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Italia: vizi e virtù. I socialisti al governo
In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù Eugenio Caruso Impresa Oggi Ed.
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6. La nazionalizzazione dell'energia elettrica
Nel dicembre del 1962 è approvata la nazionalizzazione dell'energia elettrica. Viene coronata da successo la campagna, avviata nel 1955 dagli Amici del Mondo, e sostenuta successivamente da Riccardo Lombardi, Antonio Giolitti, Pietro Nenni, Emilio Colombo, Enrico Mattei. Le società elettriche private avevano cercato di giocare la carta dell'innovazione e della ricerca nucleare, per mostrare che la loro non era una pura rendita di posizione, ma, alla fine, tra l'approccio programmatorio e quello di mercato, prevale il primo. Pianificazione e benefici sociali vengono preferiti a competizione e profitto, l'impostazione liberista del primo dopoguerra è abbandonata.
In quegli anni non è facile prevedere quale dei due sistemi sia migliore, così come, nella necessità di irrobustire il sistema economico, è difficile trovare il punto di equilibrio, tra mercato e sociale. Quel che appare subito certo è che, con la nomina a presidente dell'Enel del democristiano Vitantonio Di Cagno e a vice-presidente del socialista Luigi Grassini, inizia ufficialmente l'era delle lottizzazioni e dei boiradi nel sistema energetico nazionale.
La lottizzazione all'Enel ha caratteristiche precise; il consiglio di amministrazione è composto da soggetti espressione dei partiti di governo e di opposizione. A ciascun consigliere è affidata un'area di responsabilità, con tanto di deleghe, cosicché l'ente risulta articolato in tante sotto-aziende a capo di ciascuna delle quali si trova un consigliere con compiti molto vicini a quelli di un vero e proprio amministratore delegato; il capitalismo manageriale di stato per il nuovo Ente elettrico parte subito azzoppato.
Completata la nazionalizzazione dell'Enel viene deliberata la fusione per incorporazione nella Sip delle cinque società telefoniche concessionarie (Stipel, Telve, Timo, Teti e Set). L'operazione si concluderà nel 1994,infatti, dopo le incorporazioni di Italcable (servizi intercontinentali), Sirm (comunicazioni radiomarittime), Telespazio (collegamenti via satellite) e Iritel ( interurbane di lunga distanza e internazionali continentali), la Sip diventa l'unco gestore nazionale delle telecomunicazioni, prendendo la domenominazione di Telecom Italia. Sono state preparate un bel po’ di poltrone per i prossimi partner di governo: i socialisti.
7. I socialisti entrano "nella stanza dei bottoni"
Alle elezioni del 28 aprile 1963, la Dc perde voti a favore del Pli , che ha cavalcato la protesta per la nazionalizzazione delle imprese elettriche e per l'apertura allo Psi, il Pci sale a quota 25,3% e lo Psi subisce una leggera flessione (13,8%).
La Dc attribuisce la sconfitta al dinamismo riformatore di Fanfani, che si dimette, anche per le dure critiche di Saragat, che accusa Fanfani «di gravi errori di direzione politica»; la Dc pone condizioni allo Psi, in particolare chiede garanzie sulla difesa della proprietà privata. Nella notte tra il 16 e 17 giugno, a Nenni, viene a mancare la maggioranza del comitato centrale, per la ratifica dell'intesa con la Dc, cosicché la responsabilità del fallimento dell'intesa per realizzare il centro-sinistra ricade sui socialisti. In attesa del XXI congresso dello Psi viene pertanto varato il monocolore Leone "di transizione" (21/6/63-4/12/63).
Il 3 giugno '63 muore Giovanni XXIII, due anni prima della fine del Concilio Vaticano II. Dopo il "papa buono" i cardinali si assicurano un pontefice più tradizionalista e "cresciuto in curia". Viene eletto, infatti, Giovanni Battista Montini che prende il nome di Paolo VI; papa Montini con l'enciclica Humanae Vitae (1968) condannerà l'uso di qualsiasi forma di anticoncezionale e affermerà che con il Concilio Vaticano II nella Chiesa era entrato insieme «all'aria fresca, il fumo di satana».
I dorotei approfittano della sconfitta di Fanfani per cercare di appropriarsi della Rai; Granzotto, ostile al centro sinistra, viene nominato amministratore delegato, con il compito di neutralizzare Bernabei. Anche i socialisti vogliono la loro parte di potere e impongono un vicepresidente, prima Bassani, rivelatosi inadeguato ad affrontare le trappole della Rai, e poi Paolicchi. Bernabei si dimostra un osso duro, anche per i dorotei, crea un asse di ferro con Paolicchi e ristruttura completamente l'organizzazione dell'ente; alla televisione le direzioni vanno ai democristiani, le vicedirezioni ai socialisti, agli altri partiti alcune direzioni nella radio; il centro sinistra è ancora più forte, con il Tg1 di Fabiani, decisamente filocomunista. I dorotei, con Emilio Colombo al tesoro, si vendicano non concedendo l'aumento del canone richiesto per far fronte al forte aumento dei costi; Granzotto, abbandonato anche dai dorotei, rassegna le dimissioni.
Al congresso del partito socialista, l'asse Nenni-De Martino-Lombardi si ricompone; prevale la posizione di Nenni che privilegia la formulazione politica del centro-sinistra all'imposizione di un programma di riforme. Leone si dimette e le trattative per il centro-sinistra si concludono positivamente, il 23 novembre, nelle ore che seguono l'uccisione di Kennedy. Uno shock che sconvolge il mondo e che in Italia porta ad accelerare le trattative per il primo governo di centro-sinistra.
I socialisti, nel dicembre 1963, entrano, quindi, nel primo gabinetto Moro (Dc, Psi, Psdi, Pri), detto "di centro sinistra organico"(4/12/63-22/7/64); vice-presidente del consiglio è Nenni, Saragat è ministro degli esteri, il repubblicano Oronzo Reale è alla giustizia, Taviani agli interni, Andreotti alla difesa, Colombo al tesoro, Giolitti al bilancio. Il leader dei dorotei, Mariano Rumor, diventa segretario della Dc. Lo Psi perde la sua ala sinistra, che fonda il partito socialista di unità proletaria , e si attesta su una percentuale del 10%. La scissione della sinistra è in linea con la politica fratricida, frazionistica e dell’egoismo ideologico che caratterizza la storia del socialismo italiano; lo Psiup, inseguendo i miti dell'anti-capitalismo, accumulerà un piccolo patrimonio di voti, che servirà a tener in vita se stesso, ma condannerà lo Psi a giocare un ruolo minore nei riguardi della Dc .
L'ostilità al centro-sinistra da parte della destra Dc non si traduce in scissioni o in violazioni della disciplina di partito. La conferenza episcopale italiana, sostenuta da papa Montini, resta contraria al centro-sinistra, e riafferma l'inconciliabilità tra cattolicesimo e marxismo; anche Confindustria è ostile, ma, la sua azione si riduce a ottenere che ministro del tesoro sia, per molti anni, Emilio Colombo, vicino alle posizioni confindustriali.
Il progetto del centro-sinistra, del quale si è cominciato a parlare nel 1956, ha richiesto un periodo di incubazione lunghissimo; il tempo ha giocato a favore della Dc che ha rafforzato il suo potere e che, ora, è in grado di trattare con i socialisti da una posizione di forza, senza compromettere il rapporto con il capitale, mentre ha giocato contro lo Psi, che è uscito logorato dalla lunga attesa e che si accontenterà di essere cooptato nella spartizione del sottogoverno. Inoltre, la nascita del primo governo Moro avviene in un periodo di cattiva congiuntura economica, i tempi non sono quindi propizi per avviare programmi di riforme. Da quel momento, e per circa un decennio, la politica economica sarà guidata dal governatore della Banca d'Italia, Guido Carli e dal ministro del tesoro, Emilio Colombo (la cosiddetta linea Colombo-Carli) e sarà una politica deflazionistica resa necessaria dagli inconvenienti derivanti dai rinnovi contrattuali del '62-'63. Un aspetto contraddittorio della politica dello Psi è che mentre a Roma è alleato alla Dc nelle amministrazioni locali, come Firenze e Bologna è alleato del Pci. Questo comportamento viene da molti italiani interpretato come una "fame di incarichi"; probabilmente, lo Psi pagherà questa cultura del doppiogioco in termini di credibilità, non riuscendo mai a superare la soglia del 15%, neanche nei ruggenti anni del craxismo.
Il Pci è ufficialmente contrario al centro-sinistra, che viene visto come un tentativo di dividere la classe operaia, ma Togliatti mostra il solito realismo, affermando che la formula politica è anche un'opportunità «per rompere il blocco conservatore» e, in occasione della fiducia al governo Fanfani, preannuncia un'opposizione morbida e costruttiva: i contatti e i giri di valzer tra Pci e sinistra Dc (Forze nuove e Sinistra di base) diventano sempre più frequenti.
Con la benedizione di John Kennedy e di Giovanni XXIII si realizza, quindi, l'antico progetto dell'incontro tra le masse cattoliche e quelle socialiste.
La mancanza di un partito liberal-conservatore, capace di frenare la forza di attrazione della sinistra, resta un elemento di squilibrio della vita politica italiana, poiché i liberal-conservatori in Italia esistono, ma non c'è nessuno che reputi vantaggioso rappresentarli. La politica italiana dovrà soggiacere alla teoria della cosiddetta irreversibilità, che nega ogni possibile alternativa a una destra liberale e che conduce a quella che verrà chiamata la democrazia bloccata. Nel 1999, in un'intervista a Bruno Vespa su tangentopoli, D'Alema affermerà «Il problema non era la corruzione, ma la democrazia bloccata che genera corruzione. La corruzione era la febbre, la democrazia bloccata era la malattia che la genera».
7.1 I socialisti e l’impatto con il mondo dell’economia e delle imprese
Quando, nel 1963, i socialisti entrano nel governo il quotidiano confindustriale 24 Ore denuncia che gli imprenditori potrebbero «trovarsi di fronte a prospettive non dissimili da quelle dei loro colleghi cecoslovacchi, ungheresi e cinesi», mentre l'Avanti esce con il titolo «Da oggi ognuno è più libero». La realtà darà torto a entrambi, in particolare l'auspicio dell'Avanti si rivelerà presto solo un'illusione. Verso la fine degli anni sessanta inizierà infatti l'era del manuale Cencelli, che regolerà l'attribuzione di pezzi di stato ai partiti o alle correnti di partito; l'introduzione di un linguaggio, poi soprannominato politichese, segnerà la definitiva separazione tra la gente e la politica. La Dc, stroncando le resistenze di Ugo La Malfa, che credeva nell'industria di stato come elemento di rafforzamento dell'economia di mercato, e non come centro di potere, porta avanti la politica fanfaniana che intende le partecipazioni statali come strumenti di finanziamento dei partiti, politica che condurrà alle croniche perdite di bilancio dell'Iri e alla degenerazione dell'EGAM e dell'EFIM, degenerazioni che rasentarono il ridicolo se non fossero state tragiche; ai tecnocrati vengono preferiti i grand commis, il cui principale expertise è quello di saper curare i rapporti politici.
L'EGAM (Ente Gestione Attività Minerarie) era un ente pubblico nato nel 1958 con lo scopo di gestire tutte le produzioni minerarie italiane; in realtà rimase inoperante fino al 1971, quando, presieduto da Mario Einaudi, assunse il controllo di numerose aziende minerarie, soprattutto quelle già in orbita Montedison, che erano diventate di importanza marginale per il gruppo chimico; tra queste, si possono ricordare le miniere di zinco e piombo di Monteponi vicino a Iglesias e quelle di mercurio del Monte Amiata. Ma l’EGAM non si limitò ad operare nel settore minerario: acquisì il controllo dell'acciaieria Cogne di Aosta e del comparto siderurgico della Breda, e nel 1974 controllava 47 aziende con un totale di ben 32 mila dipendenti. La maggior parte delle attività marcate EGAM erano però in perdita, ed Einaudi si guadagnò dalla stampa l’appellativo di “mister deficit”. Einaudi era legato all’allora ministro delle Partecipazioni Statali Flaminio Piccoli e sembra che la rapidissima crescita dell’EGAM fosse finalizzata a creare un ente pubblico che Piccoli potesse utilizzare per guadagnare consensi nella lotta tra le varie correnti della DC. Nel 1976 però l’insolvenza della Villain e Fassio, una società acquisita dall’EGAM, provocò la rimozione di Einaudi dalla presidenza dell’Ente, che fu liquidato. Le sue attività minerarie furono rilevate dall’ENI, che le gestì fino ai primi anni ’90, le rimanenti attività confluirono nell’Iri; la sola operazione di liquidazione costò allo stato ben 550 miliardi di lire.
L'EFIM ("Ente Partecipazioni e Finanziamento Industrie Manifatturiere") è stata una holding del sistema delle partecipazioni statali. Era nato nel 1962 come Ente Autonomo di Gestione per le Partecipazioni del Fondo di Finanziamento dell'Industria Meccanica (FIM), e cambiò nome nel 1967. In ordine di grandezza, l'EFIM fu la terza holding di proprietà dello stato italiano, collocata nel sistema delle "partecipazioni statali". Istituito nel 1962 per gestire le partecipazioni del menzionato FIM, l’EFIM diventò ben presto un ente polisettoriale attivo soprattutto nel Mezzogiorno. La situazione finanziaria dell’EFIM fu sempre precaria, a causa di un indebitamento finanziario che, negli anni ’80, era superiore al fatturato; a causa dei suoi investimenti diversificati senza una coerenza apparente ed alla sua politica di acquisizioni di aziende considerate poco appetibili dai privati o dagli altri enti statali, l’EFIM si guadagnò la fama di “ente spazzatura”. L’EFIM fu messo in liquidazione nel 1992. I debiti ammontavano a circa 18 mila miliardi di lire.
Il centro sinistra sarà ricordato come il periodo delle occasioni mancate: nella moralizzazione dell'ambiente politico, nell'opportunità di intraprendere cambiamenti in senso nord-europeo, nei rapporti di lavoro, nei meccanismi di partecipazione democratica, nel welfare state.
La situazione politico.economica ricorda quella della fine ottocento, quando si fecero avanti sulla scena politica i grandi movimenti di massa, il socialismo, che voleva cambiare lo stato perché borghese, e il cattolicesimo, che lo voleva cambiare perché laico. Nel 1876, caduta la destra storica, tre giorni dopo che Minghetti aveva annunciato al Paese il pareggio del bilancio dello stato, si chiude il tempo degli uomini onesti e fedeli agli ideali del risorgimento, e quello della politica del libero scambio, voluta da Cavour.
Si apre, invece, con la rivoluzione parlamentare di Depretis, la stagione del protezionismo economico, che condurrà al ristagno nell'industria e all'arretratezza nell'agricoltura, e dell'assistenzialismo, che creerà ben presto una questione finanziaria. Si apre la stagione delle manipolazioni prefettizie nelle competizioni elettorali, del clientelismo politico, della meridionalizzazione della pubblica amministrazione, del colonialismo al servizio di precisi interessi mercantili, della corruzione e del trasformismo, del consociativismo ante-litteram, tanto da far dire al famoso meridionalista Giustino Fortunato che destra e sinistra «non erano più se non due nomi, i quali non significavano se non gruppi, che nessuna idea divideva e nessuna tendenza allontanava».
Nel 1962 si apre la stagione del centro-sinistra che rompe il legame con gli ideali della ricostruzione, del rigore einaudiano e di una politica "onesta" e conduce l'Italia repubblicana alla concentrazione della grande industria nella mano pubblica, all'avvio delle politiche economiche inflattive, all'illiceità nell'amministrazione dello stato e all'appiattimento della cultura e dell'informazione. Una parte di responsabilità dell'immobilismo del centro-sinistra va attribuita al capitalismo italiano, che fa di tutto per indebolire l'azione di governo; fuga di capitali, crisi della borsa, riduzione degli investimenti sono duri colpi portati al centro-sinistra. L'opposizione a un'efficace politica di riforme e i costanti rigurgiti reazionari trovano, inoltre, terreno fertile nella burocrazia dello stato, per la quale democrazia e riforme sono concetti poco congeniali (Ginsborg, 1989); giova ricordare che, ancora nel 1973, il 95% dei funzionari di grado superiore è entrato in servizio durante il fascismo. L'ingresso dei socialisti al governo porterà gradualmente il Paese al baratro di un debito pubblico che graverà sulle generazioni future.
Quando, negli anni '60, il sindacato, sospinto dalla base che richiede aumenti salariali, viene "riportato dentro le fabbriche", si trova impreparato a gestire in modo corretto il proprio ruolo; non è capace di valutare la necessità di bilanciare le richieste con i vincoli della competitività e con la tipologia delle imprese e accetta ogni forma di corporativismo. La correttezza della trattativa sindacale viene anche inquinata dal frazionamento del fronte padronale, che vede, sistematicamente, le partecipazioni statali chiudere le trattative con l'accoglimento delle rivendicazioni sindacali. Nel '63, si verifica una prima battuta d'arresto dell'espansione economica post-bellica, causata dalle rivendicazioni salariali, dalla forte crescita dei consumi che porta i prezzi al rialzo e dal peggioramento della bilancia dei pagamenti.
Nel '69, la protesta operaia nasce dalla necessità di trasferire anche ai lavoratori parte del reddito di cui avevano fino ad allora beneficiato le imprese, ma, successivamente, la forte spinta al salario, diventato una sorta di variabile indipendente del sistema economico, e la cattiva politica monetaria del governo, saranno la causa di un'iperinflazione, che arriverà, negli anni settanta, a superare il 20%. Di converso gli scioperi "dell'autunno caldo" del 1969, che pur raggiungono un'asprezza senza precedenti, spingono Cgil, Cisl e Uil, sia all'unitarietà dell'azione sindacale, sia ad allentare, in parte, i legami con i partiti elementi che producono complessivamente un miglioramento delle relazioni industriali.
Mentre in Italia la classe politica è impegnata a studiare come lottizzare il neonato ente elettrico nazionale, il pianeta si trova una seconda volta sul baratro di una guerra nucleare.
Guerra fredda . La crisi di Cuba del 1962
La crisi dei missili di Cuba, conosciuta anche come crisi di ottobre fu un confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica in merito al dispiegamento di missili balistici sovietici a Cuba in risposta a quelli statunitensi schierati in Turchia e in Italia, in vicinanza della frontiera con l'URSS. L'episodio, avvenuto durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy è stato considerato uno dei momenti più critici della Guerra fredda in cui si è arrivati più vicino a una guerra nucleare.
Come reazione alla fallita invasione della Baia dei Porci del 1961 e alla presenza di missili balistici americani Jupiter in Turchia, il leader sovietico Nikita Kruscev decise di accettare la richiesta di Cuba di posizionare missili nucleari sull'isola al fine di scoraggiare una possibile futura invasione da parte degli esuli cubani spalleggiati dagli Usa. L'accordo venne raggiunto durante un incontro segreto tra Kruscev e Fidel Castro nel luglio 1962 e la realizzazione delle strutture di lancio dei missili venne avviata poco più tardi.
Anche se il Cremlino aveva negato la presenza di pericolosi missili sovietici a 90 miglia dalla Florida, i sospetti vennero confermati quando un aereo spia Lockheed U-2 dell'United States Air Force produsse evidenti prove fotografiche della presenza di missili balistici a medio raggio (R-12) e intermedi (R-14). Gli Stati Uniti allestirono un blocco militare per impedire che ulteriori missili potessero giungere a Cuba, annunciando che non avrebbero consentito nuove consegne di armi offensive a Cuba e chiedendo che i missili già presenti sull'isola fossero smantellati e restituiti all'Unione Sovietica.
Dopo un lungo periodo di stretti negoziati venne raggiunto un accordo tra il presidente americano John F. Kennedy e il presidente russo Nikita Kruscev. Pubblicamente, i sovietici avrebbero smantellato le loro armi offensive a Cuba e le avrebbero riportate in patria, sotto verifica da parte delle Nazioni Unite, in cambio di una dichiarazione pubblica da parte statunitense di non tentare di invadere nuovamente Cuba. In segreto, gli Stati Uniti avrebbero anche acconsentito a smantellare tutti i PGM-19 Jupiter, di loro fabbricazione, schierati in Turchia e in Italia.
Quando tutti i missili offensivi e i bombardieri leggeri Ilyushin Il-28 vennero ritirati da Cuba, il blocco venne formalmente concluso il 21 novembre 1962. I negoziati tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica misero in evidenza la necessità di una rapida, chiara e diretta linea di comunicazione riservata e dedicata tra Washington e Mosca. Di conseguenza, venne realizzata la cosiddetta linea rossa Mosca-Washington. Una serie di ulteriori accordi ridusse le tensioni tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica per diversi anni.
Gli Stati Uniti erano preoccupati per un'espansione del comunismo a livello mondiale e il fatto che vi fosse un paese dell'America latina apertamente alleato con l'Unione Sovietica era considerato inaccettabile fin dall'inizio della guerra fredda e in applicazione della Dottrina Monroe.
Gli Stati Uniti erano stati umiliati pubblicamente dalla fallita invasione della Baia dei Porci tentata nell'aprile del 1961 e attuata dal presidente John F. Kennedy tramite la CIA sotto la spinta degli esuli cubani. In seguito, l'ex presidente Dwight Eisenhower disse a Kennedy che "il fallimento della Baia dei Porci incoraggerà i sovietici a fare qualcosa che altrimenti non avrebbero fatto". La mancata invasione convinse il premier sovietico Nikita Kruscev e i suoi consiglieri che Kennedy fosse indeciso e, come scrisse un consigliere sovietico, "troppo giovane, intellettuale, non preparato per il processo decisionale in situazioni di crisi... troppo intelligente e troppo debole".
Inoltre, l'impressione di Kruscev sulla debolezza di Kennedy, venne confermata dalla risposta del presidente durante la crisi di Berlino del 1961 e dalla costruzione del muro di Berlino. Parlando ai funzionari sovietici dopo la crisi, Kruscev affermò, "so per certo che Kennedy non ha un forte seguito, né, generalmente, ha il coraggio di far fronte a una sfida seria". Disse anche a suo figlio Sergei che su Cuba, Kennedy "farebbe un sorriso, farebbe anche di più un sorriso, e poi accetterebbe".
Nel gennaio 1962, il generale dell'esercito statunitense Edward Lansdale preparò piani per rovesciare il governo cubano in un rapporto segreto (parzialmente declassificato nel 1989) rivolto a Kennedy e ai funzionari coinvolti nell'operazione Mongoose. Agenti della CIA o "percettori" della Special Activities Division dovevano essere infiltrati in Cuba per effettuare sabotaggi e organizzare attività sovversive. Nel febbraio del 1962, gli Stati Uniti lanciarono un embargo contro Cuba e Lansdale presentò un calendario top-secret di 26 pagine per l'attuazione del rovesciamento del governo cubano, confidando in operazioni di guerriglia che sarebbero dovute incominciare tra agosto e settembre. Secondo i piani, "l'inizio della rivolta e il rovesciamento del regime comunista" sarebbero avvenuti nelle prime due settimane di ottobre.
Quando Kennedy nel 1960 corse per la presidenza, una delle sue principali questioni elettorali era un presunto "divario missilistico" in sfavore dei sovietici che, tuttavia, si presumeva sarebbe potuto assottigliarsi. Nel 1961, i sovietici possedevano solo quattro missili balistici intercontinentali R-7 Semyorka. Entro l'ottobre dell'anno successivo avrebbero potuto contare su di un arsenale di alcune dozzine, con alcune stime degli apparati di intelligence che parlavano di 75 missili.
D'altro canto, gli Stati Uniti avevano 170 ICBM e stavano rapidamente costruendone altri. Vantavano altresì una flotta di otto sottomarini lanciamissili balistici classe George Washington e classe Ethan Allen, con la possibilità di lanciare ciascuno fino a 16 missili UGM-27 Polaris, con una portata di 2.500 miglia nautiche (4 600 km).
Kruscev aumentò i timori negli statunitensi quando dichiarò che i sovietici stavano costruendo missili "come le salsicce", ma in realtà i loro numeri e le loro capacità missilistiche non erano vicine alle sue affermazioni. L'Unione Sovietica disponeva di missili balistici di media portata, circa 700, ma erano molto inaffidabili e imprecisi. Gli Stati Uniti possedevano un considerevole vantaggio nel numero totale di testate nucleari (27.000 contro 3.600) e nella tecnologia richiesta per il loro impiego.
Gli Stati Uniti vantavano anche maggiori capacità missilistiche difensive, navali e aeree, tuttavia i sovietici possedevano un vantaggio di 2:1 nelle forze terrestri convenzionali, comprese le dotazioni di cannoni e carri armati, schierati in particolare nel teatro europeo.
Nel maggio 1962, il premier sovietico Nikita Kruscev era persuaso dall'idea di contrastare il crescente potere degli Stati Uniti nello sviluppo e nella diffusione di missili strategici schierando missili nucleari sovietici a Cuba, nonostante i dubbi dell'ambasciatore sovietico a L'Avana, Alexandr Ivanovich Alexeyev, che sosteneva che Castro non avrebbe accettato questa situazione. Kruscev si trova nel dover affrontare una situazione strategica in cui gli Stati Uniti erano considerati in grado di "sparare il primo colpo nucleare" mettendo così l'Unione Sovietica in un enorme svantaggio. Nel 1962, i sovietici avevano solo 20 ICBM in grado di colpire gli Stati Uniti con testate nucleari, il cui lancio doveva avvenire dall'interno dell'Unione Sovietica. La scarsa precisione e l'inaffidabilità dei missili sollevava, inoltre, seri dubbi sulla loro efficacia. Una nuova generazione più affidabile di ICBM diventerà operativa solo dopo il 1965.
Pertanto, la capacità nucleare sovietica nel 1962 fu meno concentrata sugli ICBM rispetto ai missili balistici a media gittata (MRBM e IRBM). Questi vettori erano in grado, dopo essere lanciati dal territorio sovietico, di colpire gli alleati statunitensi e la maggior parte dell'Alaska ma non tutto il resto degli Stati Uniti. Graham Allison, direttore del Belfer Center for Science and International Affairs dell'Università di Harvard, sottolinea che: "l'Unione Sovietica non poteva eliminare lo sbilanciamento nucleare mediante l'introduzione di nuovi ICBM sul proprio terreno. Per affrontare la minaccia aveva poche possibilità tra cui spostare le armi nucleari esistenti in luoghi in cui poteva raggiungere gli obiettivi statunitensi".
Un secondo motivo per cui i missili sovietici furono dispiegati a Cuba fu perché Kruscev voleva portare Berlino Ovest, in quel momento controllato da americani, inglesi e francesi, all'interno della Germania est comunista, appartenente all'orbita sovietica. I tedeschi orientali e i sovietici consideravano il controllo occidentale su una porzione di Berlino una grave minaccia per la Germania orientale. Kruscev fece quindi di Berlino Ovest il campo di battaglia centrale della guerra fredda. Kruscev credeva che se gli Stati Uniti non avessero fatto nulla per i missili presenti a Cuba, egli poteva annettere anche Berlino ovest usando detti missili come deterrente contro eventuali reazioni occidentali. Se gli Stati Uniti avessero tentato di affrontare i sovietici dopo aver saputo dei missili, Kruscev avrebbe potuto chiedere di negoziarli in cambio di Berlino Ovest. Poiché Berlino era considerata strategicamente più importante di Cuba, tale compromesso avrebbe significato un successo per Kruscev.
All'inizio dello stesso anno, un gruppo di esperti sovietici di costruzioni militari e di missili ha accompagnato una delegazione agricola all'Avana ottenendo anche un incontro con il leader cubano Fidel Castro. La leadership cubana temeva fortemente che gli Stati Uniti avrebbero tentato nuovamente di invadere Cuba e quindi approvarono l'idea dei missili nucleari sulla loro isola. Tuttavia, secondo un'altra fonte, Castro si oppose a tutto ciò per via del timore che lo avrebbe fatto apparire come un burattino sovietico, ma venne persuaso dal fatto che i missili a Cuba avrebbero irritato gli Stati Uniti e aiutato gli interessi di tutto il movimento socialista. Inoltre, la fornitura avrebbe incluso anche armi tattiche a breve distanza (con una portata di 40 km, utilizzabili solo contro mezzi navali) che gli avrebbero fornito un "ombrello nucleare" a protezione dell'isola.
Tutta la pianificazione e la preparazione riguardo al trasporto e alla messa in funzione dei missili venne eseguita con la massima riservatezza e solo pochi conoscevano l'esatta natura della missione. Anche al personale militare dedicato alla missione vennero date volutamente informazioni erronee per sviare i sospetti, tanto che gli venne indicata una regione fredda come obbiettivo e vennero equipaggiate di scarponi da sci, pattini e altre attrezzature invernali. Il nome in codice era Operazione Anadyr. Il fiume Anadyr entra nel Mare di Bering e Anadyr è anche la capitale del Distretto di Chukotsky e una base di bombardieri nella regione dell'estremo orientale. Tutte le misure erano destinate a nascondere il programma sia al pubblico interno sia all'esterno.
Il 7 settembre, l'ambasciatore sovietico negli Stati Uniti, Anatoly Dobrynin, assicurò l'ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite Adlai Stevenson che l'Unione Sovietica stava fornendo a Cuba solo armi difensive. L'11 settembre, l'Agenzia russa di informazione telegrafica annunciò che l'Unione Sovietica non aveva alcuna necessità o intenzione di introdurre missili nucleari offensivi in Cuba. Il 13 ottobre Dobrynin negò che i sovietici avessero pianificato di schierare armi offensive a Cuba. Il 17 ottobre, il funzionario dell'ambasciata sovietica Georgy Bolshakov consegnò al presidente Kennedy un messaggio personale da parte di Kruscev di rassicurazioni un quanto si asseriva che "in nessun caso potrebbero essere inviati missili superficiali a Cuba".
Già dall'agosto del 1962, gli Stati Uniti sospettavano che i sovietici stessero schierando missili a Cuba. Durante quel mese i servizi di intelligence raccolsero informazioni sulla presenza nell'isola di aerei MiG-21 costruiti in Russia e di bombardieri leggeri Ilyushin Il-28. Gli aerei spia Lockheed U-2 dimostrarono che vi erano a Cuba otto siti equipaggiati con missili terra-aria S-75 Dvina. Ciò fece destare i sospetti in quanto il direttore della CIA John A. McCone rilevò che tali apparati "hanno senso solo se Mosca intendesse usarli per proteggere una base per missili balistici rivolti agli Stati Uniti". Il 10 agosto scrisse una nota a Kennedy in cui predisse che i sovietici stavano preparandosi a schierare missili balistici a Cuba.
La prima fornitura di missili R-12 fece il suo arrivo sull'isola caraibica la notte dell'8 settembre, seguita da una seconda il 16 settembre. L'R-12 era un missile balistico a media portata, capace di trasportare una testa termonucleare. Si trattava di un missile vettore alimentato a propellenti liquidi da rifornire in una sola fase, trasportabile su strada e che poteva causare un'esplosione nucleare da un megatone. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per i missili a medio raggio R-12 con una gittata di 2.000 chilometri e tre per i missili balistici R-14 con una portata massima di 4.500 chilometri.
Oltre ai siti missilistici Jupiter in Italia, gli USA avevano di recente incominciato a schierare missili in Turchia, che minacciavano direttamente le regioni occidentali
Un U-2 in volo a fine agosto fotografò una nuova serie di postazioni SAM che venivano costruite, ma il 4 settembre Kennedy disse al Congresso che non c'erano missili "offensivi" a Cuba. Nella notte dell'8 settembre, la prima consegna di MRBM SS-4 Sandal venne scaricata a L'Avana e un secondo carico arrivò il 16 settembre. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per gli SS-4 e tre per gli SS-5 Skean a più lungo raggio (fino a 3.500 chilometri). L'arsenale pianificato era di quaranta rampe di lancio, con un incremento del 70% della capacità offensiva sovietica durante il primo colpo.
Un numero di problemi non legati alla vicenda fece sì che i missili non venissero scoperti fino al volo di un U-2 del 14 ottobre, che mostrava chiaramente la costruzione di una postazione per degli SS-4 vicino a San Cristóbal. Per il 19 ottobre, i voli degli U-2 (ora praticamente continui) mostrarono che quattro postazioni erano operative. Inizialmente, il governo statunitense tenne l'informazione segreta, rivelandola solo ai quattordici ufficiali chiave del comitato esecutivo. Il Regno Unito non venne informato fino alla sera del 21 ottobre. Il presidente Kennedy, in un appello televisivo del 22 ottobre, annunciò la scoperta delle installazioni e proclamò che ogni attacco di missili nucleari proveniente da Cuba sarebbe stato considerato come un attacco portato dall'Unione Sovietica e avrebbe ricevuto una risposta conseguente. Kennedy ordinò anche una quarantena navale su Cuba, per prevenire ulteriori consegne sovietiche di materiale militare.
Il termine quarantena fu preferito a quello di blocco navale in quanto quest'ultimo, secondo le consuetudini del diritto internazionale avrebbe potuto essere considerato come un atto di guerra e avrebbe comportato un'immediata risposta militare sovietica. Per tutta la durata della crisi, i responsabili dello Stato maggiore americano insistettero perché il presidente ordinasse un'immediata azione militare per eliminare le rampe missilistiche prima che queste diventassero operative.
A Cuba, durante i giorni della crisi, si trovavano 140 testate nucleari di provenienza sovietica, delle quali 90 erano "tattiche". Robert McNamara, Segretario della Difesa durante il Governo Kennedy, dichiarò di avere appreso la notizia direttamente da Fidel Castro, anni dopo, e di come Castro avesse chiesto a Chrušcëv di usare queste testate per attaccare gli Stati Uniti.
Il generale Curtis LeMay (Capo di stato maggiore dell'aviazione degli Stati Uniti), disse: Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba.
Gli ufficiali discussero le varie opzioni:
- bombardamento immediato delle postazioni
- appello alle Nazioni Unite per fermare l'installazione
- blocco navale
- invasione di Cuba.
Il bombardamento immediato venne subito scartato, così come un appello alle Nazioni Unite, che avrebbe portato via molto tempo. La scelta venne ridotta a un blocco navale e un ultimatum, o a una invasione su vasta scala. Venne scelto infine il blocco, anche se ci fu un numero di falchi (soprattutto Paul Nitze, Douglas Dillon e Maxwell Taylor) che continuarono a spingere per un'azione più dura. L'invasione venne pianificata, e le truppe vennero radunate in Florida (anche se con 40.000 soldati sovietici a Cuba, completi di armi nucleari tattiche, la forza di invasione non era certa del suo successo).
Ci furono diverse questioni legate al blocco navale. C'era il problema della legalità - come fece notare Fidel Castro, non c'era niente di illegale circa le installazioni dei missili; erano sicuramente una minaccia agli USA, ma missili simili, puntati verso l'URSS, erano posizionati in Gran Bretagna, Italia e Turchia. Quindi se i sovietici avessero provato a forzare il blocco, il conflitto avrebbe potuto esplodere a seguito di una escalation delle rappresaglie.
Kennedy parlò al popolo statunitense (e al governo sovietico), in un discorso televisivo del 22 ottobre. Egli confermò la presenza dei missili a Cuba e annunciò che era stata imposta una quarantena di 800 miglia attorno alla costa cubana, avvertendo che i militari "erano preparati per ogni eventualità", e condannando la "segretezza e l'inganno" sovietici. Il caso venne definitivamente provato il 25 ottobre, in una sessione d'emergenza dell'ONU, durante la quale l'ambasciatore statunitense Adlai Stevenson mostrò le fotografie delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, subito dopo che l'ambasciatore sovietico Zorin ne aveva negato l'esistenza. Chrušcëv, infatti, aveva inviato delle lettere a Kennedy il 23 e 24 ottobre, sostenendo la natura deterrente dei missili a Cuba e le intenzioni pacifiche dell'Unione Sovietica.
Quando Kennedy pubblicizzò apertamente la crisi, il mondo intero entrò in uno stato di terrore. La gente incominciò a parlare e preoccuparsi apertamente di un'apocalisse nucleare, ed esercitazioni per una tale emergenza si tennero quasi quotidianamente in molte città.
Il 24 ottobre Papa Giovanni XXIII inviò un messaggio all'ambasciata sovietica a Roma per essere trasmessa al Cremlino in cui espresse la sua preoccupazione per la pace. In questo messaggio dichiarò: "Noi chiediamo a tutti i governi di non rimanere sordi a questo grido di umanità e di fare tutto quello che è nel loro potere per salvare la pace".
Pur non essendo stati ancora pubblicati i documenti dell'Archivio Vaticano, è probabile che il messaggio del Papa fu affiancato da iniziative della diplomazia vaticana nei confronti del cattolico Kennedy e sull'Unione Sovietica, tramite del governo italiano, presieduto dal democristiano Amintore Fanfani. I sovietici, infatti, fecero pervenire subito dopo due differenti proposte al Governo degli Stati Uniti. Il 26 ottobre offrirono di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli USA non avrebbero invaso Cuba, né appoggiato un'invasione. La seconda proposta venne trasmessa da una radio pubblica il 27 ottobre, chiedendo il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall'Italia (base di San Vito dei Normanni).
Llewellyn E. "Tommy" Thompson Jr., ex ambasciatore a Mosca, conosceva bene Kruscev, riuscì a convincere Kennedy a patteggiare il ritiro dei missili russi da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere mai più Cuba come avevano tentato con lo Sbarco nella Baia dei porci.
La crisi raggiunse l'apice il 27 ottobre, quando un Lockheed U-2 statunitense - per iniziativa di un ufficiale locale - venne abbattuto su Cuba e un altro che volava sulla Russia venne quasi intercettato. Il generale Thomas S. Power, a capo del Comando Aereo Strategico USA (SAC), mise le sue unità in stato di allerta DEFCON 2 preparandole per un'immediata azione senza consultare la Casa Bianca.
Allo stesso tempo, i mercantili sovietici si stavano avvicinando alla zona di quarantena; in un caso, si apprese quarant'anni dopo, su un sottomarino sovietico della loro scorta militare si valutò la possibilità di lanciare un missile con testata nucleare.
Kennedy rispose accettando pubblicamente la prima delle offerte sovietiche e inviando il fratello Robert all'ambasciata sovietica, per accettare la seconda in privato: i missili Jupiter con testata nucleare installati in Turchia e, soprattutto in Italia, sarebbero stati rimossi. Le navi sovietiche tornarono indietro e il 28 ottobre Chrušcëv annunciò di aver ordinato la rimozione dei missili sovietici da Cuba.
Soddisfatto dalla rimozione dei missili sovietici, il Presidente Kennedy ordinò la fine della quarantena su Cuba il 20 novembre.
La crisi per i sovietici fu una vittoria tattica, ma una sconfitta strategica. Vennero visti indietreggiare e il tentativo di ottenere la parità strategica fallì, per la rabbia dei comandanti militari sovietici. La caduta dal potere di Chrušcëv, pochi anni più tardi, può essere parzialmente collegata all'imbarazzo del Politburo, dovuto sia al passo indietro compiuto da Chrušcëv davanti agli americani, sia anche alla sua decisione di installare i missili a Cuba.
Anche i comandanti militari statunitensi non furono contenti del risultato. Curtis LeMay disse al presidente che fu "la più grande sconfitta della nostra storia" e che avrebbero dovuto invadere Cuba quello stesso giorno. Alcuni dei sostenitori della tesi secondo cui il presidente Kennedy, assassinato a Dallas nel novembre dell'anno successivo, fu vittima di un complotto sostengono, pur in assenza di prove in tal senso, che il contrasto con i vertici militari emerso in occasione della crisi dei missili e proseguito in occasione della gestione della guerra del Vietnam da poco incominciata, ne fu una delle cause, e che in un certo senso l'assassinio di Kennedy fu un colpo di Stato mascherato. Chrušcëv dovette ricredersi sulla capacità di leadership di Kennedy, che seppe penere testa all'ostilità dei generali e ottenere un vantaggio strategico, sui russi, di notevole valore.
Decenni dopo si apprese che Cuba aveva missili nucleari tattici disponibili, anche se il generale Anatolii Gribkov, parte dello staff sovietico responsabile dell'operazione, dichiarò che al locale comandante sovietico, generale Issa Pliyev, era proibito usarli anche se gli USA avessero messo in piedi una invasione su larga scala di Cuba.
Eugenio Caruso 9 luglio-2018
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