Il complotto contro Berlusconi, nel 2011, ci fu. Lo dicono l'americano Edward Luttwak, esperto di geopolitica e da sempre voce in Italia delle amministrazioni Usa e l'inglese Ambrose Evans-Pritchard, uno dei massimi analisti di economia internazionale.
Il primo, intervistato su Radio24, ha confermato che il complotto «fu ordito da Sarkozy e la Merkel con l'appoggio di molte persone in Italia». Di nomi ne fa due: Giorgio Napolitano e Giuseppe Pisanu. Il nome di Napolitano è stato ampiamente indicato in molte ricostruzioni di quel periodo come il protagonista italiano del complotto.
Il nome di Pisanu invece compare per la prima volta ed è ampiamente credibile come parte della congiura: l'ex democristiano già nel settembre 2011 rilasciò un'intervista a Repubblica auspicando un governo di larghe intese senza il Cavaliere.
Luttwak specifica che l'obiettivo del complotto «era rovesciare un governo democraticamente eletto». Questo è il motivo per cui gli americani si rifiutarono di partecipare. Il politologo americano, pur ritenendo che «ciò che accadde non fu un vero e proprio colpo di Stato ma un complotto dietro le quinte», confessa: «non so quanto in linea con la Costituzione». In altre parole Luttwak conferma che il presidente della Repubblica (che doveva essere il garante della costituzione) partecipò attivamente a un'operazione organizzata da governi stranieri, tesa a eliminare il premier italiano legittimo e sostituirlo con un altro gradito dai mandanti internazionali.
Ancora più clamoroso ciò che ha scritto Ambrose Evans-Pritchard in un articolo pubblicato sul prestigioso The Telegraph. Partendo dalle dichiarazioni di Tim Geithner sulle pressioni dell'Ue per rovesciare il governo Berlusconi, egli scrive che «ciò che ha rivelato l'ex ministro americano concorda con quanto noi sapevamo all'epoca circa le manovre dietro le quinte e l'azione sui mercati obbligazionari».
Evans-Pritchard è chiarissimo nel suo giudizio: «Io ho sempre trovato bizzarro ciò che accadde». Fino a poco tempo prima «l'Italia era ritenuta un esempio virtuoso, uno dei pochissimi Stati dell'Ue che si avvicinava a un surplus del bilancio primario» e «non era in grave violazione del deficit». Poi clamorosamente aggiunge: «La crisi italiana dell'autunno 2011 fu scatenata dalla Bce che alzò per due volte i tassi provocando una profonda recessione double-dip (il tipo di recessione che segue le fasi di limitata crescita artificiale). Eppure, la colpa di questo disastroso errore politico fu fatta ricadere sul governo italiano». In altre parole il famoso imbroglio dello spread (salito in poco tempo a 575 punti base), con il quale si manipolò l'opinione pubblica facendo credere che il nostro Paese fosse a rischio default, fu costruito per generare una pressione politica violentissima contro Berlusconi e il suo governo.
Evans-Pritchard è netto: quello che è avvenuto contro Berlusconi «è uno scandalo costituzionale di prim'ordine»; ciò che fu fatto in Italia (così come in Grecia con la destituzione del premier Papandreou) «furono colpi di Stato sicuramente nello spirito se non anche nel diritto costituzionale».
Oggi con l'opposizione di Mattarella alla nomina di Savona al ministero dell'econonomia si vuole forse riproporre un complottino stile Napolitano; non è un mistero che Mattarella non veda di buon occhio un governo nel quale la Lega abbia un ruolo di primo piano. Allora meglio costringere gli italiani a tornare alle urne? Il leader della Lega ha affidato a Facebook il suo pensiero: «Giornali e politici tedeschi insultano: italiani mendicanti, fannulloni, evasori fiscali, scrocconi e ingrati. E noi dovremmo scegliere un ministro dell’Economia che vada bene a loro? No, grazie!». Intanto lo spread ha superato quota 200. E' sempre lo stesso giochetto? Non credo che il vecchio democristiano molli la preda; penso che abbia nel cassetto il suo governicchio tecnico cui ha sempre pensato. E' l'ultimo regalo di Renzi!!! Ma se Mattarella non vuole Savona e si va a nuove elezioni dal nuovo parlamento nascerà un nuovo governo che riproporrà Savona e allora?
Giova notare che il post dove Salvini mostra la sua rabbia per i veti del Quirinale nei confronti di Paolo Savona come possibile ministro dell'Economia crea un nuovo precedente nel campo della comunicazione. Non per i toni e il contenuto ma per il 'like' di Di Maio, che - per i meccanismi dell'algoritmo - è il primo che appare a chiunque visiti il profilo del leader leghista. Per mostrare assenso nei confronti di una presa di posizione di un interlocutore non si scrive più un altro post, non si condivide nemmeno lo stato altrui con un commento. Si mette un 'mi piace'. E si lancia il messaggio di condivisione totale, senza sfumature, dell'atteggiamento dell'alleato/rivale. Ieri sera l'apertura di molte testate online era la notizia che non solo Salvini non cede su Savona ma, anche, che Di Maio è con lui. La notizia era anche, se non soprattutto, che Di Maio ha manifestato il suo assenso con un 'mi piace'. Sembra che lo stesso Trump sia superato.
Eugenio Caruso - 26 maggio 2018
Impresa Oggi
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