Ammetterai, come credo, che non c'è niente di più squallido di un uomo dubbioso e insicuro, di un uomo che ritrae, pavidamente, il piede.
Seneca Lettere morali a Lucilio
Nella seconda metà del XIX secolo gran parte delle popolazioni dei paesi, oggi, industrializzati vive di agricoltura e gran parte dei bisogni delle famiglie, viene realizzata all'interno della famiglia. Là dove non arrivano le competenze e le risorse proprie si ricorre ai piccoli commercianti o agli artigiani. Le grandi famiglie aristocratiche e la borghesia ricorrono, quasi esclusivamente, all'offerta dei grandi commercianti e artigiani che operano, per lo più, nelle città (Caruso, 2003).
Alla fine dell'ottocento l'offerta di prodotti al settore privato è caratterizzata da una scelta ampia e spesso molto sofisticata e il sistema produttivo poggia, come detto, sull'impresa artigianale. I volumi di vendita sono, però, modesti, l'automobile, ad esempio, è alla portata solo di coloro che dispongono di redditi elevati. Nel mondo dell'impresa artigianale è il cliente che si rivolge al fornitore che viene cercato e scelto in base alle caratteristiche del suo prodotto e alla sua fama.
In quello stesso periodo, esiste già anche una grande industria manifatturiera, che non ha, però, un contatto diretto con il consumatore. Gli economisti dell'epoca avvertono che i vantaggi comparati (1) per il successo dell'industria sono sostanzialmente tre.
- Vicinanza alle fonti di risorse naturali.
- Abbondanza di capitali.
- Abbondanza di forza lavoro.
All'inizio del secolo la distribuzione della ricchezza inizia a interessare un numero sempre maggiore di persone che aspirano, non solo ad elevare il proprio livello sociale, ma anche a possedere beni di consumo e beni durevoli in grado di assicurare maggiori comodità, e, pertanto, il sistema produttivo deve adattarsi a questa nuova realtà.
Per rispondere a una domanda sempre più sostenuta, sono necessari tre ingredienti: una produzione di massa, prezzi accessibili a un numero sempre maggiore di persone e una distribuzione capillare. Hanno, pertanto, successo quelle imprese che per prime adottano i princìpi delle economie di scala, della parcellizzazione del lavoro (2), della produzione di serie e della standardizzazione. Nasce il concetto di catena di montaggio.
A questo proposito, giova osservare, che architetti statunitensi, sostengono che un modello di catena di montaggio fosse stato introdotto dai romani per la costruzione dell'Anfiteatro flavio, meglio noto come Colosseo. Per la sua costruzione, durata dieci anni e alla quale lavorarono decine di migliaia di operai e di artigiani, gli ingegneri romani dovettero suddividere il lavoro della manodopera in molte fasi: trasporto, taglio e sistemazione dei blocchi di travertino, trasporto, taglio e sistemazione dei blocchi di tufo, produzione dei mattoni (ce ne vollero più di un milione), produzione del cementizio, realizzazione degli archi, incisione delle pietre, lavorazione dei marmi, lavorazione del ferro e del legno, realizzazione degli affreschi murali, ecc. Queste attività dovevano procedere secondo schemi e tempistiche precisissime per i quali non è, probabilmente, usurpata la denominazione di primo esempio di catena di montaggio.
L'impresa che nasce all'inizio del secolo è chiamata "impresa fordista" in ricordo dell'industria che lanciò la motorizzazione di massa negli Usa; è del 1908, infatti, la prima utilitaria costruita dalla Ford utilizzando, per la prima volta, la catena di montaggio su larga scala.
È nata la grande industria che si rivolge direttamente al consumatore e la sua missione è produrre (Caruso, 1999).
Ben presto, però, l'industria si accorge che non è sufficiente riempire piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere, creare sistemi di distribuzione efficaci e portare il prodotto verso il cliente; l'impresa si trasforma e quindi, siorienta alla vendita.
Nel momento in cui si riconosce l'importanza strategica di vendere il marketing inizia a muovere i suoi primi passi; per questo motivo, all'inizio della sua storia, il marketing è la scienza della vendita. Nascono, pertanto, i grandi distributori, l'intermediazione commerciale, i canali di distribuzione, i dettaglianti, i concessionari.
Va sottolineato che, in questa fase, non esiste ancora un rapporto diretto tra produttore e consumatore; questi resta un ricevitore passivo dei "messaggi" imposti dalla produzione.
Gli anni precedenti la grande depressione sono la mecca dei venditori; la produzione domina e le attenzioni delle imprese sono concentrate quasi esclusivamente sui costi di produzione e di distribuzione.
Con i consumatori che acquistano le merci alla velocità con cui vengono prodotte, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi di creare una relazione con il cliente, è sufficiente fare in modo che i percorsi della distribuzione, dal produttore al consumatore, funzionino efficacemente. Una situazione analoga a quella degli anni venti si verificherà alla fine della seconda guerra mondiale.
La Ford, all'inizio della sua produzione di massa, costruisce un solo tipo di automobile il leggendario modello T; obiettivo principale dell'azienda è ridurre il più possibile il prezzo di vendita. Ford, in questa fase pionieristica della produzione di massa, è geniale poiché comprende che più del prodotto doveva essere venduto il prezzo. Grazie a questa filosofia la Ford riesce a conquistare una posizione dominante.
Con il crescere del benessere, alcune aziende incominciano a rendersi conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualche centinaia di dollari in più, pur di uscire dalla standardizzazione. Una di queste, la General Motors, avvia la politica della produzione di una gamma di modelli studiati per le esigenze di una clientela differenziata.
Il gusto del consumatore inizia a diventare una componente nella strategia della produzione di massa e, in modo quasi inconsapevole, iniziano ad essere applicati due dei princìpi del marketing, la differenziazione e la segmentazione.
Con il suo articolo "La differenziazione di prodotto e la segmentazione del mercato come strategie di marketing alternativo", Wendel Smith stabilirà, per la prima volta, una netta distinzione tra l'impresa che offre una varietà di prodotti "differenziazione di prodotto" e l'impresa che crea prodotti, esclusivamente, per specifici segmenti di mercato "segmentazione di mercato" (Smith, 1956).
La grande depressione dà una spinta al marketing. Come è noto, è nei momenti di crisi che le imprese più vivaci attuano iniziative di tipo innovativo per superare le difficoltà. Un famoso economista del tempo, E. H. Chamberlin, afferma che «le imprese, per rendere la propria offerta più competitiva agli occhi dei consumatori, devono agire, oltre che sul prodotto, anche sui costi di vendita (i costi di promozione N.d.A.)» (Fiocca, 1994).
Uno dei primi passi verso la creazione delle basi del marketing viene compiuto, quindi, dalla General Motors, il cui Presidente Sloan afferma, nel 1933, «La preoccupazione di acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del consumatore finale diventa una preoccupazione di crescente importanza» e «... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la via più rapida per conseguire profitti ».
Questo processo di valutazione del ruolo del consumatore, rispetto alla strategia della pura vendita, subisce un passo d'arresto con la seconda guerra mondiale, quando la scarsezza dell'offerta rispetto alla domanda mette nuovamente in secondo piano le esigenze del consumatore.
Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, si assiste a un'accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing. Nel 1951 la General Electric, la cui produzione va dalle centrali termiche a quelle nucleari, dai treni ai motori d'aereo, dai grandi compressori per oleodotti agli elettrodomestici, è la prima società al mondo che si ristruttura secondo i princìpi dell'impresa marketing oriented (Caruso, 2004 - Kotler, 1993, 1999 - Buel, 1992).
Con il graduale passaggio dalla produzione per il magazzino della prima impresa fordista alla produzione su richiesta del cliente, il prodotto va sempre più trasformandosi in un servizio al consumatore, l'impresa orientata alla vendita si trasforma in impresa orientata al cliente.
Nasce la customer satisfaction e, gradualmente ma, costantemente, il consumatore diventa l'elemento che sempre più influenza e pilota scelte e strategie aziendali.
Il responso dello scaffale è sacro e, negli anni '60-'70, viene assunto nelle aziende il principio della centralità del consumatore/cliente rispetto alla produzione.
Tutta la letteratura scientifica americana di quegli anni pone in posizione centrale il consumatore e arriva a far coincidere l'operatività del marketing con l'obiettivo della customer satisfaction. Più che impresa orientata al cliente si può parlare di impresa cliente dipendente.
Gli strumenti del direct marketing, introdotti allo scopo di entrare in rapporto diretto con il cliente e sondarne i desideri, come il numero verde, il telemarketing. le tecniche di monitoraggio, i questionari, il porta-a-porta, la mailing list sono l'esemplificazione dello sforzo condotto dalle imprese per conseguire la customer satisfaction.
In Italia, l'eccesso di domanda rispetto all'offerta rallenta il processo di formazione di imprese orientate al cliente e, quindi, della cultura di marketing; questa inizia a fare capolino negli anni '60, per effetto della presenza delle imprese multinazionali, che trasferiscono in Italia tecniche di management già consolidate in patria. Il concetto di marketing inizia a diffondersi negli anni '70, ma è solo negli anni '80 che esso si impone come elemento centrale dei comportamenti e delle strategie aziendali.
Non è solo il sistema della produzione che adotta il criterio della customer satisfaction ma anche il settore dei servizi entra in questo tipo di logica.
Nella realtà, la customer satisfaction non ha raggiunto nel settore dei servizi la qualità che si riscontra nel settore produttivo; eppure molte statistiche hanno dimostrato che creare insoddisfazione nei clienti dei servizi può portare un'impresa alla rovina (Caruso, 2004).
Con il graduale rivolgersi dell'impresa verso il soddisfacimento dei bisogni del cliente si assiste ad una nuova evoluzione nel mondo dell'economia: la transizione dall'era industriale a quella post-industriale.
Un sensibile aumento dei redditi consente, lungo tutto l'arco del XX secolo, il massiccio ingresso nel mercato dei servizi alle famiglie. Afferma Braverman «La popolazione non si affida più all'organizzazione sociale, cioè a famiglia, amici, vicini, comunità locale, anziani, ma, con poche eccezioni, si rivolge al mercato per ricreazione, divertimento, sicurezza, assistenza ai bambini, ai vecchi, agli ammalati, ai disabili».
Quando, nel 1973, Daniel Bell scrisse il famoso The coming of post-industrial society, in Usa e in Europa, l'erogazione di servizi aveva già superato la produzione di beni, diventando la prima forza trainante del capitalismo. In quell'anno, infatti, negli Usa ben 65 lavoratori su 100 erano occupati nel settore dei servizi (nel 2000 il comparto dei servizi occupa, in Usa, più del 77% della forza lavoro e contribuisce per più del 75% al valore aggiunto dell'economia).
È necessario osservare che i servizi non si qualificano come proprietà, sono immateriali e intangibili, vengono resi disponibili e non prodotti, esistono solo nel momento in cui vengono erogati, implicano sempre una relazione tra persone e non possono essere posseduti, accumulati o lasciati in proprietà. L'era post-industriale o del terziario spiana, pertanto, la via all'era dell'economia dell'accesso (Rifkin, 2000). Nell'era dell'accesso le idee e la conoscenza sono i principali generatori di ricchezza e, per la prima volta nella storia moderna, il possesso di beni materiali viene considerato un limite alla capacità di potersi adeguare rapidamente ai cambiamenti; le aziende cercano di liberarsi di qualsiasi forma di proprietà privilegiando il ricorso all'esternalizzazione delle attività (3)e al leasing.
Nell'evoluzione del rapporto tra offerta e domanda la centralità del cliente viene portata alle estreme conseguenze. Il produttore si trasforma in un ricevitore passivo della domanda del consumatore; è il mercato e non la produzione che stabilisce il ciclo di vita del prodotto, a prescindere dalla sua perfezione tecnologica, il valore di un prodotto perde la sua oggettività, per dipendere da un numero di variabili che sfuggono al controllo della produzione.
Nell'organizzazione aziendale prevale il criterio della necessità di operare dal basso verso l'alto, dal cliente alla produzione; ogni segmento dell'azienda (R&S, progettazione, produzione, amministrazione, acquisti, trasporti) viene organizzato in funzione delle esigenze del cliente.
L'esasperazione della customer satisfaction porta, peraltro, ad alcune disfunzioni.
- Alcune aziende sono diventate così ossessivamente sensibili ad ogni capriccio del cliente da perdere la cognizione reale del prodotto.
- Il management ha ampliato repentinamente certe linee di prodotto senza costruire un'adeguata logistica di trasporto e vendita.
- Gli staff di marketing sono cresciuti senza un adeguato controllo del ritorno economico.
- Agli inizi degli anni '90 la Mazda si trova con un listino di ben 929 modelli diversi di autovettura, la Matsushita con 220 tipi diversi di televisori e 62 di videoregistratori, Procter & Gamble Japan ha oltre 600 linee di prodotto; nel 1995 la Sony presenta sul mercato più di 5000 nuovi prodotti. Il cliente, che aveva innescato questa rincorsa alla novità, è ora disorientato da un'offerta così ampia e perde la corretta percezione del valore differenziale tra i vari prodotti.
- Anche i venditori sono disorientati dalla vastità dell'offerta e non sono in grado di aiutare il cliente nelle sue scelte.
- Le aziende, pur di seguire la frenesia del cliente verso la novità, hanno creato prodotti con funzioni sempre più complesse che la maggioranza dei consumatori non utilizza.
L'approccio della centralità del cliente mostra i propri limiti; esso rischia, infatti, di tarpare le potenzialità di innovazione e la fantasia dei produttori. Gli esperti americani devono ammettere che l'impresa, nella rincorsa affannosa dei desideri dei consumatori/clienti, di soggetti, cioè, caratterizzati da comportamenti emotivi e chiusi nella propria limitata esperienza per rappresentare la fonte dell'innovazione, è stata la vittima di questo atteggiamento market responsive (4) (Grandinetti, 1993).
Viene riabilitato il technology push (5), ma, contestualmente, riconosciuto lo stesso livello di importanza a cliente e produttore.
Fortunatamente per il mercato, grazie anche ad un riposizionamento della funzione marketing in azienda, si assiste ad una significativa evoluzione del cliente; ad esempio la suggestione per il nuovo, indipendentemente dai suoi contenuti, va, man mano, perdendo di attrattiva. Il consumatore ha imparato a sue spese che non sempre il nuovo risulta soddisfacente; ne sono emersi, sia un orientamento di estrema selettività verso il nuovo che viene accettato in quanto assicura un incremento di performance considerate "rilevanti" rispetto al vecchio prodotto, sia una sorta di insofferenza nei confronti di ciò che non risulti di "facile uso".
Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava, prevalentemente, alla qualità del prodotto all'atto dell'acquisto, oggi, il 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l'evoluzione dell'azienda, ma, anche, la maturazione del consumatore, portano, quindi, alla nascita dell'impresa "moderna", preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati.
Le caratteristiche principali dell'impresa moderna sono.
- Tra produttore e utilizzatore si è stabilito un rapporto bi-direzionale di informazioni.
- L'impresa è orientata a produrre ciò che é in grado di vendere.
- L'impresa è convinta di esistere in quanto si sente capace di soddisfare specifici bisogni di specifici clienti.
- L'impresa parte dal mercato, concentra la propria attenzione sull'individuazione dei bisogni dei clienti (bisogni in forma anche latente), individua i mezzi, le tecnologie e le risorse umane più appropriati per raggiungere gli obiettivi della massima soddisfazione del cliente e dell'ottimizzazione dei profitti, si impegna perché, al termine dello scambio, impresa e cliente abbiano raggiunto entrambi un livello di maggiore soddisfazione (Di Stefano, 1997).
L'impresa moderna, finalmente libera dal dogma della superiorità del produttore o di quella del cliente evolve con velocità sempre maggiore e si trasforma; quasi tutte le categorie tradizionali di gestione vengono superate. Il funzionamento dell'impresa diventa semplice e diretto al fine di poter esprimere rapidità decisionali, capacità innovative e flessibilità che non appartengono certamente al bagaglio delle organizzazioni di tipo fordista e post-fordista.
Oggi si parla di impresa virtuale, di impresa senza confini, di impresa cava, di impresa a rete, di impresa snella, tutti modi di interpretare l'impresa.
- Valorizzando prodotti e processi di natura immateriale (Rifkin, 2000).
- Trasferendo all'esterno alcune o tutte le attività operative (in tal caso si parla di impresa cava) e valorizzando pertanto il ruolo della PMI altamente specializzata (Caruso, 1999).
- Privilegiando, come risorsa principale, l'intelligenza dell'uomo. «Le imprese si contenderanno più vigorosamente i dipendenti che i clienti» (Koch, 1993).
- Basando tutti i processi aziendali sulla information technology (Duse, 1998).
- Puntando, nei rapporti interpersonali, sul coinvolgimento dei dipendenti, sulla forza della motivazione (Denny, 1998) e sul modello di gestione "a libro aperto"(Ivancic, 1998).
- Utilizzando l'automazione per lavori manuali, pesanti, routinari o rischiosi.
- Sostituendo al taylorismo, che tende a ingessare l'azienda, la produzione snella, che prevede il continuo miglioramento delle mansioni affidate agli operatori, il processo di delega delle responsabilità anche ai livelli inferiori, la rotazione delle mansioni e l'apprendimento continuo (Caruso, 2003).
- Adottando processi di lavorazione a basso impatto ambientale e a basso consumo energetico.
L'impresa moderna è caratterizzata da un'organizzazione reticolare (impresa a rete) in grado di orientare il proprio ambiente interno verso un'area sempre più vasta, espressione di un mercato operante nel cosiddetto villaggio globale.
Si pensi al successo che sta avendo negli Usa il commercio elettronico; Dell vende Pc esclusivamente su Internet, per oltre cinque milioni di dollari al giorno, ricevendo ogni ordine, validandolo, confermandolo, fatturandolo e ricevendo i pagamenti in meno di 24 ore. Sul sito www.amazon.com ci si mette in contatto con una libreria virtuale, con oltre tre milioni di titoli a disposizione. Charles Schwab, un brooker americano, sta cambiando il modo di fare assicurazione.
L'impresa non è più un'isola, ma è inserita nella rete delle relazioni che la legano con i clienti, con i fornitori, con i sub-fornitori, con i consulenti, con le aziende alleate e, più in generale, con gli attori del territorio; ecco perché la comunicazione diventa una funzione fondamentale della gestione aziendale.
La partecipazione ad una rete esprime la capacità di un'impresa, specie se PMI, sia di utilizzare le proprie relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche e di mercato che da sola non sarebbe in grado di raggiungere (Ferrando, 1990), sia di migliorare il proprio vantaggio competitivo. Un'espressione che è facile ascoltare nei seminari sull'impresa è la seguente "L'impresa moderna è intelligenza relazionale".
Per concludere, giova osservare che vendita e di venditore sono due concetti che hanno accompagnato la storia dell'uomo e che, dall'inizio della rivoluzione industriale ad oggi, hanno seguito l'evoluzione dell'impresa adattandovisi e, a volte, contribuendo, significativamente alla sua evoluzione.
Oggi, vendere è diventata una delle professioni più difficili, da svolgere con spirito imprenditoriale, con forte determinazione, dedizione e intelligenza; è un lavoro selettivo fatto solo per i migliori, perché solo chi, veramente, vuole il successo è propenso ad affrontare le difficoltà, a misurarsi con le realtà, le contraddizioni, le forze competitive, le dinamiche dei mercati, a mettersi, quotidianamente, in discussione in una continua tensione volta a ricavare il massimo dal proprio lavoro (Tonon, 2003).
Oggi il venditore deve comprendere i comportamenti adottati dai vari tipi di clienti e come costruire rapporti solidi con loro, deve conoscere le domande chiave da porre per identificare i bisogni prioritari dei clienti, i loro criteri di scelta e le loro strategie di acquisto, deve aver messo a punto proposte di vendita vincenti e deve saper usare opportunamente i messaggi psicologici di suggestione (Bagley, 2003).
Bibliografia
Bagley D.S., E. J. Reese, Oltre la vendita. FrancoAngeli, 2003.
Buel V.P., Manuale di marketing, FrancoAngeli, 1992.
Caruso E., Gestire l'impresa del 2000, FrancoAngeli, 1999.
Caruso E., L'impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove. 2003.
Caruso E., Il circolo virtuoso impresa-mercato, Tecniche Nuove, 2004.
Denny R., Motivazione: l'arma vincente, FrancoAngeli, 1998.
Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio, FrancoAngeli, 1997.
Duse M., L'azienda per progetti, FrancoAngeli, 1998.
Ferrando P. M., Il valore come criterio/obiettivo del comportamento aziendale, Finanza, marketing e produzione, n. 3, 1990.
Fiocca R., The best of marketing, Bridge, 1994.
Grandinetti R., Reti di marketing, Etaslibri, 1993.
Ivancic C., J. Bado, Open-book management, FrancoAngeli, 1998.
Koch R., A. Campbell, Wake-up & shake-up your company, Pitman Publishing, 1993.
Kotler P., Scott W. G., Marketing management, Isedi, 1993.
Kotler P., Il marketing secondo Kotler, Il Sole 24 Ore, 1999.
Rifkin J., L'era dell'accesso, Mondadori, 2000.
Smith W., Product differentiation and market segmentation as alternative marketing strategies, Journal of marketing, luglio, 1956.
Tonon, R., Con te sul campo, a vendere, FrancoAngeli, 2003.
Eugenio Caruso (articolo tratto da E. Caruso, Apologia del venditore)
12/10/2007
(1) Oggi diremmo vantaggi competitivi.
(2) L'ingegnere statunitense, Frederick Winslow Taylor, fu il fondatore dello scientific management, meglio noto come taylorismo. I principi operativi del taylorismo sono:
Il processo industriale viene ridotto a singole semplici operazioni.
- Si cronometra il tempo standard di ogni operazione.
- Il lavoratore deve essere istruito per arrivare allo standard.
- Il lavoratore deve concentrarsi sullo sviluppo delle sue capacità manuali
- Il lavoratore acquisisce le necessarie capacità, anche stimolato da incentivi economici.
(3) Metodologia di gestione nota come outsourcing.
(4) Market responsive è la predisposizione dell'industria a porsi in posizione subalterna rispetto al consumatore/cliente. La risposta dello scaffale è sacra affermano i responsabili di marketing.
(5) Il technology push è la predisposizione dell'industria a spingere il proprio prodotto, forzando la volontà espressa o latente del consumatore/cliente.