
Per il terzo anno di fila la spesa per consumi delle famiglie
ha messo a segno un piccolo progresso: prendendo in considerazione
l'ultimo consuntivo disponibile, relativo al 2016, si
desume un progresso che in media nazionale vale circa 30 euro
che, in un contesto di prezzi fermi o cedenti, e' integralmente
da attribuire a un incremento delle quantita' acquistate.
L'incremento osservato (+1%) suggerisce una fase di consolidamento
dei consumi interni che nelle dimensioni appare
coerente con i fondamentali della congiuntura delle famiglie
(recupero dei redditi, rasserenamento del mercato del lavoro,
risalita della fiducia di consumatori ed operatori economici).
Rispetto allo scorso anno, tuttavia, non mancano le novita',
a partire dalla localizzazione geografica del fenomeno in atto:
contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, l'espansione
della spesa per consumi risulta infatti piu' accentuata al Sud
(+1,6%) e nelle Isole (+2,7%), segno che le famiglie avvertono
il desiderio di guardare al futuro con minore timore ed apprensione,
soprattutto in quelle aree colpite negli anni passati
dalle maggiori difficolta'.
La seconda buona notizia e' che, scendendo nel dettaglio delle
tipologie familiari, la spesa e' oggetto di una progressione per
larga parte dei profili, soprattutto tra i giovani (+4,7% per la
coppia giovane e +2,4% per il single under 35).
In generale, l'esame della distribuzione della spesa restituisce
una scala di priorita' nelle scelte di consumo. Le famiglie
destinano oltre un terzo del proprio bilancio (35%) alle spese
per la casa: affitto, utenze, mobili, elettrodomestici e servizi
domestici rappresentano la principale voce di esborso, seguiti
dall'alimentazione. Proprio sul cibo, d'altro canto, si sostanziano
le maggiori deviazioni rispetto alla media se si considera
che l'incidenza sul totale della spesa e' pari ad oltre il 25%
nell'Italia meridionale contro il 17% del Nord-Est. Nella classifica
delle voci piu' rilevanti segue, in terza posizione, la spesa
per i trasporti (10%), comprensiva dell'acquisto dei mezzi, di
tutte le voci accessorie (carburante e assicurazione le piu' rilevanti) e degli eventuali costi relativi agli spostamenti a bordo
dei mezzi pubblici (treni, bus, metropolitana).
Dai livelli della spesa, d'altro canto, possono essere desunte
ulteriori informazioni circa l'allocazione del budget familiare
lungo tutte le variabili che qualificano il consumo: territorio,
comune di residenza, condizione professionale, nazionalita' e
tipologia familiare.
Una prima dimensione che aiuta a leggere il fenomeno del
consumo e' infatti quella geografica: a fronte di una spesa pari
a 2.525 euro/mese per la media Italia, si osservano ampi divari
tra le diverse aree del Paese che originano in buona misura da
una distanza nei livelli dei redditi e nel costo della vita. Da un
massimo di oltre 3 mila euro in Lombardia e Trentino-Alto
Adige si arriva sino a 1.700 euro in Calabria: in altri termini,
un "gap" tra un consumatore lombardo ed uno calabrese arriva
a valere piu' di 16 mila euro l'anno.
La spesa di una famiglia cambia inoltre significativamente
a seconda che si viva in citta' o in un piccolo comune della
provincia: contribuiscono a spiegare questo divario affitti piu'
elevati, la maggiore incidenza delle spese obbligate (come i
trasporti) e un minore ricorso all'autoconsumo, tipico delle
aree a maggiore vocazione agricola. Su questo aspetto l'ultimo
anno si e' segnalato per un ampliamento delle distanze, determinato
da una marcata crescita della spesa per l'acquisto di
beni e servizi non alimentari in capo alle famiglie residenti nelle
grandi citta' (e' probabile che i centri urbani di maggiori dimensioni
siano stati i primi a beneficiare del consolidamento
della ripresa economica). Abitare nei quartieri centrali di una
grande area metropolitana comporta, in media, un maggiore
esborso di circa 500 euro, il 20% in piu' in confronto ai piccoli
centri di provincia.
Una terza variabile di interesse e' quella che insiste sulla
condizione professionale della persona che nel nucleo e'
il principale percettore di reddito. La spesa e' infatti lo specchio
delle possibilita' economiche e degli stili di vita che sono
spesso correlati alla tipologia di attivita' lavorativa: i consumi
di un imprenditore o di un libero professionista (3.600 euro/
mese) sono infatti piu' che doppi in confronto ad un disoccupato
(1.700 euro/mese) e significativamente superiori anche di
quelli realizzati da un pensionato e da un operaio (rispettivamente
2.370 e 2.230 euro/mese).
Da ultimo, a parita' di altre condizioni, una discriminante
importante e' quella della nazionalita': in media, una famiglia
italiana sostiene un livello di spesa di oltre 1.000 euro/mese piu'
elevata di una famiglia di origine straniera (2.590 contro 1.580
euro/mese, il 60% in piu'). Unitamente all'entita' del consumo,
la nazionalita' incide sulla diversa distribuzione del consumo:
per le famiglie non italiane casa e alimentazione assorbono
il 60% del budget, quasi il 10% in piu' in confronto alla media
Italia. D'altra parte, le famiglie straniere spendono di
meno per le voci meno necessarie, quali arredamento, servizi
sanitari e tempo libero (complessivamente -5%).
Considerando infine come discriminante l'ampiezza del
nucleo familiare, la progressione della spesa media familiare
al crescere del numero dei componenti risulta meno che proporzionale,
a suggerire l'attivazione di economie di scala nella
condivisione degli spazi abitativi e nella piu' efficiente distribuzione
di alcune spese (trasporto, utenze, alimentazione, eccetera).
Sotto questo profilo, si passa da poco meno di 1.800 euro
per il nucleo monocomponente a circa 620 pro capite per le
famiglie piu' numerose: in altre parole, il single spende quasi
3 volte in piu' rispetto a ogni membro di una famiglia che e' 5
volte piu' ampia.
Unitamente all'ampiezza del nucleo familiare, le distanze
negli esborsi sono in buona misura riconducibili alle diverse
fasi della vita ed alla presenza di uno o piu' figli minori da accudire:
si passa infatti da un minimo di 1.600 euro per la persona
sola over 65 ad oltre 3 mila euro per le coppie con almeno due
figli. Molto diversa, infine, e' la distribuzione delle risorse, laddove
eta' e genitorialita' rappresentano i due driver principali.
3. I NUOVI CONSUMI DELLE ELITE
«Il benessere che traiamo dal consumo dipende soprattutto
dal valore relativo del consumo stesso o dal confronto con gli
standard di consumo degli altri»: era la fine del ‘800 quando
l'economista e sociologo Thorstein Veblen, americano di origini
norvegesi, passato alla storia come il primo pensatore ad
aver attribuito al consumo un significato di segnale distintivo
di consuetudini, dinamiche sociali e gerarchie di piacere, introdusse
il concetto di lusso, rovesciando l'approccio razionale
alla teoria del comportamento del consumatore proposto dalla
scuola neoclassica.
Occorre attendere l'avvento della societa' postindustriale per
ritrovare il consumo come elemento di affermazione individuale:
l'acquisto e il possesso di un bene, insieme al suo valore
simbolico, diventano una manifestazione sociale e, allo stesso
tempo, un elemento distintivo, di differenziazione. In una
fase storica in cui il consumo si allarga a nuovi strati sociali e
diventa di massa, per effetto delle trasformazioni economiche
e culturali che hanno segnato la societa' di quell'epoca, alcuni
beni e servizi restano una prerogativa di pochi privilegiati,
ergendosi alla funzione di status symbol: l'auto fuoriserie,
l'abito firmato, le griffe diventano non solo il segnale di una disponibilita' economica eccedentaria, ma strumento per esibire
una posizione sociale raggiunta, stili di vita che si presumono
invidiabili (e invidiati).
Gli anni piu' recenti hanno visto l'emergere di una pluralita'di nuove tendenze nel consumo che hanno finito per impattare
anche su coloro che detengono la maggiore capacita' di
spesa: le famiglie sono progressivamente diventate piu' selettive
e razionali nell'acquisto, sia dei beni durevoli che di quelli
non durevoli, mentre la tecnologia ha investito il consumatore
di una mole infinita di informazioni tale da renderlo soggetto
attivo, e non piu' passivo, nel processo di costruzione delle preferenze.
Soprattutto, le condizioni economiche delle famiglie
sono andate via via polarizzandosi, al punto che i consumi di
alta gamma hanno mostrato ritmi di crescita apprezzabili e in
accelerazione durante le fasi piu' acute della crisi.
In questi pochi anni, il concetto di lusso e' radicalmente
cambiato, in Italia come in tutto il mondo: si e' passati dal bene
esclusivo di lusso come mezzo, strumento di celebrazione collettiva
al lusso, come fine, esperienza gratificante e individuale.
E' quanto si ricava da una recente indagine condotta da Boston
Consulting Group su un campione di 12 mila "super consumatori"
distribuiti in 10 Paesi (tra cui Italia, Francia, Stati Uniti e
Cina), accreditati di una spesa in prodotti di lusso superiore ai
30 mila euro l'anno pro capite.
Nel dettaglio, dall'esame dei dati sembrano emergere tre tipologie
di consumo di lusso: quello esperienziale, legato piu'
alle emozioni personali che al semplice possesso (le preferenze
convergono verso ristoranti stellati, con cena da 200 euro a testa,
hotel da 450 euro a notte, vini pregiati con un costo medio
di 100 euro a bottiglia); il lusso personale, quello del vestito, del
gioiello o della borsa per i quali si arriva a spendere fino a mille
euro, o quello dell'orologio griffato cui viene destinato un budget
di almeno 2 mila euro; il lusso da condividere con parenti
e amici, che trova manifestazione in "supercar", barche e case
nelle localita' di vacanza al mare ed in montagna. Attualmente,
a livello globale, oltre 500 miliardi di dollari vengono destinati
all'acquisto di prodotti esperienziali, mentre il giro d'affari
relativo alle altre due tipologie ammonta nel complesso a 300
miliardi: secondo le previsioni costruite a partire dalle future
intenzioni di acquisto, il divario e' destinato ad accentuarsi entro
i prossimi dieci anni, trasformando sempre piu' il lusso da
un oggetto a una situazione, un percorso, una avventura.
A ben vedere, il lusso nella sua concezione classica di bene
di elevato valore monetario sembra essere piu' una prerogativa
delle economie emergenti (Cina, India, Paesi arabi), i cui
consumatori sono affascinati dall'eleganza, dalla creativita'dei prodotti dell'artigianato e della manifattura europea di
qualita' (in particolare, l'Italia e' per distacco la prima
meta di acquisto per i prodotti di alta gamma, soprattutto
nel settore del fashion, dove il "Made in Italy" e' una vera e
propria icona).
Nel nostro Paese, viceversa, si colgono diffusi segnali di
cambiamento che sembrano prefigurare una fase di maturita' nell'approccio al consumo di lusso: una prima evidenza interessante
e' quella che riguarda il ruolo superato della marca a
tutto vantaggio della personalizzazione dei prodotti (25% degli
intervistati). Tralasciando le situazioni limite dei milionari, le
indicazioni piu' significative del nuovo trend possono essere
estrapolate dall'indagine sulla spesa delle famiglie condotta
annualmente dall'Istat su un campione di 28 mila famiglie
italiane. Un confronto di lungo periodo e' utile per verificare
come le famiglie con maggiore disponibilita' di budget hanno
modificato nel tempo le abitudini, individuando per questa via
una evoluzione del concetto di bene di "lusso".
Le famiglie alto spendenti (definite nella nostra elaborazione
dei dati Istat come il 20% di famiglie con la piu' alta spesa
per singolo componente) hanno, infatti, risentito anch'esse del
generale contesto di crisi economica, riducendo l'esborso medio
su base annua per l'acquisto di beni e servizi del 3% tra il
2006 e il 2015 (a fronte di una contrazione del 5% registrata
tra le famiglie basso spendenti). Tuttavia, il calo non e' stato
generalizzato, determinando una rimodulazione della composizione
tra macro-voci, ovvero delle priorita' di acquisto.
La spesa per generi alimentari e' aumentata sia in valore assoluto
(+300 euro su base annua) che in rapporto alla spesa
complessiva (dal 15% al 17% del totale), con la contestuale
emersione anche tra le famiglie alto spendenti di quell'approccio
sempre piu' salutistico, quasi terapeutico, che gli italiani
mostrano verso l'alimentazione, vista sempre piu' come mezzo
per star bene piu' che come fine.
A Ll'incidenza della verdura e
degli ortaggi sulla spesa complessiva alimentare e', infatti, cresciuta
del 3,6%, a fronte di un ridimensionamento di quella
per dolciumi (scesa in dieci anni dal 7 al 5%), latticini, uova,
oli e grassi (-2,2%) e carne (-1,6%).
Contestualmente, la spesa media delle famiglie alto spendenti
per gli altri beni e servizi ha registrato una contrazione su
base annua nell'ordine del migliaio di euro, pur mantenendo
il primato assoluto sui generi alimentari sia in termini di incidenza
sulla spesa complessiva (oltre l'80%) che di differenziale
rispetto alle famiglie basso spendenti (esborso medio 8 volte
superiore).
Anche in questo caso piu' che il dato complessivo sono le dinamiche
relative alle singole voci a rilevare le nuove metriche
di consumo delle famiglie alto spendenti, con un effetto sostituzione
tra spesa per la casa e l'abbigliamento (in calo) e quella
per la salute, la mobilita' e il tempo libero (in crescita anche se
in grado di controbilanciare solo in parte la contrazione delle
prime due voci).
B Buon cibo, salute e benessere, viaggi, istruzione
e svago sono dunque in cima alle priorita' degli italiani,
o almeno soprattutto tra coloro che se li possono permettere:
le specialita' gastronomiche piu' raffinate da consumare nelle
mura domestiche, la cena nel ristorante di chef stellati, viaggi e
svago, istruzione ma anche una visita specialistica di controllo
in piu' per fugare patemi e ansie, hanno sostituito nell'immaginario
degli italiani benestanti il jeans di marca, la grande villa
con giardino e l'articolo di arredamento pregiato, con la sola
eccezione del design. Un cambiamento lento ma progressivo,
che trova riscontro ancora una volta nell'analisi dei microdati
Istat sui consumi delle famiglie: nell'elenco delle micro-voci
che registrano il piu' alto differenziale tra il primo e l'ultimo
quintile di spesa media per componente, accanto ai gioielli (gli
alto spendenti sostengono un esborso 8 volte superiore ai basso
spendenti) troviamo, infatti, i servizi dentistici (rapporto
9:1); i viaggi organizzati all'estero (rapporto 7:1), i trattamenti
estetici, le cene fuori casa e gli spettacoli (rapporto 5:1), i corsi
di formazione e l'istruzione universitaria (rapporto 4:1).
4. LA CASA RESTA CENTRALE NELLE SCELTE
DI INVESTIMENTO DELLE FAMIGLIE
Casa, dolce casa: quella tra gli italiani e "il mattone" e' una
storia d'amore antica, ma sempre attuale. L'importanza della
casa nella gerarchia valoriale degli italiani e' documentata da
diversi indicatori: secondo la Banca d'Italia, la casa rappresenta
oltre la meta' della ricchezza totale delle famiglie e circa
l'80% dei nostri connazionali vive in una abitazione di proprieta'.
Una peculiarita' tutta italiana, se si tiene conto che la
quota di proprietari si ferma nella media dell'Unione Europea
al 70%, con valori anche inferiori nel Regno Unito (64,6%), in
Francia (64,3%) e in Germania (52,6%).
Sotto il profilo qualitativo, anche una recente indagine Doxa
ha confermato quanto tra le mura domestiche gli italiani si
sentano a proprio agio: per il 12% e' in cima alle priorita' e per
un ulteriore 62% la casa viene catalogata alla voce "molto importante".
Le statistiche sulle compravendite immobiliari confermano
una rinnovata vivacita' del settore: nei primi
mesi del 2017 si osserva una espansione in una misura pari
all'8,6% (fonte Agenzia delle Entrate), con tassi di incremento
prossimi o superiori al 10% nelle Regioni del Nord Italia
e nelle Isole.
Interessante e' anche il dato sulla dimensione media dell'immobile
acquistato: guardando a un campione relativo alle
principali citta', la superficie e' pari a 78 metri quadri, con una
distanza di quasi 30 metri quadri, equivalenti ad un locale
e mezzo, tra il dato di Milano (70 metri quadri in media) e
Palermo (96). Medesime osservazioni per quel che riguarda le
locazioni, dove si osserva la scelta di appartamenti piu' piccoli
nelle grandi citta' in cui notoriamente gli affitti sono piu' elevati.
Se in generale gli italiani stanno bene al riparo delle mura domestiche,
non mancano i motivi di malcontento. Incrociando
le informazioni raccolte nell'ultimo "Rapporto Bes" dell'Istat
e dalla Doxa in una recente indagine, solo un quarto degli italiani
si dichiara soddisfatto della propria abitazione e uno
su dieci lamenta condizioni abitative difficili (fanno peggio
dell'Italia solo i Paesi dell'Est: Polonia, Bulgaria, Lettonia,
Ungheria e Romania). Tra le maggiori preoccupazioni la salubrita'dell'ambiente domestico in termini di inquinamento
dell'aria interna (69%) e di inquinamento acustico (80%), cui
si aggiunge un tema molto sentito, ovvero il sovraffollamento
degli spazi. Stando alle definizioni Eurostat, per sovraffollamento
si intende quella situazione in cui non sono disponibili
abbastanza stanze per tutti: per rispettare gli standard minimi
deve essere presente, ad esempio, una stanza per la coppia, una
ogni due bambini ed una per ogni adulto. In Italia la percentuale
di famiglie che non soddisfano questa condizione e' piu'
elevata della media europea e in crescita, al 27,8%.
Eppure, interrogati a riguardo, gli italiani sembrano essere
poco interessati alle dimensioni e ai rapporti tra occupanti e
superficie. Nel loro immaginario, la casa ideale risponde a cinque
criteri fondamentali: deve essere attenta alla salute, comoda
da vivere, rispettosa dell'ambiente, smart (quindi con una
gestione intelligente e innovativa) e deve far risparmiare.
Nella scelta dell'abitazione sono inoltre prioritari fattori
come le caratteristiche e la vivibilita' del quartiere, la disponibilita' e la vicinanza ai mezzi pubblici e ai negozi e la "fungibilita'"
degli spazi, ovvero la capacita' di adattare gli ambienti
nel tempo in base alle esigenze di chi la abita (aumento del
numero degli occupanti e necessita' di ricavare nuovi spazi, ad
esempio).
Uno degli aspetti di maggiore interesse ha a che vedere con
il ruolo aspirazionale esercitato dalla casa sugli italiani. Il portato
valoriale dell'abitazione e' infatti molto cambiato nel corso
del tempo, soprattutto lungo le generazioni: in particolare, il
mattone sembra aver perso appeal tra i millennials, per i quali
la casa sta progressivamente evolvendo da bene a servizio. Un
recente rapporto realizzato dal Censis ha infatti indagato la relazione
tra la casa e i giovani, legando l'emancipazione dalla
famiglia di origine alle condizioni lavorative, spesso precarie,
dei giovani che accedono al mercato del lavoro: nella concezione
dei millennials, la casa si spoglia del suo contenuto di
bene, di cassaforte dei risparmi di famiglia per diventare servizio:
alla dotazione della casa si preferisce la centralita', l'accessibilita' e la vivacita' del quartiere di residenza. E', ancora una
volta, la vittoria dell'uso sul possesso. Ancor piu' che nel breve,
questo fenomeno potrebbe determinare effetti importanti nel
medio e nel lungo termine, configurando una possibile rivoluzione
nel mercato immobiliare: secondo alcune proiezioni,
entro i prossimi dieci anni, un terzo di coloro che oggi sono
acquirenti andranno a riversarsi sulla locazione.
A conferma della passione degli italiani per le dotazioni di
accessori per la casa, il mercato degli elettrodomestici ha fatto
registrare dati positivi sulle vendite nell'ultimo anno. Il giro
d'affari dei grandi elettrodomestici e' rimasto sostanzialmente
invariato, nonostante gli incentivi fiscali sugli acquisti siano
stati avviati ormai da due anni, e molti italiani ne abbiano gia' approfittato per comprare prodotti piu' nuovi. Aumentano le
vendite di alcuni elettrodomestici da cucina, in particolare
forni (+7%) e piani cottura (+4%), ma calano gli acquisti di
cucinotti (-5%), frigoriferi e freezer (-4%).
Dopo la flessione dello scorso anno, ripartono le vendite per
i piccoli elettrodomestici, che hanno fatto registrare un aumento
dell'1,8% nell'ultimo anno. In forte crescita i prodotti
legati all'igiene dentale (+12%), su tutti lo spazzolino elettrico,
a testimonianza dell'attenzione che gli italiani ripongono nei
confronti della salute e della prevenzione.
Aumentano le vendite di estrattori di succo (+4,6%), dai piu'
comuni spremiagrumi ai prodotti piu' elaborati, che consentono di ricavare succhi da moltissimi tipi di frutta e verdura.
Fonti di energie e vitamine, gli italiani considerano queste bevande
come un vero e proprio toccasana, di cui non si puo' fare
a meno neanche in casa.
Tra i prodotti per la pulizia, crescono in modo esponenziale
le vendite degli aspirapolvere a vapore, facendo segnare addirittura
un +37% rispetto allo scorso anno.
5. PIU' SMART LA MOBILITA' DEGLI ITALIANI
In linea con la tendenza degli ultimi anni, i consumi degli
italiani continuano a essere concentrati sui beni durevoli,
con particolare attenzione al ricambio delle automobili, frutto
della ripresa del ciclo. Nella prima meta' del 2017 il mercato
auto ha infatti consolidato il percorso di crescita: le immatricolazioni
hanno marcato un incremento non lontano dal 10%,
concentrato nell'area settentrionale del Paese (Piemonte, Valle
d'Aosta e Trentino-Alto Adige sono le tre Regioni best performer, anche per la peculiare conformazione geografica che
scoraggia la mobilita' dolce) e un gusto sempre piu' diffuso per
le utilitarie (Fiat Panda e Lancia Ypsilon i modelli piu' venduti
nel primo semestre).
Guardando alle vendite per tipo di alimentazione, il dato piu'
significativo e' quello che riguarda le auto ibride/elettriche, a
suggerire una crescente attenzione per l'ambiente: complessivamente
per le strade delle nostre citta' circolano 133 mila
autovetture ibride e poco meno di 6 mila veicoli elettrici.
Insieme all'auto nuova, gli italiani sembrano apprezzare anche
quella di seconda mano, come conferma la performance
del mercato dell'usato (+2,8% per i volumi): secondo le quantificazioni
dell'Osservatorio Findomestic, il 2016 si e' chiuso
con un giro d'affari di 17 miliardi di euro e 2,6 milioni di auto
vendute (6.600 euro l'esborso medio).
L'auto resta anche il principale mezzo di spostamento degli
italiani. Se si escludono alcune esperienze virtuose nelle principali citta', mancano infatti alternative adeguate alla mobilita'privata, soprattutto al Sud, nelle aree montane e nei centri abitati
minori: con un parco circolante comprensivo di 38 milioni
di vetture, il nostro Paese detiene ancora il primato per tasso di
motorizzazione in Europa (62,4 autovetture ogni 100 abitanti),
secondo soltanto a quello del Lussemburgo.
Le citta' italiane con la maggiore densita' di auto in circolazione
sono L'Aquila e Potenza (75,8 e 73,1 auto ogni 100 abitanti),
seguite da Perugia (70,26) e Campobasso (69,04).
La tendenza ad abbandonare l'auto, che si esprime nella riduzione
del numero di autoveicoli di proprieta' nel nucleo familiare,
si consolida nelle aree urbane di maggiori dimensioni:
la riduzione del numero di auto per abitante e' documentata a
Genova, Firenze e Milano (con un numero di auto sceso tra 40
e 50 per 100 residenti). Del resto, il ricorso massivo ai mezzi
privati e' la principale causa degli elevati tassi di congestione:
si stima che gli italiani passino in auto 23 giorni l'anno (fonte
Osservatorio Europeo della Mobilita'), sprecando in coda quasi
una settimana.
Al netto della buona performance del mercato dell'auto,
tutte le statistiche disponibili documentano che la mobilita'nel nostro Paese e' diventata piu' smart. Gli italiani, che complessivamente
totalizzano circa 40 milioni di ore al giorno per
recarsi a scuola o sul posto di lavoro (fonte Isfort), hanno imparato
a razionalizzare gli spostamenti, tendendo a preferire le
distanze di breve e scoprendo i vantaggi della mobilita' dolce
nella quotidianita'.
Come evidenziato nell'edizione 2015 del Rapporto Coop, si
vanno diffondendo nuovi stili di vita, orientati alla sostenibilita' ambientale e al contatto con la natura: nell'ultimo anno
i mezzi di trasporto piu' ecologici (piedi e bici) hanno messo a
segno l'incremento piu' sostenuto (+8,4% in media nazionale).
L'altro elemento di novita' e' dato dal maggiore ricorso al trasporto
pubblico: secondo i piu' recenti dati Istat, l'utilizzo di
bus e treni per gli spostamenti abituali e' tuttavia fortemente
sperequato, dal momento che esso risulta concentrato in alcune
aree del Paese (si passa dal 20% del Nord al 6,5% delle
Isole, aprono e chiudono la classifica delle Regioni il Lazio con
il 30% e la Calabria con il 5%), in alcuni Comuni (nelle aree
metropolitane l'incidenza arriva al 40% del totale) e in alcune
specifiche porzioni della popolazione. Guardando alla condizione
professionale, i mezzi pubblici sono utilizzati principalmente
tra gli impiegati, 19%, a fronte di un piu' contenuto 8%
riferito a dirigenti e lavoratori autonomi; replicando l'analisi
per classe demografica, si osserva una proporzionalita' inversa
rispetto all'avanzare dell'eta', con una percentuale di copertura
superiore al 50% per i ragazzi con meno di 20 anni. Il nuovo
modo di intendere il trasporto ha interessato anche le vacanze
2017, che hanno fatto registrare un incremento dei passeggeri
con gli autobus del 70% rispetto alla scorsa estate.
6. TORNA POSITIVA LA SPESA MA L'ABBIGLIAMENTO
E' SEMPRE MENO FASHION
Archiviata una lunga fase di impoverimento, il mercato
dell'abbigliamento inizia a mostrare diffusi segnali di svolta,
nonostante l'andamento dei volumi rimanga di segno negativo
(-0,6% nel 2017 ma in recupero rispetto agli anni precedenti).
E' finalmente la luce in fondo al tunnel: il recupero della
spesa torna a riaffacciarsi nelle statistiche, soprattutto nelle
Regioni del Nord (+4%) ed in quelle del Sud (+3,3%).
Con il ritardo che e' tipico delle voci di spesa piu' voluttuarie,
vestiti e calzature sono state le ultime ad agganciare il recupero
del ciclo dei consumi. In questo contesto, giova tuttavia sottolineare
che l'approccio degli italiani e' molto cambiato rispetto
al passato: in questi anni il fashion e' stato definitivamente spogliato
del suo valore aspirazionale, del suo ruolo segnaletico di
affermazione nella societa' e di status symbol.
Oggi piu' che mai regna una scelta di carattere prettamente
funzionale, piu' vicina all'area dei bisogni fisiologici dell'individuo
teorizzata da Maslow: questo cambiamento di regime ha
senza dubbio contribuito a penalizzare la marca, che riesce ad
intercettare soltanto quella piccola porzione di consumatori
con una capacita' di spesa elevata. La tendenza in atto, trasversale
a tutta la popolazione, risulta accentuata soprattutto tra le
generazioni piu' giovani, che progressivamente virano sui capi
seriali del "fast fashion", scegliendo di destinare le risorse risparmiate
a viaggi e tempo libero.
Gli effetti piu' tangibili della nuova concezione dell'abbigliamento sono documentati da tre macro evidenze. In prima battuta,
l'Italia vanta il primato delle promozioni: tra i saldi estivi
e quelli invernali si concentra piu' di meta' del fatturato annuo,
una peculiarita' che non trova altrettanto riscontro nelle altri
grandi economie europee (la media e' pari al 43,7%). Segno che
per gli italiani abiti e scarpe non sono piu' un acquisto di impulso:
al contrario, i consumatori di oggi sono disponibili a
programmare il rinnovo del proprio armadio e attendere l'apertura
delle svendite pur di conseguire il massimo risparmio.
Il secondo elemento e' da attribuire a un graduale spostamento
verso i prodotti "low cost": negli ultimi tre anni la quota
di mercato degli articoli con fascia bassa di prezzo ha guadagnato
terreno, passando dal 40,6% al 42,9% del totale, a suggerire
una perdita di valore dell'abbigliamento, sia dal punto
di vista concreto che da quello aspirazionale. A pensarla così
sono soprattutto i millennials, che dichiarano nel 63% dei casi
di preferire le marche del fast fashion.
In ultimo, il mercato dell'abbigliamento e' sostenuto in misura
determinante dalla buona performance del commercio
digitale (al netto del contributo delle vendite che transitano
per il web e per le piattaforme dedicate di intermediazione la
caduta del valore nell'ultimo anno sarebbe pari a -3,2%); in
Italia l'ecommerce mette a segno la crescita piu' sostenuta di
tutta Europa pur avendo una incidenza sul giro d'affari complessivo
ancora lontano dalle piu' avanzare esperienze europee
(l'8% contro il 28% della Germania o il 24% del Regno Unito).
7. LO SMARTPHONE E' IL DEVICE KILLER DEL MERCATO
DIGITALE
Indifferente alla recessione che ha colpito tutte le aree della
spesa delle famiglie e al ripensamento degli stili di vita che ha
intaccato le modalita' tradizionali del consumo individuale, il
mercato del digitale prosegue la sua corsa inarrestabile superando
quota 66 miliardi di euro annui di giro d'affari, forte
dell'essere ormai una componente fondamentale del tempo
libero degli italiani. Unitamente all'entita' del fatturato movimentato,
desta interesse l'accelerazione nei tassi di crescita: la
variazione registrata nel 2016 (+1,8%) e' infatti quasi doppia in
confronto a quanto misurato l'anno precedente (+1%).
I consumi digitali, del resto, incarnano le aspirazioni e i bisogni
piu' moderni e innovativi degli italiani e rappresentano
il terreno piu' fertile ove lasciarsi affascinare e guidare, spesso
a un costo contenuto, dalle novita' della trasformazione tecnologica.
Contrariamente ad altre voci di spesa, il consumo digitale
e' infatti per gli italiani una scoperta continua, uno strumento
accessibile per migliorare la qualita' della vita, risolvere i
piccoli problemi ed efficientare i tempi della quotidianita'.
Il principale traino del settore resta ancorato alla vendita dei
dispositivi, in particolare dello smartphone: nel 2016 le famiglie
italiane hanno acquistato 16,7 milioni di pezzi, l'8% in piu'
rispetto al 2015. Per gli italiani lo smartphone non e' piu' (solo)
un comodissimo strumento per comunicare, ma e' diventato
un vero e proprio bene di prima necessita': il 94% degli italiani
ne possiede almeno uno ed oltre il 60% lo ritiene un oggetto
irrinunciabile, tanto che l'80% preferisce acquistarlo pagando
l'intero importo in una unica soluzione, anche se per circa
meta' vuol dire rinunciare ad altre spese piu' voluttuarie (svago,
abbigliamento, pasti fuori casa o viaggi). In prima battuta, esso
viene utilizzato per navigare in rete: 7 italiani su 10 si connettono
ad internet tramite un dispositivo mobile, che sia un telefono
cellulare o un tablet, e soltanto il rimanente 30% naviga
sul web da un computer. Le principali attivita' svolte sono l'invio
di mail (78%), la visione di video (70%), l'utilizzo di social
network (60%), ma anche, seppure in misura piu' contenuta,
l'internet banking (42%) e la prenotazione di viaggi (40%). Il
dato piu' eclatante ha a che vedere con la quota di persone che
lo usano per effettuare le chiamate, solo il 34%: come a dire che
lo smartphone e' tutto tranne che un telefono.
Consolidamento dello smartphone a parte, l'elemento nuovo
piu' interessante e' certamente rappresentato dalla diffusione
dell'internet delle cose (piu' comunemente noto come Internet
of Things, IoT) nelle case degli italiani. Grazie alla connessione
tra i dispositivi e' possibile dare concretezza al concetto della
"smart home", ottimizzando i consumi, migliorando sicurezza
e comfort, controllando la casa da remoto: si va dagli elettrodomestici
intelligenti all'impianto di climatizzazione sino alle
porte blindate e alle finestre.
Gia' oggi il mercato dell'IoT vale nel nostro Paese oltre 2
miliardi di euro ed e' cresciuto del 14% nell'ultimo anno: di
pari passo con l'immissione sul mercato di nuovi dispositivi
ma soprattutto con l'impiego del traffico dati in alcuni servizi
domestici, continua il rilascio di nuove schede Sim (+10%).
In assenza di fatti tecnologici di un certo rilievo, lo smartphone
tende a fagocitare gli altri settori, come conferma il calo
che ha interessato tablet (-7%), computer fissi (-9%) e laptop
(-2%): insieme ad un allungamento della vita media di pc e tablet,
giova sottolineare che lo smartphone e' in grado di offrire
buona parte delle funzionalita' di base di un computer, con il
vantaggio della mobilita' (e-mail, navigazione su internet.).
Ad aver risentito della concorrenza dello smartphone sono
anche altri articoli del mercato dell'elettronica di consumo, tra
cui videocamere, calcolatrici e macchine fotografiche. I telefoni
cellulari di ultima generazione permettono infatti con pochi
semplici click di condividere le immagini con i propri contatti
e di modificarne facilmente i parametri principali (come luminosita'
e contrasto): nella percezione dei consumatori cio'
contribuisce a rendere lo smartphone il compagno di viaggio
perfetto per gli scatti quotidiani non professionali.
La diffusione dei social network legati al mondo della fotografia,
Instagram e Snapchat su tutti, ha ulteriormente penalizzato il mercato delle macchine fotografiche, relegando
reflex e fotocamere compatte ad amatori e appassionati che
non possono prescindere dal livello qualitativo del risultato
finale: questo cambiamento di regime si e' così tradotto in un
forte ridimensionamento del mercato della fotografia (-21%
tra 2015 e 2016).
A proseguire il suo trend positivo di crescita e' il mercato dei
contenuti digitali, con un incremento di 700 milioni di euro
negli ultimi 12 mesi (da 8,9 a 9,6 miliardi di euro, +7,9%). La
performance positiva dei contenuti digitali riguarda l'intero
indotto: dal segmento dell'editoria online, alla musica, fino alla
digital advertising (giro d'affari da 2,1 miliardi di euro, +9%)
e al gaming. La crescita del giro d'affari e' stata superiore al
15% per il mobile entertainment, settore favorito dalla continua
espansione delle vendite di smartphone, e per la musica,
grazie alle piattaforme che permettono l'ascolto dei brani in
streaming (Spotify, Deezer ed Apple Music).
Infine, i contenuti per ebook, nonostante occupino una
quota minoritaria del mercato, hanno registrato un incremento
del 21% rispetto all'anno precedente. Cresce la passione
degli italiani per la "lettura digitale", per via del prezzo di copertina
inferiore rispetto al libro cartaceo e per la comodita' del
prodotto, che permette di contenere piu' titoli all'interno di un
solo dispositivo.
Oltre agli acquisti piu' classici del settore, gli italiani stanno
progressivamente spostando le loro preferenze verso i servizi
piu' innovativi: dall'internet delle cose, che sta trasformando
gli oggetti di uso quotidiano rendendoli sempre piu' connessi
ed interconnessi fra loro, fino ai servizi di cyber security e di
cloud computing (iCloud di Apple, Google Drive, SkyDrive di
Microsoft, Dropbox, per l'archiviazione digitale di documenti
e file personali).
8. PIU' CULTURA NEL TEMPO LIBERO DEGLI ITALIANI
Per interpretare l'umore profondo degli italiani esiste una
regola infallibile: guardare come trascorrono il tempo libero,
cosa fanno la sera e nel week end in famiglia e con gli amici,
lontani dalle incombenze lavorative. Sulla base delle informazioni
Istat, gli italiani dedicano circa 5 ore al giorno al tempo
libero (piu' di 6 ore nel caso degli over65). In termini di spesa,
una famiglia media destina alle attivita' ricreative oltre 1.500
euro l'anno, con un incremento che nel corso degli ultimi dodici
mesi e' stato prossimo al 3%.
Nonostante le paure e le preoccupazioni, gli italiani hanno
ritrovato il gusto di uscire di casa e stare in compagnia: secondo
l'ultimo annuario dello spettacolo della Siae, sono cresciuti
ingressi e consumi delle principali attrazioni.
Piu' nel dettaglio, particolarmente lusinghiera e' stata la performance
dei teatri (+4,1% gli ingressi, +13,1% la spesa al botteghino)
e per i musei: complice la promozione "Domenica al
museo", che ogni prima domenica del mese permette di visitare
gratuitamente i musei e le aree archeologiche statali, il 2016
si e' chiuso con un monte record di 44,5 milioni di visite.
Anche in questo caso e' interessante valutare quanto la tecnologia
abbia impattato sul godimento dell'esperienza culturale:
la visita diventa l'occasione per condividere la bellezza di
opere d'arte e monumenti sui social network. Sono aumentati
del 45% i visitatori che pubblicano post online e triplicati
i contenuti digitali delle pagine social dei musei, a dimostrazione
di come storia e innovazione possano convivere in un
binomio vincente.
Bene anche il cinema: gli ingressi degli italiani nelle sale cinematografiche
sono aumentati di oltre il 7% nell'ultimo anno.
Gli spettacoli piu' frequentati si registrano nei mesi invernali e
nel fine settimana, anche se nel 2017 il mercoledì ha superato
il venerdì per numero di biglietti emessi: merito del progetto
"Cinema2day", promosso dal Ministero dei Beni Culturali,
che ha fissato una sorta di "prezzo politico", pari a 2 euro, per
le proiezioni del secondo mercoledì del mese. 8 milioni sono
stati gli italiani che tra i mesi di settembre 2016 e maggio 2017
hanno beneficiato dell'iniziativa.
Di tutt'altro tenore sono le indicazioni che si colgono dal
richiamo esercitato dalla musica live: se e' ancora presto per valutare
l'impatto della fobia attentati sui grandi eventi di massa
(il Ministero dell'Interno ha attivato un piano per la sicurezza
per i 1.700 concerti e festival in programma nell'estate 2017),
tendono a suscitare interesse solo le manifestazioni che vedono
esibirsi le grandi rockstar nazionali e internazionali (Coldplay,
Justin Bieber e Ariana Grande tra gli artisti piu' attesi e seguiti).
Segnali confortanti sono giunti dal recente concerto modenese
di Vasco Rossi, che ha apertamente intestato a "festa contro le
paure" la sua performance, e che con 220 mila spettatori ha
totalizzato un nuovo record mondiale per presenze paganti.
In grande difficolta', per contro, risultano le discoteche e le
sale da ballo, a partire dai locali della riviera romagnola che
nell'immaginario dei turisti stranieri hanno rappresentato da
sempre una delle attrazioni del nostro Paese: nell'ultimo anno
l'indotto dell'intrattenimento serale ha generato un fatturato
di circa 5,3 miliardi di euro, con un contributo delle discoteche
pari ad appena un quinto del totale. Le preferenze dei
giovani e dei meno giovani, amanti della movida notturna,
tendono a spostarsi altrove, nei locali che offrono musica dal
vivo insieme ad una buona birra: secondo una ricerca del Fipe
(Federazione Italiana Pubblica Esercizi), l'81% degli avventori
sceglie dove recarsi in funzione dell'intrattenimento musicale
che il locale propone.
Insieme alla musica, l'altro grande amore degli italiani e' certamente
il pallone: nel campionato 2016-2017, in media, una
partita di Serie A, massima espressione del nostro calcio, e' stata
vista dalla tribuna o dalla gradinata da una media di oltre
22 mila tifosi e 710 mila spettatori in televisione, il 2,7% in piu'
rispetto alla stagione precedente.
In questo contesto, inoltre, resistono le intramontabili passioni
degli italiani, seppure oggetto di ripensamento rispetto
alle tradizionali forme di godimento. E' molto cambiato,
ad esempio, il mercato musicale: gli ultimi dati segnalano la
crescita dello streaming (+30% nel 2016 secondo una recente
indagine a cura di Deloitte), che oggi e' arrivato a valere
circa un terzo del totale (i soli abbonamenti hanno generato
oltre 35 milioni di euro). Come riporta la Fimi (Federazione
dell'industria musicale italiana), con oltre 43 milioni di brani
disponibili su decine di piattaforme attive 24 ore su 24 e
migliaia di playlist condivise ogni giorno dagli utenti, il fenomeno
dello streaming musicale e' ormai parte delle abitudini
consolidate del consumatore italiano. La novita' e' data
dalla crescente disponibilita' a mettere mano al portafoglio: i
dati documentano la diffusione degli abbonamenti, ovvero
dei servizi premium che si differenziano dal modello gratuito
sostenuto dalla pubblicita': anche se la conversione dalla
modalita' "free" a quella "pay" resta in Italia al di sotto della
media globale, l'attrattivita' dei modelli di offerta in abbonamento
continua la progressione, al punto che dal 2012 ad
oggi i ricavi da abbonamento sono cresciuti di 10 volte. Se
il CD e' ormai diventato un cimelio, l'altra faccia della rivoluzione
digitale e' quella del ritorno al vinile, soprattutto tra
gli appassionati piu' giovani: la quota di mercato, pari oggi al
6%, e' raddoppiata nell'ultimo triennio, totalizzando quasi 10
milioni di ricavi.
In questo contesto favorevole, fa eccezione la lettura: la diffusione
dell'informazione via social media sta impattando non
solo sulle vendite dei giornali (nei primi quattro mesi del 2017
le copie cartacee dei principali quotidiani hanno ceduto oltre
l'8% rispetto all'anno precedente), ma anche sui volumi che
transitano per il web: gli utenti che visitano i siti di Repubblica
e del Corriere della Sera sono dati rispettivamente in flessione
nella prima meta' del 2017 del 4,3% e del 2,9%.
Medesima tendenza per i libri: nonostante la diffusione degli
ebook (un italiano su dieci dichiara di leggere dai dispositivi
digitali ed il giro d'affari ha superato i 60 milioni di euro),
continua a diminuire il numero di coloro che acquistano con
regolarita' un romanzo o un saggio (23,3 milioni di persone,
-3% rispetto all'anno precedente). Complice un ampliamento
dell'offerta, anche grazie alla crescita degli editori indipendenti
(il 2016 si e' chiuso con oltre 66 mila nuovi titoli e 74 mila
nuovi titoli ebook), il giro d'affari e' complessivamente aumentato
(1,3 miliardi di euro, +2,3% su base tendenziale).
9. I VIAGGI AL CENTRO DEL NUOVO MODELLO DI CONSUMO
Potendo scegliere cosa fare della propria vita tre italiani su
quattro risponderebbero all'unisono: girare il mondo. Piu' del
denaro, anche piu' di un lavoro prestigioso e ben remunerato,
gli italiani sognano di viaggiare. A prescindere dalla meta
e dall'organizzazione, che si tratti di una avventura "on the
road", di un week end alla scoperta di una capitale europea o
di una fuga esotica verso un'isola tropicale. L'aspirazione massima
e' prendere la valigia e mettersi in viaggio, vivere quell'esperienza
che consente di chiudere dentro le mura di casa tutte
le vicissitudini del quotidiano.
Del resto, come ha documentato l'indagine realizzata da
Coop nei mesi scorsi, il viaggio e' percepito come un vero e
proprio bisogno essenziale. Pur di partire si e' disposti a rinunciare
a molto: il 76% degli italiani farebbe economia su pranzi e
cene al ristorante, il 74% sulle pratiche sportive, il 68% sull'abbigliamento,
uno su tre dichiara di essere addirittura pronto
ad intervenire sul carrello della spesa, razionalizzando i consumi
alimentari.
Il recupero dei redditi delle famiglie ha sostenuto la riscoperta
della voglia di turismo: nei primi mesi del 2017 le presenze
nel nostro Paese sono aumentate di oltre il 3% rispetto
al 2016, con ritmi di crescita anche piu' sostenuti per i turisti
italiani (+8%). Per le vacanze estive il budget e' cresciuto di
quasi il 5%, arrivando a poco meno di mille euro a persona:
Capitolo 3. Gli italiani scelgono un nuovo modello di consumoproiettando queste variazioni sulla seconda parte dell'anno, il
2017 potrebbe far registrare il record storico di presenze presso
tutte le strutture ricettive, superando la soglia dei 400 milioni
di pernottamenti.
Un segnale incoraggiante che permette di replicare la buona
performance messa a segno dall'intero comparto nel 2016,
anno durante il quale le preferenze dei viaggiatori si erano
orientate sull'Italia a seguito degli attentati terroristici che
avevano colpito la Francia ed il Nord Europa.
Milano e Roma sono state le citta' che hanno maggiormente
beneficiato della spesa dei turisti stranieri.
Un clima favorevole si conferma anche per l'anno in corso
dall'andamento del traffico aereo, che fa segnare un +6% in
termini di passeggeri nei primi quattro mesi dell'anno (+10%
per gli arrivi internazionali). Nel primo trimestre dell'anno
sono transitati negli aeroporti italiani quasi 2 milioni di
passeggeri in piu' rispetto allo stesso periodo nel 2016. Tra le
rotte piu' battute la Milano Malpensa-New York per le tratte
intercontinentali, la Roma Fiumicino-Barcellona su scala europea
e la Catania-Roma Fiumicino per i viaggi entro i confini
nazionali. Del resto, come ha sottolineato un recente lavoro
della Fondazione Symbola, l'Italia e' il terzo Paese al mondo,
dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, per livello di notorieta': la
percezione di conoscenza dell'Italia si fonda su piu' aspetti,
dall'immenso patrimonio culturale e architettonico all'arte cinematografica,
dalla creativita' della moda all'enogastronomia.
In questo contesto, e' opportuno segnalare i fenomeni emergenti.
Come noto, l'Italia non e' ovviamente solo sinonimo di
citta' d'arte, localita' di mare o di montagna: l'Italia e' soprattutto
il Paese dei borghi piu' belli del mondo (sono 5.600 i
Comuni con meno di 5 mila abitanti ove risiede il 16% della
popolazione), autentici gioielli incastonati tra un patrimonio
architettonico che non ha uguali e paesaggi mozzafiato. Al
fine di valorizzare questa ricchezza dal valore inestimabile, il
Ministero dei beni e delle attivita' culturali ha proclamato il
2017 anno dei borghi: secondo le previsioni, proprio i piccoli
centri storici saranno la destinazione di moltissimi vacanzieri,
totalizzando entro la fine dell'anno circa 90 milioni di presenze
(quasi un quarto del totale). Una offerta piu' competitiva,
insieme al gusto di vivere una esperienza fuori dall'ordinario
lontano dalla frenesia della citta', si traducono inoltre in una
permanenza prolungata: oltre 4 notti, una in piu' in confronto
alla media.
Per il nostro Paese il turismo rappresenta un formidabile
volano di crescita economica, se si tiene conto che esso vale il
10,2% del Pil e l'11,6% della forza lavoro, risultando anche un
catalizzatore di consumi extra nazionali: ad alimentarlo sono
soprattutto i turisti di nazionalita' tedesca, seguiti da francesi,
inglesi, americani e olandesi.
Tuttavia, si tratta di un treno che il nostro Paese, se non sara'
capace di esprimere una strategia di lungo periodo, rischia
drammaticamente di perdere: a suonare l'allarme e' il World
Economic Forum, che colloca l'Italia all'ottava posizione del
"Travel and Tourism Competitiveness Index". Il report descrive
infatti l'Italia come un Paese dall'eccezionale patrimonio
culturale (quinto posto al mondo) e dalle straordinarie risorse naturali
(12esima posizione), negativamente bilanciati da alcuni
elementi di arretratezza quali un ambiente di business poco
favorevole, una burocrazia imperante, un quadro legale inefficiente
e una tassazione poco favorevole (indicatori a causa
dei quali non figuriamo nella top 100 mondiale).
Quanto all'estate 2017, a partire per le vacanze sono sei italiani
su dieci, l'8% in piu' in confronto allo scorso anno, nella
maggior parte dei casi per una settimana di ferie. Meta preferita:
il mare. Le localita' balneari vedranno un incremento
delle presenze di circa il 5%, con un aumento del fatturato di
circa 1,3 miliardi di euro: in testa alle prenotazioni, secondo
TripAdvisor, Puglia ed Emilia-Romagna in Italia, le isole della
Grecia e la Spagna oltre i confini nazionali. Cresce la combinazione
vacanza-relax/sport nella natura, come conferma la
terza posizione dell'Italia nella graduatoria per prenotazioni
in stile "into the wild": negli ultimi sei anni sono triplicati gli
appassionati di scialpinismo ed aumentati del 20% gli escursionisti.
Tra i vacanzieri del 2017 si conferma la preferenza per la
sistemazione in albergo (32%), ma sono in forte aumento coloro
che hanno scelto l'affitto di un appartamento (19%), in
virtu' di una consolidata prassi nella prenotazione online. Un
italiano su tre ricorre alle piattaforme specializzate (Booking,
TripAdvisor, Trivago e AirBnb detengono un primato difficilmente
scalabile), mentre solo il 14% degli individui raccoglie
informazioni sulla disponibilita' direttamente dai siti internet
delle strutture alberghiere. Una quota minoritaria di italiani, il
10% in eta' piu' matura, si rivolge infine alle agenzie di viaggio.
Il fenomeno delle case in affitto e' ormai dilagante: si stima
che a Firenze oltre il 18% dell'intero patrimonio immobiliare
delle location del centro storico sia affittabile tramite Airbnb,
addirittura il 25% a Matera, capitale europea della cultura nel
2019.
Secondo statistiche fornite dal principale operatore, gli
host in Italia hanno attualmente toccato quota 120 mila,
configurando una situazione di micro imprenditorialita' che
nella prassi piu' diffusa va ad integrare il reddito che origina
dall'occupazione principale. Queste forme di reddito addizionale
tendono tuttavia ad essere molto concentrate: secondo
un recente studio dell'Universita' di Siena, la distanza
tra gli host con il migliore/peggiore rating, sintetizzato dal
calcolo dell'indice di Gini, arriva a superare un valore di 0,6
nelle principali citta' (0,7 a Milano, 0,67 a Catania e 0,66 a
Firenze), contro una media nazionale di 0,3.
E' comunque indubbio il sostegno diffuso al reddito che
queste piattaforme assicurano ai proprietari di seconde case,
negli ultimi anni prese di mira dal fisco e dalle tasse locali:
secondo le informazioni disponibili, nella citta' di Milano
tre host su quattro incassano circa 5 mila euro l'anno. Con i
quali si pagano pulizie, tassa di soggiorno, Irpef, IMU e tassa
rifiuti.
10. CONSUMI: LE PROSPETTIVE 2018-2019
Il 2017 e' stato un anno caratterizzato da una battuta d'arresto
del potere d'acquisto delle famiglie. In termini reali il
reddito disponibile ha ristagnato, registrando una variazione
prossima a zero. Questo comporta che la crescita dei consumi,
che ha sfiorato l'1,5%, e' stata finanziata anche attraverso una
contrazione del saggio di risparmio. Tale andamento costituisce
un'ipoteca che pesa sulle prospettive della attuale fase di
ripresa: sebbene vi siano le premesse per un aumento del potere
d'acquisto delle famiglie, che dovrebbe raggiungere ritmi
di crescita prossimi all'1% nel 2018, e confermarli nel 2019,
occorrera' una ulteriore diminuzione del saggio di risparmio
per mantenere l'anno prossimo la crescita dei consumi sugli
stessi ritmi del 2017.
Tra i fattori che hanno sostenuto la propensione al consumo
delle famiglie italiane negli ultimi due anni vi e' probabilmente
il ciclo dei beni durevoli, finanziato in buona misura attraverso
una ripresa del credito al consumo, sostenuta dall'aumento
della disponibilita' di prestiti destinati alle famiglie.
La ripresa del ciclo dei durevoli e' stata in buona misura guidata
dall'aumento degli acquisti di autovetture, iniziato nel 2015.
Il ciclo dell'auto e' certamente derivato dalle esigenze di rinnovo
dello stock esistente, divenuto obsoleto dopo diversi anni
di mancati acquisti. Il 2017 rappresenta da questo punto di vista
con tutta probabilita' uno spartiacque, in quanto il tasso di
rinnovo del parco auto inizia probabilmente a posizionarsi su
valori meno distanti da quelli necessari per il mantenimento
dello stock esistente. Il ciclo dell'auto dovrebbe quindi gradualmente
spegnersi; la domanda si manterrebbe su ritmi di crescita
ancora positivi, ma meno vivaci rispetto al recente passato.
Non e' immediato stabilire se altri beni durevoli prenderanno
il testimone della crescita dei consumi. Nella fase piu' recente
il mobile e l'elettrodomestico non hanno mostrato segnali di
vivacita' comparabili ad altre fasi di ripresa, confermando la
saturazione di questi mercati. Non va comunque trascurato il
fatto che da alcuni trimestri iniziano a emergere segnali di miglioramento
del mercato immobiliare; la ripresa degli acquisti
di immobili potrebbe favorire alcune spese di investimento
(come le ristrutturazioni) che andrebbero a sottrarre risorse
alla spesa per consumi, sollecitando pero' acquisti proprio nei
comparti dell'arredamento e dell'elettrodomestico.
In decelerazione, rispetto ai ritmi esuberanti degli anni
scorsi, l'elettronica di consumo, che e' stata attraversata durante
gli anni scorsi da cicli brevi guidati da significative innovazioni
di prodotto (dal cellulare, al pc portatile, al tablet,
allo smartphone). Nei prossimi anni, pur mantenendosi su
ritmi vivaci, queste tipologie di consumo dovrebbero vedere
ridimensionare il proprio contributo alla crescita della spesa,
a meno di nuove fasi di crescita innescate dall'introduzione
di nuovi prodotti. I principali mutamenti nelle fase piu' recente
sono pero' andati non tanto nell'innovazione dei prodotti,
quanto in quella nei servizi di comunicazione. Si e' trattato
prevalentemente dell'introduzione della possibilita' di
comunicare gratuitamente, attraverso ad esempio Facebook
o Whatsapp.
Gli effetti sulla spesa in questo caso sono dubbi, considerando
che si tratta di consumi erogati gratuitamente, e che
quindi hanno determinato risparmi di spesa per le famiglie
attraverso il crollo dei consumi di servizi di telefonia e il
declino degli acquisti di libri e giornali. L'effetto sulla spesa
delle famiglie e' stato quindi legato soprattutto al fatto che
la caduta dei costi di questi prodotti ha "liberato" risorse da
destinare ad altri impieghi.
Nei prossimi anni la decelerazione del ciclo dell'auto potrebbero
aprire spazi per la crescita di alcuni consumi non
necessari. Il fenomeno piu' significativo degli ultimi anni e'
certamente quello dell'impennata delle voci di spesa legate
al turismo. La tendenza positiva e' evidente soprattutto nelle
voci dei servizi di alloggio, in quella dei pubblici esercizi e
anche nei servizi di trasporto. In questo caso l'innovazione
e' evidente innanzitutto nei canali distributivi (via internet,
attraverso i siti come Booking o Airbnb) che a loro volta
stanno portando a un cambiamento nell'offerta attraverso la
diffusione di microstrutture (i bed &breakfast o le case vacanza).
La crescita dovrebbe protrarsi anche nei prossimi anni,
anche se l'entita' degli incrementi e' soggetta ad alcuni margini
di rischio: come noto, parte dell'aumento delle presenze
turistiche nel nostro Paese e' spiegabile alla luce della perdita
di appeal da parte di alcune destinazioni del Nord Africa (soprattutto
Egitto e Tunisia) per effetto delle tensioni politiche
di quei Paesi; non e' escluso che nei prossimi anni queste
mete registrino una fase di recupero se la situazione politica
tendera' a normalizzarsi, e questo, evidentemente, ridimensionerebbe
la crescita degli afflussi soprattutto nei Paesi del
Sud-Europa.
Tra i comparti dei prodotti, i semidurevoli e i non durevoli
hanno evidenziato sinora una fase di relativa stabilita' con
incrementi di entita' contenuta. Di fatto, data anche la fase
di stagnazione demografica e il tendenziale invecchiamento
della popolazione, le variazioni appaiono in questi comparti
riconducibili soprattutto a mutamenti nelle tipologie dei
prodotti acquistati, spiegate da cambiamenti nelle preferenze
e nella composizione merceologica dovute a variazioni delle
tipologie di prodotti acquistati. Se negli anni passati i trend
dominanti erano stati guidati dall'obiettivo di contenere la
spesa, utilizzando canali distributivi e prodotti meno cari, la
ripresa potrebbe portare a modificare questa volta in positivo
il mix qualitativo.
Una fase di crescita ha in effetti iniziato a caratterizzare le
voci dell'abbigliamento e delle calzature, in recupero da alcuni
anni dopo un periodo di contrazione. La ripresa sarebbe associata
in questo caso direttamente al cambiamento dei canali
distributivi (con il fenomeno Amazon) che hanno favorito
l'accesso dei consumatori a prodotti meno cari.
Diverso il caso dell'alimentare. Si deve ricordare che le tendenze del 2017 sono
state condizionate dall'aumento degli acquisti nei mesi
estivi di alcuni prodotti – come le bevande – che hanno risentito
dell'ondata eccezionale di caldo. Una normalizzazione
delle temperature dovrebbe quindi tradursi in una fase di decelerazione
della spesa in questi comparti.
Restano infine positive le tendenze dei consumi di servizi
piu' direttamente legati all'invecchiamento; in particolare,
si tratta delle spese per la sanita' sostenute dai privati
e, soprattutto, le spese per i servizi alla persona. La crescita
dei servizi sanitari nella spesa delle famiglie riguarda difatti
esclusivamente la parte delle spese sostenute dai privati, dato
che la maggior parte delle prestazioni e' erogata dal Servizio
sanitario nazionale, e dunque non e' classificata all'interno
dei consumi delle famiglie, ma in quelli della pubblica amministrazione.
La crescita della spesa privata riflette anche
l'arretramento del pubblico dati i tagli alla spesa sanitaria degli
ultimi anni. I cittadini sono quindi indotti a rivolgersi alla
sanita' privata (e talvolta anche a rinunciare alle prestazioni
sanitarie). L'arretramento dell'offerta di servizi da parte del
pubblico tende quindi a generare una domanda per servizi
forniti dai privati. Va quindi considerato che e' possibile che
tale aumento della spesa vada a comprimere le disponibilita'economiche dei consumatori, spingendoli a ridimensionare
altre voci di consumo.
Italiani.coop - 27-03-2018
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