La ragione è condannata a porsi degli interrogativi ai quali sa di non poter rispondere.
Immanuel Kant
La diversità biologica o biodiversità in ecologia è la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi. Essa comprende l'intera variabilità biologica: di geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi. Le risorse genetiche sono considerate la componente determinante della biodiversità all'interno di una singola specie. Le specie descritte dalla scienza sono in totale circa 1,75 milioni, mentre il valore di quelle stimate oscilla da 3,63 a più di 111 milioni. Tuttavia queste stesse stime risultano incomplete, in quanto nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale. L'estinzione di specie è la minaccia della biodiversità. Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per biodiversità entro un determinato ambiente si intende la varietà di organismi viventi in esso presenti. Può essere descritta in termini di geni, specie ed ecosistemi.
L'anno 2010 è stato dichiarato dall'ONU l'Anno internazionale della biodiversità. Il decennio 2011-2020 è stato dichiarato Decennio della Biodiversità.
Tutte le forme di vita esistenti sul
pianeta, inclusa la vita umana,
dipendono dalla diversità biologica.
Oltre a nutrire il pianeta, la biodiversità
fornisce una serie di beni e servizi che sono
fondamentali per il benessere umano.
Il capitale naturale e il suo contributo al
benessere umano sono un incredibile dono
all’umanità. Un bene comune globale
che è stato universalmente riconosciuto
25 anni fa con l’entrata in vigore della
Convenzione sulla diversità biologica
Onu (Cbd), a dicembre 1993.
Nell’ultimo
quarto di secolo i paesi hanno assunto
impegni nazionali, regionali e globali per
raggiungere i tre obiettivi della Cbd. Hanno
agito per tutelare la diversità biologica,
per utilizzarla in modo sostenibile e per
condividere in modo giusto ed equo i
benefici che derivano dall’utilizzo delle
risorse genetiche. Ma nonostante le
numerose decisioni e gli sforzi concertati
tra i tanti stakeholder, la biodiversità
continua a essere minacciata ed è in grave
declino in tutti gli angoli del mondo.
Questo è stato attestato nei recenti rapporti
di valutazione regionali della Piattaforma
scientifico-politica intergovernativa sulla
biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes). La
perdita di biodiversità senza precedenti e
il degrado degli ecosistemi rappresentano
una delle sfide più complesse che l’uomo
abbia mai affrontato, minando i principi di
inclusione, giustizia ed equità su cui si basa
l’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile.
La scienza ha suonato un campanello di
allarme. Ed è chiaro che le pressioni che
i sistemi umani pongono sugli ecosistemi
naturali stanno mettendo in pericolo la
sopravvivenza sul nostro pianeta. Anche se
rappresentiamo solo lo 0,01% di tutta la vita
sulla terra, il nostro impatto sugli ecosistemi
ha causato la perdita di metà delle piante
del mondo e dell’83% di tutti i mammiferi selvatici . Inoltre, con il territorio
minacciato si perdono anche conoscenze
tradizionali inestimabili, per la connessione
spirituale e culturale con la terra.
Le ultime ricerche mostrano che siamo
sull’orlo del superamento dei confini
ecologici e che stiamo raggiungendo il
punto di non ritorno su clima ed ecosistemi.
Questo potrebbe portare a un’accelerazione
della distruzione del pianeta. Il Global
Risk Report 2018 del Forum economico
mondiale include il collasso ecologico e la
perdita di biodiversità tra i 10 principali
rischi in termini di impatto. Stiamo
assistendo al Titanic dell’umanità che
si muove sempre più velocemente verso
l’impatto con l’iceberg.
In questo contesto, guardiamo al nostro
sistema alimentare. La produzione di cibo
dipende largamente dalla biodiversità e dai
servizi prodotti dagli ecosistemi. Tuttavia,
per secoli abbiamo abusato delle risorse
naturali, modificando il 40% della superficie
della Terra soprattutto per la produzione
di cibo. Senza il ricco patrimonio genetico
delle specie, non avremmo le migliaia di
diverse varietà di colture e razze animali
da cui esse provengono.
Siamo consapevoli
delle implicazioni dirette e più ampie
della perdita di biodiversità sulle nostre
terre produttive, la nostra salute e il nostro
benessere? È vitale per il futuro della
biodiversità come gestiamo i nostri sistemi
alimentari e i settori agricolo, della pesca
e delle foreste. Anche il contrario è vero:
la biodiversità è una necessità per i sistemi
produttivi. La diversità genetica assicura i
miglioramenti continui nella produzione
di cibo, permette l’adattamento ai bisogni
attuali e assicura l’adattabilità per quelli
futuri. Quindi sono necessari ulteriori
studi e innovazioni per progettare sistemi
di produzione più compatibili con la
difesa della biodiversità, sistemi per la sua
misurazione ed è necessario trovare i fattori
più efficaci per indurre un cambiamento nel
modo in cui i ministri dell’agricoltura, della
salute e dell’ambiente di tutto il mondo
fissano politiche, incentivi, sussidi e tasse.
Al loro 15° incontro a Pechino nel
2020, le 196 Parti della Cbd dovranno
adottare un Quadro globale post-2020
per la biodiversità. Attraverso di esso, la
comunità internazionale dovrà affrontare
le pressioni e le sfide alla base della perdita
di biodiversità e di ecosistemi e allo stesso
tempo assicurare che il capitale naturale
e i benefici che la natura offre siano
integrati in azioni sistemiche, inclusive
e trasformative a beneficio del benessere
umano, dell’economia e del pianeta.
Integrare la biodiversità come elemento
chiave per il settore agricolo, come
evidenziato negli esiti della 13a Conferenza
delle parti (Cop) della Convenzione,
nel 2016, è un elemento essenziale
dell’approccio urgente di cambiamento.
La
prossima 14a Cop dovrà ulteriormente rafforzare
questa attenzione. Attraverso una roadmap
inclusiva e partecipativa per il quadro post-
2020, consistente in un processo consultivo
ampio e trasparente, la Convenzione sta
raccogliendo input da tutti gli stakeholder,
governi, società civile e imprese.
La strada
verso il 2020 richiederà che “campioni della
biodiversità” ispirino nuove narrazioni,
influenzino le nicchie e muovano le leve
che possono accelerare il cambiamento e
catalizzare soluzioni innovative nei prossimi
tre anni. Dovranno essere comunicati a tutti
gli stakeholder i rischi e i costi dell’inazione
e i benefici dell’investire sulla biodiversità.
Dovranno essere anche ridefiniti i valori
nella società, per essere consapevoli
dell’importanza della sostenibilità:
passare a nuove modalità di produzione
e consumo e riorientare le strade dello
sviluppo economico verso una “economia
entro i limiti ecologici”, migliorare lo stato
dell’ambiente e creare opportunità per un
benessere sociale a lungo termine.
È perciò necessaria una radicale
trasformazione nel modo di agire
dei governi, nel modo di operare del
settore privato e soprattutto nel nostro
atteggiamento di consumatori e cittadini.
Dobbiamo iniziare una transizione
verso diete a minore contenuto di carne,
eliminazione degli sprechi di cibo e
riduzione sostanziale del nostro consumo di
risorse non rinnovabili.
Per la Convenzione Onu sulla diversità
biologica, investire nella partnership con
settori come l’agricoltura, la sanità e la
finanza sarà cruciale nell’affrontare le
enormi sfide sulla biodiversità post-2020.
E questo si applicherà anche all’azione
per il clima, per la quale soluzioni basate
sulla natura sono molte, dal fermare la
deforestazione e altre forme di perdita e
distruzione di habitat, al ripristino e alla
riabilitazione di habitat degradati, alla
gestione sostenibile di coltivazioni, pascoli
ed ecosistemi costieri.
C’è un’opportunità unica per la comunità
globale nella definizione di un ambizioso
New Deal per la natura post-2020.
Ognuno di noi dovrà esserne consapevole
e impegnarsi a piantare un seme del
cambiamento, per continuare a nutrire
la nostra crescita e il nostro benessere in
armonia con la natura.
Cristiana Pasca Palmer • Segretaria esecutiva della Convenzione sulla diversità biologica Onu
www.arpae.it 25-07-2018
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