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Bilancio demografico nazionale (giugno 2018)


- Prosegue nel 2017 la diminuzione della popolazione residente già riscontrata nei due anni precedenti. Al 31 dicembre risiedono in Italia 60.483.973 persone, di cui più di 5 milioni di cittadinanza straniera, pari all’8,5% dei residenti a livello nazionale (10,7% al Centro-nord, 4,2% nel Mezzogiorno).
- Complessivamente nel 2017 la popolazione diminuisce di 105.472 unità rispetto all’anno precedente. Il calo complessivo è determinato dalla flessione della popolazione di cittadinanza italiana (202.884 residenti in meno), mentre la popolazione straniera aumenta di 97.412 unità.
- Il movimento naturale della popolazione ha registrato un saldo (nati meno morti) negativo per quasi 200 mila unità. Il saldo naturale è positivo per i cittadini stranieri (quasi 61 mila unità), mentre per i residenti italiani il deficit è molto ampio e pari a 251.537 unità.
- Continua il calo delle nascite in atto dal 2008. Per il terzo anno consecutivo i nati sono meno di mezzo milione (458.151, -15 mila sul 2016), di cui 68 mila stranieri (14,8% del totale), anch’essi in diminuzione.
- I decessi sono stati quasi 650 mila, circa 34 mila in più rispetto al 2016, proseguendo il generale trend di crescita rilevato negli anni precedenti dovuto all’invecchiamento della popolazione.
- Il movimento migratorio con l’estero fa registrare un saldo positivo di circa 188 mila unità, in lieve aumento rispetto all’anno precedente.
- Nel 2018 aumentano le iscrizioni dall’estero: poco più di 343 mila (erano 300.823 nel 2016), di cui l’88% riferite a stranieri.
- Le cancellazioni per l’estero sono stabili, intorno alle 114 mila unità per gli italiani, di nascita e naturalizzati, mentre sono più di 40 mila per gli stranieri, in leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti.
- Le acquisizioni di cittadinanza registrano una battuta d’arresto rispetto al trend crescente degli anni precedenti: nel 2017 i nuovi italiani superano i 146 mila.
- In Italia risiedono persone di circa 200 nazionalità: nella metà dei casi si tratta di cittadini europei (oltre 2,6 milioni). La cittadinanza più rappresentata è quella rumena (23,1%) seguita da quella albanese (8,6%).
- Si conferma la maggiore attrattività delle regioni del Nord e del Centro, verso le quali si indirizzano i flussi migratori provenienti sia dall’estero sia dall’interno.
Le due rilevazioni Istat del movimento anagrafico della popolazione residente, nel complesso e nella sua componente straniera, consentono il calcolo della popolazione in ciascun comune.
Alla ‘Popolazione Legale’, definita tramite il Censimento generale della popolazione del 9 ottobre 2011, si è sommato il bilancio anagrafico del periodo 9 ottobre - 31 dicembre 2011 e dei sei anni successivi (2012 - 2017). Sommando i flussi in entrata (nascite e immigrazioni) e sottraendo quelli in uscita (decessi ed emigrazioni), la popolazione residente risultante al 31 dicembre 2017 è pari a 60.483.973, con una diminuzione di 105.472 unità rispetto all’anno precedente.
Il calcolo effettuato per la popolazione straniera ha fatto registrare un incremento di 97.412 unità, portando i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese a 5.144.440, pari all’8,5% dei residenti. La crescita riguarda prevalentemente la componente maschile (+67.593 unità, pari a +2,8%) rispetto a quella femminile (+29.819, pari a +1,1%).
Nuove acquisizioni di cittadinanza ma popolazione italiana in calo
Dal 2015 il nostro Paese è entrato in una fase di declino demografico. Anche nel 2017, come nei due anni precedenti, il consistente saldo naturale negativo, unito a un saldo migratorio positivo ma più contenuto rispetto al passato decennio, ha portato al decremento della popolazione.
Complessivamente, la variazione della popolazione è stata determinata dalla somma delle seguenti voci di bilancio: il saldo negativo del movimento naturale, pari a -190.910 unità; il saldo positivo del movimento migratorio con l’estero, pari a 188.330; il saldo per altri motivi e per movimento interno, pari a -102.892 unità.
Tra “gli altri motivi” di iscrizione o cancellazione, i casi più frequenti sono determinati da: iscrizioni per ricomparsa di persone già cancellate per irreperibilità, iscrizioni in ripristino di persone cancellate in base alla legge sull’iscrizione in tempo reale, cancellazioni per irreperibilità, cancellazioni per scadenza del permesso di soggiorno.
La diminuzione della popolazione è imputabile alla flessione del numero di cittadini italiani (-202.884 residenti), solo parzialmente compensata dall’acquisizione della cittadinanza italiana di una parte della componente straniera (+147 mila).
Analizzando il bilancio per le due componenti di popolazione residente, italiana e straniera, si osserva che i saldi del movimento naturale e migratorio sono sempre negativi per i residenti con cittadinanza italiana e positivi per quelli con cittadinanza straniera. Il saldo naturale negativo dei soli italiani (-251.537) è solo in parte mitigato dal saldo naturale positivo della popolazione straniera residente (+60.627).
Anche per quanto riguarda il saldo migratorio estero, quello dei cittadini italiani fa registrare una perdita di 72.190 residenti, mentre il saldo dei cittadini stranieri mostra un guadagno di 260.520 unità.
Nel Nord-ovest un terzo dei residenti stranieri
Nel 2017 la distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica è pressoché stabile rispetto all’anno precedente. Nei comuni del Nord-ovest si registrano 16.095.306 abitanti (26,6% del totale), in quelli del Nord-est 11.640.852 (19,3%), al Centro 12.050.054 (19,9%), al Sud 14.022.596 (23,2%) e nelle Isole 6.675.165 abitanti (11,0%).
In valore assoluto la popolazione diminuisce in quasi tutte le ripartizioni. I maggiori decrementi percentuali, al di sopra della variazione media nazionale (-0,17%), si rilevano nelle Isole (-0,52%) e al Sud (-0,35%). La popolazione straniera risiede prevalentemente nel Nord e nel Centro, dove si registra un’incidenza sul totale dei residenti superiore al 10%. Nel Mezzogiorno la presenza straniera resta più contenuta sebbene sia in crescita: 4,5 residenti stranieri per cento abitanti nel Sud e 3,7 nelle Isole.
Il primato, in termini assoluti, va alle regioni del Nord-ovest con 1.727.178 residenti, pari al 33,6% dei residenti stranieri. Un cittadino straniero su quattro risiede nelle regioni del Nord-est (1.225.466 stranieri), così come nelle regioni del Centro (1.319.692). Nel Sud e nelle Isole i cittadini stranieri residenti sono rispettivamente 624.866 (12,1% del totale nazionale) e 247.238 (4,8%).
Più decessi che nascite tranne che a Bolzano
Nel corso del 2017 sono state registrate 458.151 nascite e 649.061 decessi. Pertanto, il saldo naturale (differenza tra nati e morti) è negativo per 190.910 unità. Il saldo naturale della popolazione complessiva è negativo ovunque, con la sola eccezione della provincia autonoma di Bolzano. A livello nazionale il tasso di crescita naturale si attesta a -3,2 per mille e varia dal +1,8 per mille di Bolzano al -8 per mille della Liguria. Anche Molise, Umbria, Friuli- Venezia Giulia, Piemonte e Marche presentano decrementi naturali particolarmente accentuati, superiori al 5 per mille.
Il tasso di crescita naturale degli stranieri è pari in media nazionale a 11,9 per mille. I valori più elevati si registrano in Veneto (13,8 per mille) e in Lombardia (13,7 per mille), il valore più basso in Sardegna (6,3 per mille).
Nascite sotto il mezzo milione
Continua la discesa del numero dei nati iniziata nel 2008. Già a partire dal 2015 si scende sotto il mezzo milione e nel 2017 si registra un nuovo record: sono stati iscritti in anagrafe per nascita solo 458.151 bambini, nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. La diminuzione delle nascite è di oltre 15 mila rispetto al 2016 (-3,2%) e quasi di 120 mila negli ultimi nove anni. Il calo si registra in tutte le ripartizioni ma è più accentuato al Centro (-5,3% rispetto all’anno precedente). La diminuzione delle nascite nel nostro Paese si deve oggi principalmente a fattori strutturali. Infatti, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all’uscita dall’età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all’epoca del baby-boom, dall’altro, all’ingresso di contingenti meno numerosi di donne in età feconda, a causa della prolungata diminuzione delle nascite, già a partire dalla metà degli anni Settanta.
Anche il contributo positivo alla natalità delle donne straniere continua a diminuire. Infatti, se l’incremento delle nascite registrato fino al 2008 era dovuto principalmente alle donne straniere, negli ultimi cinque anni anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 67.933 nel 2017 (il 14,8% del totale dei nati), ha iniziato progressivamente a ridursi (-11.961 nati stranieri dal 2012). La crescita dei nati stranieri era stata particolarmente rilevante dall’inizio del nuovo millennio, da quasi 30 mila del 2000 a 80 mila del 2012 (il numero massimo di bambini stranieri nati nel nostro Paese), portando l’incidenza dei nati stranieri sul totale dei nati dal 4,8 al 14,9%. Tra le cause del decremento, la diminuzione dei flussi femminili in entrata nel nostro Paese, nonché l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di molte donne straniere.
Le nascite di bambini stranieri si concentrano nelle regioni dove la presenza straniera è più radicata. Nel Nord-ovest (21,0%) e nel Nord-est (20,9%), ogni cinque nati uno è cittadino straniero. Nelle regioni del Centro la percentuale è pari al 17,0%, mentre nel Sud e nelle Isole è rispettivamente del 6,1% e del 5,5%. La regione che presenta l’incidenza più elevata di nati stranieri sul totale dei nati è l’Emilia Romagna, dove è straniero quasi un nato ogni quattro (24,3%).
Il tasso di natalità del complesso della popolazione residente è pari al 7,6 per mille e varia da un minimo di 6,1 nati per mille abitanti in Liguria e Sardegna a un massimo di 10,2 nella provincia autonoma di Bolzano. Per gli stranieri il tasso di natalità, pari al 13,3 per mille, varia da 8,1 nati ogni mille stranieri residenti della Sardegna a 15,7 della provincia autonoma di Bolzano.
In aumento i decessi rispetto al 2016
Il numero di decessi registrato nel 2017, pari a 649.061, è superiore di 33.800 unità rispetto al 2016 ed è il valore più elevato dal 1945, tendenza in linea con l’aumento “fisiologico” dei decessi che ci si può attendere in una popolazione che invecchia. Infatti, a partire dal 2012, il numero dei decessi si attesta oltre i 600 mila ogni anno, salvo oscillazioni congiunturali, con anni nei quali si alternano incrementi, come è stato il 2015 e 2017, e decrementi (2016). Queste oscillazioni sono legate alle variazioni della mortalità dei grandi anziani che si verificano in concomitanza tanto con le variazioni delle condizioni climatiche (estati con un prolungato eccesso di temperature elevate e inverni molto rigidi), quanto con la virulenza delle epidemie influenzali stagionali.
Infatti, analizzando l’andamento mensile della mortalità, e confrontandolo con quello rilevato nei cinque anni precedenti (2012-2016), si può osservare come in tutti mesi, tranne alcune eccezioni, il numero dei decessi risulti in linea con quello osservato in passato, registrando in particolare un evidente innalzamento nel primo mese dell’anno e nel mese di agosto. In particolare il mese di gennaio ha fatto registrare un incremento di circa 20mila decessi rispetto al 2016 e di circa 10mila rispetto al 2015, anno record della mortalità. La variazione del numero di decessi si registra in tutte le ripartizioni, con un incremento più consistente nelle Isole (7,6%) e nel Sud (6,8%). Il tasso di mortalità è pari a 10,7 per mille, varia da un minimo di 8,4 per mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 14,2 in Liguria ed è correlato con la struttura per età della popolazione, risultando più elevato nelle regioni con un più elevato invecchiamento della popolazione. A causa della giovane struttura per età, la mortalità dei cittadini stranieri è decisamente più bassa, il tasso medio annuo è pari a 1,4 deceduti ogni mille stranieri residenti.
Flussi migratori in leggera ripresa
I flussi migratori dall’estero rappresentano una voce importante del bilancio demografico nazionale. Essi hanno contribuito nel corso degli ultimi 30 anni all’incremento della popolazione residente nel nostro Paese, controbilanciando la perdita dovuta al saldo naturale negativo e contribuendo a un ringiovanimento della popolazione. Negli ultimi anni, tuttavia, il saldo migratorio è più contenuto rispetto al decennio precedente.
Gli iscritti in anagrafe provenienti da un Paese estero sono stati oltre 343 mila nel 2017 (cittadini stranieri nell’87,7% dei casi). Gli italiani che rientrano dopo un periodo di emigrazione all’estero sono oltre 42 mila, in crescita rispetto al 2016 di oltre 4 mila unità. Hanno lasciato il nostro Paese nel 2017 circa 155 mila persone (di cui quasi 115 mila di cittadinanza italiana), con una flessione di quasi 2 mila unità rispetto al 2016, relativa all’emigrazione di cittadini stranieri, mentre è stabile il numero di emigrati italiani. Tra questi è in continuo aumento il numero di italiani nati all’estero: più di 27 mila nel 2016 e circa 32 mila nel 2017 (dato provvisorio). Si tratta prevalentemente di cittadini di origine straniera che emigrano in un Paese terzo o fanno rientro nel Paese d’origine dopo aver trascorso un periodo in Italia ed aver acquisito la cittadinanza italiana. Se a questi si sommano anche i figli nati in Italia che emigrano con il nucleo familiare, si raggiungono circa 44 mila persone.
Le analisi condotte sulle Iscrizioni e Cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza nel 2016, possono presumibilmente confermarsi per il 2017. Emergono alcune peculiarità nei comportamenti migratori a seconda del paese di origine: i cittadini italiani di origine asiatica emigrano prevalentemente verso un altro paese dell’Unione europea, mentre quelli nativi dell’America Latina mostrano la tendenza a rientrare nel Paese di origine.
Le variazioni di cittadinanza per paese di nascita delineano un comportamento tipico dei cittadini provenienti da Paesi dell’America latina, con avo italiano, i quali sperimentano un brevissimo periodo di residenza nel nostro Paese, al solo fine di acquisire la cittadinanza “iure sanguinis” presentando le necessarie certificazioni in anagrafe.
Così come per i due anni precedenti, nel 2017 le iscrizioni dall’estero riguardano soprattutto gli uomini (58,2%), contrariamente a quanto avvenuto in tutto il decennio precedente, quando erano in maggioranza donne. Suddividendo i flussi migratori esteri per cittadinanza, emerge che il bilancio è negativo per gli italiani (-72 mila) e positivo per gli stranieri (+260 mila). Tuttavia, se si analizzano tutte le voci registrate nel movimento anagrafico, si può osservare che molte persone, in particolare straniere, vengono cancellate dall’anagrafe per irreperibilità o per scadenza del permesso di soggiorno. Si tratta di posizioni anagrafiche relative a cittadini stranieri che non sono più nel nostro Paese pur non avendo comunicato l’emigrazione all’estero; queste posizioni vengono quindi cancellate d’ufficio. Anche gli italiani che non comunicano l’emigrazione tramite i consolati italiani all’estero, possono essere cancellati per irreperibilità ordinaria. Dal lato opposto, è bene inserire nel computo, le persone che ricompaiono a seguito di cancellazione per irreperibilità. Sommando agli iscritti dall’estero i ricomparsi, e ai cancellati per l’estero gli irreperibili e gli stranieri ai quali è scaduto il permesso di soggiorno (senza ulteriore domanda di rinnovo) si ottiene una stima del saldo migratorio sensibilmente diversa e pari a +104.638 unità. In tal modo si cerca di correggere la ben nota sottostima delle emigrazioni, dovuta in parte alla mancata comunicazione da parte di coloro che lasciano l’Italia (sia italiani sia stranieri) al comune di residenza.
Distinguendo tra italiani e stranieri, il saldo stimato per i primi risulta ancor più negativo, ammontando a -83.521 contro il dato non stimato pari a -72.190; per gli stranieri il saldo si riduce, passando da oltre 260.520 a 188.159 unità; i cambiamenti più significativi si registrano nelle ripartizioni del Nord.
Secondo questa ipotesi di stima, i tassi migratori si riducono in tutte le ripartizioni, e in particolare in quelle del Nord-est, passando da 3,5 a 1,7. A livello regionale, si registrano sempre valori positivi, con l’eccezione della Valle d’Aosta e della Sicilia.
Movimento migratorio interno stabile
Nel corso del 2017 i trasferimenti di residenza interni hanno coinvolto più di 1 milione e 330 mila persone, in linea con il dato del 2016. Seguendo un modello migratorio ormai consolidato, gli spostamenti di popolazione avvengono prevalentemente dalle regioni del Mezzogiorno a quelle del Nord e del Centro. Il tasso migratorio interno oscilla tra il -4,4 per mille della Calabria e il 3,1 per mille della provincia autonoma di Bolzano. Tutte le regioni del Sud e delle Isole presentano valori negativi, alle quali si aggiungono valori lievemente negativi anche di Marche, Umbria e Valle d’Aosta.
Le migrazioni interne sono dovute anche ai movimenti degli stranieri residenti nel nostro Paese che, rispetto agli italiani, presentano una maggior propensione alla mobilità, ma seguono una direttrice simile. Anche se rappresentano l’8,5% della popolazione essi contribuiscono al movimento interno per il 17,6%.
Emilia Romagna regione più attrattiva
Complessivamente il fenomeno migratorio continua a manifestare una continuità, con flussi migratori interni diretti verso il Centro e il Nord, mentre gli effetti della redistribuzione dei richiedenti asilo sul territorio nazionale portano ad un aumento degli stranieri residenti in convivenza in quasi tutte le regioni. Gli stranieri residenti nelle convivenze anagrafiche (oltre 133 mila) aumentano di quasi 43 mila unità rispetto all’anno precedente. La loro presenza in valori assoluti risulta più marcata nelle regioni del Nord-ovest dove risiede complessivamente un quarto degli stranieri residenti in convivenza (con una crescita di quasi 13 mila unità). Considerando tali dati in rapporto al numero di stranieri residenti sul territorio, tuttavia, l’incidenza percentuale di quanti vivono in convivenze anagrafiche è più elevata nelle Isole (5,8%) e nelle regioni del Sud (4,5%), rispetto a quanto registrato nelle regioni del Nord (1,9% registrato). Sebbene a partire dal mese di luglio 2017 sia iniziata la contrazione del numero degli sbarchi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, il Mezzogiorno si conferma terra di frontiera e di transito per tali migrazioni. Nonostante gli arrivi di migranti, il tasso migratorio (interno più estero) permane negativo sia per il Sud (-1,2 per mille) sia per le Isole ( -2,3 per mille).
Sulla base di tale indicatore, l’Emilia Romagna risulta la regione più attrattiva (+4,9 per mille) seguita dalla provincia autonoma di Bolzano (+4,8 per mille), dalla Lombardia (+3,7 per mille), dalla Toscana e dalla provincia autonoma di Trento (entrambe +3,5 per mille).
Circa 200 le nazionalità presenti nel Paese
Oltre il 50% degli stranieri residenti in Italia è cittadino di un Paese europeo (2,6 milioni di individui), oltre il 30% (1,6 milioni) di un Paese dell’Unione. Tra i cittadini europei, provengono dagli Stati dell’Europa centro orientale non appartenenti all’Ue più di 1 milione di persone. Gli Stati africani sono rappresentati per un ulteriore 21,3%, prevalentemente cittadini di Paesi dell’Africa settentrionale (12,7%) e occidentale (7,3%); più o meno la stessa quota sul totale (20,5%) spetta ai cittadini dei paesi asiatici (oltre 1 milione di persone per entrambi i continenti). Il continente americano conta oltre 370 mila residenti in Italia (7,2%), quasi tutti cittadini di Paesi dell’America centro meridionale (6,9%). Completano il panorama, con percentuali molto esigue, i cittadini dell’Oceania e gli apolidi.
Complessivamente, sono presenti nel nostro Paese poco meno di 200 nazionalità. Le prime dieci cittadinanze in ordine di importanza numerica da sole raggruppano il 63,7% del totale dei residenti stranieri (3.277.759 individui), le prime cinque il 50,1% (2.574.815). La collettività più numerosa è quella rumena con 1.190.091 residenti, il 23,1% del totale. Seguono i cittadini dell’Albania (440.465, l’8,6%), del Marocco (416.531, l’8,1%), della Cina (290.681, il 5,7%) e dell’Ucraina (237.047, il 4,6%).
Le diverse collettività mostrano modelli migratori molto differenti tra loro, con riferimento alla distribuzione sul territorio, alla composizione per genere, alla dimensione dei nuclei familiari e spesso anche all’attività lavorativa svolta nel nostro Paese, tanto che per alcune collettività si parla di vere e proprie “specializzazioni produttive”. Se in generale la presenza straniera si concentra nelle regioni del Centro-nord, non mancano casi particolari, come quello della collettività ucraina che ha una storia migratoria relativamente recente ed è composta per il 78,0% da donne breadwinner. Il 18,3% dei cittadini ucraini risiede in Campania, in particolare nelle zone del napoletano e limitrofe.
Vi sono poi collettività di più antico insediamento, come quella filippina, che presenta un rapporto tra i generi molto più equilibrato (le donne sono poco meno del 57%). La distribuzione sul territorio si polarizza soprattutto attorno ad alcune città metropolitane come Roma, Milano, Bologna e Firenze. Un’altra comunità numericamente importante - e concentrata in alcune zone della Penisola - è quella cinese. Da alcuni poli principali come Milano, Firenze-Prato e Roma, si è nel tempo diffusa ampiamente anche altrove, specie nel Nord-est della dorsale adriatica e nell’area del napoletano. La comunità cinese presenta un rapporto tra i generi equilibrato (le donne costituiscono il 49,6%), ed è solitamente strutturata in famiglie.
Come la filippina, anche la comunità marocchina è di antico insediamento in Italia ma, rispetto alla prima, mostra un’ampia diffusione sul territorio: al Nord (soprattutto al Nord-est), nella costiera nord-adriatica, in Campania e nel Lazio. Gli uomini sono il 53,3%.
I cittadini rumeni, pur essendo presenti lungo tutta la Penisola sono per lo più concentrati nei grandi centri urbani del Centro e del Nord. In particolare un quinto dei rumeni risiede nel Lazio (19,6%) e, di questi, il 79,0% nella provincia di Roma.
La graduatoria dei primi cinque Paesi di cittadinanza degli stranieri residenti in Italia resta immutata rispetto all’anno precedente; tuttavia, nel corso del 2017 le diverse collettività hanno subito variazioni di entità e a volte anche di segno differenti. Aumentano i cittadini rumeni (+1,8%), cinesi (+3,1%), ucraini (+1,1%), mentre diminuiscono albanesi (-1,8%) e marocchini (-1,0%). Estendendo lo sguardo alle altre collettività straniere con più di 50 mila residenti nel nostro paese, si segnalano soprattutto i cittadini bangladesi, che sono cresciuti del 7,8% rispetto al 31 dicembre 2016 (raggiungendo le 131.967 unità), gli egiziani (+6,0%,119.513 unità), i pakistani (+ 5,5%, 114.198 unità), i cingalesi (+2,9%, 107.967 unità). Aumentano anche i cittadini di diversi paesi africani, principalmente la Nigeria (+19,8%, 106.069) e il Senegal (+4,7%, 105.937). Con riferimento a questo continente, si segnalano incrementi elevati anche per nazionalità meno rappresentate, quali quelle del Gambia (+42,0%, 19.567), del Mali (+29,6%, 19.134), della Costa d’Avorio (+15,7%, 30.271), del Camerun (+9,2%, 14.529). Risulta infine in crescita il numero di Afghani (+4,6%, 11.738). Di contro, diminuiscono i residenti ecuadoriani (-3,3, 80.377), moldavi (-2,8%, 131.814), peruviani (-1,7%, 97.379) e polacchi (-1,4%, 95.727).
Sulla riduzione di residenti di alcune nazionalità di più antico insediamento, oltre alle migrazioni verso l’estero influisce anche l’elevato numero di acquisizioni della cittadinanza italiana, non bilanciato da consistenti nuovi flussi migratori in ingresso.
Acquisizioni di cittadinanza italiana in calo
In diminuzione il numero di nuovi cittadini italiani: nel 2017 sono meno di 147 mila, 30 ogni mille stranieri, con un decremento rispetto al 2016 di 38 punti percentuali. Si tratta in ogni caso di un dato consistente, il terzo più elevato dopo quelli del 2016 e 2015. Nel conteggio sono comprese le acquisizioni e i riconoscimenti della cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto cittadino italiano, per elezione da parte dei 18enni regolarmente residenti ininterrottamente dalla nascita, per ius sanguinis di cittadini con avo italiano.
La diminuzione registrata nel 2017 si manifesta dopo il trend di forte crescita degli ultimi anni. È possibile che questo calo sia dovuto ad una riduzione della platea degli aventi diritto. Tuttavia è anche possibile che su questo dato abbia influito una modifica della modalità di presentazione della domanda di acquisizione della cittadinanza italiana, introdotta nel 2015, ma i cui effetti possono manifestarsi solo due anni dopo, dati i tempi tecnici di espletamento delle pratiche amministrative.
Le prime analisi sulla distribuzione per cittadinanza di origine ed età dei cittadini stranieri divenuti italiani nel 2017 (dati provvisori) confermano che si tratta per lo più di appartenenti a collettività di antico insediamento in Italia, ad uno stadio del processo migratorio che probabilmente in molti casi ha visto ricongiungimenti familiari o formazione di nuove famiglie. Oltre un terzo delle acquisizioni di cittadinanza italiana ha infatti interessato minorenni: si tratta dei figli conviventi con genitore naturalizzato italiano, divenuti a loro volta italiani per trasmissione automatica della cittadinanza9. Tra i nuovi cittadini italiani si registra un sostanziale equilibrio tra i generi, con una modesta prevalenza femminile in tutte le regioni tranne che nel Nord-est.

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ISTAT 17-06-2018


Tratto da

1

www.impresaoggi.com